La Geografia umana oggi:

gli spazi del turismo in Piemonte

 

Caterina Simonetta Imarisio

 

“Distaccata la Valle d’Aosta, il Piemonte non conta più tra le grandi regioni turistiche italiane, nonostante la notorietà e la buona attrezzatura di taluni centri montani di villeggiatura estiva e di sport invernali – come Macugnaga, Bardonecchia, Sestriere e Limone Piemonte – e delle stazioni lacuali. Non dappertutto la montagna alpina piemontese assume speciale grandiosità e varietà di paesaggio e consente, al tempo stesso, agevole penetrazione; manca ogni contatto col mare; le città, ove si eccettui Torino, non presentano le attrattive d’arte di tante altre regioni; inoltre il Piemonte occupa una posizione geografica marginale nel nostro Paese, ciò che determina un certo isolamento….La maggiore densità di luoghi turistici per villeggiatura e soggiorno è sulla sponda del lago Maggiore, con le rinomate stazioni di Stresa, Verbania e altre minori”.

Così, nel 1976, la Guida rossa del TCI concludeva la presentazione generale del Piemonte.

Molto si potrebbe eccepire sul quadro decisamente negativo diffuso da una delle fonti più qualificate in materia di guide turistiche.

Nell’ambito dell’Unione europea sarebbe ancora sostenibile la marginalità geografica del Piemonte?

La mancanza di contatti con il mare ha inciso sul turismo nella stessa misura per altre regioni, quali la Lombardia, l’Umbria?

Il patrimonio storico e artistico delle “città minori” piemontesi, dai capoluoghi di provincia a Susa, Saluzzo, Ivrea, Casale non ha alcun potere polarizzante?

Un tentativo di risposta può essere fornito dalla lettura geografica degli attuali spazi del turismo in Piemonte.

Il turismo, concetto strettamente connesso a quello del tempo libero e quindi del loisir contrapposto al lavoro, è approdato alquanto tardi negli studi di carattere geografico.

Le motivazioni possono essere individuate sia nell’entità del fenomeno, che fino al secondo dopoguerra ha interessato in Europa la ristretta fascia sociale dell’aristocratico turismo di élite, sia nella difficoltà di approccio al tema, per carenza di dati sistematici, e forse anche per una sorta di puritanesimo verso un argomento considerato trascurabile o secondario, perché relativo all’uomo ludens piuttosto che all’uomo oeconomicus.

Assunte però le connotazioni del turismo di massa e divenuto un’attività economica di estrema vitalità, la cui domanda continua ad accrescersi e le cui entrate rappresentano un fattore di riequilibrio della bilancia dei pagamenti di molti Paesi, acquista un peso economico pari ad altre grandi attività umane, quali l’industria ed il commercio: si è soliti, infatti, parlare di “industria del turismo”.

Considerato perciò uno dei principali comparti dell’economia internazionale, il turismo ha coinvolto progressivamente l’interesse di numerose discipline, l’economia, la sociologia, la psicologia sociale, il diritto, la statistica, l’urbanistica e non ultima la geografia.

In ambito geografico, una delle definizioni più accreditate indica il turismo come un fenomeno di circolazione, che implica spostamenti di uomini e di redditi, compiuti sia per diporto sia per esigenze culturali legate alla conoscenza di situazioni e luoghi diversi.

Lo scenario in cui il turismo si muove è quindi lo spazio, anzi è la ricerca di spazi alternativi a quelli quotidiani che genera i flussi di circolazione turistica; è la ricerca dell’altrove che spinge verso ambienti dalle particolari valenze naturalistiche, storiche, culturali, come evocato dal mito di Ulisse, per divenire “del mondo esperto e de li vizi umani e del valore”.

Pertanto, la geografia del turismo, nell’accezione tradizionale, studia gli aspetti spaziali del fenomeno secondo tre momenti fondamentali: del turismo attivo o dell’irradiazione (dalla residenza abituale); del turismo passivo o della ricezione (nella meta prescelta); della circolazione (il viaggio, lo spostamento) dal luogo di residenza alla meta.

Ne indaga però anche l’impatto ambientale, l’incidenza nello spazio, che non è più solamente visitato, ma è organizzato, rimodellato, ristrutturato ed a volte anche “consumato”, dall’abuso, dall’inquinamento e dal degrado, quando l’affluenza turistica è mal controllata e gestita.

Perciò i rapporti turismo-ambiente, che costituiscono la problematica indagata con sempre maggiore attenzione, sottolineano la preoccupazione per le dimensioni assunte dal fenomeno e per la rapidità della sua crescita.

 

Quale Piemonte per i turisti?

 

Secondo quali parametri la guida del TCI ha ritenuto si potesse escludere il Piemonte dalle “grandi regioni turistiche italiane”?

Evidentemente non sulla base delle risorse naturali, artistiche, culturali, di cui la regione chiaramente dispone, ma piuttosto sulla loro capacità di attrazione e quindi sulla consistenza dell’affluenza turistica cui danno luogo. Affluenza legata, secondo alcuni alla “scarsa vocazione turistica”, secondo altri, invece, ad una politica che ha privilegiato altri settori economici.

Diventa perciò di particolare rilevanza l’approccio fornito dai dati statistici. Sono, infatti, i numeri che consentono di costruire, seppure solo quantitativamente e quasi sempre riduttivamente, il quadro della situazione sulla base delle sue coordinate fondamentali: il movimento turistico, le strutture ricettive, le infrastrutture. E’ evidente che le immagini proponibili possono essere molteplici, ma per l’esame del turismo regionale sono state privilegiate le rappresentazioni cartografiche fornite dall’affluenza, misurata attraverso le presenze. In relazione alla scala, vengono pertanto realizzate carte tematiche del turismo nel contesto nazionale, immagine “esterna”, e nel contesto regionale, immagine “interna”.

Per una loro corretta lettura occorre però considerare che in Piemonte soltanto nell’ultimo decennio, per le vicende che contraddistinguono a livello internazionale la fase socioeconomica postindustriale, è stato attribuito al settore del turismo quel ruolo che da tempo, invece, gli era stato riconosciuto in altre regioni.

Perciò, pur non dimenticando che Torino e il Piemonte sono stati la culla di invenzioni e di iniziative che hanno connotato il Novecento italiano, dalla radio all’automobile, dal cinema alla moda, la Regione ha indicato come indilazionabile la necessità della loro riconversione, dalla monocultura industriale verso l’arte dell’accoglienza, attraverso la riscoperta del patrimonio ambientale e culturale.

Procedeva quindi alla formulazione di un sistema duplice, articolato in un’Agenzia per la promozione turistica del Piemonte e 12 Agenzie di accoglienza e promozione turistica locale, delegate alla valorizzazione dei dodici Ambiti territoriali turisticamente rilevanti, in cui era stato suddiviso il territorio regionale. Si intendeva in tal modo definire un sistema che, partendo dal basso, dal locale e quindi dalle 12 Agenzie, consentisse all’apice, all’Agenzia regionale, di promuovere interventi promozionali per la più approfondita conoscenza delle diffuse risorse turistiche in rapporto agli aspetti culturali, paesistici, artigianali, agricoli, fieristici di ogni ambito territoriale.

La Regione intendeva così dare vigore ad una rinnovata struttura organizzativa territoriale che evitasse il perpetuarsi della Torinocentricità o  Torinesità.

In questi ultimi anni, infatti, molto si è investito sull’immagine di Torino per farne una meta del turismo culturale internazionale di primo livello. Torino costituisce un laboratorio privilegiato per le potenzialità che offre, sia come città dalla forte valenza storico-artistica sia come nodo di irradiazione dei percorsi turistici regionali.

Le molteplici iniziative di carattere culturale, dalla Fiera del Libro (contesa con Milano) a Settembre musica, all’attività espositiva di Arte contemporanea del Castello di Rivoli, al Museo internazionale del Cinema, alla rassegna internazionale Cinema giovani, al Salone del gusto, inseriscono la città nel circuito della cultura europea, secondo la prospettiva del turismo internazionale.

Sempre in questa prospettiva, ma in un’ottica più aperta, che vede Torino come centro propulsore di iniziative e progetti che partono dal capoluogo per irradiarsi all’area metropolitana e di qui all’intera regione, è stato realizzato il progetto Torino città internazionale, varato ufficialmente all’inizio del 2000 dai protagonisti della vita politica, industriale ed intellettuale torinese, con la firma del Piano strategico per la promozione della città.

Anche secondo la politica di “sviluppo verde”, adottata dalla Città e dalla Regione, Torino diventa il centro di un’area valorizzata attraverso un programma che si articola secondo sistemi diversi: il Parco del Po, che collega in un percorso unitario di 20 km Torino con Moncalieri e San Mauro; l’Anello verde, itinerario escursionistico di 45 km che consente di percorrere il circuito della città attraverso una successione ininterrotta di aree verdi, tra paesaggi collinari, di pianura, di montagna; il sistema Torino “Città d’Acque”, così definito per gli assi fluviali che, come arterie di alimentazione, l’attraversano lungo i percorsi del Po, del Sangone, della Dora Riparia e della Stura di Lanzo, prevede un parco fluviale esteso sulle sponde dei fiumi lungo 75 km con una superficie verde di 1200 ha. Tali interventi andranno a confluire nella più ampia attività pianificatoria e gestionale del progetto regionale che si estende a comprendere i parchi di La Mandria, di Stupinigi, della collina di Superga, dei laghi di Avigliana, dell’asse fluviale del Parco del Po, della Vauda, che insieme con le aree attrezzate della collina di Rivoli e delle Vallere, le riserve naturali del Monte Lera, del bosco del Vaj e del Meisino attorniano Torino formando la Corona verde.

Il progetto pone tra gli obiettivi prioritari la salvaguardia della specificità dell’area, costituita da realtà territoriali diversificate, dai fiumi ai terrazzi alluvionali recenti ed a quelli antichi, dai rilievi di origine glaciale a quelli di origine tettonica. Si propone inoltre di ricostituire la rete di risorse naturali e paesaggistiche intorno all’area torinese, attraverso la conservazione degli elementi naturali sopravvissuti all’espansione urbana e la ricostruzione di habitat a componente naturale, per i quali proporre gestioni differenziate, da quella fruitiva alla conservazione più ristretta, secondo le potenzialità territoriali e la domanda sociale.

Torino, quindi, rimane il centro sia della Corona verde sia della sua antesignana seicentesca Corona di delizie.

Un posto prioritario, infatti, nella politica della cultura e del turismo regionale occupano i progetti di recupero e di valorizzazione delle Residenze Sabaude. Dichiarate “Patrimonio dell’Umanità” e considerate tra i punti di forza del turismo culturale piemontese, sono inserite nell’ambito di un piano organico in grado di individuare nel sistema della Corona di delizie l’unicità di ogni reggia e di promuovere eventi coordinati tra loro e sostenuti da una rete di servizi che dia al visitatore la percezione di percorrere un circuito culturale unitario. Recentemente, infatti, un’apposita commissione ha consentito di rendere definitivamente esecutivo il progetto del “Circuito delle Residenze Reali”, il cui obiettivo è quello di farne non solo un prodotto turistico, ma anche un contenitore di istituzioni culturali permanenti, quali mostre, manifestazioni periodiche, studi e sperimentazioni. L’elemento innovativo del progetto consiste soprattutto nell’integrazione tra il singolo manufatto ed il contesto territoriale in cui si insedia, collegando così non solo le diverse residenze, ma con esse le città e i luoghi che le comprendono.

Su tutti, particolare rilievo e importanza assume il recupero e la riqualificazione del complesso architettonico ed ambientale della Venaria Reale, dove è attivo uno dei più imponenti cantieri di restauro, realizzato con l’intervento della Comunità europea, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Piemonte, della Provincia di Torino, dei Comuni di Venaria Reale, Torino e Druento.

Se il sito offre a Torino quelle ricchezze naturali che consentono di definirla Città d’Acque e di vederla circondata da una Corona verde, la posizione geografica la colloca in condizione privilegiata a livello nazionale ed internazionale. Si può infatti considerare privilegiata la possibilità di raggiungere nel raggio di 100-150 km il più importante Comprensorio sciistico dell’Italia nord-occidentale, così come alcune tra le più importanti località marine e lacuali nazionali, mentre la buona accessibilità la rende integrata all’area sud-occidentale del continente e più vicina e meglio collegata ai Paesi dell’Unione europea.

Come per Torino, altrettanto impegno occorrerà dedicare alle “città minori”, affinché costituiscano una rete che permetta di connettere tra loro le città d’arte prealpine, anche quelle meno attrezzate dal punto di vista della struttura ricettiva, con le località montane e lacuali più note, per dare un’idea il più possibile completa dell’offerta piemontese. Proprio per colmare lo squilibrio esistente tra Torino, che attira quasi un quarto del turismo regionale, ed il resto del territorio, che in alcune aree ne è quasi completamente privo, la Provincia di Torino nel 1997 promuoveva il progetto Città d’Arte a Porte Aperte.

L’iniziativa intendeva valorizzare turisticamente il patrimonio culturale e ambientale dei centri minori, si proponeva cioè di aprire le piccole città, “discrete e antiche custodi di un inestimabile patrimonio di arte, storia e cultura materiale”, attivando l’intervento locale. Il progetto mirava, infatti, alla valorizzazione turistica come fattore di sviluppo locale, attraverso la sensibilizzazione degli enti istituzionali (i comuni), degli operatori del settore (ristoratori, commercianti, associazioni), e soprattutto delle comunità sollecitate ad una nuova e più attenta lettura dello spazio vissuto, nelle sue espressioni legate alla tradizione, alla cultura, al patrimonio storico-artistico monumentale e ambientale. Il successo dell’iniziativa è sottolineato anche dalla partecipazione sempre più numerosa delle città, dalle 21 del primo anno alle 89 del 2001, all’ampliamento del circuito territoriale provinciale.

Il consenso ottenuto dalle diverse proposte è un chiaro messaggio dell’evoluzione della domanda sociale di un turismo che si indirizza in particolar modo verso l’appropriazione globale dell’identità dei luoghi e verso quei settori della cultura materiale finora poco curati. Ipotesi confermata dagli amministratori regionali, che appaiono orientati verso un’immagine nuova del Piemonte, imperniata su un’offerta alternativa al turismo di massa, un’immagine che si avvale del patrimonio ambientale, con la valorizzazione dei parchi naturali, del patrimonio della cultura materiale e del patrimonio della tradizione, puntando, ad esempio, sull’enogastronomia con la vitivinicoltura in primo piano. Si moltiplicano, infatti, le proposte di percorsi che si sviluppano lungo “Le strade del vino”, alla ricerca di enoteche, botteghe e musei del vino, e lungo Gli itinerari del gusto, con soste negli agriturismi che, diffusi su tutto il territorio, offrono i prodotti della gastronomia locale.

Appare ormai consolidata l’importanza dell’enogastronomia in Piemonte e molti sono i segni che lo dimostrano: ha le sue radici a Bra quel fenomeno enogastronomico denominato Slow food che, a dispetto del suo logo, la chiocciola, avanza a notevole velocità avviluppando tutti i continenti; sempre a Bra, la manifestazione annuale Cheese richiama migliaia di visitatori dall’Italia e dall’estero; ogni anno, con rinnovato successo, è organizzato a Torino il Salone del gusto.

Con Eurochocolate Torino 2000-2001 il richiamo alle tradizioni del vecchio Piemonte ha favorito il rilancio del carattere imprenditoriale e turistico della città e nello stesso tempo ha consentito all’industria dolciaria torinese e piemontese di tornare ad essere maggiormente “visibile” e competitiva sui mercati internazionali. Il cioccolato è infatti un patrimonio storico, economico e culturale di Torino e della sua provincia, dove la sua storia più che secolare ha avuto un rilancio nel secondo dopoguerra, dando vita a una trentina di aziende produttrici e a numerosi e qualificati laboratori artigianali diffusi soprattutto nell’area della “vecchia Torino”.

La valorizzazione dell’enogastronomia è sollecitata non solo in nome della tradizione alimentare regionale e non solo come strumento di attrazione turistica, ma anche con finalità didattiche. Per questo nel 2000 ha preso l’avvio il progetto “Comunicazione ed educazione alimentare", proposto dall’associazione Slow Food Arcigola e realizzato in collaborazione con la Regione Piemonte ed il Provveditorato agli Studi di Torino. Il corso, destinato dapprima ai docenti e poi agli allievi, si propone di insegnare a valutare i cibi e ad apprezzare l’importanza culturale ed economica che rivestono per il territorio.

 

Il turismo nelle Alpi occidentali

 

La lettura del turismo nelle Alpi occidentali, lungo l’arco tracciato dalle 46 Comunità montane, che comprendono 524 Comuni, evidenzia la spartizione del peso turistico secondo le due componenti geografiche più vistose, la sponda occidentale del Lago Maggiore e l’intero arco alpino, dove risulta variamente diffuso.

E’ facile infatti distinguere, anche in relazione alla disponibilità di posti letto, tre aree di maggiore intensità del fenomeno:

-il settore settentrionale, a nord delle valli biellesi;

-la sezione centrale, che costituisce il nucleo più ponderoso, dove si riscontra quasi metà del turismo montano, concentrato nell’alta valle di Susa, nelle valli Chisone, Germanasca e Pellice;

-il settore sud-occidentale, con le valli cuneesi e monregalesi.

Il ruolo preminente e tuttora trainante del turismo sportivo invernale nell’economia delle Alpi occidentali è attestato dalla varietà e dall’importanza delle iniziative che suscita.

Dopo i Campionati mondiali di Sci Alpino Sestrière ’97, organizzati in Valle di Susa per celebrare il centenario della nascita dello sci in Italia, Torino è stata designata nel 1999 sede dei Giochi olimpici invernali del 2006 che, a partire da Torino, si svolgeranno in valle di Susa, val Chisone e val Pellice. L’organizzazione dei Giochi sarà impostata secondo la concezione moderna della cultura sportiva, che dimostra sensibilità e cura verso le tematiche ambientali; gli obiettivi fondamentali della Torino olimpica si dovrebbero perciò concretizzare secondo parametri che, basati sul rispetto dell’ambiente, prevedano a priori lo sfruttamento post-olimpico delle strutture funzionali alle gare, al fine di non costruire “cattedrali nel deserto”.

 

I Sacri Monti: una meta del turismo religioso

 

Se da pochi anni il Piemonte storico-artistico può vantare, con le Residenze Sabaude, di far parte del Patrimonio dell’Umanità, da diversi secoli invece rientra di diritto nel patrimonio mondiale perché in possesso della Sacra Sindone, custodita dal 1578 nel Duomo di Torino. Oggetto di pellegrinaggi particolarmente numerosi in occasione della sua ostensione, la Sindone rappresenta però soltanto un elemento del turismo religioso, che in Piemonte offre segni di particolare valenza, oltre che nei Santuari diffusi su tutto il territorio, anche lungo il percorso della via Francigena, con le tappe più note nell’Abbazia della Novalesa e nella Sacra di S. Michele, e lungo l’itinerario dei Sacri Monti.

Meta del turismo religioso internazionale, anche i Sacri Monti delle Alpi occidentali sono stati candidati nella lista del Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco dalla Regione Piemonte, in accordo con il Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali.

Costruiti ed ampliati tra il XV e  XIX secolo, nell’arco alpino italiano se ne conoscono quattordici, di cui dodici in Piemonte, distribuiti soprattutto nel Biellese, nel Vercellese e nel Novarese, e due in Lombardia dove particolarmente famoso e studiato risulta il Sacro Monte sopra Varese. Il Piemonte viene abitualmente considerato “la patria dei Sacri Monti” perché il primo, per epoca di fondazione, risulta quello di  Varallo Sesia, la cui edificazione ebbe inizio nel 1486 con il contributo di artisti del valore di Gaudenzio Ferrari, che vi prestò la sua opera di pittore, scultore ed architetto fino al 1528. Pur presentando caratteri di specifica identità, i Sacri Monti si strutturano  secondo un paradigma che li accomuna negli aspetti naturalistici ed antropici. Si localizzano in posizione sommitale o dominante il paesaggio circostante, sviluppandosi lungo un simbolico itinerario devozionale in ascesa, costituito da cappelle che, intimamente connesse all’ambiente vegetale, all’interno racchiudono scene pittoriche e scultoree che riproducono in prevalenza la Via Crucis. Il tema centrale è quello tipico della cultura barocca del sacro monte interpretato come una “macchina” scenica, dove l’architettura umana ed il paesaggio sono pensati in fusione tra loro. Pur essendo prima di ogni altra cosa espressioni maestose di fede e tasselli di un disegno di sacralizzazione del territorio, i Sacri Monti costituiscono tuttavia anche beni preziosi sotto il profilo architettonico, artistico, paesaggistico e naturalistico. E’ in funzione di questa certezza che la Regione Piemonte ha individuato specifiche forme di tutela contro l’azione disgregatrice del tempo, inserendo già nel 1980 nel sistema regionale dei parchi e delle riserve naturali i Sacri Monti di Crea, Orta e Varallo, cui sono stati aggiunti nel 1991 quelli di Ghiffa, Belmonte e Domodossola.

 

Considerazioni conclusive

 

Nel 2001, quindi, a distanza di un quarto di secolo dall’ultima edizione della Guida Rossa, come si configura la situazione del turismo in Piemonte?

Il riferimento alla sola indagine quantitativa confermerebbe, per certi versi, come attuale il quadro tracciato dal TCI sia per quanto riguarda l’entità del fenomeno che, relativamente al contesto italiano, darebbe ragione all’esclusione del Piemonte dalle grandi regioni turistiche sia per ciò che attiene all’individuazione e distribuzione geografica delle maggiori località turistiche. La rilevazione statistica ha, infatti, confermato la preminenza del movimento turistico sul Lago Maggiore e nelle località montane più note e meglio dotate di strutture che consentono un più puntuale rilevamento delle presenze.

Se l’indagine quantitativa, così come la sua raffigurazione cartografica, non danno atto del fervore di iniziative che coinvolgono tutta la Regione, si può, però, chiaramente intravedere il delinearsi di una nuova tipologia di turismo, un turismo che non appare, un turismo non quantificabile, perché “di nicchia”, ma che raccoglie attorno alle sue proposte un numero sempre maggiore di visitatori. Si tratta essenzialmente di un “movimento interno”, che si sviluppa nell’arco di una giornata o del fine settimana, di una circolazione dettata dal desiderio di impadronirsi del patrimonio del proprio territorio e quindi di individuare, di conoscere o di ri-conoscere e di valorizzare quei beni culturali e ambientali vissuti passivamente, perché non percepiti nella loro identità.

All’“alfabetizzazione” del territorio assolvono le innumerevoli iniziative del settore pubblico e privato estese a tutte le tipologie morfologiche e socioeconomiche regionali.

Uno dei primi corsi di alfabetizzazione nasceva proprio alcuni anni fa, per iniziativa del Comune, con l’intento di promuovere la riscoperta del patrimonio artistico, storico e naturalistico cittadino: Torino non a caso presentava ed illustrava la città ai suoi abitanti, guidati come turisti.

Per la tutela e la valorizzazione delle risorse del territorio, per contribuire alla conservazione dei segni e della memoria del passato, dalle espressioni della cultura materiale alle attività e all’insediamento umano, la Regione, per prima in Italia, ha varato la legge sulla istituzione di Ecomusei in Piemonte. Le linee guida della Legge Regionale n. 31/1995 “Istituzione di Ecomusei in Piemonte” specificano che l’Ecomuseo si caratterizza e si differenzia dal museo tradizionale per essere un museo del tempo e dello spazio: del tempo, perché non privilegia sezioni storiche particolari e definite, ma si riferisce al passato come al presente, proiettandosi verso il futuro; dello spazio, perché è il territorio nel suo insieme, con tutte le espressioni ed i segni del lavoro sedimentati nello spessore dei secoli, ad essere bene da conservare.

Sulla base di questa concezione, la Provincia di Torino alla fine degli anni Novanta progettava, con la collaborazione di studiosi specialisti, la costruzione di una rete di Ecomusei imperniata su tre tematiche principali: le memorie dei siti estrattivi; le tracce legate alla lavorazione protoindustriale ed industriale; gli eventi e le testimonianze del recente passato.

 

Nel complesso, l’attento lavoro di valorizzazione del patrimonio culturale piemontese e la sua promozione turistica rischierebbero di restare episodi puntuali, isolati, perché rivolti a singole espressioni culturali, lasciando vuote le maglie della rete turistica regionale, se non fossero connessi al loro supporto, costituito dall’ambiente. Proprio in difesa dell’ambiente, la politica regionale di tutela e conservazione della natura, nell’arco di circa 25 anni, ha dotato il Piemonte di 57 aree protette per una superficie pari al 7,6% del territorio complessivo, diffondendosi dalle aree montane a quelle fluviali, lacuali, palustri, alle aree collinari, di pianura, ed anche alle aree di interesse storico-paesistico.

Una politica perciò rivolta a tutto il territorio, in difesa delle sue specificità e biodiversità, ma nel contempo protesa alla valorizzazione della sua funzione didattica, attraverso l’educazione all’ambiente, ed alla promozione della sua fruizione per un turismo sostenibile.

Un turismo, quindi, quello Piemontese, alimentato dalle solide radici di un ricco e variegato patrimonio di beni culturali e ambientali, finalmente oggetto delle dovute attenzioni politiche.

 

 

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