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Riciclo - Potenzialità e limiti in Italia

Una miniera nel cassonetto

Dove vanno a finire le bottiglie raccolte nelle campane? Perché le lattine sono messe insieme al vetro? Cosa si ricicla e cosa no? Ecco cosa si deve sapere sulla raccolta differenziata, come si pratica e chi ci guadagna.

di Fabrizio Cellai

La terra è a rischio, lo sappiamo tutti. E non tanto perché mancano le risorse o le fonti energetiche, ma perché la stiamo letteralmente ricoprendo di rifiuti. Ognuno di noi produce oggi, mediamente, il doppio dei rifiuti di sette anni fa (450 chili procapite all'anno) senza contare quelli agricoli e industriali. Di questa impressionante quantità più del 90% in Italia va a finire ancora nelle discariche, con un costo ambientale (ed economico) elevatissimo. Il tempo medio che deve trascorrere affinché i rifiuti si trasformino in sostanze inerti è superiore ai 100 anni e nel 1990 sono state recensite ben 1381 discariche abusive non controllate.

I business dei rifiuti

Secondo indagini svolte da Legambiente in numerose procure italiane nel 1995, dei 3,2 milioni di rifiuti tossici prodotti annualmente nel nostro Paese, almeno la metà vengono smaltiti in modo illegale dalle cosiddette "ecomafie", per un fatturato annuo di oltre 6 mila miliardi di lire. Ad oggi nel nostro paese si raccoglie in modo differenziato appena il 5-7% dei rifiuti, ben lontani dall'obiettivo del 35% entro il 2003 contenuto nel "decreto Ronchi" del 1997. E c'è di più: l'Amsa, l'azienda Municipale per la Salute Ambientale del Comune milanese, ha affermato che Milano è diventata la prima città in Europa per quantità di rifiuti differenziati raggiungendo alla fine del 1997 una quota vicina al 35% sul totale dei rifiuti. Ma un articolo apparso sul "Corsera" lo stesso anno denunciava come l'Amsa stessa (per mancanza di fondi) aveva rimescolato i rifiuti gettando in un'unica discarica l'80% del materiale differenziato. Insomma è proprio un mondo "sporco" quello dei rifiuti, in cui ecologia e business si accavallano in modo talvolta inestricabile.

L'Italia ultima in riciclo

Ciononostante alcuni importanti risultati sono stati raggiunti, grazie all'istituzione dei consorzi obbligatori per il recupero di vetro, plastica, alluminio e olii usati (rispettivamente Consorzio Riciclo Vetro, Replastic, Cial e Consorzio obbligatorio olii usati). Ad esempio molte delle panchine dei parchi cittadini sono in plastica riciclata così come l'imbottitura degli interni delle automobili. E che dire dei maglioni in pile dove alcune fibre sono ottenute da un processo di riciclo delle bottiglie di acqua e coca-cola?

Il viaggio dei materiali

Siamo andati a vedere qual'è il viaggio dei materiali dal cassonetto in poi (se tutto funziona come dovuto).

PLASTICA. Tra gli oggetti in plastica che consumiamo, oggi si riciclano solo le bottiglie e i contenitori per liquidi. Ciascun Comune provvede alla raccolta e li deposita nei centri di conferimento e di pressatura dove vengono compattati e trasportati in uno degli 8 centri di selezione presenti in Italia. Qui sono lavati e suddivisi nei 3 diversi tipi di polimero PE, PET e PVC (sigle impresse sulle bottiglie stesse). Di qui vanno ai centri di rilavorazione specializzati controllati da Replastic (tel.02/760541) dove avviene il processo di trasformazione finale, fusione e ristampo. Sul totale delle plastiche consumate in Italia si ricicla solo l'1%, per un totale, comunque non trascurabile, di oltre 70 mila tonnellate (dati 1997)

OLII USATI. Il cambio dell'olio di un'auto se viene gettato nell'acqua crea una pellicola sottilissima che ricopre oltre 5000 metri quadrati di mare, uccidendo tutta la vita sottostante. Un vero disastro ecologico. Eppure l'olio usato è per la quasi totalità riutilizzabile. Ad oggi sono 70 a livello nazionale i raccoglitori concessionari che provvedono alla raccolta (numero verde 167/863048). L'olio può essere rigenerato in raffineria (da 100 kg di olio usato se ne ottengono 68 di ottima qualità) oppure bruciato in impianti specializzati per la produzione di energia. In 12 anni di attività sono state prodotte 880 mila tonnellate di lubrificanti rigenerati, pari a ciò che si consuma in Italia in un anno e mezzo.

ALLUMINIO. Negli Stati Uniti il 67% delle lattine viene riciclato, ma in Europa non si raggiunge ancora il 30% e, cosa strana, vengono raccolte insieme al vetro. Il motivo lo spiega Valerio Bernardi del Cial, il Consorzio imballaggi alluminio: "Le campane multiraccolta scoraggiano, con la presenza del vetro, chi abitualmente ruba l'alluminio per rivenderlo a un prezzo di mercato che supera le 1.000 lire al Kg (il più alto per le materie seconde), riducono l'ingombro del suolo pubblico e ottimizzano la raccolta; tanto il vetro ha comunque bisogno di una fase di cernita per separarlo dalle parti metalliche".

VETRO E CARTA. Proprio il vetro, dopo la prima cernita manuale in centri specializzati, viene frantumato e pulito dai residui di altri materiali per essere pronto alla fusione. Secondo i dati forniti dall'Assovetro (associazione nazionale che riunisce le industrie produttrici di vetro) ogni cittadino produce 33 kg di rifiuti vetrosi all'anno; grazie alla raccolta differenziata, nel 1995 si è arrivati a riciclarne il 37%.
Per quanto riguarda la carta, bisogna tener presente che non può essere riciclata all'infinito, ma solo un massimo di 5 volte perché le fibre si deteriorano a ogni passaggio. Dal cassonetto al quaderno di carta riciclata al 100% il processo è lungo. Dopo una prima serie di selezioni manuali per eliminare le impurità, la carta imballata viene bagnata, trasformata in pasta e setacciata per selezionare le fibre più lunghe da mischiare a quelle vergini. Ma riciclare ha costi elevati, non solo economici, ma anche ambientali. La carta dev'essere sbiancata con l'utilizzo di cloro e trattata con acidi. E non sempre vengono rispettate le norme di legge. "Accanto a ditte che lavorano in modo serio, ci sono impianti che, riciclando, immettono nell'aria fumi tossici oppure inquinano i corsi d'acqua con solventi" conferma Bernardi del Consorzio alluminio.

Il riciclo non basta

Dunque se il riciclo è una strada da percorrere fino in fondo, non può essere una soluzione al problema. Soprattutto non bisogna cadere nel falso mito del "tanto tutto si ricicla". Cambiare l'automobile perché ci sono gli incentivi statali per la rottamazione, o usare la bottiglia in plastica perché ci sono le campagne di raccolta non è un punto a favore della conservazione dell'ambiente.

Volontari per lo sviluppo - Settembre 1998
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