Precedente Successiva

Il lavoro estremo dei medici del Ccm tra le vittime della carestia

L'olocausto sudanese

Un bambino fruga per terra con occhi avidi e raccoglie uno a uno alcuni piselli caduti dai sacchi, una lunga fila di donne magrissime aspetta da giorni la sua razione di sorgo. Viaggio nel Bahr El Ghazal, la regione sudsudanese più colpita da siccità e guerra, dove oltre un milione di persone rischia la morte per fame.

di G. M.

Un bambino striscia per terra sotto la pancia di un aeroplano che ha portato viveri di soccorso. Cerca nella terra e raccoglie uno ad uno una decina di piselli. Ne fa un mucchietto, lo guarda, lo pregusta con gli occhi grandi, come un nostro bambino guarderebbe il suo gelato.
È una lunga fila quella di donne e uomini magrissima, alti e diritti, che si snodano lungo la savana. Portano in testa un fagotto, un grosso pacco di durra, il sorgo dei Sudanesi del Sud. Lo hanno ricevuto a Shambe dai battelli del Programma Alimentare Mondiale che hanno disceso il Nilo da Khartoum. Camminano da giorni con il passo lungo e il braccio slanciato in alto, leggero. Soltanto i Sudanesi sanno camminare così. Ancora molti giorni di cammino e poi arriveranno a dividere il loro piccolo bottino con le famiglie delle loro comunità. A ognuno ne resteranno solo poche porzioni..

La carestia dimenticata

L'estate scorsa i media di tutto il mondo hanno diffuso fotografie tragiche dell'ultima carestia che ha colpito il sud Sudan. Una catastrofe che ha causato decine di migliaia di morti. Ma presto i riflettori della stampa si sono spenti, mentre il dramma continuava. Secondo le Nazioni Unite oltre un milione e 200 mila persone sono ancora a rischio di morte per fame e più di 700 mila, solo nella regione di Bahr el Ghazal, la più colpita, sono completamente dipendenti dagli aiuti alimentari. La situazione è talmente grave che l'esercito dei ribelli, il Sudan People Liberation Army (Spla), ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale per facilitare il soccorso umanitario.

Una guerra infinita

Lo Spla, guidato da John Garang, combatte l'esercito governativo da oltre 15 anni, incarnando le aspirazioni degli africani neri del Sud a liberarsi dalla dominazione araba e musulmana del Nord. Una guerra civile infinita, retaggio di,una storia di schiavismo e sottomissione. Dopo 64 anni di dominazione turco-egiziana e 57 anni dì colonizzazione inglese, con l'indipendenza i vecchi odi del passato sono risaliti in superficie. E dall'89 un colpo di stato ha portato al potere un regime radicale versione sudanese del fondamentalismo islamico, che mira all'obiettivo (mai dichiarato) dell'islamizzazione delle popolazioni nere del sud. La guerra ha causato milioni di morti e feriti. Due recenti tentativi di "colloqui di pace" non hanno portato risultati significativi. Masse di profughi sono state costrette ad abbandonare le loro case, le terre, gli armenti. I servizi socio-sanitari e le attività produttive sono collassate.

L'assalto all'aereo

Puzza la carne marcia delle due donne, sedute per terra ai bordi della pista di Agangrial. Aspettano da mesi un aereo che le trasporti all'ospedale rurale di Akot, l'unico luogo dove le loro gambe in cancrena potrebbero essere amputate. A loro si è unita un'altra donna, anche lei maleodorante. Ha un tumore avanzato della bocca e dalle sue labbra scola di continuo una saliva puzzolente. La donna ha un bambino di pochi mesi attaccato al seno e non ha che le mani nude per detergere il bambino nudo su cui cola la sua saliva fetida. Quando l'aereo atterra, molti altri malati sbucano da dietro i cespugli e cercano di salire la scaletta del piccolo Caravan spinti dai loro familiari. L'assalto è respinto: a bordo c'è un signore importante che visita il Paese per una agenzia donatrice. Dovranno aspettare ancora il loro viaggio seduti per terra, giorni e giorni, senza cibo.

Un ospedale in fango

La regione di Bahr El Ghazal, dove la carestia imperversa, è proprio quella dove il Comitato Collaborazione Medica di Torino conduce i suoi programmi sanitari dal 1991. Si tratta di azioni di medicina di base centrate su ospedalini rurali, poverissimi tukul di fango e paglia costruiti dalle comunità locali con strumenti rudimentali, e condotti da personale sudanese. Sono azioni di gruppo che coinvolgono molte persone fra infermieri, pseudoinfermieri, ausiliari e lavoratori diversi. Tutta una serie di persone felici di avere una occupazione, ma incapaci di svolgerla come sarebbe necessario. Due medici sudanesi e poche infermiere qualificate keniote o etiopi li guidano nelle molte attività del programma. Ricoverare e curare con regolarità i tubercolotici. Insegnare alla gente a filtrare l'acqua per prevenire il verme di Guinea. Vaccinare e pesare i bambini per controllare che crescano bene, visitare le gravide. E poi distribuire la medicina contro la cecità dei fiumi, la malattia trasmessa da una mosca nera che deposita le sue larve sul fiume di Billing e che è altamente endemica nella zona. Tanti sono i ciechi che camminano guidati da bambini con una lunga canna di bambù.

Curare senza farmaci

Periodicamente i medici del CCM raggiungono i colleghi sudanesi a Billing viaggiando sugli aeroplani-cargo del Programma alimentare mondiale che fanno la spola dal campo base al confine con il Kenya, unico mezzo possibile per entrare in questa regione. Ma quante difficoltà per curare in simili condizioni. Per esempio, come spiegare in un paese dove non esiste il tempo che una medicina va presa ogni sei ore? Le donne disegnano con un braccio un arco di cielo per dire che impiegano sei ore ogni giorno per portare l'acqua a casa. Ecco quello è lo stesso tempo della medicina. Si indica l'orizzonte a est per dire mattina e quello a ovest per indicare la sera. L'ultima innovazione tecnologica é il guardiano dell'ospedale con uniforme nera di foggia nazista (dove l'avrà trovata?) che picchia con una mazza il cerchione di una ruota appeso ad un albero più o meno ogni ora, più o meno tanti colpi tante ore, come un campanile. Di notte è questo l'unico suono che si sente, insieme all'ululato della iena. Cionondimeno in questa Africa antica, arcaica e rurale il concetto di tempo rimane vago e ampio, impreciso nei limiti dilatati come per noi l'arrivo della primavera.
Poi c'è il problema di sapere che medicinali ci sono in magazzino, nei grandi scaffali bui che bisogna scalare a proprio rischio nella polvere. Gli scatoloni zeppi vengono spediti da lontano. Fanno un lungo viaggio in camion, poi in aereo, poi a spalle di portatori in cerca di un piccolo premio. E vengono riempiti secondo la logica: riempili più che puoi. Ma quando arrivano non hai spazi dove svuotarli e inventariarli. Intanto le termiti si mangiano tutto l'ospedale e da un momento all'altro il tetto di paglia crolla addosso ai pazienti, che restano impassibili perché assuefatti a ben altro. Come è assurda la miseria.

La dignità della miseria

La dignitosa rassegnazione di questa povera gente è quanto meno disarmante. Ne resto sempre ammirato e commosso. La compostezza con cui accettano rinvii e inadempienze, ritardi e insufficienze. Dico "domani ce ne andiamo, non ce la facciamo più, abbiamo finito i medicinali." Mi risponde un vecchio: "Quando ho saputo che venivi sono partito subito, vengo da molto lontano, ho camminato tanti giorni e tanti giorni ho aspettato coricato qui per terra. Adesso che è venuto il mio turno tu te ne vai. Ebbene mi costruirò una capanna qui e ti aspetterò."
Ci vuole un cuore duro in Sudan per affrontare di persona la grande sofferenza di questa gente, senza lacrime e senza lamenti, dignitosa nel suo silenzio. Le immagini si scolpiscono negli occhi e nella memoria. Non si può dimenticare.

L'intervento del Ccm

Chirurgia d'urgenza nell'ospedale di fango

Nonostante le enormi difficoltà l'ospedale da campo del CCM a Billing, nella regione di Bahr El Ghazal, costruito dalla popolazione locale in semplici capanne di fango e paglia, continua a lavorare a pieno ritmo. Operare grosse ernie e altre malattie chirurgiche curabili vuole dire prevenire un 10-20% della mortalità globale. Una volta vaccinati i bambini e distribuiti i farmaci essenziali, soprattutto gli antimicrobici, non c'è altra misura più efficace della chirurgia nel prevenire morti e invalidità.

Ma negli ultimi mesi non si sono potute operare che le urgenze. La grande fame dell'ultima tremenda carestia ha tolto ogni forza a tutti. Gli infermieri locali sono stremati. I malati non ce la fanno ad arrivare a piedi dalle loro capanne lontane. Eppure il bisogno di cure chirurgiche è antico di decenni, anche in queste regioni estreme. Le donne di alcune tribù vanno soggette a ernie inguinali che possono raggiungere negli anni dimensioni gigantesche. Sanno benissimo che quando cominciano a vomitare e l'addome si gonfia, la morte non è lontana. Lo sanno tutti, perché hanno visto donne morire di ernia strozzata. In alcuni casi lo stregone ha provato a incidere l'ernia ma le donne non sono sopravvissute.

Ora anche molti portatori di grossi gozzi vogliono essere operati. All'inizio venivano rimandati a casa. Non si muore per il gozzo, l'operazione è difficile e pericolosa. Ma ogni volta che l'équipe medica tornava in Sudan, ricomparivano queste donne lamentando che il gozzo cresceva e le soffocava nel sonno. Così si è deciso di affrontare i rischi. Il tecnico di anestesia ha studiato come rimediare alla mancanza di sangue da trasfondere in caso di sanguinamento. E ha imparato a condurre manualmente la narcosi con intubazione tracheale. Padre Marchesini, il chirurgo missionario che opera in Mozambico da tanti anni, maestro e ispiratore di tanta chirurgia africana, ha scritto una splendida poesia sui patemi della chirurgia della tiroide. Adesso sono un centinaio i pazienti che attendono l'operazione. Quasi tutte donne. Devono camminare giorni e giorni, sfidando tanti pericoli e con poco cibo. Alcune hanno percorso a piedi anche più di 400 km.

S.O.S. il tuo aiuto

Per poter realizzare le operazioni chirurgiche più urgenti chiediamo ai nostri lettori un aiuto finanziario. Si prevedono due missioni di chirurgia intensiva, da parte di due specialisti dei CCM, coadiuvati da personale infermieristico specializzato, in trasferta dal Kenya.

Il preventivo di spesa comprende

Cibo, materassi, lenzuola, zanzariere per i pazienti 1.500.000
Farmaci e materiale di medicazione 2.300.000
Trasporto del personale e del materiale da Nairobi 2.400.000
Spese di trasferta per il personale specializzato africano 2.700.000
Totale 8.900.000

Puoi versare il tuo contributo sul c/c postale n.ro 13404108 intestato al CCM, corso G. Lanza, 100 - 10133 Torino. Indicare nella causale: Progetto Kenya.

Volontari per lo sviluppo - Marzo 1999
© ASPEm - CCM - CISV - CELIM - CMSR - MLAL