di Gabriella Saba
Fuori, dove comincia il deserto, i rumori del villaggio si attutiscono e al loro posto
comincia quel martellare sordo, ruspe e picconi che picchiano la roccia sollevando nuvole
di polvere. Cumuli di detriti crescono mano a mano che la terra si spolpa e le nuove
palazzine prendono forma: palazzine bianche dalle forme orientali, uguali a quelle che
già, a qualche centinaio di metri da lì, nel cuore del villaggio turistico, ospitano
centinaia di turisti all inclusive.
Il cuore del villaggio sembra lontanissimo e invece è a un passo, e anche quest'abbozzo
di struttura ancora tutta in forse, diventerà fra qualche mese una parte del villaggio
stesso, con altri ospiti e altra musica e il deserto che, per uno strano effetto
psicologico o per quello reale delle costruzioni, sembrerà spostarsi più in là, come un
miraggio.
Per il momento il deserto c'è, e ci sono gli operai, decine, che ci spalano intorno. Gli
operai sono tutti egiziani e sono l'altra faccia di Sharm El Sheik, la località turistica
più battuta del Mar Rosso, il coniglio nel cilindro dell'economia egiziana. Una faccia
sono i turisti - due milioni e più l'anno. E gli alberghi, i resort, i villaggi tutto
compreso. L'altra faccia sono i locali che spaccano pietre. Ma la cosa può anche essere
messa in un altro modo. E cioè che le due facce sono due aspetti, entrambi passabilmente
buoni, del boom di Sharm El Sheik.
Non si sa con esattezza quanti posti di lavoro abbia creato questo luogo semidorato
negli ultimi anni - aumentano, pare, esponenzialmente. Si sa solo che adesso, tra
stranieri e locali, ci abitano 500.000 mila persone. Ci sono scuole elementari e medie,
quattro ospedali, dieci banche, centinaia di alberghi e locali, ristoranti, bar, Internet
point, centri commerciali, negozi di souvenir, centri estetici, palestre. Gli egiziani
arrivati dal resto del paese lavorano qui nelle mille attività create da un indotto
strabiliante. Guadagnano cifre esigue, ma a Il Cairo o ad Alessandria, da dove arrivano,
prenderebbero un terzo, o starebbero a girarsi i pollici.
A Sharm El Sheik non c'era niente fino a vent'anni fa. 247 camere nell'82, 15.000 nell'88,
35.000 oggi. Nell'88 è stato inaugurato il primo charter, dell'operatore turistico
Pianeta Terra. Oggi, sono decine al giorno. Gli alberghi, i villaggi hanno occupato il
litorale, mangiato le propaggini di deserto e regalato a Sharm l'aspetto di una Las Vegas
mediorientale. Ora una legge proibisce l'approvazione di nuovi progetti, ma i vecchi
alberghi saranno terminati. Hotel, palazzi e cittadine si affacciano tutti dalle due parti
di una stradona lunga chilometri, su cui corrono schizzando gli sgangherati taf-taf, i
pulmini. Ci sono Naama Bay, la zona turistica, c'è Sharm vecchio e i quartieri satellite
di Adaba e di Nour.
A Nour c'è l'ospedale nuovo, una gigantesca piramide in marmo chiaro con piantoni
all'entrata che non controllano nessuno. Saaleh Khelid, il general manager, non si
sbottona nemmeno sul numero delle persone che lavorano lì. "Deve andare a chiedere
al municipio". Al municipio, un segretario gentile riesce a carpire l'autorizzazione
e a fornire il fondamentale dato: nell'ospedale lavorano 40 medici, 39 infermiere e 25
impiegati medici. Tutti egiziani. Quanto guadagnino, non è dato sapere. Si sa però che
lo stipendio dei medici è circa cinque volte quello che percepiscono fuori. In più, ci
sono vitto e alloggio. L'alloggio non è granché. Si dorme tutti nelle staff houses, tre
o quattro in una stanza. Venticinque giorni di lavoro e dieci di vacanza al paese loro,
con le famiglie. Perché, dettaglio importante, nessuno si porta la famiglia qui. Per
farlo, dovrebbero affittare una casa che, anche se modesta, costa più di uno stipendio.
Tutti gli egiziani dormono nelle staff-houses, che però non sono tutte uguali: ce ne sono
di decenti e di tremende. Più tremende che decenti, dicono. E non si può che fidarsi
perché a uno straniero non è permesso visitarle. Cambiano anche, a seconda dei lavori,
le proporzioni tra giorni di lavoro e di vacanza. C'è chi lavora 45 giorni di fila, per
avere diritto a dieci giorni di vacanza. Ad esempio, i camerieri degli alberghi.
Cammini per due, tre chilometri e vedi solo uomini. A migliaia. La maggior parte
piccona le strade. Nella scala economico-sociale, gli scavatori sono all'ultimo posto.
Guadagnano appena 4.000 lire al giorno (un marinaio ne guadagna 700, un cameriere 180,
più le commissioni), dormono in orrende staff-houses e a volte nelle capanne che erigono
nel deserto. Quelli che dormono nella capanne sono beduini. Anche loro, lasciano la
famiglia per raggranellare qualche soldo qui. I beduini non sono tutti poveri. Qualcuno si
è arricchito portando i turisti in giro sui cammelli. I più ricchi girano in limousine,
hanno anelli preziosi e cellulari ultimo modello.
Al primo gradino della scala sociale ci sono i ricchi imprenditori e i grossi dirigenti,
con le ville a Naama Bay o a Adaba, il quartiere ricco. Parecchio sotto le guide, che
guadagnano discretamente e arrotondano con le mance. Il gradino intermedio è occupato da
camerieri, marinai, impiegati. Per la stragrande maggioranza il mondo dei turisti è un
paradiso proibito. Sharm è cara e i pochi soldi che risparmiano li mandano a casa. C'è
chi passa anni così: mettendo da parte lira egiziana su lira egiziana finché le lire
sono abbastanza per tornare al paese e aprire un'attività. X, 26 anni, che non vuol
essere nominato, lavora come cameriere in un bar e lamenta che la vita qui è sempre
uguale e non si arriva a niente. E' laureato in inglese ma a Sharm le scuole straniere
assumono solo personale straniero. In tre anni ha messo da parte appena 4.000 lire
egiziane. "Non ce la faccio. Lavoro e solo lavoro. E poi nella staff-house. Vorrei
una moglie e dei figli ma come faccio, con quello che guadagno?".
Eppure Sharm è la Mecca, il sogno di tutti. Quasi sempre irrealizzabile. Qualcuno,
più intraprendente, ha fatto fortuna. Un imprenditore che ha cominciato vendendo
magliette importate da Alessandria, e poi si è messo a produrle lui e adesso fa il
palazzinaro. Ma sono pochi. "Gli egiziani non hanno progetti a lungo termine",
spiega Luiis Miguel Collavizza, istruttore sub a Naama Bay e uno dei decani del posto.
Secondo Roberto Martinez, presidente di Pianeta Terra, "in circostanze adatte sono
però imprenditori e lavoratori infaticabili. Basti vedere cosa fanno in Italia".
Fino a qualche mese fa le aziende di Sharm - alberghi e il resto - potevano essere di
proprietà straniera al massimo fino al 50 per cento. Ma da qualche mese gli stranieri
possono essere proprietari di tutto, a patto di assumere un general manager egiziano. Il
personale, invece, non deve essere tutto egiziano, ma in gran parte sì. Ci sono leggi che
regolano le percentuali di stranieri ed egiziani all'interno delle aziende. Non solo sono
a favore dei locali, ma prevedono che la percentuale a loro favore aumenti con gli anni.
La tutela sindacale non esiste, si può essere lasciati per strada da un giorno all'altro
e per i motivi più futili.
Ma per la maggior parte Sharm è l'unica alternativa, l'accesso a un mondo migliore. Un
modo per accedervi è sposare una straniera - le italiane sono le più ambite, chissà.
Molte guide si sono sposate con italiane, hanno messo su famiglia, comprato una casa (con
i soldi di lei). La maggior parte dei matrimoni finisce dopo qualche anno. L'amore si
sgonfia quando si tratta di educare i figli. Ma, anche se marca male, le donne non se ne
vanno. La legge egiziana affida i figli al padre, una maternità a distanza è un
problema. Isacco e Adriana non soffrono crisi coniugali anche se hanno una bimba, Sara, di
un anno. Forse perché Isacco è copto. La moglie è un'estetista di Napoli, che qui si è
riciclata come estetista part time. Vivono in un appartamento bellissimo nel cuore di
Adaba. "Le italiane trovano negli egiziani quello che è diventato difficile trovare
in Italia: il sogno di una vita semplice". Accanto a loro, in case altrettanto belle,
vivono altre coppie miste: parrucchiere, commesse che hanno lasciato l'Italia per amore.
"Io non me ne andrei mai", dichiara Adriana.
Dicono che gli egiziani imparino in fretta le lingue. Che nel centro di Naama Bay
conoscano addirittura i dialetti italiani. In realtà a parlare inglese sono pochi, con la
maggior parte ti esprimi a gesti. Adesso, molti stanno imparando il russo. Da qualche anno
a Sharm arrivano i russi e gli egiziani - quelli ricchi - assoldano cantanti e ballerine
russe per i locali. Al casinò di fronte al Sonesta, piccolo ma rutilante di luci, bionde
seminude ballano fino a tardi per la gioia, a dire il vero, non solo dei compatrioti. Su
questa storia delle russe c'è un certo mistero. I loro manager le portano qui per un po',
poi le blindano proibendo loro di parlare con chiunque. Quelle che hanno rotto la consegna
sono tornate dritte dritte nel loro paese. Il manager del casinò fa un sorriso stirato
quando gli chiedo se è possibile fare qualche domanda sulle ragazze e mi rimanda alla
pierre bulgara che, stirata anche lei, mi comunica che hanno bisogno dell'autorizzazione
dal Cairo, che ci vorrà tempo...
Alla fine le vediamo, le staff-houses. Ci infiliamo nella zona in costruzione che si
confonde con il deserto, dove gli operai egiziani picconano indefessi sotto il sole - 46
gradi a luglio, 55 a metà agosto. Cerchiamo la moschea: una grande costruzione ariosa e
bianca dove uomini di ogni classe stanno prosternati in direzione La Mecca. Gli operai,
appena ci vedono, mollano i picconi e ci seguono in un codazzo svolazzante prima fino alla
moschea, poi fino a una stanza dove un tipo dorme vestito con un cappuccio in testa. La
stanza, grande e spoglia, ha quattro brande, un secchio in plastica e un pezzetto di
specchio rotto. Non è una reggia, però...
Appena usciamo arriva la telefonata del direttore: sbraita che non avremmo mai, mai dovuto
entrare nelle staff-houses...
Sharm vecchio, a dieci chilometri da Naama Bay, è però a molti anni luce da questa.
Naama Bay è tutta centri commerciali, Hard Rock Café e vialetti eleganti. Sharm vecchio
è un villaggio lercio ma a suo modo verace, con grandi insegne in arabo che coprono le
sgangherate palazzine in cemento, i caffè-antri e gli antidiluviani coiffeur dalle cui
vetrine ammiccano modelli pettinati come Little Tony. In giro, anche qui, non si vede una
donna. Né un turista. Però molti degli egiziani miracolati dal turismo vivono a Sharm
vecchio. Avete presente l'immigrato del Sud che nel dopoguerra emigrava in Svizzera e
Germania, e per anni si consumava di nostalgia per la sua terra, vedeva solo la sua gente
e ricreava in terra straniera la vita di paese? In versione egiziana è ancora quello che
succede a Sharm.
Volontari per lo sviluppo -
Ottobre 2002
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