di Marcella Rodino e Maurizio Dematteis
175 miliardi di risparmio, 108 miliardi di finanziamenti erogati a 800 organizzazioni non profit, 17 mila soci, 5000 nuovi posti di lavoro nell'ambito del sociale e la chiusura del bilancio in attivo al primo e al secondo anno di attività. Questi i risultati ottenuti dalla Banca popolare Etica, a dir poco strabilianti se rapportati ai dati nazionali che vedono solo il 20% delle banche tradizionali chiudere il primo esercizio, e nessuna in attivo. Un binomio, quello tra banca ed etica, che dimostra la sua efficacia e che apre l'esperienza finanziaria nazionale a nuove prospettive.
Raccolta di risparmio ed elargizione del credito, questa la formula che sposa appieno
le esigenze di una realtà che in Italia si sta espandendo, quella del Terzo settore. Sono
cinque i soggetti di intervento creditizio: la cooperazione sociale, la cooperazione
internazionale, l'associazionismo, le organizzazioni di tutela dell'ambiente e le realtà
di sostegno alle fasce deboli ed emarginate della popolazione. Il significato etico
dell'attività sembra dunque chiaro: dare una risposta ai bisogni finanziando direttamente
iniziative sociali. Un finanziamento che supera la beneficenza e che restituisce dignità
ai bisogni che una società civile dovrebbe considerare come primi e indiscutibili. Molti
dei progetti sono stati realizzati nell'Italia del Sud, da dove sono arrivate numerose
proposte e iniziative. Costituiscono un esempio le cooperative nate nella Locride, una
zona del Mezzogiorno dove il tasso di disoccupazione giovanile raggiunge il 55%, e il caso
di Riace, dove Banca Etica ha concesso un finanziamento di 70 milioni all'Associazione
Città Futura, permettendo la ristrutturazione di 11 case impiegate successivamente per il
turismo sociale. Sono 20 i posti di lavoro nati da questa attività.
A due anni dalla sua nascita, l'istituto di credito del Terzo settore diventa l'oggetto di
diverse menzioni, tra cui quella della Banca d'Italia, della Commissione europea e del
presidente della Commissione antimafia Giuseppe Lumia, che l'8 marzo scorso, in occasione
della presentazione del bilancio a Roma, ha accolto con entusiasmo un'interessante
proposta di Fabio Salviati. Secondo il presidente, Banca Etica potrebbe gestire i beni
mafiosi sequestrati dallo Stato e utilizzarli per finalità sociali e di riconversione, a
favore delle popolazioni meridionali. Lumia ha risposto chiedendo pubblicamente ai
magistrati che i beni mobili confiscati possano entrare in un conto di deposito di Banca
Etica.
La sensibilità rispetto al tema della finanza etica (e forse la moda?) sembra crescere
anche in Italia e prendono forma iniziative care al mondo anglosassone. Fin dal 1997
esistono nel nostro paese formule di investimento obbligazionarie o azionarie con un
importante valore aggiunto: quello, appunto, di eticità. La prima esperienza è quella
offerta dalla Banca San Paolo di Torino che ha promosso la nascita di tre fondi etici
gestiti dalla San Paolo Imi Asset Management Sgr. Si tratta di un fondo Azionario
Internazionale, uno Obbligazionario e uno Obbligazionario Estero. Tutti e tre con
l'aggettivo etico.
Si entra nel vivo del mercato degli investimenti. Si acquistano titoli di Stato con le
obbligazioni o aziende con le azioni. Il valore "morale" entra nel mondo della
finanza favorendo le aziende o gli Stati con comportamenti virtuosi ed escludendo quelli
considerati "cattivi". "Nel mondo delle azioni, per esempio - spiega il
responsabile dell'Ufficio stampa della San Paolo Imi A.M., Gabriele Lonardi - non si
investe su quelle aziende che producono e commercializzano armi, tabacco, alcolici,
prodotti lesivi della dignità umana, della salute o implicati nella produzione di energia
nucleare, ma si investe al contrario sulle realtà che si dimostrano sensibili rispetto
alla tutela dell'ambiente, all'impegno in attività che promuovono la qualità della vita
e alla sicurezza dei prodotti".
Lo stesso portavoce della San Paolo ammette che non è semplice controllare tutti
questi aspetti nell'acquisto di un'azienda, "e per ovviare a queste difficoltà -
sostiene Lonardi - esistono delle banche dati specializzate, di matrice soprattutto
statunitense, che si occupano di dare una valutazione del livello di affidabilità delle
varie aziende". San Paolo si serve della società americana Kinder Lydenberg Domini,
a cui, secondo il presidente di Banca Etica Salviati, spetta una grande responsabilità.
"Non è sempre facile fare distinzioni tra 'buoni' e 'cattivi'. Ad esempio - dice
Lonardi - se un'azienda realizza lo 0.1% dei suoi guadagni tramite la vendita di alcolici
e per il resto produce depuratori per l'ambiente, la si mette tra i 'buoni' o i
'cattivi'?". L'ultima parola spetta al gestore dei fondi, la cui scelta verrà
vagliata da un apposito comitato etico, indipendente dalla società, che a scadenza
periodica attua controlli sugli investimenti.
Questo è un ambito della finanza etica piuttosto complesso, che attira su di sé, oltre a
valutazioni positive (in quanto strumento di finanziamento di numerose associazioni),
parecchie perplessità. Soprattutto il fondo etico azionario lascia un margine di
incertezza, ed è oggetto di dibattito anche all'interno di Banca Etica, che da poco ha
aperto una Società di gestione risparmio, Etica Sgr, con l'intenzione di creare un fondo
azionario etico chiuso. Ci spiega Fabio Salviati: "Dove ci fermiamo? Sulla
definizione dei criteri. Abbiamo effettuato una ricerca di mercato sui 180 fondi etici nel
mondo e purtroppo abbiamo rilevato che i criteri sono molto vaghi". Il presidente di
Banca Etica porta un esempio per tutti: il criterio della clausola di prevalenza indicata
nel regolamento dei fondi, per cui se l'azienda quotata in borsa avesse un'attività non
etica, ma non prevalente rispetto alle altre (si parla anche del 15-20%), rientrerebbe tra
le aziende su cui investire. "Per quel che ci riguarda - spiega Lonardi - se anche
dal punto di vista legale questo è possibile, di fatto il nostro gestore, nei casi dubbi,
si astiene. Visto che non è facile conoscere tutte le attività di un'azienda, la regola
di prevalenza è stata forse inserita per salvaguardare quelle che possono essere
involontarie disattenzioni".
L'Etica Sgr però continua a trovarsi di fronte all'enorme problema della fiducia
totale dei propri clienti; d'altra parte, i criteri etici non possono essere troppo rigidi
perché si finirebbe con l'escludere qualsiasi tipo di azienda presente sul mercato.
Interessante a questo proposito l'esperienza francese e belga di creazione dei fondi di
terza generazione. Si sceglie un settore, per esempio quello automobilistico; si prendono
le prime venti case automobilistiche e si delineano i criteri di selezione, in questo caso
ne sono stati elencati 67. Le aziende o l'azienda più "etica" verrà
acquistata. Per Francia e Belgio si tratta della casa Volkswagen.
Ma il dibattito resta e c'è chi si interroga sulla necessità di attuare un passo così
rischioso. Francesco Terreri, presidente di Microfinanza e uno dei maggiori esperti
italiani di finanza etica, esprime le sue perplessità, pur sostenendo la positività
dell'investimento etico, anche se minato dalla perenne incertezza. "Se anche le
operazioni di investimento sono etiche al 30, 40 o 70 per cento - sostiene infatti Terreri
- dinamizzano il mercato e consentono al risparmiatore di fare scelte diversificate,
mettendo la pulce nell'orecchio alle imprese". Ma, allo stesso tempo, il presidente
di Microfinanza si chiede se proprio Banca Etica debba impelagarsi nel mondo del mercato
finanziario. "Queste sono iniziative che devono esistere, ma sarebbe opportuno che ci
si muovesse su altre attività che sfidino maggiormente il mercato tradizionale, ad
esempio l'investimento a medio-lungo termine. La direzione potrebbe essere quella del
microcredito e della microfinanza, magari nel Sud del mondo".
Volontari per lo sviluppo -
Maggio 2001
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