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Ecuador - Un originale progetto del Mlal per i neri sudamericani

La danza della libertà

Si chiamano "Banda del Chota", sono un gruppo di afroecuadoriani che hanno attraversato l'Italia con le loro bombas, requintos, alfaclonques (strumenti tradizionali dei cantastorie indigeni) per raccontare l'oppressione e la miseria dei neri in Sudamerica.
E con la musica hanno raccolto i fondi per far arrivare l'acqua potabile ai loro villaggi.

di Marco Dal Corso

Eser negro no es afrenta, ni color que quita fama, porque de zapatos negros se viste la mejor dama ... (Esser nero non è vergogna, né colore che "toglie fama", perché di scarpe nere si veste la miglior dama ... ) Le parole rimbalzano sulla musica e, con essa, ritmano la danza incantando una platea ben disposta. Parole dure come pietre, nonostante le allegre note musicali: sono i testi della "banda del Chota" un gruppo afro ecuadoriano proveniente dalla valle del Chota (al nord dell'Ecuador, al confine con la Colombia). Invitati in Italia dall'associazione "Ca Fornelletti" e dai gruppi di solidarietà presenti sul territorio veronese hanno girato l'Italia (Veneto, Lombardia, Calabria, Puglia), denunciando il razzismo e l'emarginazione della popolazione nera in Ecuador. E per raccontare la vera storia del popolo nero, la sofferenza e la schiavitù, non hanno usato tante parole, piuttosto hanno lasciato parlare originali strumenti musicali come la "bomba", il "requinto", le chitarre e il "alfadonque". La "bomba", una specie di tamburo che si suona con le mani, a volte con il gomito, il piede e perfino con la mascella, è lo strumento tradizionale per eccellenza, con il quale si esprimono i "cantastorie" indigeni. Da sempre, il nero delle Ande, ma anche quello della costa, ha trovato nella musica e nel ballo un mezzo efficace per ricreare la lontana e perduta tradizione africana e nello stesso tempo manifestare i sentimenti, le esperienze, i sogni, le frustrazioni che appartengono alla sua vita attuale.

Figli degli ex-schiavi

In Ecuador, infatti, ci sono oltre 700.000 afroecuadoriani, circa il 7% della popolazione, concentrati per lo più nella regione di Esmeraldas, sulla costa Pacifica e in quelle del Carchi e Imbabura, sulla "sierra". Originari dell'Africa, arrivati in condizioni di schiavitù sulle coste americane, hanno alle spalle una storia di lavoratori delle miniere e di braccianti delle grandi piantagioni agricole, generalmente in zone insalubri. Come schiavi collaborarono alla guerra d'indipendenza, senza però godere dei vantaggi che ne derivarono. Solo nel 1851 fu decretata la fine "ufficiale" della schiavitù, ma le condizioni della popolazione nera erano di tale assoluta povertà che furono costretti ad emigrare in cerca di migliori condizioni di vita. Così arrivarono alla valle del Chota in cerca di una possibilità di sopravvivenza e di libertà.

Nostalgia d'Africa

In seguito, cento anni di "modernizzazione" non hanno risparmiato la comunità afroecuadoriana da crisi e stravolgimenti e soprattutto dalle cicatrici di innumerevoli perdite: la perdita della terra (nonostante la Riforma agraria del 1994), delle radici culturali, delle relazioni familiari. La perdita della propria identità etnica e dei tratti culturali, messi in crisi e demonizzati dalle diverse istituzioni politiche e religiose dell'industria della conquista. Eppure, come testimonia la "banda del Chota", è ancora possibile rintracciare i valori legati al mondo e alla visione religiosa africana che, sopravvissuti alle tante colonizzazioni economiche, politiche e religiose, formano l'humus da cui trae linfa la resistenza quotidiana delle comunità nere dell'Ecuador. Come, ad esempio, l'ottimismo che si esprime nell'allegria vitale, nella danza, nella musica della "bomba"; frutto maturo, questo, della convinzione che nonostante il dolore, la povertà e l'ingiustizia, il domani sarà migliore. La festa, che è partecipazione al sacro e al divino, riequilibra il peso del dolore e della fatica di vivere, libera l'uomo dalla morte quotidiana e gli apre uno spazio di eternità. Il rispetto della natura e dell'ambiente, di fronte alla cui magnificenza si sente piccolo e limitato: il fiume impetuoso, il bosco umido, la pioggia torrenziale, la fauna e la flora esuberanti...

Il recupero della cultura

E il lavoro, non nell'accezione occidentale di ricchezza individuale, ma piuttosto nella concezione austera che mira a ricavare dalla natura solo lo stretto necessario per vivere. Al contrario di quello che racconta molta letteratura coloniale, antica e moderna, che tende ad interpretare questo atteggiamento in termini di pigrizia colpevole e quindi causa di povertà. E ancora la famiglia: il ricordo degli antenati, il far tesoro dei consigli degli anziani, la solidarietà intrafamiliare, il senso e l'importanza della vita dei bambini, tutti elementi che fondano e tessono le relazioni sociali tra la popolazione di origine africana presente in America Latina, nonostante la frattura originaria operata dalla tratta schiavista. Valore ultimo infine, sempre in tensione e mai compiuto del tutto, è il senso sacro della vita. La presenza di Dio impregna la vita africana come presenza di un essere superiore, personale e misterioso al tempo stesso. La lunga e dolorosa esperienza di sradicamento e di ingiustizia della gente afroamericana ne ha purificato e perfezionato la religiosità, l'ha aiutata a scoprire in forma più esperienziale la paternità di Dio. In questa visione del cosmo, le norme di condotta e i valori fondamentali sono funzionali e continuamente ricreati nella vita quotidiana e nei momenti intensi di celebrazione religiosa e sociale, aiutando a recuperare i "frammenti di vita" dell'unità originaria.

Tra denuncia e festa

A questa esperienza di recupero dà il suo contributo la danza e il canto della "banda", che è divenuta ben presto un elemento di comunicazione per eccellenza, oltre a rappresentare un veicolo di denuncia e di espressione culturale. Le canzoni e "bombas" rispecchiano modi di pensare, di lavorare, di produrre, insieme a denunce da parte del nero circa le condizioni di lavoro, le ingiustizie, gli aneddoti della vita quotidiana, gli innamoramenti...
Ma lo scopo del viaggio della "banda del Chota" è anche pratico: cercare la solidarietà del mondo occidentale. Infatti, il ricavato della turné va a vantaggio di alcuni progetti di sviluppo che il gruppo ha messo in cantiere nel suo paese.

S.O.S. il tuo aiuto

Il progetto che la "banda del Chota" ha presentato nel suo tour italiano è realizzato, con l'appoggio del Mlal di Verona, nella regione di Riobamba, nell'Ecuador "nero". L'obiettivo è valorizzare la cultura indigena e sostenere le comunità rurali grazie al miglioramento dell'habitat, il potenziamento delle risorse naturali, il miglioramento generale delle condizioni di vita. Concretamente la prima azione riguarda l'accesso all'acqua potabile (completamento di un acquedotto comunitario). La zona soffre infatti di una grave carenza d'acqua, il che mette a rischio le condizioni igienico-sanitarie, soprattutto dei bambini nei primi anni di età, colpiti da frequenti diarree e intossicazioni a causa dell'acqua sporca. Per questo il progetto prevede anche corsi di formazione per le donne sull'alimentazione, l'igiene e l'uso dell'acqua, e la formazione di un certo numero di "Promotori di Salute" locali che in seguito si occuperanno loro stessi di organizzare i corsi.

I COSTI DEL PROGETTO
Un corso teorico-pratico sull'alimentazione e la salute (900 donne partecipanti): 8.000.000
Due corsi di 5 giorni full-time per 66 promotori di Salute: 4.650.000

Puoi versare il tuo contributo sul c/c n. 12808374 intestato al MLAL, viale Palladio 16 - Verona. Indicare nella causale: Jatumpamba/Ecuador.

Volontari per lo sviluppo - Novembre 1998
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