di Valerio Evangelisti *
1998: Jean-Marc Ligny pubblica Jihad (Guerra santa, Fanucci 2001). È
la storia di un giovane algerino sulle tracce dell'assassino della sorella, apparentemente
uccisa dagli integralisti islamici. Per scovarlo, e per scoprire una realtà ben diversa,
dovrà introdursi in una Francia in cui il Fronte Nazionale ha vinto le elezioni, e
passare attraverso le angherie, le violenze, le discriminazioni che vivono i suoi
compatrioti. Una vera discesa all'inferno, analoga però alle traversie di un immigrato in
un paese straniero, solo un po' più autoritario e militarizzato della norma.
Impossibile non pensare ai risultati del primo turno delle presidenziali francesi. Solo
che il romanzo è del 1998: in quell'anno il premio Goncourt in Francia, lo Strega o il
Campiello in Italia andavano a libri che nessuno ricorda più, se non con uno sforzo di
memoria. Invece quello stesso anno uno scrittore di fantascienza ignorato dall'accademia
descriveva, con antropologica precisione, minacce possibili e niente affatto remote. Non
solo: finiva anche col controbattere in anticipo i loschi teorici dello "scontro di
civiltà", dipingendo un Islam credibile e un mondo arabo per nulla barbarico,
fornendo persino al lettore un glossario, in appendice al romanzo, che oggi risulta
prezioso.
Tutto questo non in virtù di capacità profetiche, che né Ligny né nessun altro
possiede, bensì grazie a un uso ragionato delle possibilità intrinseche della
fantascienza: sguardo attento a cogliere gli snodi delle trasformazioni del presente (chi
pensa che la fantascienza abbia per oggetto il futuro non ha capito nulla); vocazione
massimalistica, con l'occhio rivolto a interi sistemi; conflitto tra forze e tendenze
quale premessa all'interpretazione del reale. Caratteristiche ignote a buona parte della
narrativa corrente.
È questo il modo di lavorare di un gruppo di nuovi autori, dallo stile e dalle idee
forti, che ha rivitalizzato la fantascienza francese dopo un lungo periodo di crisi:
Ayerdhal, Serge Lehman, Jean-Marc Ligny, Pierre Bordage, Roland Wagner, per non citare che
i più significativi (ma ricordiamo anche Jean-Claude Dunyach, attivo già da anni). A
questi giovani è riuscito il miracolo fallito dai predecessori: coniugare felicità
narrativa e critica socio-politica, restituendo la fantascienza alla sua vocazione
naturale di letteratura popolare capace di cogliere le linee evolutive del presente.
Ayerdhal, forse per primo in ordine di tempo, ha dato vita ad appassionanti saghe ispirate
a un ecologismo radicale e militante. Bordage, Ligny e Wagner hanno fatto proprio lo stile
caleidoscopico dell'americano Jack Vance, descrivendo mondi futuri in cui erano
trasferiti, in chiave ora drammatica ora umoristica, tutti i problemi del nostro tempo,
dalle migrazioni alle guerre più o meno "umanitarie", alla discriminazione
razziale e sessuale. Per arrivare a Serge Lehman, intervistato qui sotto, che non solo ha
tratteggiato, con il ciclo F.A.U.S.T., il quadro di un futuro governato dalle
multinazionali e regno di ogni disuguaglianza, ma si è fatto storico e ideologo della
nuova fantascienza francese.
Il risultato di questa svolta è stato il ritorno del pubblico - o, forse, l'accostarsi
di un nuovo pubblico - a una narrativa prima marginale e negletta. La fantascienza
francese è di gran lunga la più vitale e variegata dell'Europa continentale, e gareggia
ad armi quasi pari con quella inglese. Sarà che ha una storia ormai secolare: non solo
Jules Verne, ma anche scrittori popolari come Albert Robida, Gaston Leroux, Gustave Le
Rouge trattarono, tra fine '800 e inizi '900, temi modernamente scientifici: dai viaggi
spaziali alle società future, dalle civiltà extraterrestri ai robot.
La supremazia statunitense della fantascienza, dovuta a scrittura smaliziata e a
produzione letteraria di stampo industriale, si è affermata solo dagli anni Cinquanta;
senza tuttavia cancellare la fantascienza francese, che ebbe un eccezionale rigoglio con
la collana Anticipation delle edizioni Fleuve Noir. Gli autori del periodo
(Carsac, Limat, Guieu, Randa, Richard-Bessière ecc.) prediligevano il genere avventuroso,
ma a un'immaginazione fertile univano uno stile fiacco, costellato di ingenuità e luoghi
comuni. Tuttavia seppero creare un mercato e coltivare intere generazioni di appassionati.
La maggior parte di questi scrittori non solo aveva mezzi stilistici dubbi, ma, salvo rare
eccezioni, professava idee politiche razziste, militariste e reazionarie. Le cose
cambiarono dopo il '68, che ebbe sulla fantascienza lo stesso effetto dirompente prodotto
nella società francese. Fu una rivista, Fiction, a segnare la svolta. Sulle sue
pagine, ricche di studi approfonditi e dibattiti avvincenti, apparvero scrittori come
Philippe Curval, Jean-Pierre Andrevon e altri ancora che, influenzati dalla fantascienza
"sociologica" americana e dal clima politico di quegli anni, presero a comporre
storie contenenti, in forma metaforica, precisi spunti di polemica sociale.
La disputa tra "contenutisti" e "formalisti" si protrasse a lungo,
con il rischio di ingenerare noia. Solo con l'inizio degli anni '90, e l'emergere dei
nuovi autori che uniscono abilità narrativa a impegno socio-politico, la fantascienza
riacquista popolarità. Escales sur l'Horizon è stato un vero bestseller; i
romanzi di Pierre Bordage hanno toccato tirature di decine di migliaia di copie, tutti gli
autori sopra citati godono enorme popolarità nel mondo francofono (che non è tanto
piccolo) e sono tradotti in Italia o in procinto di esserlo. Successo legato a una
caratteristica comune dei loro romanzi: attraverso essi il lettore ha accesso a temi di
grande complessità che difficilmente, nel clima di regresso politico e intellettuale
europeo, può trovare espressi altrove con tanta forza.
Ancora un esempio, un romanzo non ancora tradotto in italiano: Pollen di Joëlle
Wintrebert (Au Diable Vauvert, 2002). La fantascienza francese odierna non è
solo maschile, e Joëlle Wintrebert non è seconda a nessuno, per qualità e complessità.
Nel suo libro ipotizza una società matriarcale, che ha raggiunto la pace sul pianeta che
la ospita isolando i propri guerrieri su una luna adiacente. Ma una completa separazione
dei sessi non è possibile, e tra i due mondi si intrecciano complesse relazioni, fatte di
dominio, nostalgia, desiderio. Finché il muro non si rompe, e il gioco sottile non
diventa manifesto e diretto, culminando in scontro. Con esiti per nulla scontati.
Qui non sono in scena tanto i rapporti sociali (anche), quanto gli archetipi maschile e
femminile, con le loro ricadute culturali. Lo spessore è quello dei saggi di Eric
Neumann, ma proposto con mano leggera e stile impeccabile. Così ci si trova conquistati
da riflessioni che nulla hanno di scontato o banale, e che toccano profondità totalmente
sconosciute alla letteratura mid-cult (di largo consumo, ma spacciata di alto
livello, ndr). Perché la fantascienza quando è grande pone più interrogativi di
quanti ne risolva. Non a caso è la narrativa che più spesso rifiuta il lieto fine.
Suo scopo non è consolare: piuttosto inquietare e, all'occorrenza, suscitare disagio.
*Autore di numerosi romanzi di fantascienza, in cui mescola sapientemente passato e futuro. Particolarmente famosa la saga dell'inquisitore Nicolas Eymerich, divenuta anche sceneggiato radiofonico per RadioRai. Appena uscito per le edizioni Einaudi il nuovo libro Black Flag, 216 pagine, 8,20 euro.
A colloquio con Serge LehmanApartheid sociale prossimo venturoNel prossimo autunno, l'editore Fanucci di Roma pubblicherà F.A.U.S.T. 3 - Tuono lontano, il terzo romanzo della serie di Serge Lehman (pseudonimo di Pascal Fréjean) che, con La minaccia delle Potenze e I Difensori, è considerata una delle trilogie più intriganti della fantascienza degli anni '90. Nato nel 1962, Lehman ha pubblicato dieci romanzi e una quarantina di racconti, in parte raccolti ne La Sidération (Destination Crépuscule & Encrage, 1996) grazie ai quali ha vinto il Grand Prix de l'Imaginaire e il Prix Rosny Ainé. In F.A.U.S.T. l'autore unisce il thriller geopolitico alla storia del futuro, inaugurando la cronaca del XXI secolo. Si aggiunge Wonderland, ambientato nello stesso universo narrativo (Fleuve Noir, 1997). Primo gennaio 2095: le Potenze - i grandi imperi industriali che regnano sull'economia mondiale - uniscono le loro forze. Il giorno dopo, a New York, apre le porte il Senato delle Nazioni Unite... Si sta sviluppando una cospirazione. Così vasta che potrebbe ribaltare il destino dell'umanità. È il primo atto di una lotta epica per il controllo della Storia. Perché F.A.U.S.T.? Qual è il significato dell'acronimo che dà il titolo alla
serie? Quindi la serie è principalmente nata da un personaggio? I tre romanzi di fantascienza sono inscritti in un futuro piuttosto prossimo, la
fine del secolo XXI. Cosa significa per te la soglia di un nuovo secolo? I temi geopolitici della serie erano presenti anche nei tuoi precedenti romanzi. In F.A.U.S.T. il mondo è governato dalle Potenze, multinazionali onnipresenti a
tutti i livelli del potere. È qualcosa che si sta avverando già oggi? Traduzione dal francese di Robin Benatti |
Volontari per lo sviluppo -
Giugno 2002
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