di Angela Lano
Ketty è seduta in una delle sale d'attesa dell'ospedale Sant'Anna di Torino e aspetta
il suo turno per abortire. Fuori, in auto, c'è un uomo, probabilmente lo stesso che l'ha
portata in Italia dall'Albania per metterla subito in strada. Sembra una ragazzina,
nonostante il trucco che cerca di nasconderne l'età. I documenti, falsi, la dichiarano
maggiorenne, ma i medici non si fidano e si rifiutano di eseguire l'intervento. Ketty è
terrorizzata dal suo sfruttatore; deve abortire in ogni caso e in fretta, non può
rischiare di superare i tre mesi utili.
Il personale sanitario ricorre, allora, alla radiografia della mano che rivela che la
ragazza ha solo sedici anni. Si prostituisce da più di uno e l'aborto, per lei e per
tante altre, anche giovanissime, è un mezzo a cui rivolgersi spesso, nell'arco di poco
tempo, quasi fosse un metodo anticoncezionale.
"La tendenza alle facili interruzioni di gravidanza è un fenomeno
allarmante", avvertono le mediatrici culturali della cooperativa Nova Familia di
Torino, che lavorano nell'ospedale S.Anna a fianco delle donne straniere. "Qualcuna
arriva a sette-otto in pochi anni", sostiene Sara, nigeriana. "Tante sono
giovanissime e completamente ignoranti in fatto di sessualità e di prevenzione. Inoltre,
quasi il 10% è affetta da malattie sessualmente trasmissibili".
Pilota in ambito sanitario, l'azienda Oirm-S.Anna ha riconosciuto l'importanza della
mediazione culturale e, già dal '94, ne ha garantito il servizio. Inizialmente, con una
libanese, Kassida, mediatrice dell'associazione Alma Mater, a cui ha assegnato borse di
studio annuali. Da marzo di quest'anno ha stipulato una convenzione con le mediatrici
della neo-costituita cooperativa di servizi Nova Familia, formata da una decina di donne
provenienti dall'Africa, dal mondo arabo, dall'America Latina e dall'Europa dell'Est, che
assicurano la loro presenza giornaliera tra i degenti stranieri e il personale medico,
svolgendo attività di accoglienza (ricoveri ospedalieri di donne e bambini, degenze,
parti, interruzioni di gravidanza, ecc.), informazione igienico-sanitaria, assistenza. E
uno dei principali problemi che devono affrontare è proprio quello delle interruzioni di
gravidanza.
L'anno scorso, ad esempio, nei vari ospedali torinesi ne sono state effettuate oltre 700. Tantissime proprio tra le ragazze nigeriane e albanesi, prostitute allo sbaraglio nelle strade torinesi, che si ripresentano più volte, negli anni, per richiedere lo stesso intervento. "L'alta percentuale di aborti è spesso causata dall'inesperienza e dalle differenze culturali in materia di anticoncezionali.- spiega ancora Sara - In Nigeria, le donne che adottano metodi contraccettivi, sono abituate a farsi iniettare, ogni tre mesi, una forte dose di ormoni che inibiscono la gravidanza; dunque, qui trovano fastidiosa e, paradossalmente, pericolosa l'assunzione giornaliera della pillola. Bisogna dire, inoltre, che molte hanno rapporti non protetti con partners e clienti che rifiutano, anche con la violenza, l'uso del profilattico". Questo, tuttavia, non vale per le ragazze albanesi che hanno rapporti non protetti solo con i loro fidanzati-sfruttatori. "La maggior parte di loro sono giovanissime, con studi superiori alle spalle, illuse dal miraggio dell'amore e del benessere economico" racconta Irma, la mediatrice albanese in servizio negli ospedali Sant'Anna e Regina Margherita. "Per molte l'incubo della strada è passato attraverso il sogno di un matrimonio ricco e felice. Si ritrovano, invece, violentate, maltrattate, buttate sui marciapiedi e sfruttate, costrette più volte ad abortire; spesso, troppo spaventate per scappare e ricattate negli affetti familiari ..."
Ogni mese ne arriva una quindicina a richiedere l'interruzione di gravidanza. Dopo
l'intervento, le mediatrici le avvicinano per parlare loro di prevenzione sanitaria, di
contraccezione. Alcune chiedono aiuto per uscire dal giro e trovare casa e lavoro.
"'Mediatore' non significa solo "interprete" - spiegano le donne della
cooperativa Nova Familia - vuol-dire 'mediare' tra la propria cultura e quella del paese
ospite, assistere e rassicurare le donne immigrate. La nostra esperienza, maturata in anni
di volontariato, ci ha portate a comprendere come molte di loro siano all'oscuro di tutta
una serie di informazioni igienico-sanitarie importantissime per la loro salute: metodi
per il controllo delle nascite, prevenzione e cura delle malattie femminili, analisi
mediche durante la gravidanza, conoscenze sul parto e sull'allattamento, igiene del
neonato... Tutto ciò è conseguenza della mancanza di riferimenti familiari e sociali con
la madrepatria. Ecco, allora, che si rende necessario offrire loro strutture di
aggregazione e di collaborazione".
In alcuni momenti poi il lavoro della mediatrice è davvero duro. Come quando le ragazze
prostitute scoprono di avere l'Aids. È il caso di Karen, una ragazza di 18 anni,
infettata da uno dei suoi protettori. "Quando i medici le hanno spiegato che era
affetta dal virus HIV, non ha mostrato alcuna emozione, sembrava indifferente",
prosegue Irma. "Allora, temendo non avesse compreso, l'ho avvicinata io per tradurle
la diagnosi medica. Ma lei aveva capito benissimo: non voleva mostrare il proprio dolore
davanti a persone che considerava estranee. Con me, finalmente, è scoppiata a
piangere".
Negli ospedali e nelle a.s.l. torinesi è molto alta la percentuale di utenti stranieri, tra cui soprattutto donne e bambini. Al Sant'Anna e al Regina Margherita, i pazienti extra-europei toccano punte del 6-8%. Per questo l'amministrazione, sotto la direzione del dott. Luigi Odasso, si è resa particolarmente sensibile alle problematiche culturali, alle abitudini alimentari e alle tradizioni degli utenti immigrati che si rivolgono alla struttura materno-infantile. "A noi interessa offrire una buona assistenza ai malati, di qualsiasi nazione essi siano, anche se spesso i costi sono senza ritorno, dato che i loro governi si rifiutano di rimborsarci", afferma Odasso. Tra le iniziative in corso, imminente è la pubblicazione di un libretto di orientamento al servizio ospedaliero, educazione sanitaria e prevenzione, tradotto dalle mediatrici, in collaborazione con l'Ufficio relazioni con il pubblico, nelle lingue inglese, francese, arabo e albanese, e indirizzato al pubblico extracomunitario che deve orientarsi all'interno del complesso sistema sanitario italiano. Inoltre, verrà consegnato alle degenti musulmane che spesso rifiutano cibi di cui non conoscono i contenuti, perché temono di contravvenire alle norme alimentari coraniche, un pamphlet che spiegherà gli ingredienti presenti nel menù ospedaliero.
Volontari per lo sviluppo -
Novembre 1998
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