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Turchia - Nella confraternita dei Sufi

Satelliti di Dio

Uomini con un lungo cappello di feltro e ampie gonne ruotano in cerchio con un braccio alzato al cielo e l'altro allungato verso la terra, simbolo dell'asse spirituale fra l'uomo e Dio. Sono i Dervisci rotanti, mistici musulmani (conosciuti in Italia grazie alle canzoni di Franco Battiato). Amano l'umanità e Allah, e spiegano: "l'Islam con il terrorismo non c'entra niente".

di Asghar Ebrahimi
da Istanbul

Istanbul: scendiamo dal pullman che dall'aeroporto di Ataturk ci porta in albergo, dove ci aspettano i nostri amici, due giovani che ci aprono le porte della città, anche quelle vietate ai turisti, come la sede dell'ex confraternita dei Sufi Jerrai Helveti, ora denominata Associazione Culturale (in Turchia le confraternite sono state bandite all'epoca di Ataturk e sopravvivono solo come associazioni culturali). Qui due volte la settimana s'incontrano duecento persone fra uomini e donne, che praticano il Dhikr, un rituale di invocazione ad Allah. Nonostante queste persone appartengano a diversi ceti sociali e culturali, hanno fra loro un legame molto solido che resta al di sopra del singolo individuo. Sono Sufi, mistici musulmani conosciuti in Italia, grazie alle canzoni di Franco Battiato, per la loro pratica di ruotare vorticosamente in una danza trascendente (i Dervisci rotanti).
"Il sufismo non è in se stesso né una scuola teologico-giuridica né uno scisma né una setta, è innanzi tutto un metodo islamico di perfezionamento interiore, d'equilibrio, una fonte di fervore profondamente vissuto" così li definisce Si Hamza Boubaker, rinomato maestro sufi.

Vortici umani

Scopriamo che uno dei due giovani amici è un semazan, ossia proprio un "Derviscio rotante", un aderente della confraternita dei Mevlevi, i Sufi che praticano questa danza particolare. Ci accompagna con tranquillità alla scuola di Sema: uomini con un lungo cappello di feltro e ampie gonne ruotano in cerchio con un braccio alzato e il palmo della mano aperto proteso verso il cielo, l'altro allungato verso la terra, quale simbolo di un asse spirituale fra l'uomo e Dio. Possono andare avanti per ore, come vortici umani, paragonati talvolta al roteare dei pianeti intorno al sole, o agli angeli attorno alla Kab'a, luogo sacro per tutti i musulmani.
"Il sufismo apre all'uomo la possibilità, l'abissale prospettiva dell'esperienza mistica di Dio, senza per altro intaccare il carattere di assolutezza e trascendenza di Dio" ci spiegano i fedeli. Chi intraprende il cammino spirituale del sufismo è impegnato in questo percorso con ogni fibra del suo essere e in ogni istante del suo tempo, anche se vive apparentemente come ogni altro uomo. Ha un lavoro e una famiglia, con tutto ciò che comporta in termini di impegni e preoccupazioni. "Questo mondo è un luogo di preparazione, dove a ognuno vengono date molte lezioni e molte prove", sostiene nei suoi scritti Jalal ad-Din Rumi, il fondatore della confraternita dei Mevlevi, i Dervisci rotanti appunto, vissuto tra l'Iran e la Turchia nel XIII secolo. "Ciò che è essenziale è l'essere vigile in ogni momento. Non essere soddisfatto del proprio stato spirituale, ma avanzare incessantemente, senza interruzione".

Come San Francesco

La nostra guida-semazan è pronta con il suo vestito bianco, ruota sul pavimento di legno lucido con viso sereno. Abbiamo chiesto al suo maestro il permesso di fotografarlo, così senza flash, a porte chiuse, mentre turisti lì per caso, con il naso appiccicato alle finestre, cercano di vedere qualcosa picchiettando sui vetri. Passiamo al filmato, ma la macchina non funziona; batteria scarica! com'è possibile? Era appena stata caricata in albergo. Sorridono i nostri amici: "così doveva essere, non è il momento di effettuare un filmato all'interno di questa sala, così il Signore ha voluto...".
Molti studiosi paragonano Jalal ad-Din Rumi, maestro spirituale dei Dervisci, al suo contemporaneo San Francesco. Il Derviscio di Konia e il poverello di Assisi predicavano la povertà, l'umiltà e accoglievano chiunque venisse a loro senza dare importanza al casato o alla provenienza.

Anche inglesi e italiani

All'interno della Tekke (scuola) di Istanbul dei Sufi, troviamo alcuni inglesi e italiani (anche a Milano esiste una sede della confraternita, così come a Roma e Torino, le cui notizie si possono trovare su www.geocities.com/athens/4044). Parliamo con una donna, nome islamico N'ama. Ci spiega che convertirsi all'islam e al sufismo le ha dato molte certezze, e risposte che non aveva prima, quando era cristiana: "È' stato come aprire un nuovo orizzonte, qualcosa che avevo dentro sin da bambina ma che non sapevo esprimere, forse il mio destino...". Ma com'è riuscita a conciliare la sua modernità di donna occidentale con la tradizione islamica? "Con la fede, e poi la tradizione islamica non è così ottusa come la descrivono. Molte situazioni di paesi islamici sono dovute alla politica dei loro governi, non al Corano, che lascia molta libertà d'azione. Io credo che nell'opinione pubblica si sia formata un'idea sbagliata, d'altra parte forse è un modo di difendersi dell'occidente". N'ama ha sposato un uomo orientale, musulmano, e ha tre figli italo-egiziani: "spero che la loro generazione sia un poco più pronta ai cambiamenti sociali che il mondo sta inevitabilmente subendo con la migrazione delle genti, insomma siamo tutti figli dello stesso Dio". Decisa, invece, la condanna del terrorismo: "se queste persone avessero realmente fede non agirebbero così!".
Ci avviciniamo a un signore turco, sulla quarantina, distinto. Ci racconta di avere una ditta di import-export, viaggia molto anche in Italia, paese che ama e dove ha vissuto ai tempi dell'università. Lui, musulmano sin dalla nascita, si è sentito trascinare verso il sufismo come da una spinta che veniva da Allah; è arrivato alla confraternita tramite un amico, la cui famiglia da generazioni frequentava i Sufi. "Vedevo la sua tranquillità, il suo modo di essere sereno con tutti e in ogni occasione, aveva sempre buone intenzioni...". Ora anche lui si sente cambiato: "sicuramente sono più conscio di me, dei miei difetti e manchevolezze, ma anche di ciò che ho dentro, del mio amore verso l'umanità e Allah. Trovo molte cose di questo mondo futili, l'importante è la fede e l'amore verso ogni cosa, aver pazienza e ringraziare Dio di quel che si ha...".

Volontari per lo sviluppo - Agosto 2002
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