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Porto Alegre - Nasce il movimento sociale mondiale

Anno zero

Caldo, colori, ed entusiasmo travolgente. Oltre 5.000 persone da 120 paesi del mondo, organizzazioni popolari, intellettuali, sindacati e parlamentari hanno discusso per cinque giorni le alternative al sistema dominante.
Un avvenimento unico, a dimostrare che economia e finanza non sono più padrone indiscusse del pianeta. Il racconto del nostro inviato.

di Gabriele Gosti
da Porto Alegre

Contadini curvi e silenziosi si muovono sul palco nell'oscurità. Poi la musica prende vita e le mani si armano di attrezzi, mentre suoni indecifrabili come canti di sirene solcano la platea. Appare una donna di colore, i seni nudi, che grida frasi di un sogno utopico: "...nessuno più morirà di fame perché nessuno morirà di indigestione... il presidente degli Stati Uniti sarà una donna negra... ogni notte sarà vissuta come se fosse l'ultima e ogni giorno sarà vissuto come se fosse il primo...". Ragazzi e bambini, al suono di tamburi brasiliani, uniscono terra e acqua in un rito di fertilità. Poi passano tra la folla distribuendo sacchettini di tela leggera, contenenti semi di varie specie. Simbolo dell'inizio e della continuità di un atto creativo del quale ognuno può portare a casa la semente.
Il sogno è cominciato.

Da 120 paesi

È l'apertura ufficiale del Forum sociale mondiale di Porto Alegre, in Brasile, che dal 25 al 30 gennaio ha raccolto oltre 5.000 persone di tutte le parti del mondo. Delegazioni di movimenti popolari, ong, sindacati, ma anche intellettuali di grido, parlamentari e partiti politici, più di mille gli addetti stampa. Straordinari ingredienti di un avvenimento davvero unico. "Come nel '68" dicono alcuni. "Come nel Vietnam" dicono altri, riferendosi alle pretese di intervento in Colombia, da parte degli Usa. Certo è che dopo le manifestazioni di Seattle, Washington, Londra, Nizza, e ora Davos (dove si svolge il Forum economico mondiale), i tempi appaiono maturi. Bisogna fare qualcosa, dice il popolo multicolore del Forum: organizzarsi. Costruire una rete per collegare le menti pensanti del mondo ed elaborare un'alternativa.
La scelta della città non è casuale: Porto Alegre, capitale del Rio grande do Sul, vanta per la quarta volta consecutiva il successo elettorale della sinistra brasiliana del Partido dos Trabalhadores (Pt). Da dodici anni la popolazione partecipa alla stesura del piano economico dell'amministrazione attraverso il lavoro di Commissioni Municipali Popolari, i bilanci sono assolutamente trasparenti, la qualità della vita, la migliore di tutto il Brasile.
La sede dell'evento è la Pontificia Università Cattolica del Rio Grande du Sul, ottima struttura che, anche grazie all'appoggio volontario di molti studenti, riesce a reggere l'affluenza, di molto superiore alle aspettative.

Globalizzare la lotta

In una sala congressi straripante (2.800 posti, ma 4 o 5 mila persone accalcate) facce di indio e di neri afroamericani si mescolano alle bionde capigliature dei nordici europei. L'elenco delle delegazioni rappresentanti i vari paesi è lunghissimo. Viene letto e scandito dal ritmo degli applausi che salgono di intensità quando è la volta di Cuba e Nicaragua. Dalla Cina al Bangladesh, dalle Fiji alla Nuova Zelanda, dagli Usa alla Lituania fino al Sud Africa. Intanto i rappresentanti di Via campesina, enorme organizzazione contadina presente in tutti i continenti con oltre 100 milioni di aderenti, hanno unito le bandiere a quelle dei militanti del movimento Sem Terra brasiliano al grido di "Globalicemos a lutha globalicemos a esperanza" (globalizziamo la lotta, globalizziamo la speranza). Commozione, abbracci, flash di fotografi. È quello che si voleva che accadesse: l'unione delle forze che in varie parti del mondo lottano per gli stessi obiettivi.
Dopo la cerimonia, l'invasione pacifica per le vie di Porto Alegre, oltre 15 mila persone. Un'ora e mezza di camminata fino all'anfiteatro del Por do Sol, sulle rive del fiume Iguaìba. La gente del luogo è simpatica e accogliente. Nel corteo molte bandiere rosse, grida antimperialiste, fantocci di cartapesta, colori, musica. Un enorme striscione richiama l'attenzione al Piano Colombia: giù le mani dall'Amazzonia.

Ripartire dal sentimento

Poi iniziano seminari e dibattiti, e il Forum prosegue in un crescendo di partecipazione ed entusiasmo. Lo slogan dell'evento è semplice e completo "Un altro mondo è possibile". Sottinteso: oltre che possibile, è necessario. Fra la necessità e la possibilità l'impegno delle menti più fertili e colte del pianeta, da Samir Amin a Danielle Mitterand, Eduardo Galeano e Noam Chomsky. Un impegno gratuito, spontaneo, sincero. "Gli statunitensi Bob Alen, Bill Gates, Worren Becreat e Larry Ellison possiedono insieme un patrimonio personale superiore alla somma del prodotto interno lordo di 42 paesi che contano 600 milioni di abitanti, incluso il Brasile; questa si chiama globalizzazione della povertà e privatizzazione delle ricchezze". A parlare è Frei Betto, frate domenicano, scrittore e ideologo del movimento Sem Terra. Continua: "Il grande motore del neoliberismo è la privatizzazione. Non solo quella dei servizi pubblici, ma quella più intima del nostro quotidiano. Perciò bisogna ricostruire la società partendo dal sentimento, dall'empatia. La Chiesa in America Latina si preoccupa degli esclusi più di qualsiasi partito della sinistra, ma questo è un peccato perché dovrebbero essere i partiti progressisti a farlo. Non bisogna dimenticare che il modello cubano è riuscito, nonostante l'embargo, a dare ai suoi 11 milioni di abitanti quello che nessun paese latino americano ha dato fino ad oggi: alimentazione, salute e istruzione per tutti". I riferimenti a Cuba si fanno sempre più intensi man mano che la discussione si accanisce sui problemi del debito dei paesi poveri, sulle privatizzazioni dei servizi pubblici, sui privilegi concessi alle grandi multinazionali in America Latina. "La via cubana è solo un esempio, ogni paese deve cercarsi la sua strada verso la crescita indipendente e la sconfitta della miseria".

Amazzonia a rischio

Proprio l'America Latina, forse per tutto quello che sta soffrendo e per tutto quello che da sempre soffre in fatto di oppressione e sfruttamento, appare oggi al centro dell'attività intellettuale delle nuove ideologie democratiche. Ma c'è anche chi non vede più alternative alla resistenza armata.
"Il popolo colombiano non vuole la guerra e non la augura a nessun altro popolo. Vuole che l'America Latina possa ottenere una società più giusta senza ricorrere alle armi. Però ogni volta che cerchiamo di aprire uno spazio democratico i nostri compagni sono assassinati. In Colombia non si fanno prigionieri politici, si commettono omicidi. Sono oltre 300 mila i morti negli ultimi 35 anni per questioni politiche". Così denuncia Xavier de la Fuente, nome fittizio usato dal rappresentante della commissione politico-diplomatica delle Farc, le forze armate rivoluzionarie colombiane. Nell'incontro informale con rappresentanti del Partito comunista colombiano si scambiano idee e indirizzi. Ci si dà appuntamento a domani per approfondire temi complessi come le strategie nord americane di controllo dell'America centro meridionale. La fuga di Fujimori dal Perù viene interpretata come il risultato di un piano che vuole escludere un leader forte e poco controllabile da un paese strategico. La scusa delle piantagioni di coca per approdare nell'Amazzonia colombiana viene intesa come una giustificazione per coprire interessi ben maggiori di controllo territoriale. "Il Piano Colombia lanciato dagli Usa prevede di militarizzare completamente il dipartimento di Putumayo, per prenderne il controllo e penetrare l'Amazzonia. Tra settembre e ottobre scorsi i paramilitari hanno ucciso oltre 3 mila persone per costringere la popolazione ad abbandonare la zona. Se le trattative in corso andranno in fumo, la resistenza colombiana attuerà una guerriglia come quella del Vietnam, e come nel Vietnam l'invasore sarà cacciato" grida Xavier, mentre i reporters si accalcano per registrare la sua voce. La situazione in Colombia è forse una delle più gravi emergenze che l'America Latina sente sulla propria pelle e lo testimonia la moltitudine di persone che si accalca all'ingresso del piccolo teatro do Ipe, dove il comandante dell'esercito popolare rilascia le sue dichiarazioni.

No al transgenico

Nel frattempo a pochi chilometri da Porto Alegre, José Bové, presidente della Confederazione nazionale dei contadini francesi, (più conosciuto come l'uomo che smonta i Mc Donald's), insieme a un migliaio di militanti dei Sem Terra occupa la sede della Monsanto e distrugge due ettari di soia transgenica del centro sperimentale della multinazionale statunitense. "Un atto legittimo" dichiara il dirigente francese, affiancato dal leader dei Sem Terra, João Pedro Stédile, poiché le coltivazioni transgeniche sono vietate in tutto il paese (ma, nonostante la proibizione, i rapporti delle imprese importatrici europee, presentati proprio questa settimana a Bruxelles, dimostrano che il 30% della soia brasiliana contiene organismi geneticamente modificati).

Poesia e ironia

Momento clou del Forum è poi l'incontro con Eduardo Galeano, grande scrittore uruguayano, memoria viva dell'America Latina, iniziato con un'ora di ritardo causa la ressa di gente. "Mai il mondo è stato così disuguale nelle opportunità che offre alle persone. E mai il mondo è stato così uguale e omogeneizzante negli aspetti culturali" sostiene lo scrittore. Ma la pur spietata analisi delle condizioni politiche e sociali del presente non gli impedisce di esprimere poesia e ironia, constatando che è meglio "lasciare il pessimismo per tempi migliori".
Non manca neppure la contestazione delle frange estreme, fra le quali spiccano le capigliature puntute dei punk: "Con il capitalismo non si può negoziare: occorre distruggerlo. Il Forum sociale mondiale vuole "umanizzare" il capitale, noi non siamo d'accordo: il capitalismo uccide, occorre uccidere il capitalismo" gridano i giovani ultrà durante la loro breve manifestazione, ma proposte su come agire, non ne danno nessuna.

Gli impegni dei parlamentari

Grande movimento di popolo, ma non solo. All'interno del Forum i parlamentari progressisti di vari paesi si trovano per stilare un documento di intenti, pronunciandosi sull'azione da svolgere nelle sedi parlamentari per promuovere politiche di reali cambiamenti sociali e ambientali. L'impegno è di "...favorire le istituzioni con finalità sociali, democratiche e ambientali... associandosi alle campagne per l'abolizione del debito del terzo mondo, l'istituzione della tassa Tobin, la fine dei paradisi fiscali, una profonda riforma dell'organizzazione mondiale del commercio e delle maggiori istituzioni finanziarie mondiali...".
Poi, in diretta, una video-conferenza tra il comitato organizzatore di Porto Alegre e alcuni rappresentanti del Summit finanziario di Davos. Improbabile confronto che dimostra che qualcosa si sta muovendo, veramente.

Un futuro comune

Il Forum chiude i lavori con una cerimonia breve, ma densa di significati. Rappresentanti dei diversi paesi sfilano lanciando propositi per continuare la lotta. Fra le altre, numerose donne presenti al forum, particolarmente applaudita Heve Ve Vonasini, la presidentessa dell'associazione delle Madri della Plaza de Majo: Poi la consegna di pietre scolpite con frasi significative che compongono un collage di dediche su pietra, che sarà montato in città. Particolare il momento delle comunità arabe. Insieme sul palco israeliani, palestinesi e libanesi lanciano gli auspici per una pace duratura. L'israeliano grida "basta all'occupazione della Palestina", tra gli applausi commossi della platea.
Accaldati, stanchissimi, i partecipanti si preparano ad andarsene alla spicciolata. Qualche chilo in meno e molti indirizzi in più sull'agenda. Soprattutto, entusiasmo e la coscienza di non essere soli. Lanciati già gli appelli per i prossimi appuntamenti di quest'anno: il 20 marzo in Messico per la marcia di protesta contro il Muro della Morte, dove i profughi messicani sono liquidati dalle guardie di frontiera nord americane, dal 16 al 21 aprile a Quebec (Canada) contro l'Alca (Area di Libero Commercio dell'America), all'inizio di luglio a Genova, in occasione del G8.
No, tutto questo non ha il sapore di una fine.

Il forum in numeri

20.000 partecipanti
4.702 delegati (di associazioni, movimenti, ong, sindacati)
117 paesi rappresentati
700 capi delle nazioni indigene
1.870 giornalisti accreditati
165 relatori internazionali
860 logisti
51 traduttori
50 addetti alla sicurezza
65 stand
104 mostre a pannelli

Fonte: Zero hora, quotidiano di Porto Alegre, 31 gennaio 2001

Volontari per lo sviluppo - Marzo 2001
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