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Continua il viaggio tra i nuovi mestieri dell'Italia multiculturale

Accanto al medico, la "mediatrice"

All'ospedale ginecologico S. Anna di Torino l'8% delle donne ricoverate è straniera. I casi più comuni gli aborti, (oltre 700 all'anno); tutti di ragazze costrette.alla prostituzione. Ma da quest'anno una cooperativa di "mediatrici culturali" segue i loro casi, fornisce le informazioni sanitarie e, se possibile, le aiuta a uscire dal giro.

di Angela Lano

Ketty è seduta in una delle sale d'attesa dell'ospedale Sant'Anna di Torino e aspetta il suo turno per abortire. Fuori, in auto, c'è un uomo, probabilmente lo stesso che l'ha portata in Italia dall'Albania per metterla subito in strada. Sembra una ragazzina, nonostante il trucco che cerca di nasconderne l'età. I documenti, falsi, la dichiarano maggiorenne, ma i medici non si fidano e si rifiutano di eseguire l'intervento. Ketty è terrorizzata dal suo sfruttatore; deve abortire in ogni caso e in fretta, non può rischiare di superare i tre mesi utili.
Il personale sanitario ricorre, allora, alla radiografia della mano che rivela che la ragazza ha solo sedici anni. Si prostituisce da più di uno e l'aborto, per lei e per tante altre, anche giovanissime, è un mezzo a cui rivolgersi spesso, nell'arco di poco tempo, quasi fosse un metodo anticoncezionale.

Karen: sette aborti in due anni

"La tendenza alle facili interruzioni di gravidanza è un fenomeno allarmante", avvertono le mediatrici culturali della cooperativa Nova Familia di Torino, che lavorano nell'ospedale S.Anna a fianco delle donne straniere. "Qualcuna arriva a sette-otto in pochi anni", sostiene Sara, nigeriana. "Tante sono giovanissime e completamente ignoranti in fatto di sessualità e di prevenzione. Inoltre, quasi il 10% è affetta da malattie sessualmente trasmissibili".
Pilota in ambito sanitario, l'azienda Oirm-S.Anna ha riconosciuto l'importanza della mediazione culturale e, già dal '94, ne ha garantito il servizio. Inizialmente, con una libanese, Kassida, mediatrice dell'associazione Alma Mater, a cui ha assegnato borse di studio annuali. Da marzo di quest'anno ha stipulato una convenzione con le mediatrici della neo-costituita cooperativa di servizi Nova Familia, formata da una decina di donne provenienti dall'Africa, dal mondo arabo, dall'America Latina e dall'Europa dell'Est, che assicurano la loro presenza giornaliera tra i degenti stranieri e il personale medico, svolgendo attività di accoglienza (ricoveri ospedalieri di donne e bambini, degenze, parti, interruzioni di gravidanza, ecc.), informazione igienico-sanitaria, assistenza. E uno dei principali problemi che devono affrontare è proprio quello delle interruzioni di gravidanza.

Se la pillola fa paura

L'anno scorso, ad esempio, nei vari ospedali torinesi ne sono state effettuate oltre 700. Tantissime proprio tra le ragazze nigeriane e albanesi, prostitute allo sbaraglio nelle strade torinesi, che si ripresentano più volte, negli anni, per richiedere lo stesso intervento. "L'alta percentuale di aborti è spesso causata dall'inesperienza e dalle differenze culturali in materia di anticoncezionali.- spiega ancora Sara - In Nigeria, le donne che adottano metodi contraccettivi, sono abituate a farsi iniettare, ogni tre mesi, una forte dose di ormoni che inibiscono la gravidanza; dunque, qui trovano fastidiosa e, paradossalmente, pericolosa l'assunzione giornaliera della pillola. Bisogna dire, inoltre, che molte hanno rapporti non protetti con partners e clienti che rifiutano, anche con la violenza, l'uso del profilattico". Questo, tuttavia, non vale per le ragazze albanesi che hanno rapporti non protetti solo con i loro fidanzati-sfruttatori. "La maggior parte di loro sono giovanissime, con studi superiori alle spalle, illuse dal miraggio dell'amore e del benessere economico" racconta Irma, la mediatrice albanese in servizio negli ospedali Sant'Anna e Regina Margherita. "Per molte l'incubo della strada è passato attraverso il sogno di un matrimonio ricco e felice. Si ritrovano, invece, violentate, maltrattate, buttate sui marciapiedi e sfruttate, costrette più volte ad abortire; spesso, troppo spaventate per scappare e ricattate negli affetti familiari ..."

Il ruolo delle "mediatrici"

Ogni mese ne arriva una quindicina a richiedere l'interruzione di gravidanza. Dopo l'intervento, le mediatrici le avvicinano per parlare loro di prevenzione sanitaria, di contraccezione. Alcune chiedono aiuto per uscire dal giro e trovare casa e lavoro. "'Mediatore' non significa solo "interprete" - spiegano le donne della cooperativa Nova Familia - vuol-dire 'mediare' tra la propria cultura e quella del paese ospite, assistere e rassicurare le donne immigrate. La nostra esperienza, maturata in anni di volontariato, ci ha portate a comprendere come molte di loro siano all'oscuro di tutta una serie di informazioni igienico-sanitarie importantissime per la loro salute: metodi per il controllo delle nascite, prevenzione e cura delle malattie femminili, analisi mediche durante la gravidanza, conoscenze sul parto e sull'allattamento, igiene del neonato... Tutto ciò è conseguenza della mancanza di riferimenti familiari e sociali con la madrepatria. Ecco, allora, che si rende necessario offrire loro strutture di aggregazione e di collaborazione".
In alcuni momenti poi il lavoro della mediatrice è davvero duro. Come quando le ragazze prostitute scoprono di avere l'Aids. È il caso di Karen, una ragazza di 18 anni, infettata da uno dei suoi protettori. "Quando i medici le hanno spiegato che era affetta dal virus HIV, non ha mostrato alcuna emozione, sembrava indifferente", prosegue Irma. "Allora, temendo non avesse compreso, l'ho avvicinata io per tradurle la diagnosi medica. Ma lei aveva capito benissimo: non voleva mostrare il proprio dolore davanti a persone che considerava estranee. Con me, finalmente, è scoppiata a piangere".

I referti in arabo e albanese

Negli ospedali e nelle a.s.l. torinesi è molto alta la percentuale di utenti stranieri, tra cui soprattutto donne e bambini. Al Sant'Anna e al Regina Margherita, i pazienti extra-europei toccano punte del 6-8%. Per questo l'amministrazione, sotto la direzione del dott. Luigi Odasso, si è resa particolarmente sensibile alle problematiche culturali, alle abitudini alimentari e alle tradizioni degli utenti immigrati che si rivolgono alla struttura materno-infantile. "A noi interessa offrire una buona assistenza ai malati, di qualsiasi nazione essi siano, anche se spesso i costi sono senza ritorno, dato che i loro governi si rifiutano di rimborsarci", afferma Odasso. Tra le iniziative in corso, imminente è la pubblicazione di un libretto di orientamento al servizio ospedaliero, educazione sanitaria e prevenzione, tradotto dalle mediatrici, in collaborazione con l'Ufficio relazioni con il pubblico, nelle lingue inglese, francese, arabo e albanese, e indirizzato al pubblico extracomunitario che deve orientarsi all'interno del complesso sistema sanitario italiano. Inoltre, verrà consegnato alle degenti musulmane che spesso rifiutano cibi di cui non conoscono i contenuti, perché temono di contravvenire alle norme alimentari coraniche, un pamphlet che spiegherà gli ingredienti presenti nel menù ospedaliero.

Volontari per lo sviluppo - Novembre 1998
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