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Editoriale

La Notte senza diritti

Dopo i gravissimi fatti di venerdì 20 e sabato 21 luglio abbiamo deciso di bloccare la stampa del numero di VpS chiuso in tipografia prima dell'inizio del G8. Aver visto e vissuto in prima persona una parte delle vicende e vedere ora come alcuni telegiornali e quotidiani trattano gli argomenti ci autorizza a ritardare l'arrivo nelle case e sostituire il previsto editoriale, pure molto importante, sul ruolo delle ong nel movimento.

Ci chiediamo come sia possibile che in uno Stato democratico si compia un blitz come l'assalto alle due scuole in via Cesare Battisti, la Pascoli adibita a dormitorio e l'altra, la Diaz, sede dell'organizzazione del Genoa Social Forum (Gsf) e centro stampa dello stesso. Senza mandato di perquisizione e, ancor più grave, impedendo l'ingresso a giornalisti e legali della stessa organizzazione: eliminando cioè ogni possibile osservatore, per compiere chissà che cosa, non si saprà mai esattamente. Questa è una tipica pratica da regime poliziesco, vista tante volte utilizzare in Cile, Argentina e, recentemente, in Burundi, Rwanda, solo per citarne alcuni.
Ci fanno vedere solo i risultati: 66 feriti, 93 arresti, due scuole devastate, sangue, i computer del Media center del Gsf distrutti, le testimonianze di chi già dormiva ed è stato brutalmente picchiato.
Poi si saprà di giornalisti malmenati (c'erano gli uffici temporanei di Indymedia, radio Gap, Carta), materiale distrutto, il collega del Resto del Carlino ne esce con il braccio spezzato poi è arrestato. Perché questo? E com'è possibile sia avvenuto in Italia, democrazia di lunga tradizione, paese nell'Unione Europea?
Dicono che c'è stata una segnalazione: il Gsf (che ha organizzato una settimana di incontri con importanti esponenti internazionali sui temi del debito, farmaci, economia alternativa, alimentazione, ecc. di cui parleremo per esteso nel prossimo numero) coprirebbe i teppisti.
Per giustificare l'obiettivo del blitz (comunque indifendibile nei metodi) la tv mostra le immagini riprese dall'elicottero della polizia. Un furgone distribuisce mazze ai black bloc, poi torna alla base. Questa ha l'aspetto di un capannone, con un parcheggio davanti. I primi tg (e un quotidiano) dicono che è la scuola di via Battisti. Chi ci è stato sa che questa si trova in un quartiere residenziale, arroccato su un colle: non esiste nessun capannone in zona. Poi le tv si correggono, accennano solo che "era un centro vicino". Perché allora le forze dell'ordine non hanno fatto il sopralluogo in questo altro centro? La domanda ha lo stesso sapore di un'altra: come sono arrivati a Genova queste centinaia, forse un migliaio di teppisti con le loro armi da guerriglia urbana?

Passa sotto silenzio anche la reazione della Federazione Nazionale Stampa Italiana, neppure il Tg1 delle 20 dice che alla scuola Diaz c'era un centro stampa in cui si erano accreditati più di 1.100 giornalisti che hanno seguito il Public Forum. Parla solo della "base dei manifestanti".
La polizia mostra due bottiglie (che dice essere molotov), pochi attrezzi da cantiere e svariati coltellini svizzeri, macchine fotografiche, telefonini, addirittura fazzoletti di carta. Ma soprattutto sequestra ore di registrazione audio e video sugli scontri e gli hard disk con i dati sui manifestanti scomparsi in questi giorni. Alla conferenza stampa in questura in cui vengono esposti i "corpi contundenti", l'addetto non risponde a nessuna domanda. Alcuni giornalisti si innervosiscono: si vuole conoscere la sorte degli arrestati. Silenzio. Ancora scene da regime poliziesco.

Sui fatti accaduti ci vorrà tempo per fare chiarezza. Ognuno di noi dovrà testimoniare la sua fetta di verità. Restano comunque interrogativi molto pesanti. Perché sono stati utilizzati proiettili ordinari e non di gomma? Come è possibile che 15 mila effettivi, con cellulari e autoblindo, non siano riusciti a bloccare alcune centinaia di individui (seppur equipaggiati e addestrati) che hanno devastato la città? Perché, invece, polizia e carabinieri hanno tirato lacrimogeni e pestato manifestanti pacifici della rete Lilliput, Mani Tese, Equo Mercato, Attac e di molti altri gruppi? Abbiamo visto con i nostri occhi il tentativo dell'organizzazione di isolare i teppisti, racchiudendo in un cordone umano l'immenso corteo, ma questi vi correvano di fianco, entravano, uscivano, a nulla serviva urlare loro di andarsene. Abbiamo visto la terra di nessuno, Genova lasciata in mano alla violenza bruta e devastante, centinaia di persone pacifiche intrappolate negli scontri, senza alcuna protezione dalle forze dell'ordine.
Tutto ciò ci deve far riflettere, ci deve unire. Perché la notte senza diritti non diventi in Italia la normalità.

Volontari per lo sviluppo - Agosto-Settembre 2001
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