Ma cos'e` questa crisi?

 

Nei numeri precedenti del bimestrale avevo paventato la possibilità che il calo di partecipanti nei vari tornei della provincia potesse rivelarsi il sintomo di un momento di crisi e non un temporale passeggero. Purtroppo così è avvenuto: tutti i tornei di un certo rilievo da settembre ad oggi si sono confermati in calo e non solo, anche le adesioni ai circoli, senza esclusione alcuna, si sono assottigliate.

Questo calo non è solo torinese ma investe tutto il mondo scacchistico italiano: circoli prestigiosi sono sull'orlo della chiusura, tornei collaudati subiscono flessioni e quelli agli esordi non riescono a decollare.

Come mai?

Credo che le cause siano molteplici e talmente avviluppate tra loro da rendere difficoltosi una serena valutazione e l'apporto dei correttivi giusti, se ci sono. Cerchiamo di capire meglio partendo dalla situazione nazionale di cui noi siamo ovviamente riflesso.

A settembre, dopo l'abbuffata dei tornei estivi, si potrà stilare un bilancio (volendo si potrebbe fare una comparazione con gli anni precedenti, i dati ci sono e una seria programmazione credo non possa prescindere da analisi e raffronti) e vedremo se si confermerà il trend negativo.

Certo guardando il calendario nazionale sembra che tutto vada bene, in verità l'aumento delle iniziative non segue quello degli appassionati o la loro richiesta e quindi, felice di essere smentito, per questa estate è facile prevedere una dispersione dei giocatori con un calo più o meno leggero generalizzato nei tornei più importanti. Questo dovrà far prendere alla Fsi delle decisioni perché al di là dell'attività propria della Federazione, i campionati italiani, l'attività agonistica che coniuga quantità e qualità si basa su pochi tornei estivi che, se mai dovessero andare in crisi, assesterebbero un duro colpo a tutto il movimento scacchistico.

In questo quadro si innesta il problema dei tornei week-end: sono non troppo affollati, di scarso valore qualitativo, di scarso montepremi e se da una parte invogliano i giocatori a muovere i primi passi nell'attività organizzata senza spese di trasferta, dall'altra saziano e scoraggiano la partecipazione ai tornei importanti facendo dimenticare purtroppo che solo attraverso il confronto, ed il più largo possibile, può avvenire la maturazione, il conseguente miglioramento del gioco e le soddisfazioni.

Che fare?

Penso che la Fsi debba intervenire per esempio differenziando i vari tipi di tornei a seconda se si svolgano in una settimana o in tre giorni, a seconda del montepremi, degli inviti, ecc. Non credo che il pomposo nome «Festival Internazionale» possa essere assegnato a cuor leggero a chiunque ne faccia richiesta con il solo risultato di svilirlo. Infatti spesso non si tratta nè di tornei internazionali nè nazionali ma solamente di tornei provinciali. A chi fa paralleli con il movimento scacchistico della Gran Bretagna, che vent'anni fa era al nostro livello, e che è decollato grazie ai tornei in tre giorni ricordo che non sono stati certo lasciati così allo stato brado ma con una strategia ben precisa, avevano montepremi interessanti e giocatori di livello che partecipavano avendo all'orizzonte la mèta del super premio per il primo inglese che sarebbe passato Grande Maestro. Un'altra realtà che noi abbiamo catapultato in Italia senza nemmeno una analisi di fattibilità.

Certo non tutti i problemi sono da imputarsi al dilagare dei week-end, c'è anche per esempio il grandissimo e in prospettiva terribile problema del mantenimento nei circoli dei ragazzi che entusiasticamente, nella prima età scolare, assiepano le gare per poi sparire appena si fanno più indipendenti. Qui probabilmente la risposta la potrebbero dare sociologi o psicologi.

A tutto ciò aggiungiamo il calo dei contributi del C.O.N.I. alla Fsi rispetto agli anni precedenti, mentre non sono calate affatto, al contrario, le richieste da parte dello stesso Ente per adeguare la struttura scacchistica alle sue normative. Qui si rischia a medio termine di far lievitare le spese «necessarie» per poi trovarsi con contributi sempre più ridotti. Probabilmente ciò non sarebbe un grosso problema se la Fsi riuscisse, dopo lo sforzo iniziale, a sfruttare a pieno regime tutto l'impianto burocratico che il Coni la obbliga ad avere, ma per il momento ci sono persino difficoltà a ricoprire tutte le cariche.

Tutto ciò ovviamente si riflette anche sulla nostra città e sul nostro circolo: ci troviamo davanti ad una situazione nuova, di difficile risoluzione, ma ce la metteremo tutta per venirne fuori. Credo che ci vorranno cambiamenti nella struttura del circolo, ma non solo, dovremo agire anche su altri punti, dalla modifica dell'attività alla luce delle risultanze di questi ultimi due anni, all'impostazione dell'attività giovanile. Dovremo, e qui sarà il punto più difficile, cambiare un po' le nostre idee magari ferme agli anni belli e renderle più vicine alla realtà attuale con la quale ci piaccia o no dobbiamo confrontarci, allinearci e che sarebbe bellissimo addirittura precedere.

 

 

Sommario | Articolo Precedente | Articolo Successivo