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Adozioni internazionali: si cambia

Volevo un bimbo nero...

Un nuovo presidente della Commissione nazionale per le adozioni, l'aggiornamento dell'elenco degli enti accreditati. Finalmente si pongono limiti ferrei al "commercio dei bimbi". E si comincia un lavoro serio con i paesi del Sud.

di Maurizio Dematteis

A fine giugno di quest'anno è stato reso noto l'elenco aggiornato delle associazioni autorizzate a svolgere le pratiche per trovare una famiglia italiana ai bambini stranieri abbandonati. Oggi gli enti sono 56: dieci neo accreditati, su 60 che ne hanno fatto richiesta, e uno cancellato in attesa che si adegui ai parametri richiesti.
La valutazione è stata fatta dalla Commissione per le adozioni internazionali, organismo istituito presso Presidenza del Consiglio dei ministri dalla legge 476 del 1998, normativa con la quale il nostro paese ha recepito i principi della convenzione dell'Aja in materia di tutela dei minori nella cooperazione con i paesi in via di sviluppo.
Con l'attuazione della 476, si è posto fine al "fai da te" dell'adozione internazionale, al "mercato dei bambini" che ha visto coppie italiane ed europee spendere cifre astronomiche pur di accaparrarsi un bambino, meglio se sano, bianco di pelle e massimo di uno o due anni. A fare da intermediari erano spesso avvocati senza scrupoli che, spesa una parte della somma per corrompere le autorità dei paesi d'origine dei bambini, intascavano il resto, senza preoccuparsi dell'idoneità della famiglia adottante.

Stop alla "vendita on line"

Il fenomeno aveva raggiunto dimensioni tali da indurre l'Autorità centrale olandese per le adozioni internazionali a fissare un limite massimo per le tariffe degli avvocati. Misure drastiche attuate per evitare di arrivare a degli eccessi come quelli delle due gemelline, Kimberly e Belinda, comprate all'asta su Internet per migliaia di dollari da una coppia del Galles sul sito di Caring heart adoption. D'altra parte, per i loro cugini anglosassoni d'oltreoceano è una prassi comune: negli Stati Uniti, su siti come www.adopt.com o www.adoptanangel.com, i bambini sono venduti come merce, con tanto di caratteristiche fisiche, profili psicologici ed eventuale percentuale di handicap. Vedere per credere. Fortunatamente, in Europa tutto questo è vietato e, per porre rimedio a quanto successo in Galles, il governo di Tony Blair ha dapprima fatto oscurare il sito e poi annunciato una radicale riforma della legge sulle adozioni per evitare repliche indesiderate.
Anche in Italia gli ultimi provvedimenti in materia sembrano fatti apposta per allontanare eccessi di questo genere. Le uniche realtà accreditate a seguire le pratiche per le adozioni internazionali sono difatti solo quelle degli enti iscritti nell'elenco ufficiale.

Il "commercio" rumeno

Purtroppo, nonostante l'esistenza di una legislazione all'avanguardia e di una serie di associazioni di provata affidabilità, talvolta si assiste ugualmente a traffici illegali di minori. È il caso della Romania, che, insieme a Russia e Moldavia, ha deciso di bloccare le adozioni per fermare la dilagante compravendita illegale di bambini da parte di ricche coppie senza scrupoli. In questo paese, molte famiglie straniere erano disposte a pagare fino a 40 mila dollari per portarsi a casa il bimbo dei loro sogni: ottanta milioni di lire per pratiche che non costano che 2 mila dollari, camuffando i versamenti di denaro a funzionari corrotti sotto forma di donazioni a sedicenti fondazioni locali. In un paese che ha 110 mila minori chiusi in orfanotrofio, di cui almeno 30 mila adottabili, e con una crisi economica dilagante, le autorità cercano di correre ai ripari attraverso una revisione delle proprie strutture e il tentativo di reintegrazione nelle famiglie naturali, adottive o affidatarie.

Adozioni più difficili

Ultima risorsa: l'adozione internazionale. "L'adozione non è altro che uno strumento per far sì che i bambini abbiano una famiglia. Ma sia ben chiaro che si passa all'adozione internazionale solo quando quella nazionale non risponde" spiega Luciano Lebotti, del gruppo di volontariato Solidarietà di Potenza, una delle associazioni accreditate per l'adozione, che l'anno scorso ne ha portate a termine ben 150. Dello stesso parere è Melita Cavallo, presidente della Commissione adozioni internazionali: "Gli stati del Terzo mondo, in Sudamerica o nell'Europa dell'est, tendono giustamente a promuovere la cultura dell'adozione nel loro paese e per questo le coppie locali sono privilegiate. Le coppie straniere invece devono essere preparate ad accogliere un bambino che molto spesso non è quello sognato o desiderato, magari è un bambino abbandonato in istituto da anni, che non è mai stato accarezzato né amato, e che quindi potrebbe essere un bambino chiuso o aggressivo". Donata Nova Micucci, presidente dell'Associazione Famiglie Adottive e Affidatarie (Anfaa), storica istituzione italiana, si spinge oltre: "Per quanto riguarda l'adozione internazionale, siamo di fronte a un divario tra genitori disponibili e bambini dichiarati adottabili. I primi sono tre volte superiori ai secondi. Inoltre, oltre all'incentivo delle adozioni nazionali, nei paesi d'origine dei minori saranno avviati programmi di sostegno alle famiglie in modo che vengano aiutati nel loro paese. L'adozione internazionale continuerà quindi ad avere un ruolo importantissimo ma residuale". L'adozione internazionale, infatti, sempre di più dovrà rivolgersi alla domanda d'aiuto di bambini "grandicelli", di quelli problematici, handicappati o con patologie gravi che stentano a trovare affetto e cure nel paese d'origine.

 

La testimonianza

Così mi è cambiata la vita

Daniela, mamma a tempo pieno di due bimbi nati in Polonia, racconta gioie e fatiche del suo "piccolo miracolo".

di Maurizio Dematteis

Si chiama Daniela e, insieme a suo marito Gaetano, da circa sei mesi ha accolto in famiglia due bambini polacchi, due fratellini, femmina di sei anni e maschietto di due e mezzo.

Che effetto fa diventare mamma adottiva?
Una sensazione bellissima e traumatica allo stesso tempo. Durante il primo viaggio in Polonia per conoscere i bambini l'impatto è stato molto duro. Andavamo a visitare gli istituti, vedevamo migliaia di bambini in questi ambienti lugubri. Incontrare tutti quei bambini in istituto fa male.

Cos'ha provato quando le hanno detto "questi sono i suoi bambini"?
Una sensazione strana, una tenerezza infinita. Li vedevo indifesi, chiusi nell'istituto. Sara e Luca sono stati subito molto socievoli. Sono venuti in braccio, ci hanno accolto bene. Un'emozione fortissima, ma anche dolorosa. Soprattutto perché sai che dopo il primo appuntamento li devi lasciare. Noi siamo tornati a prenderli dopo due mesi. Il periodo più brutto è proprio quello, i mesi che passano tra il primo incontro e il secondo. Luca appena ci ha rivisto è andato subito in braccio a mio marito, appoggiando la guancia contro la sua. Anche per lui è stata un'emozione fortissima.

Come avete organizzato la vostra casa in Italia per accogliere i bambini?
Prima di partire abbiamo preparato la loro cameretta, comprato dei vestitini nuovi e tutto l'occorrente. Io avevo fatto fare la tenda con dei pupazzetti, c'erano bambolotti e poster con le loro fotografie che avevamo scattato in Polonia durante il primo incontro. Siamo arrivati a casa di sera, verso le dieci e mezza. I bambini quando hanno visto la cameretta sono rimasti stupefatti. Sono bambini molto semplici, che nel corso della loro vita non hanno visto nulla se non le mura dell'orfanotrofio. In Polonia c'è un tipo di vita molto differente, meno consumistica, e c'è anche molta povertà.

È riuscita a dormire la prima notte?
Non ho chiuso occhio. Ancora adesso, a sei mesi dal loro arrivo, mi alzo sovente durante la notte e vado a guardarli dormire nella loro cameretta. Anche mio marito si sveglia spesso. Essendo poi in due, è molto impegnativo accontentarli contemporaneamente. Se ne prendi in braccio uno vuole subito venire anche l'altro. Non è semplice. Anche quando siamo a tavola, loro vogliono mangiare nel nostro stesso piatto. È una bella fatica e un impegno, ma ne vale sicuramente la pena.

Quali sono i principali problemi che avete dovuto affrontare?
Il problema più grosso è quello della lingua. Chiaramente i bambini non parlano italiano e, anche se cominciano a dire un po' di parole, per il momento è difficile comunicare con loro. Penso che ci voglia ancora un po' di tempo.
Un altro problema che abbiamo incontrato io e mio marito è che dormono poco. La sera non vogliono mai staccarsi da noi, vogliono continuare a giocare, non vogliono andare a dormire. Hanno forse paura di perderci.
Per quanto riguarda i problemi futuri, le altre coppie del centro Solidarietà (l'associazione che ha aiutato i coniugi nelle pratiche dell'adozione, ndr) ci hanno già messo in guardia sulla questione scuola: pare che il corpo insegnanti sia poco preparato per l'accoglienza dei bambini adottati.
I miei non vanno ancora a scuola, vedremo quando sarà tempo. E se si presenteranno problemi, cercheremo man mano di risolverli, anche grazie all'apporto dell'Associazione.

I vostri bambini oggi sono felici?
Sì, sembrano molto felici, si sono ambientati bene, mangiano e giocano. Penso sia un piccolo miracolo. Sono stati anche accolti bene da parenti e amici. Tutti aspettavano il loro arrivo. Nel primo periodo avevamo sempre gente per casa, non riuscivamo mai a restare da soli.

È importante avere l'appoggio di un'associazione?
Sicuramente. È importante avere genitori con i quali confrontarsi, parlare delle gioie e dei dolori. Qualsiasi problema ti capiti sai che c'è qualcuno che ti può aiutare. Anche con mio marito è un buon gioco di squadra, ci diamo coraggio a vicenda: una volta uno, una volta l'altro e, insieme ai nostri figli, andiamo avanti sereni.

Il caso: gruppo Solidarietà di Potenza

Sud chiama Est

Tra burocrazia e incontri di formazione, il lungo iter per le famiglie adottive. Con una nota confortante: oltre il 90% delle pratiche va a buon fine.

di Marcella Rodino

La trafila che un'aspirante famiglia adottiva deve affrontare è spesso lunga e faticosa. Questo non risponde a una forma di sadismo insita nelle regole studiate dai burocrati, bensì alla salvaguardia del diritto più importante: quello del minore ad avere una famiglia, in modo prioritario la sua naturale o, quando questo non è possibile, una adottiva o affidataria.
Lucia, insegnante di Potenza e membro del gruppo di volontariato Solidarietà, dal 1992 operante nel campo delle adozioni, racconta le tappe che, con la complicità di suo marito, ha dovuto affrontare nel corso dell'adozione di due bimbi rumeni. Solidarietà rientra nei 56 enti autorizzati dalla Commissione per le adozioni internazionali e opera in Romania, Polonia, Ucraina, Brasile e Perù. Lucia ha iniziato a lavorare nell'associazione proprio in seguito alla sua esperienza personale di adozione.
"Oggi l'associazione offre appoggio a più di 100 nuove famiglie adottive ogni anno, un numero abbastanza elevato che riusciamo a sostenere perché siamo tanti volontari piuttosto organizzati, seppur costretti a lavorare soprattutto il sabato e la domenica" racconta Lucia.
Ma come opera il centro Solidarietà?
Le coppie che decidono di rivolgersi all'associazione, una volta certificata la loro idoneità da parte del Tribunale per i minorenni di competenza, partecipano a un primo incontro su appuntamento e ricevono tutte le informazioni su costi, attese, situazione dei minori. Viene data la priorità alle coppie sposate da almeno tre anni: il colloquio con uno psicologo serve per valutare l'idoneità della coppia ad accogliere un bambino. La coppia deve inoltre essere consapevole dei costi da affrontare per l'adozione: costi che, oltre a quelli delle spese legali, comprendono gli spostamenti fino al paese d'origine del bambino e quelli legati all'età. "Dopo aver deciso dove indirizzare la domanda, producono la documentazione ed entrano in lista di attesa; poi le richiamiamo per prepararle all'incontro con il bambino segnalato e per organizzare la partenza". Nel caso della Romania è il Comitato rumeno per le adozioni che individua una serie di bambini da affidare all'associazione affinché si possano trovare le famiglie idonee. Ci spiega l'insegnante: "Leggiamo la relazione sociale, le caratteristiche della coppia, quelle del bambino e cerchiamo la situazione migliore. Per altri Stati, come l'Ucraina, è direttamente il Centro per le adozioni di Kiev (il partner in loco di Solidarietà) che impone questo, per cui la coppia parte e il Centro provvede a segnalare il minore sul posto".
Una volta individuato il bambino, il passaggio dell'assegnazione non è rapido. I tempi dipendono dagli Stati: si va da un anno di attesa per la Romania, a 5-6 mesi per l'Ucraina, 6-7 mesi per la Polonia. Intanto avvengono da parte dell'associazione dei colloqui individuali con le singole coppie. "Il colloquio più importante - afferma Lucia - è quello in cui segnaliamo il bambino e prepariamo la coppia alla partenza. La famiglia si trattiene nel paese per un periodo che va da 4 a 15 giorni, per poi ritornare in Italia e attendere la soluzione delle pratiche burocratiche".
L'incontro con il bambino avviene sempre tramite il viaggio dei genitori nel paese d'origine del minore e attraverso la mediazione di persone accreditate, "ed è per questo - ci spiega Lucia - che in ogni paese noi abbiamo un nostro "gemello". In Romania, per esempio, abbiamo la fondazione rumena Casa e solidarietà, con psicologo, traduttori, e tutto il sostegno che può servire alla coppia". Dopo il primo incontro, è fissata la data per il secondo, quello in seguito al quale la famiglia farà ritorno in Italia al completo. Questo non è immediato. Possono intercorrere anche 2 o 3 mesi. Quando la coppia rientra con il bambino per un anno è sotto il controllo del Tribunale dei minori competente. "Inizia inoltre con il nostro gruppo - aggiunge Lucia - una serie di incontri a scadenza trimestrale, per un periodo di due anni. Per casi difficili le relazioni post-adozione si prolungano oltre".
L'iter è piuttosto lungo, ma i risultati sono confortanti. Oltre il 90% delle adozioni, infatti, vanno a buon fine. "Abbiamo avuto pochissimi casi di fallimento, proprio perché eventuali problemi di solito si percepiscono negli incontri che precedono l'adozione".

A chi rivolgersi

L'elenco completo delle associazioni accreditate all'adozione internazionale si può consultare nel sito www.commisioneadozioni.it oppure si può contattare direttamente la Commissione per le adozioni internazionali in via Vittorio Veneto 56, 00187 ROMA, al numero 06 4816 1723.
e-mail: adozioneinternazionale@affarisociali.it

Volontari per lo sviluppo - Novembre 2001
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