A cura della redazione
Non si tratta più di terzomondisti più o meno fuori moda, o di sant'uomini spinti da
motivazioni religiose o umanitarie. Oggi a occuparsi di squilibri Nord - Sud, povertà,
debito, sviluppo sono masse consistenti di persone, dai ragazzini dei movimenti
studenteschi agli scalmanati in tuta bianca, fino agli operatori tv e, almeno in parte, ai
governi. I temi da sempre appannaggio di quell'esigua minoranza di cocciuti che erano le
ong 20 anni fa sono diventati dominio comune. "È un risultato importantissimo -
sostiene Sergio Marelli, presidente dell'associazione ong italiane (169 in tutto) - il
coinvolgimento di molte altre realtà su questioni che prima erano solo degli addetti ai
lavori. Segno che l'impegno e l'attività capillare e insistente di molte ong ha portato
frutti". Ma com'è successo? Difficile dirlo. Certo è che la coscienza
dell'interconnessione tra tutti i problemi, dalla povertà all'immigrazione, all'ambiente,
ha fatto capire a molti che occuparsi di "Terzo mondo" significa prima di tutto
occuparsi di se stessi e del futuro della terra. La globalizzazione dell'economia sembra
avere come contraltare (per fortuna) una globalizzazione delle coscienze.
Eppure nel nuovo movimento che si è formato le ong sembrano essere scomparse, anche
quelle che avevano lanciato le prime campagne già vent'anni fa. "Come associazione
delle ong abbiamo scelto coscientemente di non ricercare una visibilità specifica -
continua Marelli - è stato più importante per noi far convergere la nostra
professionalità in ambiti di coordinamento più ampi, innanzi tutto il Forum del terzo
settore o altre iniziative specifiche come le campagne tematiche, e soprattutto la Gng
initiative (vedi box)
voluta dal governo Amato".
Dialogo con le istituzioni prima di tutto, dunque, con l'appoggio alle spalle di un
movimento di cui si fa parte, ma non del tutto. "Non condividiamo alcuni metodi di
lotta. Ma questo ha poca importanza. Il nostro specifico è richiamare l'attenzione sui
contenuti della lotta, che si stanno perdendo nel gioco mediatico interamente concentrato
sulle forme di partecipazione e la sicurezza".
L'obiettivo non è quindi far fallire il G8 "che, ricordiamo, non è un'istituzione
ma solo una riunione privata tra governi e tale deve rimanere", quanto cogliere
l'occasione di avere otto potenti insieme per far sì che recepiscano alcune indicazioni
fondamentali, come l'annullamento del debito (un'iniziativa che deve partire dai G8,
perché sono loro i maggiori creditori) o l'adozione della Tobin tax, ecc... Smettendola
invece di arrogarsi il diritto di pronunciarsi su questioni di valenza mondiale.
"Questo G8 ha all'ordine del giorno un tema nostro, la lotta alla povertà - rincara
la dose Gianfranco Malavolti del Cospe di Firenze - per questo non possiamo mancare. E io
credo che avremmo potuto fare di più, esprimerci meglio e con più visibilità. Essere
maggiormente protagonisti anche nelle lotte di piazza, perché le ong sono insieme
movimenti, associazioni e imprese sociali, e nessuna delle tre anime può essere
negata".
"Il vero rischio è che tutto finisca con il 23 luglio, spenti i riflettori sulle
piazze e le violenze - riprende Marelli - mentre proprio allora il nostro compito deve
riprendere in modo più pressante".
Quest'anno, per la prima volta, nella preparazione di un incontro del G8 è stata interpellata la società civile: ong e associazioni si sono riunite nel Genoa Non-Governamental Initiative (Gng), uno spazio di confronto tra governo e ong, coordinato da quattro istituti di ricerca e voluto dal precedente governo italiano (vedi VpS giugno 2001). Dopo mesi di lavoro ne è risultato un documento di 95 pagine, corredato di 40 raccomandazioni, presentate il 14 luglio all'attuale Ministro degli Esteri Ruggero e in questi giorni al G8 di Genova. Dalle strategie di riduzione della povertà al finanziamento per lo sviluppo e il condono del debito, dalla governance internazionale e la riforma dell'Omc (Organizzazione mondiale del commercio) all'ambiente e lo sviluppo sostenibile. Questi i grandi temi su cui le ong si aspettano una presa di posizione concreta.
Le strategie di riduzione della povertà puntano all'ambizioso obiettivo del dimezzamento, a livello mondiale, entro il 2015, e alla successiva eliminazione totale. "È importante che i G8 si assumano le loro responsabilità - si legge nel documento - anziché perdere tempo e parole in inutile retorica e azioni inefficaci". I grandi devono prendere atto della multi-dimensionalità della povertà (sicurezza alimentare, salute, educazione, ecc.) e concertarsi in un quadro internazionale nel quale far rientrare le azioni per combatterla. In questo senso, le iniziative devono essere coordinate secondo una strategia comune, mentre sono condannati gli interventi isolati, come il Genoa Health Trust fund (il fondo speciale per l'Aids), definiti "carità camuffata". Si chiede che siano rispettati gli impegni presi negli incontri internazionali, come quello di investire lo 0,7% del prodotto nazionale lordo in aiuti internazionali, ma si sottolinea la necessità di stimolare i paesi beneficiari nel pianificare i propri obiettivi nazionali.
Cancellare il debito e adottare la Tobin tax (tassa sulle transazioni finanziarie) sono
indicati come i punti di partenza per meccanismi di ridistribuzione delle risorse nel
pianeta.
Riguardo il debito, il Gng ha bocciato il documento che il governo italiano intendeva
presentare al G8 "Beyond Debt Relief". Verificato che le attuali strategie sul
debito sono insufficienti, il Gng chiede che siano adottati nuovi criteri, tra cui la
revisione dei parametri che danno diritto alla cancellazione (allargamento dei paesi Hipc
sulla base dell'indice di sviluppo umano) e una maggiore partecipazione della società
civile nei progetti di sviluppo collegati. Questi dovranno essere finanziati anche da
"fondi etici", da istituirsi con l'impegno degli stessi G8 e il cui utilizzo
deve prevedere un forte coinvolgimento delle società beneficiarie. Il documento chiede
una maggior protezione delle economie del Sud nel mercato globale e, nel caso di
interventi umanitari, devono essere favorite le agricolture locali, oggi spesso
sbaragliate dalle distribuzioni alimentari.
Punto fondamentale è la radicale riforma dell'Omc e del sistema globale di governo (governance), perché "esiste un largo consenso nella società civile che la crisi dell'Omc è profonda in termini di legittimità, rappresentanza e democrazia" e il processo deve assicurare che "la liberalizzazione del commercio non sia fine a se stessa, ma parte di un coerente sforzo globale per uno sviluppo sostenibile, riduzione della povertà e promozione dei diritti di base". Lo sviluppo umano è l'obiettivo finale al quale asservire crescita economica e commercio. Oggi il fine e il mezzo sono invertiti. Maggior trasparenza, interna ed esterna, e regole più democratiche che tutelino la partecipazione dei paesi poveri e della loro società civile. Necessaria anche una maggior coordinazione con le agenzie settoriali dell'Onu (salute, ambiente, ecc.) per evitare che gli accordi commerciali abbiano precedenza su quelli multilaterali per i diritti di base.
Per l'ambiente, si conferma che la ratificazione del protocollo di Kyoto è il primo passo nella giusta direzione, bisogna però definire le procedure per metterlo in atto in modo trasparente. Obiettivo di rilievo è riuscire a fornire, entro il 2015, energia rinnovabile a due miliardi di persone nel mondo, che oggi restano senza accesso. Si chiede di adottare l'Agenda 21 (documento programmatico in campo ambientale per il XXI secolo) per promuovere investimenti socialmente ed ecologicamente sostenibili, e di smantellare tutti i sussidi pubblici, diretti e indiretti, per i combustibili fossili. Introdotta la nuova categoria di "debito ecologico" dei paesi industrializzati nei confronti di quelli poveri, che deve essere riconosciuta e inserita nelle contrattazioni riguardanti il debito economico.
Gli incontri dei sette grandi (G7) erano nati come vertici economici. In seguito il
loro campo d'azione si è esteso in modo considerevole, includendo questioni come i
rapporti con i paesi in via di sviluppo, l'ambiente, la criminalità organizzata, il
terrorismo, l'energia, ecc... Dal vertice di Birmingham nel 1998 in poi, i leader del
Summit si sono concentrati sulla globalizzazione, perché innervosisce e preoccupa il loro
elettorato, visto che sfugge al loro controllo.
Insomma, non è un mistero che il club dei G8 non discute di questioni interne, come
tasse, scambi commerciali, accordi vari, ma si vuole occupare e si occupa di questioni
mondiali. Senza nessuna legittimità democratica, perché i "grandi" non hanno
ricevuto un mandato dell'Onu, non sono stati chiamati in causa dai governi del Sud del
mondo, né hanno chiesto il parere agli elettori dei loro paesi.
Questa mancanza di legittimità è stata rilevata anche da personaggi come Gorbaciov, che
afferma: "La globalizzazione non rientra tra gli incarichi del G8, all'interno del
quale sono tutelati solo gli interessi dei più forti. Proprio a causa della sua
composizione il G8 non può assumersi la responsabilità di gestire il processo di
globalizzazione" (Il Manifesto, 29 giugno 2001).
Questo governo mondiale informale scavalca le istituzioni internazionali che, almeno in
linea teorica, sarebbero competenti ad affrontare con cognizione di causa e con qualche
pretesa di legittimità i grandi problemi del mondo: le Nazioni Unite, innanzi tutto, e le
agenzie collegate (l'Unesco per i temi culturali, l'Organizzazione Mondiale per la
Sanità, la Fao per i problemi agricoli, l'Acnur per i profughi e i rifugiati, ecc.). (R.B.)
1998 | maggio | Birmingham | Summit G7 |
1999 | maggio | Colonia | Summit G7 |
maggio | L'Aia | ONU Conferenza mondiale per la pace | |
luglio | Monaco | Summit G8 | |
settembre | Perugia | Assemblea ONU dei popoli/ Marcia | |
novembre | Seattle | Vertice OMC | |
2000 | gennaio | Davos | Forum mondiale economia |
febbraio | Bankok | Assemblea UNCTAD | |
aprile | Washington | Vertice BM/FMI | |
maggio | Buenos Aires | Manifestazione contro BM/FMI | |
giugno | Ginevra | Vertice ONU sulla povertà | |
luglio | Okinawa | Summit G8 | |
settembre | Melbourne | Forum economico mondiale | |
settembre | Praga | Comitato internazionale di BM/FMI | |
ottobre | Seoul | Vertice EU/Asia | |
dicembre | Nizza | Consiglio europeo | |
2001 | febbraio | Davos | Forum economico mondiale |
febbraio | Porto Alegre | Forum sociale mondiale | |
febbraio | Cancun | Forum economico mondiale | |
marzo | Napoli | Global Forum Digital Divide | |
marzo | Città del Messico | Marcia zapatista | |
aprile | Quebec City | FTAA (area di libero scambio tra le Americhe) | |
aprile | Buenos Aires | Manifestazione contro FTAA | |
aprile | Città del Capo | Vertenza vinta dal Sudafrica contro le multinazionali farmaceutiche | |
maggio | Hawaii | Manifestazione contro la Banca asiatica di sviluppo | |
giugno | Barcellona | Vertice annullato BM/FMI | |
giugno | Göteborg | Summit Eu | |
luglio | Genova | Summit G8 |
Legenda: | |
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Scontri | |
Mobilitazioni | |
Forum alternativi |
Fonte: Limes 3/2001
Qualche numero sogli "otto"Nei paesi G8 vive il 14.3% della popolazione mondiale (11.8% se si esclude la Russia) e
si produce il 67.2% del Pil mondiale. Qui si consuma la metà dei combustibili fossili e
oltre i tre quarti dell'energia nucleare, e si produce il 52% dell'anidride carbonica
(responsabile dell'effetto serra). |
Le origini del SummitNati per soldiL'idea di organizzare un Summit tra le più importanti nazioni del mondo nacque da
Valéry Giscard d'Estaing (presidente francese) e da Helmut Schmidt (cancelliere
dell'allora Repubblica Federale Tedesca): tra il 15 e il 17 novembre 1975, si riunirono a
Rambouillet, in Francia, i capi di governo di Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna,
Germania, Giappone e Italia. Bisognava affrontare in maniera congiunta la crisi
petrolifera che in quegli anni stava condizionando il mondo intero, e la fine del sistema
di cambi fisso - gli accordi di Bretton Woods. Roberto Bosio |
Volontari per lo sviluppo -
Agosto-Settembre 2001
© Volontari per lo sviluppo