Carcinoma dell’endometrio
Nell’ultimo decennio il carcinoma dell’endometrio ha subito un incremento
considerevole: il rapporto carcinoma della cervice uterina/carcinoma dell’endometrio
è radicalmente mutato, passando da 10/1 nei primi decenni del secolo
a 1/1 attualmente.
Il carcinoma dell’endometrio rappresenta nel mondo il secondo tumore
femminile con 150.000 nuovi casi per anno, preceduto solo dal carcinoma
della mammella. Nel mondo le regioni più colpite sono i Paesi
del Nord America ed alcuni Europei (Germania, Svizzera, Regno Unito) mentre
i Paesi in via di sviluppo ed il Giappone presentano un’incidenza 5 volte
inferiore.
in Italia l’incidenza dell’adenocarcinoma dell’endometrio è
del 5-6% dei tumori femminili con una incidenza di circa 4.000 nuovi casi/anno.
Circa l’1-3% delle donne che raggiungono la menopausa possono
essere colpite da tale neoplasia entro i 75 anni.
L’inizio precoce dei flussi mestruali e/o la menopausa tardiva
pare aumentino il rischio di sviluppo di tale neoplasia. Altri fattori
di rischio sono la nulliparità (il non avere mai avuto gravidanze)
o l’infertilità, che hanno in comune la maggiore esposizione agli
estrogeni circolanti, così come le pazienti affette da policistosi
ovarica. Risulterebbe a rischio anche la terapia sostitutiva ormonale con
soli estrogeni in donne che non siano state private dell’utero; in queste
donne l’aggiunta di progesterone porterebbe tale rischio a livelli “fisiologici”.
Addirittura uno studio condotto in donne operate per carcinoma endometriale
e sottoposte, dopo, a terapia sostitutiva, ha rilevato che le recidive
ed i decessi erano superiori nelle pazienti non trattate rispetto alle
pazienti trattate con tale ormone. Altri fattori associati ad un aumento
di rischio di sviluppare tale neoplasia, quali obesità, diabete,
ipertensione arteriosa, potrebbero essere tutti collegati al ruolo della
stimolazione estrogenica non bilanciata dal progesterone. Il carcinoma
dell’endometrio può però essere riscontrato anche in donne
che non presentano questi fattori di rischio e che probabilmente possiedono
fattori genetici di rischio. I fattori dietetici, come l’alto contenuto
di grassi animali della dieta occidentale, pare giochino un ruolo importante
nello sviluppo di tale tumore.
Il carcinoma dell’endometrio si diffonde sia per via diretta agli organi
contigui sia per via linfatica alle stazioni linfonodali della pelvi e
lungo il decorso dei grossi vasi (vena cava, aorta) sia per via ematica
agli organi distanti.
La più comune manifestazione iniziale del carcinoma dell’endometrio
è il sanguinamento genitale anomalo, mentre la diagnosi in assenza
di sintomatologia rappresenta una evenienza causale.
Una diagnosi di tale patologia deve necessariamente essere effettuata
con una biopsia. Il sempre crescente utilizzo della isteroscopia, che permette
di esaminare direttamente l’interno della cavità uterina ed individuare
aree sospette, ha notevolmente ridotto l’uso del curettage (così
detto - raschiamento -) dell’utero. Nelle donne che non presentano sintomatologia
l’utilizzo della citologia (cioè della stessa tecnica utilizzata
per il pap-test) quale esame di screening non ha dato risultati soddisfacenti.
E’ quindi preferibile, in determinate situazioni quali per esempio
i controlli periodici in soggetti che effettuano terapia sostitutiva,
eseguire valutazioni con una certa periodicità quale una ecografia
con sonda vaginale per determinare il profilo interno dell’utero.
Dato l’evolversi delle tecniche chirurgiche e la sempre maggiore conoscenza
della biologia di queste patologie, il trattamento per queste forme
di tumori nei primi stadi, visto che fortunatamente una buona
percentuale di diagnosi si effettua in fase iniziale, è chirurgico
ma non sempre la demolizione deve essere spinta a gradi estremi. Questo
giustifica grandemente l’importanza che riveste la prevenzione in
questa patologia che, se riconosciuta in fase iniziale, permette di eseguire
interventi meno demolitivi e con percentuali di sopravvivenza certamente
migliori. Da tempo nella nostra Divisione la sempre maggiore e migliore
acquisizione di capacità tecniche ci permette di trattare per via
laparoscopica anche vari stadi di queste neoplasie: si può quindi
praticare delle minime incisioni cutanee che, oltre ad essere certamente
meglio accette dalla paziente, danno un migliore e più veloce recupero
post-operatorio con conseguente precoce dimissione dall’ospedale, dunque
con degli indubbi vantaggi sia fisici, sia psicologici sia di costi, senza
però diminuire l’efficacia dell’intervento e senza costringere ad
essere meno aggressivi sul tumore che per la via chirurgica tradizionale.
Carcinoma della cervice uterina
L’incidenza del cervicocarcinoma o carcinoma del collo uterino (o della
portio) è attualmente molto diminuita negli ultimi decenni e questo
soprattutto grazie alla attuazione di corretti programmi di screening
sulla popolazione. A titolo di esempio negli Stati Uniti, negli ultimi
30 anni, ci sono stati circa 7.000 nuovi casi in meno per anno rispetto
ai 20.000 nuovi casi iniziali. In Italia, nella provincia di Varese, che
possiede un ottimo Registro tumori da cui si possono osservare questi dati,
la riduzione dell’incidenza è stata di circa il 40%. Negli ultimi
40 anni il rischio di morte per cervicocarcinoma è diminuito da
41 a 5 per 100.000 donne. Questi brillanti risultati sono stati ottenuti
non solo perché si è potuto diagnosticare il cervicocarcinoma
in stadi molto iniziali ma anche e soprattutto perché si sono diagnosticate
lesioni precancerose tipiche di questo tipo di neoplasia.
E’ bene dunque non dimenticare sia l’importanza delle lesioni
precancerose della portio sia i fattori di rischio che tali lesioni
possono favorire.
L’elenco di questi fattori di rischio è lungo, comunque quelli
più comunemente accettati sono il precoce inizio dell’attività
sessuale, partners sessuali multipli, la multiparità, la giovane
età alla prima gravidanza, la scarsa igiene sessuale, confermando
così il ruolo patogenetico di un agente sessualmente trasmesso.
Varie sono state le cause studiate per tentare di identificare tali
fattori ed infine l’attenzione si è focalizzata sugli agenti
virali, in particolare il virus dell’Herpes (HSV) e quello del papilloma
(l’HPV). In seguito, intorno agli anni ’80, grazie allo studio di vari
dati morfologici, biologici ed epidemiologici si è identificato
con l’HPV il fattore che agiva a livello dell’epitelio di giunzione
della cervice uterina determinando una lesione precancerosa
che, col tempo, può esitare in un tumore invasivo della portio.
La facilità di esame clinico, la possibilità di prelevare
ed esaminare cellule di sfaldamento Pap-test e di esaminare campioni tissutali
hanno permesso sia di controllare nel tempo le evoluzioni di
queste lesioni sia di attuare con la massima tempestività
le terapie minimamente demolitive richieste in questi casi.
Anche in caso di tumore francamente invasivo della cervice uterina
è importante valutare il grado di invasione della neoplasia per
attuare le terapie più idonee: è possibile infatti
eseguire demolizioni chirurgiche sempre più limitate rispetto al
passato senza essere meno efficienti dal punto di vista della radicalità
oncologica. Anche in questo caso, come già si è detto nel
caso del carcinoma dell’endometrio, si possono ottenere dei vantaggi dall’utilizzo
della chirurgia laparoscopica per lo meno per quanto riguarda l’asportazione
dei linfonodi pelvici ed addominali.
In ogni caso il primo e più importante punto rimane sempre il
dedicare qualche minuto del proprio tempo ogni uno o due anni alla propria
salute, aderendo alle proposte di visite di controllo per lo screening
della popolazione per attuare una efficace prevenzione.
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