Franco Nicolosi
corso Regina Margherita, 73 - 10124 Torino
tel. 011.47.30.575 - cell. 368.717.55.86
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Franco Nicolosi si interroga sulla scultura.
Franco Nicolosi interroga la scultura.
La scultura interroga Franco Nicolosi. |
Ne viene un brusio fitto; più voci si intersecano, non è nemmeno un colloquio
perchè ciascuno dei locutori segue il proprio discorso senza curarsi degli altri.
Ma c’è un luogo, anzi una superficie, che funziona da in-terfaccia, dove ciascuna parte
si riconosce e lì il brusio si placa, non perchè cessi ma perchè trova un ordine, un rit-mo.
Allora sembra silenzio, invece è la pienezza del suono (arrotondato dall’eco).
Ci hanno insegnato che la scultura è massa, è volume, è peso.
Nicolosi dimostra che la scultura è (quella) superfi-cie, dove le tensioni per quanto
tremende trovano forme ed equilibri, è l’interstizio sottile che divide e coniuga i vo-lumi
- quelli che si chiamano il pieno e il vuoto - , che la scultura è leggerezza sospesa.”.
(Pino Mantovani)
“Nell’opera di Nicolosi lo spazio è forma iconica. Lirica voce recitante, ove la pietra e il marmo
e quello che era vuoto, mitica impronta: il sentimento del tempo sospeso della scultura.”.
(Giorgio Auneddu)
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Laura Olivero
via O. Uffreduzzi, 5 - 10134 Torino
tel. 011.31.800.30 - cell. 328.411.57.37
URL:
http://web.infinito.it/utenti/s/shadoweb/olivero/home.htm
Nasce il 30 novembre 1955 a Torino, dove vive e lavora.
Rivisita il classico, non come riproposta di un “modo di fa-re pittura”, ma con l’intento di richiamare
l’attenzione sui valori fondamentali della vita, non soggetti all’usura del tempo e rivissuti in chiave
moderna. In questo ambito gli aspetti che più si percepiscono nel suo lavoro sono: la co-struzione geometrica
delle composizioni - intesa come mi-sura ed equilibrio dell’opera - e rimandi di tipo letterario e poetico,
utilizzati non in modo descrittivo ma rivolti al con-tenuto.
“Eccoci di fronte alla pittura di Laura Olivero, ferma nel tempo e al di fuori dello scorrere delle ore,
con il sospiro sospeso. Immagini evocative accadute nella realtà, ma poi passate attraverso il filtro
di una delicata immaginazione intima. Sembra di trovarsi su una soglia, dove da un lato c’è il reale,
mentre dall’altro la sua raffigurazione dise-gnata.”.
(Olga Gambari)
Luogo di raccolta, di lavoro, di pittura, lo studio è il gioioso affanno, l’ansia di caotiche, ferree
geometrie: la sua ca-mera di ragazza è ora stipata di tele appese, dipinte, ap-poggiate, ritirate, esposte;
tante rivincite un tempo scom-messe, ora vissute come misure di vittoriosi intendimenti presenti e futuri.
Luogo di raccolta dunque, rifugio “sacro”, scortato al più classico riparo da file di libri, oggetti-soggetti
di presenza perenne, amici potenti. Gioie figurate: lo studio vittoriano in miniatura, cavalletti, ammassi
di carte, le fotografie più care dei ricordi più cari, le persone più care.
Lo studio sembra già un quadro tipico suo, figurativo: dà su una ampia vetrata, un balcone fitto di piante,
grandi va-si, un gelsomino che tutto copre e che profuma di Neruda, un balcone di vegetazione oltre
il quale non c’è nessun mondo di fuori: dentro i colori, l’amore, fuori i viaggi di Gaugauin nelle terre
dei mari felici.
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