di Gianni Proiettis da San Cristobal de las Casas
Venerdì 19 ottobre, mentre il presidente Vicente Fox e alcuni suoi ministri
inauguravano a Shangai un'esposizione di arte maya, a Città del Messico, nella colonia
Roma, uno squadrone della morte giustiziava Digna Ochoa, una 38enne attivista dei diritti
umani.
Condannata dal dipartimento di Stato nordamericano e dall'Onu, prima che dal governo
messicano, la spietata esecuzione di Digna Ochoa è il primo omicidio politico di questa
presidenza e il suo impatto sull'opinione pubblica sta generando un'onda d'urto a livello
mondiale.
Se l'obiettivo degli assassini, oltre all'eliminazione di un avvocato scomodo, era
quello di frenare il movimento di difesa dei diritti umani, la forte risposta della
società civile e dei governi di molti paesi sta facendo soffiare il vento in un'altra
direzione.
Ora il governo Fox è chiamato a dimostrare nei fatti, e non solo nelle dichiarazioni, se
è disposto a ripulire i corpi separati dello Stato, a porre fine all'impunità e alla
corruzione istituzionale e a processare con una comisión de la verdad gli abusi
e le stragi del passato. In una parola, se vuole davvero la democratizzazione del paese
oppure no.
Può la morte di un'umile religiosa, che aveva rinunciato all'abito per dedicarsi
completamente alla difesa dei poveri e dei perseguitati, dettare un'agenda di governo?
Mentre l'Unione europea ha raccomandato indagini accurate sull'omicidio, gruppi cattolici,
ong e forze politiche italiane hanno chiesto al governo Fox garanzie per i difensori dei
diritti umani in Messico.
Per il giorno dei Morti, si ascoltavano già i primi corridos, le ballate
popolari, in onore di Digna Ochoa.
Come nel caso di Chico Mendes, la storia della piccola e coraggiosa Digna e la sua
tragica fine riuniscono gli elementi di una saga di lotta e di un paziente lavoro di
militanza. E creano un personaggio simbolico, eppure tremendamente reale. Chi era Digna
Ochoa?
Figlia di un modesto muratore di Veracruz padre di dieci figli, Digna visse fin da bambina
sulla propria pelle l'ingiustizia e la persecuzione del potere. Suo padre fu torturato e
imprigionato per più di un anno perché organizzatore di un movimento di rivendicazioni
popolari.
È da quell'episodio che si forma in Digna la vocazione a lottare contro l'ingiustizia,
per i poveri e gli esclusi, per gli indigeni e i campesinos che riempiono le
carceri messicane. Dopo aver studiato legge con l'aiuto di borse di studio, la ragazza si
fa religiosa domenicana e realizza un lavoro sociale in borgate emarginate.
Nel 1995, come membro dell'Anad, l'associazione nazionale degli avvocati democratici,
assume la difesa di Javier Elorriaga, Elisa Benavides e di altri detenuti accusati di
appartenere all'Esercito zapatista di liberazione nazionale. Di fatto, Javier Elorriaga
era uno degli intermediari fra gli zapatisti e il governo Zedillo che fu arrestato a
tradimento dai militari in un fallito blitz per catturare il subcomandante
Marcos, nel febbraio del '95.
È allora che Digna Ochoa, che si era associata con Pilar Noriega e lavorava per il
Centro di diritti umani Miguel Agustín Pro Juárez, comincia a ricevere le prime minacce
di morte. Il Prodh, fondato nell'88 dai gesuiti, presenta una denuncia per questa e altre
minacce di morte contro avvocati del centro, affermando che "si tratta di minacce
realizzate metodicamente, elaborate scientificamente, che rivelano di conoscere dettagli
delle nostre attività e perfino dei nostri familiari, che fanno uso di informazioni da
noi trasmesse per telefono o che si sarebbero potute ottenere solo nei nostri
uffici".
Fra il settembre del 1995 e l'ottobre del 2001, Digna Ochoa e Pilar Noriega ricevono
personalmente almeno dieci minacce di morte. Nel '99, Digna aveva assunto la difesa dei
campesinos ecologisti di Guerrero. Rodolfo Montiel e Teodoro Cabrera sono due contadini
che si sono opposti, nello Stato di Guerrero, al disboscamento selvaggio della loro
regione, favorito dal governatore Rubén Figueroa. Per questo, un reparto dell'esercito li
sequestrò e li torturò, accusandoli di detenzione di armi e droga e obbligandoli a
firmare false confessioni.
Il caso, che ha sollevato una campagna internazionale in difesa di Montiel e Cabrera,
permise a Digna Ochoa di esporre l'arbitrio e le violenze a cui si prestano le forze
armate nella difesa di forti interessi economici. E ha rilanciato il dibattito
sull'opportunità di affidare all'esercito l'ordine pubblico, la lotta contro il
narcotraffico e l'amministrazione della giustizia, come si sta facendo oggi in omaggio
alle direttive di Washington.
Il primo rapimento di Digna era stato camuffato da sequestro-lampo, un tipo di rapina
frequente a Città del Messico in cui la vittima è forzata a fare vari prelievi
consecutivi nelle banche. Ma il secondo sequestro, avvenuto nell'ottobre '99, consistette
in un interrogatorio di tipo militare e si concluse con un tentativo di omicidio: Digna fu
lasciata, legata e imbavagliata, vicino a una bombola del gas aperta e si salvò per
miracolo.
Quando una volta un suo assistito le domandò se aveva paura, Digna gli rispose di sì,
che aveva paura ma che i suoi principi le davano il coraggio sufficiente per superarla.
Non si può vivere sempre in prima linea, però. L'anno scorso Digna era andata negli
Stati Uniti per partecipare a una ricerca sull'amministrazione della giustizia nello Stato
di Guerrero e tornò da quel viaggio con un compagno e nuove prospettive di lavoro. Un
paio di mesi fa, aveva assunto la difesa dei fratelli Cerezo, tre studenti di Città del
Messico accusati di aver messo bombe-carta in alcune succursali della banca Banamex.
Ultimamente, le intimidazioni a Digna e ad altri avvocati del Prodh erano riprese, ma da
maggio scorso il governo Fox aveva deciso di ritirare la protezione che le aveva concesso
per un po'.
Un paio di mesi fa, Digna Ochoa aveva scritto a sua sorella comunicandole l'esistenza di
un'assicurazione sulla propria vita di cui la lasciava beneficiaria insieme al suo
compagno.
Il 19 ottobre scorso Digna è stata trovata morta sul pavimento del suo studio. Dei due
colpi sparati da una calibro 22 di fabbricazione cecoslovacca, uno ha perforato la gamba
sinistra. Il secondo, sparato sopra l'orecchio sinistro a distanza ravvicinata, ne ha
provocato la morte istantanea. Vicino al corpo, un biglietto con un messaggio minaccioso
per i difensori dei diritti umani.
Il giorno prima dell'esecuzione, fuori dallo studio della Calle Zacatecas, sono stati
visti alcuni uomini con walkie talkie e tutta l'apparenza di agenti dei servizi.
Hanno domandato ai vicini se quello era lo studio di Digna Ochoa.
Per la morte di questa donna coraggiosa, che lascia un vuoto ma crea una nuova bandiera al
movimento per la democratizzazione del Messico, gli zapatisti hanno rotto un silenzio che
durava da più di sei mesi e non si era interrotto neanche per gli attentati dell'11
settembre.
"Certamente, il crimine commesso contro Digna oscura il cammino di tutti quegli
uomini e donne che hanno fatto della difesa dei diritti umani la loro meta. Però da tutte
le parti dovremo costruire la luce collettiva che scacci quest'ombra e impedisca
all'orologio di tornare a marcare un passato di impunità, cinismo e indifferenza, che
sono solo vestiti dell'oblio".
Volontari per lo sviluppo -
Dicembre 2001
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