Caro Alvise
“Fortuna?
Quale fortuna Michele, quando si lavora bene i risultati vengono...”
Queste sono
le tue ultime, gentili, incoraggianti parole, al telefono, verso la metà di
giugno. Sono il commento alla notizia che ti avevo appena dato relativa ai
decisi passi in avanti fatti per l’organizzazione delle Olimpiadi e, come
sempre mi accade (io ci credo), davo il merito di ciò alla fortuna.
E poi giù a
ricordare quando ne parlammo la prima volta di queste Olimpiadi: luglio 1999.
Tu manco mi prendesti sul serio, me ne accorsi. Ma chi avrebbe potuto.
Quindi
insieme la prima presentazione del progetto agli Enti pubblici: settembre 2001.
E poi
insieme a Bled per battere Estonia e India. Quante telefonate per convincerti
che, pur non essendo più presidente Fsi, saresti stato la persona ideale per
rappresentare il Comitato e perorare la candidatura italiana.
E che lavoro
fantastico. Se in sala torneo, in albergo, in giro per Bled addocchiavi un
delegato di qualche nazione: un sorriso,
una stretta di mano, un abbraccio e subito una chiacchierata su Torino
intervallata da una risata trascinante che preludeva al classico: “Ahò Michele,
ti presento...”. E me ne presentasti una valanga di delegati. E su ciascuno un
commento relativo a qualche situazione passata di gioco, organizzativa,
arbitrale. Non mi ricordo di qualcuno che non ti conoscesse. E mi presentavi
come “l’irresponsabile colpevole” di quella bellissima avventura. Ma io che
avrei mai potuto fare senza i tuoi consigli, le tue perplessità che mi spingevano
ad assillarti per vedere e rivedere insieme cosa avremmo potuto ancora
migliorare per portarle a Torino queste Olimpiadi. E poi la cena di galà che ti
trovò come mai era accaduto al centro dell’attenzione di tutto il gotha dello
scacchismo mondiale. Una soddisfazione, personale e per la Federazione
italiana, penso impagabile, che ti si leggeva negli occhi.
E poi
andasti via il giorno prima della decisione della Fide: “...Ahò quello che
abbiamo potuto fare l’abbiamo fatto bisogna solo aspettare...”. E così non eri
con noi quando ce le assegnarono, ma ricordo la tua contentezza, quando mi
passarono il telefono e mi facesti i complimenti, come se tu non c’entrassi.
“Fortuna?
Quale fortuna Michele...”.
Ma tu no
Alvise, tu non sei stato fortunato. Forse abbiamo fra le mani la più bella
iniziativa da sempre per gli scacchi in Italia e tu non ci sarai. Quanto mi
mancherai caro Alvise.