COMPAGNIA TEATRALE
Viartisti Teatro
SCHEDE
SPETTACOLI
MARTEDÌ 15 E MERCOLEDÌ 16 DICEMBRE 1998 ORE
21.00
IL COLORE DELLE LACRIME
VENERDÌ 15 E SABATO 16 GENNAIO 1999 ORE
21.00
LA DISCESA
MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 1999 ORE 20.30
C O R P O D
I S T A T O con Marco Baliani
DOMENICA 7 FEBBRAIO 1999 ORE 10.30
QUI GATTO CI COVA - cortometraggio
DOMENICA 7 FEBBRAIO 1999 ORE 16.30
E FORTUNATA IMPARÒ A VOLARE
MERCOLEDÌ 10 FEBBRAIO 1999 ORE 21.00
CANZONETTE VAGABONDE
con Maddalena Crippa
VENERDÌ 12 FEBBRAIO 1999 ORE 21.00
SABATO 13 FEBBRAIO 1999 - ORE 20.30
IL BICCHIERE DELLA STAFFA
VENERDÌ 12 FEBBRAIO 1999 ORE 21.00
SABATO 13 FEBBRAIO 1999 ORE 20.30
Prima Nazionale - Piccolo Teatro Perempruner
PROFUMO DI GIGLI regia di Pietra Selva
Nicolicchia
da "Con quelle idee da canguro" di MICHELE
PERRIERA
MARTEDÌ 16 FEBBRAIO 1999 ORE 21.00
I O con Antonio Rezza
MERCOLEDÌ 17 FEBBRAIO 1999 ORE 20.30
VENERDÌ 19 E SABATO 20 FEBBRAIO 1999 ORE 21.00
1 9 4 5
GIOVEDÌ 18 FEBBRAIO 1999 ORE 20.30
LE MANI DI PAUL CELAN con Valter
Malosti
DATA DA DESTINARSI
COMETE
MERCOLEDÌ 3 E GIOVEDÌ 4 MARZO 1999 ORE
21.00
Prima Nazionale - Piccolo Teatro Perempruner
IL MONDO NUOVO - regia di Roberto
Zibetti
VENERDÌ 5 MARZO 1999 ORE 20.30
E C O
SABATO 6 MARZO 1999 ORE 21.00
DEI LIQUORI FATTI IN CASA
regia di Gabriele Vacis, con Beppe Rosso
VENERDÌ 12 E SABATO 13 MARZO 1999 ORE 21.00
LE TENTAZIONI
DA GIOVEDÌ 18 A DOMENICA 21 MARZO 1999 ORE
21.00
Studio da
"IL CERCHIO DI GESSO DEL
CAUCASO"
SABATO 27 MARZO 1999 ORE 21.00
UNA DIVINA DI PALERMO
SABATO 10 APRILE 1999 ORE 21.00
CONCERTO PER VOCE,
VIOLONCELLO E DANZATRICE
SABATO 17 APRILE 1999 ORE 21.00
DOMENICA 18 APRILE 1999 ORE 16.00
L'UOMO DAL FIORE IN BOCCA
MARTEDÌ 20 APRILE 1999 ORE 21.00
QUANTO È ANTICA QUESTA NOVITÀ
MARTEDÌ 15 E
MERCOLEDÌ 16 DICEMBRE 1998 ORE 21.00
I Magazzini di Fine Millennio
presentano
IL COLORE DELLE LACRIME
di FRANCESCO SILVESTRI
diretto e interpretato da Francesco
Silvestri
musiche di Linda Gambardella
costumi di Pasquale Mellone
luci di Riccardo Cominotto
foto di Roberto di Bello
assistente alla regia Massimo Avolio
segreteria organizzativa Filomena
Toscano
organizzazione generale Salvatore
Cipolletta
Il Piccolo Teatro
Perempruner riapre il proprio sipario, dopo i primi tre mesi di attività, inaugurando la
nuova stagione 1998/99 con un monologo inedito per Torino: "Il colore delle
lacrime", diretto e interpretato da Francesco Silvestri, nellambito della ormai
consolidata rassegna "La scena dellattore", in collaborazione con il Prof.
Filippo Bettini dellUniversità di Roma. La compagnia Viartisti Teatro ha preparato
una stagione sicuramente ricca, che vede attori di fama nazionale recitare sul palco del
Perempruner: Maddalena Crippa, Marco Baliani, Francesco Silvestri, per fare soltanto
alcuni nomi. Merito di una scelta accurata e precisa da parte di Pietra Selva Nicolicchia,
direttore artistico del Piccolo Teatro Perempruner di Grugliasco.
Il primo spettacolo sarà quindi "Il colore delle
lacrime", otto storie brevi di varia umanità partenopea, raccontate da un bravissimo
Silvestri in italiano e napoletano. Otto monologhi nei quali i personaggi, uomini, donne,
bambini e vecchi, raccontano la propria vita, a volte segreti inconfessabili, se non in un
altrove spaziale, vuoto e solitario, altre volte, semplici momenti di vita quotidiana
mostrati nella loro naturalezza, tanto da trasformarsi in frammenti assolutamente
"straordinari". |
|
Ritratti dalle
ridotte dimensioni dove, ancora una volta, la parola - napoletana e italiana, urlata e
sussurrata, comica e drammatica, detta e cantata la fa da padrona e ad essa sarà
affidato l'intero potere evocativo dell'atto teatrale, un teatro, questo, che non ha
bisogno di effetti speciali per scuotere ed emozionare.
"Le lacrime della morte sono nere, ma non perché
è brutta, sono nere e basta, quelle della vita sono bianche, ma non perché è bella,
sono bianche e basta". Questi i versi conclusivi dello spettacolo, semplici e di
grande effetto. Il lavoro di Silvestri affronta anche il tema della diversità, sfiorando
a tratti il grottesco. Una tragicommedia surreale, nella quale lo spettatore è indotto al
riso, ed immediatamente dopo a fare considerazioni amare sulla realtà.
"Il colore delle lacrime mette in scena alcuni
brani autoconclusivi così li definisce lo stesso Silvestri tratti
dai miei testi, con qualche inedito ed alcune sorprese per Grugliasco. Si tratta dunque di
uno spettacolo modulare, mai uguale a se stesso". In ogni piazza infatti la messa in
scena è diversa e alcuni brani vengono inseriti a seconda delle esigenze. |
VENERDÌ 15 E
SABATO 16 GENNAIO 1999 ORE 21.00
Il Mutamento-Zona Castalia
Associazione di Cultura Teatrale
presenta
LA DISCESA
regia Fay Prendergast
con
Gabriella Dario, Silvia Iannazzo
Perché fare uno
spettacolo sullantico mito sumero? In esso si narra del viaggio e della morte di una
grande dea, Inanna, nel regno della sorella ctonia, seguito dalla resurrezione e dal
ritorno grazie allintervento della fedele serva Ninshubur e di Enki, dio della
saggezza.
Il primo motivo è sicuramente la bellezza e
loriginalità di questo racconto (le più conosciute discese agli inferi della
nostra tradizione sono sempre compiute da dei o eroi maschi), narrato in un linguaggio
arcaico, ricco di ripetizioni quasi rituali, scarno e nello stesso tempo ricco di
metafore.
Un secondo motivo nasce dal contenuto altamente
simbolico di questa storia, che è stata usata infatti come una metafora della discesa
nellinconscio attraverso il rapporto analitico e come mappa di cura del trattamento
della depressione.
Non ultimo spunto è certamente il desiderio di
sperimentarsi in un progetto di narrazione a due, con le attrici che fanno la parte di
uno, due o tutti i personaggi, misurandosi anche in una ricerca musicale e vocale che il
testo, così ricco di echi e iterazioni, permette e anzi stimola.Ma cè di più.
Cè sicuramente qualcosa che va al di là di queste motivazioni intellettuali e
artistiche. Cè il fascino del mito. Cè larchetipo che chiama. |
|
Inanna è la dea
più grande e più bella, è una dea forte e piena di vitalità, che congiunge in sé le
doti conturbanti di una femminilità piena con le qualità di indipendenza guerriera che
in seguito apparterranno soltanto al maschile. Perché sceglie di spogliarsi di ogni
prerogativa per discendere nel pericoloso regno di Ereshkigal, la sorella oscura e
sofferente? Ella sa a cosa va incontro, dal momento che istruisce la fedele Ninshubur su
come lottare per venirle in soccorso. Perché si sottopone a questa prova? Su questo punto
il mito, nelle sue varie versioni, non è affatto chiaro. I motivi sono diversi, ma
nessuno sembra veramente valido e pregnante.
Inanna va a recuperare il suo potere, che le nascenti
divinità maschili (nascenti da lei) le stanno portando via? Ma quale sia questo
potere la storia non lo dice.
Forse si tratta di ritrovare la radice della propria
forza, quella che nasce dal dolore; forse si tratta di conoscere la propria metà oscura,
quella che è occultata agli occhi del mondo. Forse è lincontro con la propria
ombra. Forse è lesperienza dellannientamento, della morte, che dà un senso
poi alla rinascita.
Ovviamente tutte queste domande non possono ricevere
una risposta chiara e definitiva. Certamente non a priori, prima di avere intrapreso il
viaggio, un bel viaggio teatrale nelle acque misteriose di questo antichissimo mito. |
MERCOLEDÌ 20
GENNAIO 1999 ORE 20.30
casa degli alfieri
presenta
C O R P O D I S T A T O
Il delitto Moro: una generazione divisa
di e con Marco Baliani
regia di Maria Maglietta
collaborazione drammaturgica: Alessandra
Ghiglione
In collaborazione con Raidue, Trickster
Teatro
|
9 maggio
1978: a Cinisi, in Sicilia, la mafia mette a tacere la libera voce di Peppino Impastato. |
|
9
maggio1978: a Roma, nel portabagagli di una Renault 4, i terroristi fanno ritrovare il
corpo senza vita di Aldo Moro. |
Dal terrorismo alla mafia, dalla capitale a
Cinisi: lattore-narratore Marco Baliani evoca per immagini, con un ritmo incalzante,
gli ultimi istanti di vita di Aldo Moro e li mette a confronto con quelli di Peppino
Impastato, due uomini uniti da un tragico destino.
Così il narratore introduce gli spettatori in quello
che sarà il suo personale percorso dentro gli anni Settanta, a partire dai 55 giorni
della prigionia di Moro, momento culmine e lacerante di unintera generazione.
Episodi ed esperienze di quel periodo, tra vita privata
e Storia, momenti significativi per comprendere lo stato danimo dellio
narrante, ma anche il clima di quei giorni, il paesaggio urbano, le contraddizioni, i
conflitti in atto. Così si tesse, attraverso una personale memoria, larazzo visivo
di quei tragici giorni. Il tutto senza mai perdere il filo del rapimento Moro, ma
conservando un andamento atemporale, analogico, di cosa che ne richiama unaltra.
In questo modo la vicenda Moro diventa una via per
parlare di una generazione e di un progetto storico decisivo, sempre a partire da un io
narrante che si racconta, si apre, anche dolorosamente, fa sua la vicenda, si interroga
attraverso brevi racconti, digressioni, chiamando lo spettatore a riflettere con lui.
Dopo il debutto in diretta televisiva su Rai Due, il 9
maggio scorso, dai Fori Imperiali a Roma, lo spettacolo è stato ripreso per essere
portato in teatro. E lo spazio teatrale ha consentito di riconsiderare il respiro più
ampio che ha il tempo in teatro. Nella struttura già configurata si sono aperti spazi di
approfondimento e il disegno dramma- turgico si è ridefinito. Questione di secondi a
volte o di minuti, indugiare su una domanda di non facile risposta, poter ritornare su
certi concetti condividendo con lo spettatore quel tempo. |
|
Note di regia
Lavoro da 25 anni con Marco Baliani. Nella nostra idea
di teatro c'è una stretta relazione fra i vari elementi che compongono e determinano la
creazione teatrale. Si delinea un'ipotesi drammaturgica, spesso preceduta da una ricerca
letteraria, tematica; in forma di canovaccio, di domande che il regista pone, di
improvvisazioni, questo materiale viene passato all'attore, lievita, ritorna, nello
scambio continuo sviluppa strade possibili. Comincia così a disegnarsi una possibile
"mappa", così la chiama Marco, fatta di crocicchi, luoghi da visitare,
territori ancora da esplorare e soprattutto strade diverse tutte possibili per raggiungere
luoghi individuati. Lo spettacolo che ne scaturisce è una delle strade segnate per
percorrere luoghi tematici che si vogliono visitare. [
]
Dirigere un narratore in un racconto è cosa diversa
che dirigere un attore in un monologo. [
] Allora la funzione del regista in quella
parte che riguarda la direzione dell'attore, è qualcosa che assomiglia a far volare un
aquilone: bisogna corrergli dietro, stare insieme a lui col vento per farlo volare più
alto, tenere un filo sottile che possa richiamarlo a terra se necessario, per evitare che
si impigli o si perda.
Maria Maglietta |
Teatro ed impegno
civile
PROGETTO SCUOLE GABBIANELLA
a cura di "La Lanterna Magica"
con il contributo di Regione Piemonte,
Provincia di Torino, Città di Torino
DOMENICA 7
FEBBRAIO 1999
La gabbianella e il gatto,
il valore delle diversità,
fare cinema, fare teatro
con i ragazzi
ORE 10.30
Proiezione del cortometraggio
realizzato dai bambini
delle scuole elementari "Colonna e Finzi" e "Raineri"
di San Salvario, realizzato dal laboratorio comunale "MILLELIRE"
QUI GATTO CI COVA
ORE 16.30
La Lanterna Magica presenta
E FORTUNATA IMPARÒ A VOLARE
da "Storia di una
gabbianella
" di Luis Sepùlveda
regia di Pietra Selva Nicolicchia
con
la Scuola Media Lorenzo il Magnifico di
Torino
e la Scuola di Teatro Viartisti di
Settimo T.se
Lo spettacolo si rappresenterà
presso la sala "Laboratorio delle
idee" del Sermig - Arsenale della pace
in piazza Borgo Dora, 61 a Torino
si ringrazia per la preziosa
collaborazione il professor Salvatore Tripodi
della Scuola Media StataleLorenzo il Magnifico
di Torino
Seminario con esperti e artisti
partecipa Mercedes Bresso, presidente della Provincia di
Torino
I bambini della
scuola media statale Lorenzo il Magnifico, classe seconda A, insieme agli attori della
scuola di teatro di Settimo T.se lavoreranno alla costruzione di una particolarissima
messa in scena del famoso testo di Sepùlveda, partendo dallaltrettanto famosa
sceneggiatura di Enzo dAlò e Umberto Marino.
Dopo un laboratorio teatrale durato sei mesi, che ha
avuto lo scopo di far conoscere il teatro, di fare emergere le potenzialità espressive
dei piccoli allievi e di creare una sorta di identità di gruppo, in cui i bambini si
percepivano soli con i loro malesseri, |
|
abbiamo cominciato
a lavorare sul testo con una grande scommessa: fare interagire età e identità etniche e
culturali diverse, far nascere lo spettacolo dai bambini e con i bambini; puntare su una
lettura che dal vissuto e dalle storie dei bambini ci è stata suggerita.
Ricordare che i rifiuti sono anche "rifiuti
umani": bambini ai margini del mondo. Senza abbandonare la dimensione
dellavventura e della favola, vorremmo che il problema della diversità,
dellecologia, dellamore, calasse sul fondo, dove sopravvivono e sognano
piccole bande. |
MERCOLEDÌ 10
FEBBRAIO 1999 ORE 21.00
LA CONTEMPORANEA '83
presenta
MADDALENA CRIPPA
in
CANZONETTE VAGABONDE
Canzoni tra Italia e Germania
a cura di Cristina Pezzoli
con il Trio Gardel:
Alessandro Nidi
|
pianoforte e direzione musicale
|
Massimo Ferraguti
|
clarinetto
|
Fulvio Redeghieri
|
fisarmonica
|
Un concerto dal vivo, il
primo atto in tedesco il secondo in italiano, un'antologia di canzoni tra gli anni '20 e
'40. Una serata di atmosfere vagabonde, sensuali, divertite e raffinate, dove un
pianoforte, un clarinetto e una fisarmonica flirtano con Maddalena: una corrente di
seduzione coinvolge il pubblico nella complicità delle memorie e del sentimento
|
|
Breve rassegna
stampa
"
ispirazione, allegria, ironia e ritmo di
tenuta spettacolare". Enrico Fiore Il Mattino "
dalle atmosfere sensuali del cabaret tedesco al
canzoniere italiano degli anni trenta. Una Crippa bilingue, perfetta Marlene Dietrich che
riesce a suscitare grandi emozioni". Antonella Piperno La Repubblica.
"Maddalena Crippa in bellezza, eleganza e fascino
mitteleuropeo". Rita Sala Il Messaggero. |
|
Lo spirito? Non è
quello di un recital, malgrado le apparenze. Vorrei piuttosto che il pubblico spiasse ciò
che avviene in un night quando si sono fatte le ore piccole, quando il locale sè
vuotato, e restano solo le luci di servizio, e a indugiare ancora un po è solo una
(bella?) donna che si diletta a parlare con un pianista, e il tempo sembra che si fermi, e
prende man mano vita un dialogo sensuale, un gioco di linguaggi seduttivi che affiorano da
canzoni antiche, da ricordi di atmosfere. Non sarà un cantare per cantare.
Le espressioni vocali e musicali dovrebbero evocare
altro, unintimità, unarte femminile della solitudine e della malìa, una
morbidezza, una nostalgia anche per ciò che non abbiamo vissuto ma ci è stato
tramandato.
E cè di mezzo il mondo semplice ma suggestivo,
per intenderci, di tutto un ampio repertorio che va a braccio con "Non dimenticar le
mie parole", più o meno frugando dagli anni 20 ai 40; metà brani
italiani metà brani tedeschi, genere canzoni-canzonette vagabonde. |
|
Le
scelte. Alcune sono mie, ma alcune risalgono alle predilezioni di mia nonna, e questo mio
spettacolo musicale è un contributo alla memoria di un tempo che non ho conosciuto ma mi
è stato fatto amare dalle voci di famiglia. Non proverò a rifarne il verso. Mi
dedicherò alla campionatura del Belpaese e a un corrispettivo canzoniere tedesco
dellepoca (dove aleggiava, di solito, un clima più impudente, uno charme più
sofisticato) con le mie maniere, i miei mezzi, la mia natura.
Con lintenzione di rivivere cose perdute e mai
godute di persona, cose ad ogni modo sollecitanti e divertenti, e magari ancora un
po intriganti. |
Maddalena
Crippa
VENERDÌ 12
FEBBRAIO 1999 ORE 21.00
SABATO 13 FEBBRAIO 1999 - ORE
20.30
TEATRO TEATÉS
presenta
IL BICCHIERE DELLA STAFFA
di H. PINTER
regia di Michele Perriera
con
Giuseppe Pulvirenti, Serena Barone,
Ignazio Romeo, Sabrina Petyx
Uno dei minidrammi politici
dell'ultimo Harold Pinter viene rielaborato e messo in scena in chiave
"mediterranea" da Michele Perriera, scrittore, drammaturgo e regista siciliano,
direttore della collana di teatro della casa editrice Sellerio, che ha pubblicato molte
delle sue opere.
Il bicchiere della staffa (titolo originale One for the Road) è uno dei testi in cui si
manifesta più esplicitamente l'impegno e la carica civile di Pinter, attraverso il tema
più ricorrente nella sua opera: la violenza. La storia narra di un aguzzino alle prese
con una famiglia di oppositori al regime, di qualsiasi regime violento e autoritario si
tratti. Il testo è giocato su un personaggio centrale, una specie di ossesso del potere,
un freddo torturatore, lucido nella sua feroce follia.
La sequenza si svolge nei dialoghi/monologhi che il carceriere ha con i tre componenti di
una famiglia di antagonisti al regime: marito, moglie e figlia. Nell'arco dei 45 minuti
dello spettacolo, durante i tre incontri giocati con interminabile ipocrita loquacità dal
protagonista, si sviluppa la perversione del controllo e della violenza che ha il suo
culmine nel finale a sorpresa della pièce.
Il massacro
narcisistico
La violenza scopre la sua vera essenza
nella chiarezza con cui si manifesta fisicamente. E questa vera essenza è odio del corpo
dell'altro. Dell'altro come diverso da sé, come irriducibile al proprio corpo e dunque
alle proprie idee, alla propria ideologia, alla propria feroce vocazione a possedere il
mondo.
La violenza non è che la manifestazione della propria paura di non avere tutto il Potere.
Allo stesso modo in cui la civiltà è, nel suo fondo più luminoso, accettazione di
dividere il potere con tutti gli altri. La violenza è perciò erotismo perverso e
spettacolarizzazione della propria aspirazione a sostituire Dio, a radicare Dio in se
stessi, nell'atto in cui si castiga l'altro in quanto altro.
È bene non illudersi: questa specie di teologia dell'io - o della propria parte- si cela
in ognuno di noi e la civiltà è proprio questo, togliere al nostro gesto la presunzione
divina.
La stessa "parola gentile" è spesso guardinga e ipocrita seduzione che sa
tenere segreta la sua sete sanguinaria: come la Gestapo, la CIA o il KGB si sono celati e
si celano dietro l'entusiasta o "ragionevole" adulazione delle folle. Ma è bene
non illudersi: nel passato e nel presente, mentre il potere visibile ci invita ad un
abbraccio, il potere invisibile - nel chiuso di una stanza, di un carcere, di un ufficio,
di un'aula, di un sapere stesso - sta scoprendo la sua selvaggia violenza corporale, la
sua mostruosa indecenza vessatoria; almeno fino a quando la
|
|
civiltà
non sarà misura dell'anima, prima ancora che legge dello Stato e fino a quando esisterà
un essere animato che non vorrà piegare la propria innocenza alle innumerevoli viltà che
il vivere politico e sociale, ancora (talvolta nelle migliori famiglie) spesso pretende.
Che si chiami "servizio segreto" o mafia o finanziere o capo del partito o bullo
o funzionario, la libidine del "qui comando io" ci può ubriacare e devastare
ogni giorno se non impariamo ad accettare la fievolezza del nostro destino e del destino
altrui.
Nel Bicchiere della staffa Pinter mette acutamente in relazione la violenza con
l'intelligenza, mostrando che quest'ultima non ci protegge dalla miseria morale e anzi ne
esalta l'orrore quando all'aggressivo narcisismo fisico si accoppia il demoniaco
narcisismo verbalistico. Nel metterlo in scena - condividendo con Pinter la volontà di
rendere questa volta lineare la denuncia civile - ho spinto la violenza verbale e fisica
oltre i limiti della fredda severità dell'autore inglese, rendendo il gesto e la parola
ancor più famelici e demoniaci di quanto il testo forse non prevedesse. Ho reso
mediterraneo, meridionale, surreale il delirio di potenza. Tentando così di rendere più
plastica e rituale la maledizione che è insita in ogni oppressione. E tentando perciò di
alludere non solo al totalitarismo politico di ogni genere, ma al totalitarismo dell'io,
che si nasconde in ognuno di noi, nel nostro incubo di non avere "successo".
Michele Perriera |
VENERDÌ 12
FEBBRAIO 1999 ORE 21.00
SABATO 13 FEBBRAIO 1999 ORE
20.30
Prima Nazionale - Piccolo Teatro
Perempruner
Compagnia Viartisti Teatro
presenta
PROFUMO DI GIGLI
da "Con quelle idee da
canguro" di MICHELE PERRIERA
regia di Pietra Selva Nicolicchia
con Gloria Liberati e Antonio Tamburrano
Il testo di Perriera è
fulminante, colpisce profondissimo, scuote i sensi come il profumo ammaliante di certi
fiori carnivori.
La storia ci conduce, in unatmosfera ieratica e
piena di malìa, al volto nascosto delleros, al rimosso aspetto sacrificale della
cultura. La giustizia della crudeltà si presenta come estrema, ironica metafora della
necessità di farsi carico dellaspetto iniquo, reietto della nostra civiltà.Avevo
visto Il bicchiere della staffa di H. Pinter, diversi anni fa a Palermo, nella
particolare lettura che Michele Perriera, mio maestro, ne |
|
aveva fatto, e la bellezza
cruda e dolente della messa in scena mi aveva scosso profondamente. Il rifiuto della
violenza, della tortura, il disagio di fronte alla pervicace volontà di dominio erano,
prima ancora che razionali e meditati pensieri, fatto fisico, malessere del cuore verso
ogni abuso. Non poteva mancare, quindi, questa pièce in una rassegna sull'impegno civile.
Non poteva mancare un pezzo di così forte teatralità. E mi è sembrato affine, nella sua
assoluta diversità, il breve racconto di Michele, che ho intitolato Profumo di gigli,
tratto dal suo bellissimo libro "Con quelle idee da canguro". |
Pietra Selva
Nicolicchia
MARTEDÌ 16
FEBBRAIO 1999 ORE 21.00
TEE TEATRO STABILE DELLE MARCHE
presenta
I O
con ANTONIO REZZA
spettacolo a più quadri
di Antonio Rezza e Flavia Mastrella
Noi, coppia
vagante e stravagante, danno alla luce Io, figlio lunato e stralunato.
Il radiologo esaurito fa le lastre sui cappotti dei
pazienti mentre un essere impersonale oltraggia i luoghi della provenienza, ansimando su
un campo fatto a calcio.
Io cresce inumando e disumano, inventando lavatrici e
strumenti di quieto vivere.
Il radiologo spossato avvolge un neonato con
laffetto della madre, un individualista piega lenzora a tutto spiano fino a unirsi
ad esse per lasciare tracce di seme sul tessuto del lavoro.
Tre persone vegliano il sonno a chi lo sta facendo
mentre il piegatore di lenzora appesantito dal suo stesso seme, scivola sotto lacqua
che si fa doccia e dolce zampillare.
Io mangia la vita bevendo acqua rotta che è portavoce
dellamaro nascere, il piegatore di lenzora parte per la galassia rompendo
lidillio con il tessuto amato.
Si gioca alloca, parte il dado di sottecchio, Io
si affida alla bellezza del profilo per passare sotto infissi angusti.
Ogni tanto un torneo, un uomo che cimenta in imprese
impossibili ma rese rare dalla sua enfasi, un ufo giallo scrutante esseri e parole, un
visionario vede vulva nelle orecchie altrui. |
|
E Io,
affacciato sul mondo terzo dove scopre che, tra piaghe e miseria, serpeggia
lappetito non supportato dalla tavola imbandita.
Infine la catastrofe: Io si ridimensiona
Come poco innato tra clamori e vanto, così lidea
dellinventiva porta la mente a vita duratura.
Anche questo allestimento si avvale dei quadri di scena
o teli intesi come arte.
Le scene sono coinvolte completamente nellazione
drammaturgica, la struttura è di metallo sottile, sostiene i teli che, disposti in vari
piani, risentono del movimento del corpo
tutto barcolla.
Il colore dei quadri si espande, il metallo si insinua
nella stoffa, i cambiamenti di scena frequenti rinnovano in continuazione l'andatura
cromatica. Il giallo, il rosso, il blu di vari tessuti intensità rispondono in modo
diverso alla luce che ne esalta inoltre le diversità della trama.
I verdi in velo, i bianchi di seta, rete o traforati,
compatti o trasparenti coprono il corpo rivelandone i contorni; i quadri mutanti hanno
vita breve e vengono abbandonati in terra formando macchie colorate sparse in un mondo
buio.
La simmetria non esiste, le forme giocano in verticale,
i personaggi siano essi solitari o raggruppati, risultano sempre simpatici e vittime di
un'agglomerazione. |
Antonio Rezza
MERCOLEDÌ 17
FEBBRAIO 1999 ORE 20.30
VENERDÌ 19 E SABATO 20 FEBBRAIO
1999 ORE 21.00
Compagnia Viartisti Teatro
presenta
1 9 4 5
Scrittura drammaturgica di Pietra Selva
Nicolicchia e Vilma Gabri
da testi di P. Calamandrei, P.Gobetti,
A. Gramsci, P. Levi, N. Revelli
"Discorsi" di Mussolini,
poesie di T. S. Eliot e di P. Jahier
testi drammaturgici di Michele
Perriera
regia di Pietra Selva Nicolicchia
con
Barbara Alberto, Patrizia Alì,
Francesca Ardesi, Valentina Bartolo, Marilena Carpino, Pierpaolo Congiu, Angelo Di Vito,
Marlena Fontemagi, Adriana Franco, Savino Genovese, Cristina Giacobino, Saveria Mangiola,
Paolo Marin, Marco Mazza, Emanuela Pepe, Stefano Pisano, Michela Puccio, Sonia Riggio,
Raffaella Tomellini, Antonio Villella.
Lo spettacolo
"1945" è lesito di una riflessione intorno al teatro: può la scena
affrontare argomenti così prettamente storici e politici senza perdere le sue qualità
più ambigue e profonde e senza che, daltra parte, la finzione non trasformi in
forme didascaliche e commemorative drammi crudi e complessi come quelli della Resistenza e
della Guerra?
Eppure lorigine del teatro, la tragedia greca, è
stata proprio questa magia. Il teatro greco è forse, in una forma molto particolare, un
teatro "politico". |
|
La comunità si
riconosceva in quellevento che pure non forniva risposte ma, semmai, apriva ferite,
consegnava allo spettatore uno sguardo perturbante e complesso.
È riandando a quella scena, a quella teatralità, che
abbiamo accostato testi di Gobetti a poesie di Eliot o al teatro di un contemporaneo come
Perriera.
Ed è pensando alla possibilità di evidenziare
lincredibile cogenza e attualità di riflessioni, immagini, vissuti, comportamenti
di straordinaria intensità profetica e morale, che abbiamo voluto costruire
"1945". |
Pietra
Selva Nicolicchia
GIOVEDÌ 18
FEBBRAIO 1999 ORE 20.30
TEATRO DI DIONISO
presenta
LE MANI DI PAUL CELAN
con Valter Malosti
e Furio Di Castri
dallopera poetica di PAUL CELAN
per voce e contrabbasso
Drammaturgia Valter Malosti
Musiche originali Furio Di Castri
Suono e luci Francesco Comazzi
Questo lavoro
prosegue idealmente la nostra ricerca sul rapporto tra poesia e teatro.
Dopo Emily Dickinson e Hölderlin affrontiamo ora la complessa opera di Paul Celan con
tutta lansia e la pazienza richieste da un primo incontro. Il punto di partenza è
settoriale, seguendo la suggestione di un grande amico scomparso, Fernando Mencherini, che
voleva mettere intorno a queste parole "un piccolo coro a cappella che si lamenta,
urla, batte le mani" mentre io dovevo "cambiare le lettere dellalfabeto
tra le dita dei piedi, sempre ingennaiato". Le mani. Questa era una delle
parole topiche che Fernando aveva scoperto nella poesia di Celan. E avevamo cominciato a
selezionare liriche in cui si incontravano mani, dita, pugni, braccia.
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Mani che amano, che si
rincorrono. E poi metamorfosi delle mani: meteoropatiche mani, in preghiera, portatrici di
nomi cuciti sotto la pelle, mani che sfiorano un membro, dita diventate remi, collari di
mani, mani dove nascono misteri e stelle, vagabonde mani, dita che schioccano nell'abisso.
Parole strappate al silenzio.
Da qui riparto con uno straordinario compagno di viaggio: Furio Di Castri. Con il
suo contrabbasso andremo a cercare Voci, Echi, Visioni, Corpi.
Lossatura del lavoro è costituita da Il Meridiano, discorso tenuto da Celan
in occasione del conferimento del premio Büchner, su cui si innesterà il materiale
poetico, a volte raccolto in forma di suite. Mettiamoci in attesa e ascoltiamo. |
I miei versi sono
Un messaggio in una bottiglia
Gettato in mare con la speranza
Che esso possa approdare un giorno,
Chissà dove, ad una terra,
Forse alla terra del cuore.
Paul Celan |
DATA DA DESTINARSI
Compagnia Viartisti Teatro
presenta
COMETE
tratto da "Listruttoria"
di PETER WEISS
scrittura drammaturgica e regia
Pietra Selva Nicolicchia
con
Gloria Liberati, Mauro Stante, Luisa
Ziliotto, Vilma Gabri, Barbara Alberto, Francesca Ardesi, Marilena Carpino, Pierpaolo
Congiu, Angelo Di Vito, Saveria Mangiola, Stefano Pisano, Sonia Riggio, Raffaella
Tomellini, Antonio Villella
luci Francesco DellElba
Lo spettacolo si sviluppa
attorno allidea centrale di una festa di ragazzi che coinvolge ben presto anche il
pubblico, chiamato a mangiare e bere sulla scena.
È in questo clima leggero e svagato che si consuma il dramma della deportazione vissuta
direttamente, in prima persona dal pubblico stesso. E dopo il passaggio obbligato
attraverso lincubo della "selezione", il pubblico potrà assistere
allinizio del processo descritto nel testo di Peter Weiss. I deportati torneranno
come testimoni, svolgendo la loro corale funzione di memoria, in una dimensione via via
fredda, onirica, agghiacciante, dai ritmi cadenzati, martellanti, incalzanti che
sfoceranno in un crescendo finale. |
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Lo spettacolo
è stato replicato nel 1993 al Teatro Garybaldi di Settimo T.se, a Piobesi ed in diverse
scuole torinesi. Nel 1994 è stato rappresentato a Torino per la rassegna "Identità
e differenza" in collaborazione con la Comunità Ebraica; a Novellara (Re) in
occasione del gemellaggio della cittadina emiliana con Nevè Shalom (Israele); al Sermig
di Torino, in collaborazione con lassociazione "Il libro ritrovato". Nel
1995 a Casale Monferrato per i 400 anni della Sinagoga, ad Asti per le celebrazioni della
Resistenza, a Torino per commemorare la Shoà. Nel 1998 è inserito nella rassegna
"Crescerà lerba ad Auschwitz" in collaborazione con il Comitato oltre il
Razzismo. Nel maggio 1998 è stato rappresentato presso la Schausspiel Munchen di Monaco
di Baviera.
Pietra Selva Nicolicchia
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MERCOLEDÌ 3 E
GIOVEDÌ 4 MARZO 1999 ORE 21.00
Prima Nazionale - Piccolo Teatro
Perempruner
O ZOO NÔ
presenta
IL MONDO NUOVO
tratto dal romanzo di ALDOUS HUXLEY
(Brave new world)
regia di Roberto Zibetti
da un'idea di Paolo Berutti e Alberto
Maero
Il Mondo Nuovo
è un testo visionario, una favola (come lo definisce il suo autore), che immagina, spesso
ironicamente, una società futura fondata sul condizionamento e la standardizzazione degli
individui: Huxley parte dalle intuizioni scientifiche del suo tempo (prime sperimentazioni
genetiche, nuove tecniche organizzative del lavoro, metodi di persuasione e propaganda)
per creare un mondo futuribile, irreale, eppure paurosamente attuale.
Lindottrinamento, la negazione
dellindividuo, tutto avviene in maniera "morbida", in base
allimperativo del "benessere" e della soddisfazione del Sé.
I capisaldi della società sono così il sesso -
rigorosamente spogliato delle complicazioni emotive -, il "Soma" una
droga perfetta, priva di controindicazioni e funzionale alla società e
lutilità nei confronti della comunità.
Il perfetto funzionamento della macchina sociale è
garantito dal condizionamento degli individui fin dalla fase prenatale. La riproduzione
non avviene più in maniera naturale ma scientificamente, nei "Centri di incubazione
e condizionatura". Non esiste più la famiglia e non esiste più la libertà, tutti
sono felici ed appartengono al superiore corpo sociale.
Ma davvero tutto funziona? Bernardo Marx,
"psicologo Alpha - plus" insoddisfatto e con un invincibile senso di
inferiorità, ha un permesso per visitare una "riserva di selvaggi", un luogo
"fuori dalla civilizzazione" in cui ancora esistono il dolore, la vecchiaia, la
violenza. Qui incontra John e la di lui madre Linda, una donna proveniente dal mondo
civilizzato, abbandonata anni prima nella riserva: decide di portarli entrambi nel
"Mondo Nuovo". |
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Il contatto fra il
libero selvaggio e il mondo super organizzato avrà un effetto esplosivo che coinvolgerà
Bernardo ed il suo amico Helmotz in un disperato tentativo di ribellione. Ovviamente non
cambierà nulla, a ulteriore dimostrazione dellimpermeabilità e perfezione del
"Mondo Nuovo" che, pur non riuscendo a cancellare del tutto le aspirazioni alla
libertà di qualche individuo, non è nemmeno seriamente messo in pericolo da queste.
Lidea di proporre uno spettacolo di burattini
basato sul romanzo di Aldous Huxley "Il Mondo Nuovo" (Brave New World) inizia a
farsi strada già nel dicembre 96 nella mente di Paolo Berutti. Durante
linverno 97-98, insieme con Alberto Maero, scrive una bozza di
sceneggiatura e inizia a fare ipotesi per la realizzazione pratica dello spettacolo.
Entrambi studenti fino ad allora estranei al mondo dello spettacolo, si propongono di
trovare collaboratori più esperti interessati al progetto. Nel Marzo del 98 lo
spettacolo viene proposto agli attori di "O Zoo Nô" e inizia così una
collaborazione per la creazione dello spettacolo il cui debutto è previsto per la
primavera del 99.
Fino ad ora (novembre 1998) il lavoro si è concentrato
sulla realizzazione della struttura del teatrino in tela e bambù. Nel gennaio 99,
una volta ultimata, comincerà la messa in scena vera e propria attraverso il lavoro della
recitazione, la musica, la scenografia.
Paolo Berutti e Alberto Maero
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VENERDÌ 5 MARZO
1999 ORE 20.30
E C O
spettacolo di letture e canti
di autori vari
con Cristiana Voglino
Muovendosi fra
cronaca e letteratura, fra poesia e canzone, la voce affascinante di Cristiana Voglino
disegna una mappa, a tappe tristemente nota, a tappe sorprendente e coloratissima, della
relazione tra "fatti di cronaca" e vicende umane.
In questo viaggio tutte le contraddizioni di un
rapporto, necessario ma difficile tra |
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informazione e
vissuto reale, tra giornalismo e potere, emergono con delicata ironia.
La mostra fotografica di Letizia Battaglia fa da
naturale cornice scenografica alla mise en espace del tessuto narrativo recitato,
cantato dall'attrice. |
SABATO 6 MARZO
1999 ORE 21.00
Laboratorio Teatro Settimo
presenta
DEI LIQUORI FATTI IN CASA
elaborazione drammaturgica
di BEPPE ROSSO e GABRIELE VACIS
regia di Gabriele Vacis
testi di Remo Rostagno
con Beppe Rosso
scene di Lucio Diana
scelte musicali di Roberto Tarasco
"Le langhe
di letteraria memoria e un paese dove la corriera è un'istituzione, il pallone elastico
è una religione, il vino è una verità, il Diavolo una leggenda, la Resistenza è
storia, la nuova parrucchiera
una favola".
I vini e i liquori derivano da una tradizione antica e
identificano sempre una terra e una civiltà. E la civiltà di cui si parla nello
spettacolo è quella di una terra piemontese.
Le Langhe, terra di vini e di liquori, ma anche di
grandi narratori, riportano alla mente i vinti di Nuto Revelli, le colline di Cesare
Pavese, l'epopea paesana di Beppe Fenoglio.
Noi, dopo esserci tuffati nella letteratura della
Langa, terra di fumo e di profumo, come la chiama Nico Orengo, siamo riemersi a distillare
le gocce di memoria sedimentate nella vitalità dei personaggi che abbiamo incontrato.
Lo spettacolo sigla la collaborazione artistica
iniziata nell'autunno del '92 fra la compagnia del Granbadò e il Teatro Settimo.
Dei liquori fatti in casa, ispirato dai testi di
Cesare Pavese, Beppe Fenoglio e Gina Lagorio, ci riporta in un paese della provincia
italiana dei primi anni sessanta, con i personaggi che vivono la loro quotidianità
improvvisamente |
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scossa dall'arrivo di una forestiera: una
giovane donna francese, attorno alla quale si condensano gli avvenimenti- pochi in
realtà, ma corposi ed essenziali come certi liquori - che rivelano valori, desideri,
visioni, speranze di un paese e di una generazione. La donna arriva con la corriera che,
ogni giorno, attraversa la piazza. Ma quel giorno d'autunno del 1964 non viene interrotta
solo la partita di pallone elastico, è tutto il paese che trattiene il respiro. Donne e
uomini che vedono la propria piazza solcata dall'amore, dal peccato, dal sogno o
addirittura dalla rivoluzione.
I personaggi del paese - il fotografo e il campione di
pallone elastico, l'apicultore comunista e l'arciprete, i perfetti produttori di Barolo e
la cameriera immigrata dalla Sicilia - vedono sconvolti in breve tempo i loro antichi
costumi.
Lo spettacolo narra dell'epoca del boom economico,
momento di cruciale mutamento sociale, quando tradizioni centenarie nel giro di pochi anni
subirono, soprattutto nelle province contadine, un cambiamento radicale.
Il suono delle piazze dei paesi non fu più il ritocco
del campanile ma quello del juke-box che narrava di alti, neri watussi e sogni americani. |
VENERDÌ 12 E
SABATO 13 MARZO 1999 ORE 21.00
TEATRO DEL FRIZZO
presenta
LE TENTAZIONI
Con prologo prodigioso senza senso
scritto, messo in scena e interpretato
da
Sandra Cavallini e Mauro Piombo
regia di Philip Radice
Leterna
lotta tra la vita e la morte prende forma in un singolare gioco di tentazioni tra una
suora, simbolo di una cagionevole umanità, e la morte stessa che nel tentativo di
conquistare la propria vittima risulta a sua volta soggiogata, diventando involontaria-
mente procreatrice di vita.
Riprendendo un tema molto caro alla tradizione comica, la
morte diventa personaggio e da carnefice diviene vittima mostrando tutta la fallibilità
umana.Ne scaturisce una formula comica originale, che pur ispirandosi a temi tradizionali
si avvale di ritmi e riferimenti moderni, fondendo a "guazzabuglio" molteplici
stili teatrali.Sono presenti aspetti non dichiaratamente comici, ma piuttosto
pretenziosamente tragico-
melodrammatici (anche se garbatamente parodistici nel
prologo) a riprova dellidea di continuità tra avvenimento tragico e trasposizione
comica. |
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Nello spettacolo
trova corpo una visione del teatro comico che affonda le sue radici nella grande
tradizione popolare, ricercando una comicità "forte ed evocativa", universale
nelle immagini e nei temi, dove la follia e il grottesco diventano stile.
Il gioco teatrale è imperniato sulla gestualità e
sullazione scenica, e linterpretazione basata sul lavoro di
"maschera".
L'allestimento è stato ideato secondo una formula
essenziale, votata alla massima semplicità per quanto concerne le soluzioni
scenografiche, luci, audio ed è facilmente proponibile in spazi non prettamente teatrali. |
DA GIOVEDÌ 18 A
DOMENICA 21 MARZO 1999 ORE 21.00
Compagnia Viartisti Teatro
presenta
Studio da
"IL CERCHIO DI GESSO DEL
CAUCASO"
di B. BRECHT
regia di
Pietra Selva Nicolicchia
con
Marilena Carpino, Pierpaolo Congiu,
Antonio Villella, Barbara Alberto, Angelo Di Vito, Raffaella Tomellini,Savino Genovese,
Sonia Riggio, Stefano Pisano, Emanuela Pepe, Francesca Ardesi, Saveria Mangiola, Michela
Puccio, Roberto Sileo, Valentina Bartolo, Mariagrazia Cerra, Marco Mazza, Marlena
Fontemagi, Serafino Puccio, Patrizia Alì, Fabio DAvino
scene Massimo Voghera, Enrica Campi
scenotecnico Renato Ostorero
luci di Francesco DellElba
Tra le macerie di
un villaggio del Caucaso distrutte dalla guerra, gli abitanti di due kolchoz (aziende
agricole cooperativistiche) confinanti sono riuniti in assemblea. Spetta a loro decidere
come avviare la ricostruzione: accettare il nuovo piano di irrigazione che prevede
lunificazione dei terreni per creare un unico grande frutteto produttivo e moderno o
lasciare i vecchi pascoli e tutto ciò che ad essi è affettivamente e tradizionalmente
legato. Trovano alla fine un accordo e il piano di irrigazione è accettato.
Per sancire laccordo raggiunto la comunità
festeggia: sono chiamati i cantori e questi invitano la popolazione a partecipare ad una
recita: si tratta di unantica leggenda, "Il cerchio di gesso". Siamo in
Georgia, alla vigilia di uninsurrezione armata dei principi contro il granduca e i
suoi governatori, che stanno perdendo la guerra in Persia.
Uno dei governatori della regione viene giustiziato. Nella
confusione generale il piccolo Michele, suo figlio, viene abbandonato dalla madre e
salvato da Grua, una serva, che lo porta con sé. Sottraendolo alle guardie del
principe che vorrebbe ucciderlo, Grua compie una sorta di nuova fuga in Egitto,
prendendosi cura del piccolo tra mille difficoltà e pericoli.
Finita linsurrezione la governatrice, che si è
salvata, vuole riavere il bambino, erede di una grossa fortuna. |
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Si arriverà così
allepilogo della vicenda: il processo per laffidamento del bambino. A decidere
le sorti del piccolo sarà Azdak, un popolano astuto divenuto giudice: con la prova del
cerchio di gesso si deciderà la sorte del bambino.
Nota di regia:
Il testo de Il cerchio di gesso del Caucaso
suggerisce una messinscena ricca di gioco, di movimento, di gusto della finzione scenica,
ma insieme di grande autenticità dei personaggi. Questi devono avere, pur nella girandola
dei travestimenti, una ricchezza umana che rinvia alla questione dei valori ed in
particolare al problema del possesso, senza con ciò assumere attitudini pedagogiche.
È un grande affresco epico: in esso il potere assume un
volto effimero, e le virtù racchiuse nei personaggi di Grua, Simone, Azdak,
divengono eroiche solo per contrasto.
Sono gli egoismi, i piccoli calcoli personali, le
avarizie, le ipocrisie, ad esaltare come straordinario quanto dovrebbe essere semplice
patrimonio di una normale generosità umana.
Pietra Selva Nicolicchia |
SABATO 27 MARZO
1999 ORE 21.00
Ctm
Compagnia Teatrale I Magazzini Firenze
UNA DIVINA DI PALERMO
di NINO GENNARO
regia, adattamento e interpretazione
MASSIMO VERDASTRO
costumi Claudia Calvaresi
luci Luca Cibechini
Attraverso una
forte carica provocatoria e al tempo stesso ironica, in Una divina di Palermo, Nino
Gennaro affronta la propria storia in termini sia collettivi (gli anni Sessanta e
Settanta), sia privati e personali (gli anni Ottanta), offrendo incisivi ritratti di vita
marginale, ora spavaldi, ora accorati.
Si tratta di uno spettacolo dai toni dissacratori in cui
scrittura e attore si fanno complici di un teatro incontenibile. Nel montaggio rigoroso,
che struttura drammaturgicamente il monologo, Una divina di Palermo irrompe sulla
scena in tutta la sua drammaticità.
Le possibilità sceniche di Nino Gennaro sono state
rivelate dall'amico e attore Massimo Verdastro che nel 1992 ha portato in scena il testo Una
divina di Palermo a lui dedicato e successivamente "La via del Sexo" (1995),
"Alla fine del Pianeta" (1997) e "Rosso Liberty" (1997).
BREVE RASSEGNA STAMPA
"Il monologo Una divina di Palermo è uno
dei migliori dellanno
come ne Le notti selvagge, tutta la materia
verbale sembra contagiata da questa furia di afferrare per la coda lattimo fuggente
e di risputarlo sulla pagina con la stessa temperatura febbrile della vita". Nico
Garrone - La Repubblica
"Una divina di Palermo di Nino Gennaro,
testo teatrale di un vero poeta, che affronta la storia in termini dapprima collettivi
(gli anni Sessanta e Settanta) e poi privati, personali (gli Ottanta), con forte carica di
provocazione, ma anche con una forte carica ironica e autoironica. Figlio di Genet, la sua
provocazione va a buon segno, e i ritratti che offre di vite marginali del suo tempo sono
incisivi, ora spavaldi, ora accorati". Goffredo Fofi King |
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"Una divina di Palermo regala
dignità rabbiosa alla disperazione, allimpegno, alla voglia di esistere e di urlare
di un autore scompaginato e dissacrante, cumulato sopra e dentro di sé da un Verdastro in
stato di grazia" Mauro Martinelli Sipario.
"Nino Gennaro, autore di lingua
straordinaria
.Una divina di Palermo è buona sintesi di una linea di tendenza
corposa del teatro vitale: e cioè di quellimpudicizia autobiografica che pare
essere la più drammatica risposta allo spaesamento anche etico delluomo di
oggi". Sara Mamone- lUnità
Nota di regia:
Palermo: estate 1978
"Conosco Nino Gennaro all'Hotel Centrale. È la prima
volta che vedo Palermo. All'Hotel Centrale ci vado con Silvio Benedetto e Alida Giardina.
Facciamo teatro in cambio dell'ospitalità. Le stanze, i corridoi, il cortile sono i
luoghi della rappresentazione. Artaud, Mishima, De Ghelderode, Klossowskij gli autori da
rappresentare. Nino e i suoi amici sono i nostri "spettatori attivi". Nino
scrive moltissimo, dopo gli spettacoli resta con noi, ci racconta la sua storia, ci legge
i suoi testi. È straordinario. Passa qualche anno, Nino e i suoi amici formano il gruppo
"Teatro Madre", presentano i loro lavori di casa in casa, a Ballarò, al Capo,
alla Vucciria
dove capita. Nino è autore, attore, regista di se stesso. Io questa
volta "spettatore attivo". Nella mia casa di via Garibaldi organizzo una serata
per lui. Nino recita Una divina di Palermo. Passano molti anni, adesso Nino scrive
moltissimo ed è sempre straordinario. Non recita più i suoi testi, non gli va. Allora ho
deciso di farlo io".
Massimo Verdastro |
SABATO 10 APRILE
1999 ORE 21.00
ASSOCIAZIONE CULTURALE ALLEGOREIN
presenta
da STORIE NATURALI
di E. Sanguineti,
CONCERTO PER VOCE, VIOLONCELLO E
DANZATRICE
con
Giovannella De Luca
Monologhi al
femminile sul disagio esistenziale. Il discorso filosofico non è più la condizione umana
in senso esistenziale, ma piuttosto una filosofia
della corporeità: l'io è prima di tutto un corpo, la
vita non è che la storia di un corpo.
Lo scopo non è già di ridurre a vocalità il testo di
Sanguineti, ma di esprimere la massima efficacia di presenza fisica (danzatrice e
violoncello) attraverso l'immaginazione. |
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Innanzitutto la
presenza fisica della voce che è la prima realtà del teatro. E, insieme a questa,
l'intervento anch'esso corporeo della musica e quello visibile e tangibile del movimento,
che ne sono complementi essenziali.
Da questi quattro "pezzi" di un maestro
dell'avanguardia una selezione distillata di varchi, di vibrante intensità allegorica, in
cui fluisce e si espande, attraverso il filtro elementare dell'esperienza quotidiana,
l'universo della condizione umana femminile. |
SABATO 17 APRILE
1999 ORE 21.00
DOMENICA 18 APRILE 1999 ORE
16.00
Compagnia Viartisti Teatro
presenta
L'UOMO DAL FIORE IN BOCCA
di LUIGI PIRANDELLO
regia di Pietra Selva Nicolicchia
con Antonio Tamburrano
La messa in scena
del monologo pirandelliano si inscrive in un lavoro di confronto con alcuni autori e testi
esemplari della prima metà del 900 che la compagnia conduce dal 1993.
"Luomo dal fiore in bocca", testo minore ma non certo provinciale
di Luigi Pirandello, ci sembra emblematico di un clima culturale europeo in cui la
malattia diviene metafora e mito, |
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rappresentazione
di una angoscia del tempo, di una inquietudine interiore attraverso cui leggere il
desiderio e la mancanza di una autenticità del vivere e del sentire. È infatti la
coscienza della propria morte imminente che fa scattare nel protagonista una sorta di
euforia della vita, una pienezza di sensi che fa più acuto lo sguardo.
Pietra Selva Nicolicchia |
MARTEDÌ 20
APRILE 1999 ORE 21.00
QUANTO È ANTICA QUESTA NOVITÀ
brani di varia letteratura partenopea
tratti da
De Simone, Leopardi, Russo, Manna,
De Crescenzo, De Filippo, Totò, Santanelli, Moscato,
Ruccello ed altri,
letti e interpretati da
TONI MAZZARA
"La città di
Napoli ha un suo mito di fondazione: la sirena Partenope, disdegnata da Ulisse, venne a
morire damore sullattuale lungomare, dove le fu eretto un tempio dai primi
coloni greci
"
Da "Dadapolis" di Ramondino Muller
...da allora un numero enorme di artisti, letterati,
studiosi, italiani e stranieri, sono passati o hanno soggiornato a Napoli e si sono
aggiunti alla numerosa schiera di napoletani che non hanno saputo resistere al fascino di
raccontare questa città. |
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Noi stasera
ve la raccontiamo così:
Menù della serata
Antipasti e contorni di poesia classica.
Primi a base di note di viaggio
Condite con saporiti aneddoti.
Pietanza di teatro, antico e nuovo,
in agrodolce.
Dolci sfiziosi, in rima e non.
"
E se vorrete gradire, nellintervallo
verrà offerta al pubblico una vera "tazzulella e cafè" fatta con
unautentica "macchinetta napoletana" che accompagna con il suo bollire
tutta la prima parte dello spettacolo". |
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