Indios alla riscossa
Dopo una battaglia di due anni, gli indios Deni ce l'hanno fatta. Con l'aiuto di
Greenpeace, del Consiglio Indigenista Missionario (Cimi) e ad un'altra ong, l'Opan, i Deni
hanno delimitato il loro territorio ed hanno ottenuto il riconoscimento legale dal
governo. Ora saranno proibiti lo sfruttamento industriale, minerario e il taglio degli
alberi. Il territorio Deni, che fa gola alle industrie del legname, è abitato da 670
persone, si estende per 1.530.000 ettari (poco più grande della Campania) e si trova a
circa 1.000 chilometri a Sudest di Manaus, la capitale dello stato Amazonas.
Il decreto, firmato dal ministro della giustizia Jose Gregori è stato pubblicato
ufficialmente il 16 ottobre a Brasilia. Secondo la Costituzione brasiliana tutti i
territori degli indios avrebbero dovuti essere demarcati entro il 1993, mentre su 580
comunità, solo 360 hanno ottenuto questo riconoscimento.
A maggio '99 era stata una spedizione di Greenpeace, che indagava sulle attività di
taglio illegale della foresta, a scoprire che metà' del territorio Deni era stato
acquistato dalla Wtk, multinazionale malese del legname, tra le più agguerrite. I Deni
erano stati tenuti all'oscuro dell'intera operazione, ma una volta venuti a conoscenza del
fatto, avevano chiesto aiuto all'organizzazione ambientalista.
Attivisti di Greenpeace provenienti da tutto il mondo (Brasile, Cile, Inghilterra, Olanda,
Svezia, Spagna, Grecia, Germania, Austria, Stati Uniti e Cina) hanno collaborato alla
demarcazione di 53 chilometri di sentieri e 218 chilometri di confini lungo fiumi e
torrenti, apponendo il cartello: "Territorio Deni, ingresso proibito". (Greenpeace)
Transizione: verso dove?
Il processo di pace inter-burundese ha raggiunto una tappa decisiva lo scorso primo
novembre. Ventisei ministri di tutte le tendenze etniche e politiche hanno prestato
giuramento in Parlamento, alla presenza di cinque capi di Stato africani (Tanzania,
Nigeria, Rwanda, Malawi e Zambia) e diverse delegazioni. Tutti hanno giurato di rispettare
la costituzione di transizione e l'applicazione fedele dell'accordo di pace.
Il mediatore Nelson Mandela ha detto di essere fiducioso che il nuovo governo riporterà
pace e stabilità al Burundi. Ha anche riaffermato che la comunità internazionale sarà
sempre in aiuto dei burundesi nei loro sforzi di riconciliazione.
Il presidente della Tanzania, Benjamin Mkapa, ha indicato che il cessate il fuoco deve
essere la prossima tappa del governo di transizione.
In questo governo d'unità nazionale, sono rappresentati tutti i signatari dell'accordo
del 28 agosto 2000 (che prevedeva, tra l'altro, una transizione di tre anni), ad eccezione
del Parena, il partito dell'ex presidente Bagaza.
I primi 18 mesi saranno guidati da Pierre Buyoya, tutsi dell'Uprona (presidente dal luglio
'96 grazie a un colpo di stato) e dal vice Domitien Ndayizeye, segretario generale del
Frodubu, il maggiore partito hutu. Nei successivi 18 mesi ci saranno un presidente hutu e
un vice tutsi, ancora da definire.
La prossima tappa è la realizzazione del Senato e dell'Assemblea nazionale di
transizione.
Da alcune settimane sono presenti in Burundi 400 militari sudafricani, mentre altri 300
assieme a gabonesi, senegalesi e nigeriani sono attesi nei prossimi giorni. È la prima
volta che i burundesi accettano un corpo di pace straniero sul proprio territorio.
Restano fuori dal negoziato di pace i ribelli hutu dell'Fnl e dell'Fdd che continuano gli
attacchi sul territorio burundese, nonostante i ripetuti appelli di Mandela a partecipare
al negoziato.
(Gabriel Nikundana, www.in-burundi.net)
Elezioni tranquille
Si sono svolte senza incidenti e con qualche ritardo le elezioni in Nicaragua, domenica 4 novembre, 12 milioni e 400 mila aventi diritto dovevano eleggere il nuovo capo di Stato, 92 deputati dell'Assemblea nazionale e 20 rappresentanti presso il Parlamento centroamericano (Parlacen). Imponenti misure di sicurezza sono state allestite per prevenire episodi di violenza. Il candidato governativo Enrique Bolaños ha vinto e l'investitura è giunta dallo stesso rivale Daniel Ortega, del Fronte sandinista di liberazione nazionale, che ha ammesso di avere perso il confronto. Ortega ha subito fatto sapere di accettare il successo del Partito liberale costituzionalista (Plc). Già alla guida del regime sandinista che resse le sorti del Nicaragua nella seconda metà degli anni Ottanta, incassa dunque la terza sconfitta consecutiva, dopo quelle inflittegli da Violeta Chamorro e da Arnoldo Aleman. Ciò malgrado, Ortega ha annunciato che intende proseguire la propria attività politica. (Misna)
Uno fuori, tre dentro
Lucien Messan, 55 anni, direttore del settimanale Le Combat du Peuple e decano
dei giornalisti togolesi è stato liberato il 28 ottobre scorso. Era in carcere dal 23
maggio per aver firmato un documento dell'Associazione togolese degli editori di stampa
privata (Atepp) nella quale si denunciava un'affermazione del primo ministro: "I
direttori di pubblicazioni sono stati unanimi per affermare che non ci sono mai stati
centinaia di morti in Togo". L'Atepp accusava il governo di "servirsi della
stampa privata". L'arresto di Messan è stato organizzato dal ministro dell'Interno,
il generale Sizing Walla, che aveva ordinato di perseguire il giornalista, condannato a 18
mesi con l'accusa di "falso e uso di falso". Messan ha dichiarato
telefonicamente a Rsf che "la prigione non ha cambiato nulla" e che lui
riprenderà il suo lavoro. Ha anche denunciato: "eravamo in 1.200 in un cortile di 60
metri per 60. Se non hai soldi sei morto. È terribile. Non ho ricevuto visite per più di
un mese".
Restano in prigione in Togo tre giornalisti: Alphonse Klu, direttore del Nouvel Echo,
dall'inizio di ottobre; Abdoul-Ganiou Bawa e Rigobert Bassadu, direttore e redattore capo
del settimanale indipendente Echos d'Afrique, incarcerati il 29 dello stesso
mese. Accusati il primo di non fornire le proprie fonti e i secondi di pubblicazione di
false notizie. Il regime di Gnassingbé Eyadéma si sta rivelando molto duro nei confronti
della stampa indipendente. (Rsf)
Il sito del meseInternational Press Service (Ips)Agenzia stampa internazionale fondata nel 1964 come associazione no-profit di giornalisti. Non ha base nazionale né politica. Promuove la partecipazione democratica nella vita sociale, economica e politica e il coinvolgimento dei paesi del Sud nei processi decisionali mondiali. È riconosciuta come ong presso le Nazioni Unite e ha una rete di corrispondenti che copre tutto il pianeta. Sito multilingue: www.ips.org |
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Dicembre 2001
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