di Stefania Garini
Norina, 78 anni, è stata madre di 74 figli. Non si è mai sposata. Proprio come
Enrica, che in 50 anni ha allevato oltre 60 bambini. E Luisa, 59 anni, che ha avuto con il
marito solo 4 dei 20 figli. E poi Sirte, Irene, Donatella, Maria... Donne
"speciali". Che non si trovano nel libro dei guinness, ma a Nomadelfia: un'area
di 4 km² nel cuore verdeggiante della Maremma grossetana. Nomadelfia (il nome significa
"legge di fraternità") è stata fondata da don Zeno Saltini, agguerrito
sacerdote modenese, che 60 anni fa ha dato l'avvio a un'esperienza di vita sul modello del
Vangelo e delle prime comunità cristiane. Cominciando dall'accoglienza ai bambini
abbandonati, scartati dall'adozione e destinati a una vita di miseria e criminalità.
Allevati inizialmente dalle "mamme di vocazione", vergini non consacrate che
rinunciano al matrimonio per occuparsi di loro, i bambini sono presto affidati anche alle
coppie di sposi che vivono a Nomadelfia, e che li allevano, senza distinzioni, insieme ai
figli naturali. Da allora, quasi 5000 ragazzi sono stati accolti nella comunità, spesso
su segnalazione dei servizi sociali e dei tribunali dei minori di tutta Italia, che li
concedono in affido.
Ma chi sono i nomadelfi, e come vivono?
A Nomadelfia vivono attualmente 350 persone: una cinquantina di famiglie, che abitano
in 4 o 5 insieme nei "gruppi familiari". I nomadelfi pensano infatti che
l'egoismo della singola famiglia sia ancor più deleterio di quello individuale.
"Inoltre" ci spiega durante la cena Sonia, 29 anni, la più giovane mamma di
vocazione, "tutti qui sono tenuti a esercitare la paternità e la maternità su tutti
i figli, anche quelli che non appartengono alla loro famiglia".
Ognuno degli 11 gruppi familiari, di circa trenta persone, ha in comune una spaziosa casa
centrale, con la sala da pranzo, la cucina e i laboratori, mentre le camere da letto sono
tutte intorno in casette separate.
Ogni tre anni, per evitare che il gruppo familiare diventi a sua volta un centro di
egoismo, le famiglie sono rimescolate e ognuna va ad abitare in un nuovo gruppo. Il
"trasloco" si svolge nell'arco di una giornata. I nomadelfi, infatti, non hanno
molte cose da trasportare perché, a parte gli effetti personali, non hanno proprietà
privata. Tutti i beni sono in comune. Perché, osserva Sandro, 51 anni 28 dei quali
trascorsi a Nomadelfia, "se le tasche non sono sorelle non si riesce a essere
fratelli". Per lo stesso motivo, a Nomadelfia non circola denaro. "Le persone
vivono del proprio lavoro nelle aziende della comunità gestite in collaborazione"
spiega Sandro. "Le attività principali sono l'agricoltura, praticata nel rispetto
dell'ambiente, e l'allevamento. Abbiamo un caseificio, un frantoio, una falegnameria; e
poi l'officina meccanica, il laboratorio di elettronica, la tipografia, e persino una tv
interna che trasmette via cavo".
I nomadelfi lavorano soltanto nelle proprie aziende, e non possono stare alle dipendenze
di altri né assumere dipendenti, perché non vogliono essere "né servi né
padroni", ma solo, rigorosamente, fratelli.
Nei giorni feriali, compreso il sabato, i nomadelfi dedicano la mattinata al lavoro specializzato, mentre al pomeriggio si svolgono i "lavori di massa", come la vendemmia, la raccolta delle olive, la potatura dei frutteti, ecc. Con questo sistema si evita di far gravare sulle spalle di pochi i lavori pesanti o ripetitivi. "Qui non lavoriamo per far soldi, e nemmeno per puro e semplice amore al lavoro" osserva Pietro, 57 anni, che nei trent'anni passati a Nomadelfia ha fatto di tutto, dall'insegnante all'elettrauto, e attualmente dirige la rivista "Nomadelfia è una proposta", occupandosi anche di assistenza ai computer (una quarantina in tutto, di cui 8 funzionano con regolarità), "qui lavoriamo per portare una Parola di giustizia e solidarietà". "Lavorare per noi significa collaborare con Dio per il benessere dell'umanità" aggiunge Beppe, 61 anni, che è arrivato a Nomadelfia a 4 anni e non l'ha più abbandonata. Al mattino Beppe fa il centralinista nel Centro di accoglienza, al pomeriggio coltiva la terra, la sera poi si dedica all'hobby dell'erboristeria. Ci mostra orgoglioso l'orto in cui, da 20 anni, sperimenta il metodo del "consociazionismo", facendo crescere insieme colture ed erbacce, ad esempio pomodori e ortiche, o zucchine e trifoglio. "Anche tra le piante - spiega Beppe - come tra le persone, non si può vivere senza la solidarietà e il sostegno reciproco. La pianta che cresce in solitudine deve difendersi da troppe aggressioni esterne, e spesso muore. Messa con altre piante riceve sostanze nutritive fondamentali, e diventa rigogliosa".
Abituati a lavorare duramente, a vivere in tanti - e a ospitare circa 10.000 visitatori ogni anno - i nomadelfi sono individui dalla forte personalità, energici e instancabili. Con una fede incrollabile in Dio e nella Provvidenza. "È questo che ci dà la forza di affrontare le fatiche del vivere insieme, fraternamente, allevando tanti figli, molti dei quali una volta cresciuti se ne vanno da Nomadelfia" dice Luisa, 59 anni, moglie di Pietro. E aggiunge: "Senza l'intervento costante di Dio, non si spiegherebbe come sia possibile andare avanti. Io stessa, dopo trent'anni trascorsi qui, a volte mi stupisco ancora". Ma qual è la difficoltà principale per chi vive a Nomadelfia? "Per me - continua Luisa - è il non poter più decidere della propria vita. Io, ad esempio, avrei voluto fare la casalinga, occuparmi a tempo pieno dei bambini e delle faccende domestiche. Invece, appena arrivata qui, mi hanno messa a insegnare, e adesso lavoro nel magazzino di distribuzione viveri".
Dal 1968 Nomadelfia ha una propria scuola, autorizzata dal ministero della Pubblica istruzione, dove gli insegnanti sono reclutati tra i genitori. I figli hanno l'obbligo di studiare fino ai 18 anni, e si presentano come privatisti agli esami di Stato. Nella scuola di Nomadelfia non esistono voti né giudizi, e nemmeno promozioni e bocciature. Si fanno spesso gite e viaggi di studio, per conoscere le civiltà dei diversi paesi italiani e stranieri, e per instaurare legami. Ampio spazio è poi dedicato alle espressioni artistiche, dalla pittura alla musica, al canto. Particolarmente importante è la scuola di danza, che prepara i giovani dai 6 ai 21 anni alle "Serate" di apostolato: una tournée estiva nelle piazze di tutta Italia (ma anche nelle carceri, nelle case di riposo, negli ospedali psichiatrici). Attraverso danze tratte dal folklore di tutto il mondo, figurazioni acrobatiche, e la proiezione di un filmato, si fa conoscere Nomadelfia al pubblico. Lo spettacolo è gratuito, per dar modo a tutti di assistervi: ma in genere il Comune o la parrocchia che promuove l'iniziativa dà un contributo. In effetti, pur non facendo uso di denaro al proprio interno, Nomadelfia non potrebbe sopravvivere in assoluta assenza di soldi. Con il loro lavoro, spiega Sandro, "i nomadelfi riescono a essere economicamente autonomi al 70-75%. Per il resto, vivono grazie al buon cuore dei visitatori, dei lettori della rivista e, appunto, alle Serate". Ma queste, per i figli di Nomadelfia, sono anche un'occasione di svago, le uniche vere vacanze. Inoltre, spiega Donatella, nata a Nomadelfia 48 anni fa, madre di 13 figli, e costumista degli abiti realizzati per le danze, "le Serate offrono ai ragazzi che non riescono bene a scuola una possibilità di realizzazione, in cui dimostrano a se stessi e agli altri di poter fare qualcosa di valido, imparando e divertendosi".
Per lo Stato, Nomadelfia è un'associazione civile ("siamo cittadini italiani a
tutti gli effetti, e paghiamo le tasse" tiene a precisare Sandro); per la Chiesa,
un'associazione di privati e una parrocchia. Al suo interno, funziona come una democrazia
diretta: l'Assemblea, che decide le leggi ed elegge le cariche costituzionali, è composta
da tutti - attualmente cento - i nomadelfi "effettivi" (quelli cioè che hanno
scelto di esserlo, firmando la Costituzione. Non sono effettivi i figli minorenni e non
firmatari, i postulanti che fanno un periodo di "prova" di 3 anni prima di
diventare effettivi, e le persone ospitate nella comunità a vario titolo). Tutte le
decisioni sono approvate a maggioranza, e poi confermate all'unanimità.
L'Assemblea elegge la Presidenza, che organizza la vita quotidiana dei nomadelfi, e il
Consiglio degli anziani (12 persone scelte tra chi ha compiuto 40 anni, di cui almeno 10
vissuti come nomadelfo effettivo), che collabora con la Presidenza.
Ma, in questa terra di madri, qual è il ruolo delle donne nella vita politica? "Se
si esclude la carica di Presidente, da cui le donne sono escluse per regolamento (e
perché la cura dei figli non lascerebbe loro il tempo di dedicarvisi), le donne sono
presenti fifty-fifty in tutti gli organismi" chiarisce Sandro. "I
vicepresidenti sono attualmente un uomo e una donna, e il Consiglio degli anziani include
6 donne e 6 uomini. La maggioranza dell'Assemblea, poi, è costituita da donne, e
credetemi, ci fanno vedere i sorci verdi".
Ma la vera lezione di parità arriva dai giovani. I figli dai 12 ai 21 anni, infatti,
sono riuniti in un Congresso dove, sotto la guida di un Presidente, esprimono i loro
problemi e le loro proposte. Tra i temi dibattuti più spesso c'è proprio quello dei
ruoli e delle disparità sessuali. Ad esempio "il fatto che i ragazzi possano usare
il motorino durante il fine settimana, per andare al cinema a Grosseto o in spiaggia"
sottolinea Veronica, 17 anni, redattrice del periodico "Nomadelfia giovani",
"mentre noi possiamo uscire solo accompagnate da una donna adulta. E alla sera,
quando viene buio, per noi c'è il coprifuoco". Fortunatamente, i coetanei le
sostengono in questa battaglia. E di recente il Congresso dei figli si è dotato di un
regolamento nuovo: adesso anche le ragazze possono aspirare alla presidenza.
www.nomadelfia.it
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Agosto-Settembre 2001
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