Morte e riti funebri nella società occidentale contemporanea

LA SCENA DEGLI ADDII

programma

 

Convegno Internazionale a Torino

resoconto

 

In che termini si può oggi parlare di una crisi dei riti funebri tradizionali, da più parti denunciata? E quali sbocchi si possono prefigurare a tale crisi? Questi gli interrogativi da cui è nato il convegno internazionale organizzato a Torino dalla Fondazione Fabretti il 24 e 25 settembre 1999, dal titolo: La scena degli addii. Morte e riti funebri nella società occidentale contemporanea. Il convegno ha tentato un approccio interdisciplinare al tema dei riti funebri, per esaminare i molteplici volti di un problema divenuto complesso nella nostra società, una società che ha perso i propri legami con la tradizione ed è divenuta pluriculturale e multietnica, ma che continua a manifestare l'esigenza di parole capaci di contrapporsi alla morte. L'esito più interessante dei lavori si può ravvisare nell'omogeinetà dei risultati dell' analisi della situazione presente a cui sono giunti, ciascuno partendo dall'interno della propria disciplina, sociologi, antropologi, psicologi, storici e filosofi. E al contempo nell'identificazione, che è emersa dall'insieme degli interventi, di alcuni problemi-chiave.

La crisi del rito religioso cattolico, ad esempio, è stata messa a fuoco da più punti di vista: la sociologia tende a ricollegarla alla decrescente percentuale dei nostri contemporanei che concepiscono la morte come passaggio, e che credono dunque nell'immortalità dell'anima; ed inoltre al superamento delle strutture sociali tradizionali che quel rito sostenevano e dotavano di senso (Luigi Berzano); indagato nell'ambito della psicologia, il funerale religioso, anche se resiste, perde efficacia, dal punto di vista dell'elaborazione del lutto, perché interpreta la gratuita violenza della morte come sacrificio di un capro espiatorio, e propone e chiede l'accettazione di tale sacrificio. In mancanza dell' adesione alla logica del sacrificio, oggi raramente riscontrabile nella pratica clinica, il rito cristiano è inutile, così come qualunque rito basato sullo scambio simbolico teorizzato da Baudrillard. Oggi può avere senso solo un rito che abbia per contenuto non lo scambio, la reciprocità vivi-morti, ma un'elaborazione del lutto fondata sull'amore disinteressato, che sappia assumersi -per usare un apparato concettuale mediato dal pensiero di Lévinas- la "responsabilità" per il defunto, e continuare a vivere per lui, e per lui ricordare e raccontare. (Francesco Campione)

Il tema della memoria, compresa come idea di un'immortalità mondana, terrena, di una posterità nella mente dei vivi, è stato al centro di molte relazioni, che si sono ispirate ad essa sia nell'analizzare il panorama di nuovi riti esistente, sia nell'esprimere il loro auspicio per i rituali ancora da inventare.

Ma cosa si intende per memoria? Essa deve essere pubblica -sono cioè le istituzioni che devono divenire soggetti che strutturano riti- com'era nella Grecia classica, oppure va pensata come ricordo privato di coloro che ci sono stati cari?

Alle radici della cultura occidentale questa dicotomia rito pubblico-rito privato è ben esemplificato dall'Antigone di Sofocle (Adriana Cavarero): Creonte, che nella tragedia incarna la polis, rappresenta l'organizzazione politica della memoria, che culmina nell'orazione funebre pubblica volta a sottolineare l'appartenenza del cittadino alla città stessa. Il cittadino non è considerato, nella Grecia classica, psiché, o anima, ma corpo: individualità radicata nel corpo che combatte e muore per la polis, e da essa viene celebrato. Viceversa l'antagonista di Creonte, Antigone, che seppellisce simbolicamente il fratello, nemico della città, rappresenta l'elemento femminile, apolitico e prepolitico, considerato "tremendo" e contiguo all'animalità, da cui la civiltà -la polis- si è liberata. La morte di Antigone infine, che non sarà ricordata, inscena la solitudine del morente quando la memoria e la pietas non vengono attivate dalla città: le origini della nostra civiltà vedono dunque l'uomo come animale politico, e la comunità politica come portatrice e garante della memoria dell'individuo.

Ma non pare essere questa la tendenza che emerge dalle recenti forme rituali sorte oggi in Europa in alternativa ai riti religiosi tradizionali. Bisogna infatti constatare che, in accordo con le interpretazioni che insistono sul prevalere dell'individualismo, della dimensione privata o se si vuole "tribale" nella nostra società, si assiste ad una sorta di privatizzazione del rito funebre. Durante il convegno, vari esempi sono stati portati di questa tendenza contemporanea: sono i privati, i familiari, i morenti stessi -magari consigliati da un professionista del campo funerario- che diventano soggetti strutturanti il rito, sia nella ritualità laica olandese (e nelle forme sincretistiche di ritualità delle comunità etniche immigrate in Olanda) (Marinus Schouten), sia nelle comunità gay americane di malati di AIDS (Luigi Berzano). In Gran Bretagna si è assistito ad una vertiginosa crescita della cremazione, e a un prevalere della scelta di dispersione delle ceneri: dati che possono anch'essi essere letti come un atteggiamento più individuale e privato nei confronti della memoria (Douglas Davies). Il sociologo Maffesoli ritiene, ancora più esplicitamente, che la comunità politica, le istituzioni, non debbano intervenire nella progettazione dei riti, per lasciar emergere le iniziative private, che caratterizzano la sensibilità contemporanea. Nel contesto di una concezione postmoderna del mondo, la cremazione, che viene vista come un processo accelerato di ricongiungimento dell'individuo col cosmo, diviene simbolo dell'atteggiamento "tragico" dell'uomo postmoderno, che accetta la morte perché si identifica con ciò che è, col presente, rinunciando a dominare la natura e a proiettarsi nel futuro.

Ma non tutti sono d'accordo sull'interpretazione postmoderna della nostra società. Il sociologo Alfredo Milanaccio preferisce parlare di una società tardomoderna: la concezione del corpo dominante nell'occidente contemporaneo è sintomo di una sostanziale continuità con la tradizione moderna, la cui medicina e la filosofia hanno pensato il corpo come un oggetto contrapposto ad un soggetto, come una macchina (Cartesio) o addirittura come un cadavere (basti pensare al celebre trattato di anatomia di Vesalio del 1543). Oggi si assiste ad un mutamento della forma dell'alterità del corpo (mutamento dovuto allo sviluppo delle competenze biomediche e al loro potere sociale) che rimane però sempre "altro" rispetto al soggetto: il corpo è immaginato come un incompiuto, un progetto autoriflessivo che deve essere portato a termine da parte del soggetto, e la cui responsabilità ricade su quest'ultimo.

Questa percezione del corpo come un progetto privato cosa diviene di fronte alla morte? Il disfacimento fisico, inevitabile scacco del progetto individuale sul corpo che aspirerebbe all'immortalità (Paola Borgna), resta in secondo piano, e con esso anche la persona stessa del defunto: il rito funebre tende a ridursi, secondo l'opinione del sociologo inglese Tony Walter, a momento di consolazione dei dolenti strettamente coinvolti dal lutto. Tale rito, all'insegna dell'oblio del corpo, del defunto, dell'anima, e in ultima analisi della persona, è estremamente e di fronte a tale tendenza non si può non auspicare un rito capace di celebrare la vita del defunto.

E questa istanza di celebrazione, in alcuni sporadici casi, torna a farsi pubblica, o almeno a coinvolgere le amministrazioni pubbliche delle nostre città europee.

A Bologna, varie associazioni di donne si sono impegnate (finora con pochi risultati) per ottenere dall'amministrazione pubblica locali attrezzati per poter approntare un rito funebre laico -cosi come esiste un matrimonio laico- per sottrarre i non credenti all'afasia e alla tristezza dell'assenza di un rito (Fiorenza Tarozzi). A Marsiglia, l'amministrazione cittadina ha commissionato all'artista Michelangelo Pistoletto l'allestimento di uno spazio non-confessionale, o pluri-confessionale, dove tutti i membri di una società possano celebrare i loro riti, funebri e non (Michelangelo Pistoletto, Corinne Diserens).

 

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