Il filmato di Crosia

UNA QUESTIONE DI METODO

di Gian Paolo Grassino

Negli ultimi anni nel nostro Paese si è ripetutamente verificato un fenomeno abbastanza preoccupante di uso strumentale della casistica ufologica per scopi ben diversi da quelli di analisi e studio. Appassionati di ufologia alle prime armi, ideatori di astruse teorie e personaggi alla ricerca della ribalta televisiva finiscono per "appropriarsi" di avvistamenti ufologici che diventano il loro biglietto da visita per cercare di farsi pubblicità, delegando alla spettacolarità del caso la rappresentazione delle proprie capacità e qualità. Si tratta di un atteggiamento grave e pericoloso, che fa perdere ogni capacità critica sulla casistica e porta ad esporre se stessi, ma anche l’intera categoria degli ufologi, a critiche e ironie che continuano a rallentare il naturale avvicinamento tra la ricerca ufologica e gli studi scientifici ordinari.

Anche il caso di Crosia, purtroppo, non è sfuggito a questa regola e, anzi, dal 1988 è stato insistentemente utilizzato come esplicito veicolo pubblicitario da un gruppo ufologico a corto di iniziative più concrete.

Autore dell'operazione è stato il Centro Ufologico Nazionale, un'associazione dal passato prestigioso ma dal presente discutibile, che si è proposto come depositario del "vero sapere" sull’avvistamento e che ha proposto versioni contraddittorie dei fatti e risultati di proprie "analisi" in netto contrasto con le conclusioni proposte dal lavoro di Stilo e che, anzi, raggiungono livelli paradossali di inattendibilità.

In diverse occasioni due esponenti del CUN, Roberto Pinotti e Corrado Malanga, hanno avuto modo di intervenire sul caso presentandolo come uno dei più interessanti degli ultimi anni sia in relazione alla casistica delle "apparizioni mariane" riscontrata in quel periodo, sia per una supposta somiglianza tra l’"UFO" di Crosia e gli oggetti osservati il 24 giugno 1947 da Kenneth Arnold, il testimone del primo avvistamento ufologico.

Vale subito la pena di chiarire che la somiglianza con il caso Arnold non solo non è da ritenersi valida, ma non esiste neppure. Per tentare infatti l'impossibile parallelo, Malanga e Pinotti hanno confrontato la forma della luce di Crosia (creata - come visto - dall’effetto di deformazione proprio della telecamera) non con i disegni originali di Arnold [1], ma con una ricostruzione pittorica alquanto distorta e drammatizzata, riportata sulla copertina di un fascicolo della rivista americana Fate, edito nel 1948.Si tratta pertanto di un confronto arbitrario e totalmente inconsistente.

Allo stesso modo risulta fuorviante e superficiale tutta l’analisi del caso presentata dal CUN. Partendo dal presupposto che la forma e gli spostamenti osservabili nel filmato fossero realmente causati da movimenti del corpo luminoso, sono state infatti proposte teorie al limite della fantascienza.

Corrado Malanga - "consulente scientifico" del CUN - ha ad esempio dedotto, previo studio al computer dell’immagine digitalizzata, che il corpo era "illuminato da una fonte esterna, non visibile nel filmato ma localizzabile sulla destra del teleschermo", che le diminuzioni di luminosità erano causate da una rotazione dell’oggetto attorno al suo asse verticale, che "durante i rapidi spostamenti dell’oggetto, che in alcune sequenze sembrano decisamente a velocità superiore a quella del suono, non si è percepito il caratteristico ‘bang’". Infine dopo aver concluso che "quella che è stata ripresa nel cielo di Crosia è l’immagine di un oggetto che appare come il prodotto di una tecnologia aeronautica del tutto estranea a quella oggi nota", Malanga si è spinto a discutere sulla sua fisicità, fino ad inventarsi la possibilità di "una immagine proiettata su di un ipotetico telone appeso in un imprecisato punto nel cielo di Crosia: un’immagine tridimensionale presente in uno spazio a due dimensioni come fosse stata costruita con una tecnica tipo laser". [2]

L’ingenuità, la superficialità, la disarmante fantasticheria di queste affermazioni lasciano stupefatti: sarebbero bastate un po’ di umiltà e di attenzione per accorgersi che gli effetti di ingrandimento/rimpicciolimento erano dovuti allo zoom della telecamera, così come una maggior dose di prudenza avrebbe evitato una simile figura, resa più marcata dalla successiva, tardiva retromarcia di Pinotti che, di fronte alle incontrovertibili immagini prodotte da Gilles Munsch e dal gruppo SHADO, nonché dalle analisi di Patrick Ferryn, da noi riportate su queste pagine, è stato costretto a sconfessare il collega e ad ammettere che "i peculiari contorni mostrati dai due UFO di Crosia e Amay (e in particolare le ‘sbeccature’) possono essere stati prodotti da un fenomeno di defocalizzazione propria dell’ottica della videocamera". [3] Con buona pace delle pagine di elucubrazioni scritte in precedenza sull’identità di forma con il caso Arnold.

Un accenno infine alle presunte analisi ed indagini che sarebbero state effettuate dal Centro Ufologico Nazionale. Per la verità non è chiaro se di indagine diretta si possa parlare: al momento non è neppure certo che sia mai stato effettuato un qualche sopralluogo nella zona dell’osservazione, mancando qualsiasi intervista con i testimoni o immagine dei luoghi che non provengano dalla giornalista Anna Maria Turi o da Maria Rosaria Omaggio. Non è mai stato pubblicato né diffuso un rapporto d’indagine né d’altra parte Pinotti e Malanga sembrano avere le idee chiare su elementi fondamentali in ogni indagine ufologica (data esatta, direzione geografica ed elevazione angolare sull’orizzonte, numero dei testimoni, modello della telecamera, ecc.)

Nonostante le ripetute affermazioni di Malanga, non è mai stata presentata nessuna immagine digitalizzata al computer, né si sono visti i risultati di alcun pattern di analisi fotografica, né i dati tecnici delle ipotetiche apparecchiature utilizzate per la digitalizzazione. Ma non basta, l’unica immagine prodotta tramite elaboratore elettronico [2] è una banale "ricostruzione" del contorno della luce di Crosia, riprodotto con una stampante ad aghi di basso livello, così come di basso livello paiono le stesse competenze informatiche di Malanga, di professione ricercatore chimico.

Per concludere, quello che abbiamo di fronte non è che l’ennesimo esempio di approccio errato e di basso profilo allo studio diretto della casistica ufologica, l’ennesima brutta vicenda di dati non raccolti, non studiati, non capiti.

Evidentemente, però, la sete di pubblicità e la necessità di apparire a tutti i costi privano di qualsiasi capacità di giudizio e trasformano quella che dovrebbe essere un’analisi seria, oggettiva, scientifica, nella propaganda di una vera e proprio fede che ormai rasenta il cultismo pseudo-ufologico.

NOTE

[1] Riportati ad esempio su Brad Steiger, "Project Blue Book", 1976

[2] Giornale dei Misteri, n.202, agosto 1988, p.2

[3] Filo diretto, n.10, maggio-dicembre 1990.

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[© 1992 CISU - tratto da UFO - Rivista di informazione ufologica del Centro Italiano Studi Ufologici n. 11, luglio 1992]


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