In diretta dal Salone

DOMENICA 24 MAGGIO 1998

COMUNICATO STAMPA N.55


PRESENZE REGISTRATE NEI PRIMI TRE GIORNI D'APERTURA
DELL'UNDICESIMO SALONE DEL LIBRO DI TORINO


Presenze totali '98
Presenze totali '97
Operatori professionali '98
Operatori professionali '97
Giovedì 21
24.000
23.000
3.900
4.041
Venerdì 22
36.000
34.500
4.300
4.266
Sabato 23
50.000
49.000
4.140
4.020
TOTALI
110.000
106.500
12.340
12.327


Torino, 24 Maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 56


PRESENZE IN CIFRE DI SABATO 23 MAGGIO


50.000 le presenze registrate nel terzo giorno d'apertura dell'Undicesimo Salone del Libro al Lingotto di Torino. Sono compresi in questa cifra 4.140 operatori professionali.
Lo scorso anno erano state raggiunte, nel terzo giorno d'apertura, 49.000 presenze, di cui 4.020 operatori professionali.

Il totale alla chiusura del terzo giorno di Salone ammonta quindi a 110.000 presenze, compresi 12.340 operatori professionali.
Lo scorso anno si erano totalizzate 106.500 presenze (12.327 operatori professionali).

Dalla sua apertura, il sito Internet del Salone (http://www.prosaloni.com) ha totalizzato fino ad oggi 6.500 contatti, con una consultazione di circa 33.000 pagine.

Il terzo giorno di apertura del Salone lo Spazio Under 16 ha raggiunto le 2.500 presenze e sono stati consegnati 1.800 Passaporti del Lettore.

Torino, 24 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 57


ATTENZIONE ATTENZIONE...

Nel corso della Conferenza Stampa di chiusura del Salone del Libro (lunedì, orario da definirsi), a seguito dell'iniziativa Come cominciare un romanzo, verrà segnalao chi avrà indovinato tra le centinaia di incipit esposti presso lo stand RADIORAI (pad. 1) quello composto da DARIO FO.

PER CHI CERCA UN'ALTERNATIVA... ANZI, MOLTE
Romanzo rosa, romanzo storico, romanzo psicologico... ma la definizione "romanzo anticlericale" ci era sfuggita, almeno fino ad oggi. Giunge ad allargare la famiglia dei generi L'arte della gioia di Goliarda Sapienza. Modesta, significativamente nata il 1° gennaio 1900, è una donna che attraversa tutta la storia del nostro secolo. E' una protagonista disposta ad affrontare "di punta" tutte le situazioni in cui si trova, senza timore di infrangere luoghi comuni e regole sociali. Già pubblicato (in parte) nella collana "Millelirepiù", oggi Stampa Alternativa lo propone in edizione integrale.
Con Lewis Carroll forse ci siamo tutti fermati ad Alice, al cappellaio matto, al gatto del Cheshire, alla festa del non compleanno... alle stranezze del Paese delle Meraviglie. Altri nonsense, condotti con la medesima sapienza e con i meccanismi di una matematica che si fa narrazione, vengono raccolti in Una storia intricata (racconti matematici). Per chi ama perdersi in labirinti di specchi...
Come potremmo definirlo ? Un '68 drasticamente live ? Le immagini in diretta di una rivoluzione culturale ? Parole ribelli. '68 e dintorni scavalca storiografia, riflessione sociologica e tentativi di sintesi attraverso una pubblicazione dei volantini sull'onda del politico e del dissacrante (in tutti i sensi).
Abbiamo cominciato con aste e quadretti, vero ? Quanti ci rimproverano per l'illeggibilità dei nostri appunti, delle nostre lettere, anche di una sola cartolina ? E' ora di imparare a Scrivere meglio. Un libro "per il miglioramento della propria scrittura" (calligrafia, ma non solo...) è stato realizzato da Francesco Ascoli e Giovanni de Faccio con caratteristiche di particolare scorrevolezza e praticità, senza dimenticare che il fascino della scrittura manuale non è stato superato dai sistemi di videoscrittura...
Questo (e altro) da Stampa Alternativa (pad.1 stand H 01).

E' LUI O NON E' LUI ?
Gianni Ippoliti ci riferisce che in uno degli spazi Autori un personaggio non identificato parlava di poco identificabili argomenti di fronte a un pubblico rado e distratto... Ma qualcuno attendeva Vittorio Sgarbi (che aveva annunciato la propria assenza) e chiedeva notizie sul suo arrivo. Ippoliti indica il misterioso relatore (con barba: è lui. E la gente intorno: "Accipicchia, come cambia la televisione".

Torino, 24 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 58


NON E' QUESTIONE DI ESSERE NANI O GIGANTI...

Roberto Vecchioni e Lella Costa abbandonano la retorica del ricordo per far parlare i fatti e i comportamenti. La provocazione parte dal libro di Mario Capanna "Lettera a mio figlio sul '68". Capanna comincia il libro come un contestatore classico, dice Vecchioni: l'Università chiusa e oppressiva, i ritratti di professori ancorati alla propria cattedra e al proprio sapere. Ma il discorso continua sul piano di un'analisi senza nostalgie: il '68 non ha eliminato il divario tra potere e miseria. Oggi, anzi, questa forbice si è allargata. Nel libro di Capanna, aggiunge, si esprime questa coerenza e questa sincerità. Non tutto il '68 è stato meraviglioso. E non si è affatto giunti a soluzioni definitive e stabili. (Qui ci ricordiamo che Vecchioni insegna Greco) La società è catabolica (tende a tirare verso il basso). "Perché la società diventi anabolica ci vuole preparazione, amore per gli altri, fiducia verso gli altri. E' un cammino che non finisce mai, però dovremmo arrivarci". Ma allora in cosa consiste la vittoria del '68? "La vittoria si vede dai semi".
La preoccupazione più marcata di Lella Costa è nel modo di trasmettere la storia del '68 alle nuove generazioni. Se ci sono alcune fasce d'età che nutrono una sorta di ammirazione (unita ad un senso si impotenza verso il presente) in altre prevale l'indifferenza. Il problema è pedagogico: il libro di Capanna è importante in questo senso. Si cerca una via di comunicazione onesta, in una forma adatta ai destinatari. Cos'è stato il '68? "E' successo tutto in un momento, io facevo quinta ginnasio e portavo il grembiule nero... E' stata una grande fatica. Bisognava avere la capacità di mettersi in discussione: non valeva più niente, di tutto ciò che valeva prima. Come Adamo cacciato dal Paradiso terrestre: tutto nuovo, tutto da inventare". Errori? Questo vuoto rispetto al passato ha determinato un'educazione libertaria, i cui frutti sono stati figli infelici.
Il libro - aggiunge Capanna - è dedicato a chi non si rassegna allo stato presente del mondo. La storia del '68 dimostra che si possono produrre mutazioni durevoli "solo quando le idee camminano sulle gambe delle persone." Oggi stanno ferme sia le idee che le gambe. La concretezza del '68 ? Un gruppo di 61 operai licenziati dalla Fiat, dopo aver provato inutilmente a opporsi per vie legali, decisero di unirsi per fondare la prima Cooperativa per il Commercio Equo e Solidale. Non era un modo di dare corpo alle idee?
(dalla Sala blu Lavazza, ore 11)

Torino, 24 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 59


Un delfino con le ali

"Dedico questo storia a Geneviève che aveva occhi che si specchiavano nel cielo e che ha raggiunto il suo pianeta di cristallo una mattina di maggio, piena di sole" così inizia Marco Columbro la lettura del libro Palla di Sogno scritto dall'attrice canadese Lise Thouin e edito in Italia da Editori in Sintonia in collaborazione con altri cinque editori e una casa di produzione TV (la Five Show di Columbro). È la punta di diamante di un progetto che riguarda i bambini malati terminali, presentato nello spazio Under 16 (ore 10.30), con un inconsueto Columbro lettore di fronte ad una platea di minispettatori a bocche aperte. Una percentuale delle vendite è destinata a regalare migliaia di volumi a ospedali, scuole, centri di riabilitazione. " È un libro che riempie uno spazio che sembrava incolmabile" dicono dalla casa editrice "come affrontare il problema della morte e le paure di un bambino. Ora questo libro, questa favola, è studiata nelle università francesi" Nata sul campo, improvvisamente, con la grazia e l'immaginazione della Thouin di fronte ad una bambina gravissima terrorizzata da ciò che le stava accadendo, la storia racconta di un delfino che sogna da sempre di volare. Poi un giorno "si sente spuntare sul dorso due boccioli", e sente che gli sta capitando qualcosa di speciale. È emozionato e ha paura. Quei boccioli si trasformeranno in ali e il delfino volerà verso il sole, che gli strizza l'occhio. La fiaba continua e ad un orecchio adulto suona come una intelligente metafora "morbida" che capovolge la paura in desiderio e sogno.

Torino, 24 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 60


ACROBAZIE SUL FILO DELLA LINGUA

Solo posti in piedi per parlare di lingua italiana. Non male per una questione di cui si è già parlato ma che, trattandosi di una cosa in movimento come il linguaggio, ha sempre una attualità scottante. Paolo Mauri, nelle vesti di coordinatore, ha fatto da regista ai molti linguaggi incarnati dalla rappresentanza di autori italiani presenti (sala gialla ore 11). "Se devo definirmi" dice Roberto Alajmo "inizio con il registrare lo sgomento per le dichiarazioni di poetica di autori come Pinketts o Isabella Santacroce. Quest'ultima ha recentemente dichiarato di voler scrivere il prossimo romanzo intingendo la penna nel suo sangue. Comincio perciò col dichiarare con forza che non sono cannibale, non sono "newagista", forse non ho un'etichetta. Anzi" continua Alajmo "se devo definirmi mi direi sciroccato, baciato dal vento del Sud e tutti gli altri sensi che volete dare alla parola." Alajmo che testimonia la vitalità della scrittura meridionale ha paragonato la posizione degli scrittori del Sud con quella degli scrittori coloniali: "noi siamo per l'Italia quello che per altri paesi sono le colonie. Pensate a Ben Jelloun o a Rushdie: i soldi stanno al centro ma le idee in periferia." Un Sud da dove si scappava fino a poco tempo fa ma dove ora non è banale vivere. Per Aldo Nove la banalità sta morendo sotto il declino della figura dello scrittore isolato, della setta dei letterati "Isabella Santacroce per me è invece proprio il modello dello scrittore possibile non più un soggetto ma un luogo." Un luogo di scambio da fare ben a contatto con il reale, senza confini. Senza geografia letteraria. "La geografia è fondamentale" ribatte Nico Orengo "lo scrittore, parliamoci chiaro, è un grande orecchio che registra le voci che ha intorno, le sue prime ispirazioni sono il paesaggio e le sue figure." Anche Francesco Biamonti, "di un'altra generazione" (Mauri) non può non mettere l'accento sull'importanza della tradizione "La coesistenza di forze che si incrociano e contrastano tra antico e nuovo nell'animo dello scrittore, da lì deve venire la scrittura. E non solo un passato letterario ma anche un passato personale, le suggestioni dell'infanzia. Una mediazione tra razionalità e sogno (pensate al simbolismo francese, pensate agli echi marinareschi in Montale). Uno sguardo al mondo in cui siamo destinati a vivere e uno sguardo al mondo in cui vorremmo vivere." Poi Biamonti continua citando Malraux e l'arrivo dell'"era del fondamentale", del mare, della terra, dell'amore, della morte… "l'antico lirismo, il gran fabbro del parlar materno." Sembra d'accordo anche Daniele Del Giudice che ricorda come tutto, in qualche modo, è già stato anticipato, e che guardare all'"antichità del nuovo" faciliterebbe molto il lavoro di ricerca sul futuro: "Ricordate 10 giugno 1962 in cui Pasolini parla della Dopostoria, e annuncia una perdita delle lingue e delle identità particolari? Erano gli anni '60. A metà del decennio scorso si è già chiuso il millennio ma non ce ne siamo accorti o non abbiamo voluto accorgercene." Dacia Maraini citando Roland Barthes ha rilanciato "lo scrittore è uno che ha il problema della lingua, se non ce l'avesse non scriverebbe." E il problema non va per forza risolto, nel senso di esaurito e archiviato, ma va trattato come uno scopo: "La ricerca va concentrata sul ritmo: ogni scrittore ha il suo" ha aggiunto la Maraini "e deve trovarlo. Senza ritmo anche il miglior contenuto non passa come discorso narrativo. Ma, attenzione, non deve sembrare uno sforzo, deve essere come quando vediamo un'acrobata volare: ci sono anni di esercizio dietro ma noi spettatori abbiamo solo un'impressione di grazia e di volo". Dal polo opposto, o quasi, Aldo Nove rafforza la tesi della Maraini: "Lo stile è la riconoscibilità, come il taglio di Fontana: l'attribuibilità. Ognuno ha una sua cifra, che gli viene in buona parte da un modello. Il mio modello è stato un fumetto porno, Lando, primi anni '70: nel suo linguaggio gergale ridotto ai minimi termini mi trasmise la tensione estrema tra desiderio e realtà. A questo, ora, non posso fare a meno di affiancare, come serbatoio d'ispirazione giornali e programmi TV di cronaca vera, dove parla chi non sa parlare e scrive chi non sa scrivere." Ma Biamonti ribadisce che non si può non mediare la fotografia del reale con la memoria e il sogno "Roberto Cerati mi raccontava che sui manoscritti gaddiani si rintraccia con evidenza una prima scrittura illuministica, un filo razionale della narrazione, stravolto da cancellature e aggiunte successive". Il delirio e il fremito, l'irruzione dell'irrazionalità.

Torino, 24 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 61


LIBRI SULLA RADIO... Le trasmissioni diventano libro. Percorsi "giorno per giorno", argomenti, periodi della programmazione radiofonica assumono una forma permanente senza perdere la vivacità ed il fascino della parola al microfono. Giocando è il titolo di un volumetto nato dall'omonimo ciclo trasmissioni di RadioUno e RadioDue diffuse tra il 1995 e il 1997, e firmate da Beatrice Parisi e Sergio Valzania. Giochi d'ogni genere, regole, aneddoti, vengono raccontate per un pubblico di "non giocatori". Lo scopo? "L'uscita dalla clandestinità e la ricostruzione di una dignità personale per gli adulti che giocano". La RAI ERI presenta inoltre Black Out di Enrico Vaime. Una storia lunga vent'anni, elaborata con uno sguardo all'indietro, incontra "scaglie" trascritte in diretta. La comunicazione radiofonica non esaurisce la propria funzione nello spazio ristretto della propria esistenza immediata, ma può diventare, a posteriori, una chiave di lettura alternativa non priva di interessanti sorprese. L'esperienza di "Permesso di soggiorno", l'iniziativa di RadioUno sul mondo dell'immigrazione, ha prodotto Alì e altre storie. Il testo nasce dal convegno "Letteratura e immigrazione" organizzato da Regione Umbria, Salone del Libro di Torino, RAI e Controluce Editore. I nove autori "si raccontano" per introdurre i propri inediti. Che inediti sono veramente, provenendo da sensibilità ancora molto distanti da una piena integrazione.

UN LIBRO SULLA TELEVISIONE... Igiene e profilassi televisiva si propone L'arte di guardare la TV... e rimanere sani. Lontano dal demonizzare la televisione e da attribuirle le cause di problemi del nostro tempo, Salvatore Agresta e Giorgio Paglia, partendo da un'acuta analisi giungono a linee pratiche per convivere pacificamente con il piccolo schermo, facendone uno strumento da cui trarre il meglio per vivere da persone aggiornate e tuttavia responsabili e attive di fronte al video.

A PROPOSITO DI TELEVISIONE, c'entra qualcosa anche lei con il dilagare della nuova moda del mistero (quante trasmissioni contate a memoria?). C'è qualcuno, e in particolare Roberto Giacobbo, autore RAI (appunto), e Riccardo Luna ("la Repubblica") che hanno presentato il volume Il segreto di Cheope (spazio autori C ore 12) edito da Newton & Compton, che raccoglie una varietà di indagini di archeologi o aspiranti tali, in cui si profilano una serie di risposte ai grandi misteri, tra realtà e fantasia. Si parla di abbazie cistercensi e templari legati da un filo di reperti misteriosi, geroglifici venuti alla luce sotto altri geroglifici egiziani che - pare - raffigurano elicotteri, dimostrazioni dell'esistenza dell'Arca sepolta ai piedi della piramide di Kefren e di Atlantide a largo della Gran Bretagna. "Il problema" dicono gli autori "non è la veridicità delle prove, che ci sono, ma cosa rappresentano" In parole povere: cosa provano? Nell'incontro si accenna perfino alla possibilità che una tale perfezione nella costruzione delle piramidi (l'allineamento con le stelle della cintura di Orione) e la contemporaneità della loro costruzione in zone lontanissime del globo sia opera di extraterrestri, che poi magari si sono allontanati in volo dando origine all'idea di trascendenza...

Torino, 24 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 62


UN'ARCA CONTRO IL DILUVIO

Secondo una celebre definizione del filosofo Karl Popper esistono tre mondi o universi: il mondo 1 "degli oggetti fisici o degli stati fisici", il mondo 2 "degli stati di coscienza o degli stati mentali e delle disposizioni ad agire", il mondo 3 "dei pensieri oggettivati nelle opere della scienza e dell'arte", come dire degli oggetti culturali prodotti dall'uomo. Appartengono a quest'ultimo mondo le lingue, i sistemi filosofici, le leggi della fisica, le opere d'arte, i teoremi della matematica, i capolavori dell'architettura, la poesia e la musica. A questa definizione si ispira Mondo 3 per un Museo dell'Uomo digitale progetto che, sotto la direzione scientifica dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Rai Educational ha creato e presentato (Auditorium, ore 12) in un incontro al quale hanno preso parte l'ideatore Renato Parascandolo, Stefano Balassone membro del Consiglio di Amministrazione della Rai, Tahar Ben Jelloun, scrittore, poeta e romanziere, Francis Haskel storico dell'arte, e Ilya Prigogine, premio Nobel per la chimica nel 1977. L'idea è "creare un archivio altamente selezionato delle opere più rappresentative dell'ingegno umano secondo criteri universali e condivisi di valore". L'edificazione di questo crocevia di culture è stato affidato ad un consiglio internazionale di quaranta saggi, (tra cui Ben Jelloun, Haskel e Prigogine), ognuno dei quali ha indicato dieci tra le opere più rappresentative, a suo giudizio, delle diverse civiltà, nei campi più disparati: dalla Repubblica di Platone ad un campo di grano sotto la pioggia, dal Monte Athos a Moby Dick. Mondo 3 ha una struttura multimediale: le sue opere saranno disseminate su tutti i mezzi di comunicazione (TV, videocassette, CD Rom, Internet, radio, libri, compact disc etc.) e tradotte in 9 lingue. "Con Mondo 3" ha detto Balassone "si ricostruisce un'arca", unica o possibile via di salvezza al nuovo diluvio dell'omologazione e dell'appiattimento culturale. Un'arca e insieme un Museo che non si limiti ad un'opera di conservazione, ma sia una via di accesso privilegiato alla memoria ed alla verità e che, come la memoria, sappia accumulare, ma anche selezionare. Presentate le intenzionalità e origini del progetto, gli interventi si sono spostati sul tema del confronto e del dialogo fra le civiltà. Jelloun ha parlato di "imperialismo delle mediocrità" e di "mediocrità globale" in riferimento al progressivo livellamento verso il basso e americanizzazione della cultura, squilibri che, secondo lui, il Museo Mondo 3 non presenta. Haskel ha espresso le sue perplessità sulla possibilità di comprendere a fondo una cultura differente da quella di appartenenza: "riconoscere la nostra ignoranza è il modo migliore per capire le nostre differenze (...) e forse varrebbe la pena avere una cultura superficiale che abbracci più realtà". Da scienziato ha parlato Prigogine, a suo tempo "rivoluzionario" critico del concetto di tempo. Il Nobel ha sottolineando i progressi fatti dalla scienza a partire dal XX secolo, progressi che "non bisogna misurare solo in termini di risultati tecnologici: pensiamo che ad inizio secolo non si riconosceva neanche lo status di civiltà ad alcune realtà, come l'India". "La scienza" ha aggiunto "era europea, ma è andata via via perdendo queste caratteristiche", "ha superato gli atteggiamenti classici" e tutto ciò fa ben sperare; "mai la cultura è stata tanto condivisa, mai ci sono stati tanti bambini a scuola, mai tanti lettori...". Al dibattito è seguita un'anteprima: quale miglior inizio dell'Ulisse dantesco del XXVI Canto che esclama "fatti non foste a viver come bruti...".

Torino, 24 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 63


OSSA ROTTE E LETTERATURA

Chi meglio di un'antropologa forense - che, per la cronaca, di mestiere non studia i comportamenti deviati degli avvocati ma ricompone le ossa dei cadaveri - sa muoversi tra resti di corpi umani, crani e morti violente? L'antropologa in questione si chiama Kathy Reichs ed è una graziosa signora del North Carolina che vive in Quebec e che, tra un osso e l'altro, ha trovato il tempo di scrivere un libro, per la precisione un thriller criminale dal titolo Corpi freddi, edito da Rizzoli, presentato (sp. Autori C, ore 11) insieme a Carlo Lucarelli, esperto del genere. E antropologa forense è anche, ovviamente, Temperance, la protagonista che Lucarelli descrive come "solare ed aperta, nonostante il mestiere che fa, partecipe delle cose, e capace di stupirsi dell'arrivo della primavera". Questa la grande differenza che sia Lucarelli sia la Reichs sottolineano rispetto al costante confronto con Patricia Cornwell che "sembra assuefatta alla morte". "Temperance, per gli amici Temp", ha detto Lucarelli "è capace, anche se fa cose routinarie, di rimanere una persona capace di provare orrore e pietà". "Il paragone con la Cornwell è economicamente efficace" scherza la Reichs "e lusinghiero, ma in gran parte inesatto: diverso è il metodo, diverso lo spirito, diverso il mestiere (la Cronwell è anatomo-patologa)". Quali i segreti di questo nuovo astro del genere poliziesco? Autenticità e rigore.

Torino, 24 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 64


L'UNIONE (SU UN OBIETTIVO COMUNE) FA LA FORZA

La domanda è sempre la stessa: come risolvere i problemi che nascono tra Editori e Librai? Come indirizzare questi rapporti ad una concreta risoluzione delle difficoltà di mercato, delle nuove esigenze, della situazione globale della lettura? L'esperienza tedesca in questo campo è stata presentata da Klaus G. Saur in un incontro in Sala Verde a cura del Salone del Libro. In Germania, l'Associazione che unisce Editori e Librai, la più antica Associazione commerciale in Germania. In una storia di quasi duecento anni, ha prodotto una Scuola per librai (nel 1880) e successivamente un College. Attualmente è formata da 7000 membri, e conta su 55 addetti e 150 collaboratori nelle sedi decentrate. E' compito particolare dell'Associazione essere un'immagine unitaria del mondo del libro presso i vertici politici per questioni come l' IVA o la promozione della lettura.
L'Associazione Librai Italiani e l'Associazione Italiana Editori si sono trovate spesso contrapposte, ha sottolineato Francesco Flaccovio dell' ALI, su questioni inerenti al lato economico. Le cose andrebbero meglio se tutti avessero lo scopo dell'ampliamento del mercato. Oggi la difficoltà maggiore per editori e librai è la mancanza di un progetto di ampio respiro, e di un luogo per parlarne. Bruno Mari della Giunti evidenzia la grande differenza di fatturato: l'Italia produce un quarto di quello della Germania. Ma l'Italia, nonostante tutto, produce 50'000 titoli all'anno, contro i 70'000 della Germania: La sovrapproduzione è quindi il problema di fondo. Qualcuno vede positivamente l'ampliamento dell'offerta, ma questo, a livello economico, può generare problemi non indifferenti. Soluzioni possibili: cercare un mercato nuovo tra i non-lettori; ritornare al ruolo imprenditoriale e selettivo della libreria; oppure rinunciare radicalmente a questa funzione "vendendo metri di libreria alle editrici". La ricerca di un ampliamento del mercato è, anche per Giuseppe Di Tria del Sindacato Indipendente Librai, l'unico punto su cui editori e librai possono convergere. Questo esige però la creazione di un fronte unico in grado di proporsi alle Istituzioni in maniera credibile. Sergio Fanucci parla della necessità di rivolgersi più ad un'azione pro-lettore piuttosto che pro-libro. E' il lettore che fa il mercato. Solo tenendo in considerazione il gusto del lettore sarà possibile sperare in qualche cambiamento. A questo proposito, dovranno essere coinvolti anche i settori della promozione e della distribuzione. Questa ipotetica Associazione dovrebbe garantire anche un collegamento attraverso mezzi d'informazione veloce (tra tutti Internet) per poter disporre in modo omogeneo di notizie aggiornate.

Torino, 24 maggio 1998


COMUNICATO N. 65


Dialoghi su Moro

"Non fu la DC ad avvicinarsi al Patto di Varsavia ma il PCI ad avvicinarsi al Patto Atlantico. E la caduta del comunismo che è venuta dopo dimostra che a cedere fu Berlinguer. Suo è, in qualche modo il merito storico." Così attacca Guido Bodrato direttore politico del "Popolo" all'incontro per presentare il volume di Francesco Saverio Garofani e Giorgio Straniero Dialoghi su Moro. Un contributo alla storia edito da RAI-Eri. Come il programma da cui è stato tratto, Sequestro Moro ieri e oggi, il libro raccoglie testimonianze di protagonisti del mondo politico di allora e di oggi. Uno degli esponenti di allora dell'esigenza di trasformare in soggetto attivo la società civile, Giovanni Bianchi, dopo aver ricordato il clima di allora, l'atmosfera del compromesso, "i parroci che dal pulpito invitavano a sostenere gli scioperi e facevano le collette", ha fatto il passo successivo mettendo in campo una delle domande più importanti degli avvenimenti al centro del dibattito: perché Moro? Dal suo punto di vista perché era un'intelligenza speciale capace di una attenzione estrema alle trasformazioni della società civile: "fino dalla Costituente, giovanissimo, al fianco di Dossetti. Già allora dimostrava di avere antenne speciali per interpretare i rapporti tra società e politica" ha continuato Bianchi. E ha ricordato il linguaggio particolare di Moro (oggetto tra l'altro di uno studio di Pasolini), le famose "convergenze parallele": tutto indice di un'assillante esigenza di comprendere (dare un nome) alla complessità della realtà penetrata con lo sguardo fino nelle sue massime contraddizioni. Oltre la politica, come si chiamerà poi la raccolta dei suoi articoli su Studium. E quando dal pubblico chiedono a chi dava fastidio Moro, Bodrato risponde "A destra e a sinistra, anche a livello internazionale, nella logica, non dimentichiamolo, della guerra fredda." A questo proposito si sono ricordati i due articoli di Moro (uno pubblicato) subito prima la mattina di Via Fani, in cui Moro suggeriva una strategia della Pace in Medioriente per difendere lo stato di Israele. E poi perché è stato ucciso ce lo dicono le Brigate Rosse: "perché rappresentava le multinazionali" ha detto Bodrato "per quanto tempo vorremo continuare a ignorare le motivazioni delle B.R.?" Fausto Bertinotti ha molto da ribattere "La questione internazionale, innanzitutto c'entra poco. Aldo Moro era di sicuro il più colto e intelligente tra gli uomini di governo di allora. Ma la sua proposta politica era impraticabile: non si poteva protrarre oltre un ciclo, in cui lui era stato il protagonista, attraverso un'azione riformista debole. Non guardò ai soggetti sociali e non rispose alla tensione delle masse." Ma Bianchi attacca la facilità di criticare a posteriori, con strumenti e parametri che allora erano completamente diversi. Moro, allora "si rendeva conto del ritardo della politica di fronte ai processi economici, senza aver avuto la lezione che abbiamo avuto noi dagli anni Ottanta". E aggiunge Bodrato in contrasto con Bertinotti "Cosa sarebbe potuto realmente discendere da quel progetto politico non lo possiamo sapere: la terza fase l'ha stroncata il terrorismo." Il dibattito prosegue sottolinenando l'impossibilità di verificare il voto del PCI al governo Andreotti. "E se si fosse andati ad elezioni anticipate?" chiede Bodrato (DC e PCI avevano il 70% dei voti). Bertinotti riconferma che pur non essendo in dubbio l'intelligenza politica di Moro, non si può "non mettere in discussione l'ipotesi riformista. Berlinguer stesso si rese conto della sconfitta riformista e di fronte ai cancelli Fiat scelse. Capì che bisognava prendere una parte." E i sindacati? "Anche i sindacati tentarono di fare quello che faceva Moro, ma non funzionò. Fu un'altra sconfitta" ammette Bertinotti. Bianchi incalza "Ma ci sono sconfitte che producono politica e storia". E Bodrato sdrammatizza "Stai attento tu alla teoria della sconfitta come elemento negativo..." "Figurati! Nell'elogio della sconfitta mi sento a casa. Ma so che esistono sconfitte causate da rapporti di forza con l'esterno, che in sé contengono uno scatto positivo di scalata al cielo e sconfitte con elemnti negativi intrinseci, destinate ad essere tali". Eredi di Moro? "Martinazzoli per il gusto del pensiero politico" dice Bianchi "E poi in generale l'Ulivo, ma con riserve, per fedeltà alla memoria. E starei attento con la attualizzazione spesso mossa dalle migliori intenzioni. Per rispetto della figura credo sia meglio guardare a Moro e al caso Moro come inattuale e distaccato dalle vicende contemporanee." Per Bertinotti i grandi pensatori politici non hanno filiazioni dirette. E di quel periodo, aggiunge "alla luce di tutto quanto è successo, non possiamo ereditare granché se non la lezione che quando c'è scontro, anche sommerso, non bisogna mai stare nel mezzo."

Torino, 24 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 66


SI PRESENTANO AL SALONE

NON SOLO FIGURINE. Gianni Minà e Darwin Pastorin sono gli autori di Storie e miti dei Mondiali (ed. Franco Cosimo Panini). La Storia dei Mondiali di calcio, da Uruguay 1930 a Francia 1998 (guardando avanti, ma senza far pronostici) viene ripercorsa con schede per campionato, suddivise internamente in diverse sezioni: la storia, i vincitori, i vinti. Quando l'Italia non ha vinto, una sezione viene dedicata ai ricordi più interessanti, nel bene e nel male. A corredo di questi testi, fotografie tratte dall'archivio Panini (molte inedite, nessuna tratta dalle figurine...) visualizzano e rendono mito ciò che la parola non può esprimere completamente. L'ultima parte del libro è dedicata a formazioni, risultati, capicannonieri... più aridi, dal punto di vista del racconto. Per i tifosi, un enorme motore di ricordi. (dallo Spazio autori C, ore 18)

C'È IL TRUCCO, E C'È PURE L'INGANNO. Lo sostiene Vincenzo Vita nel libro L'inganno multimediale, pubblicato da Meltemi. Di fronte al grande entusiasmo per la globalizzazione e la multimedialità, lo sguardo si fa più realista e più dubbioso, coglie le contraddizioni e cerca di individuare linee di sviluppo al di là del semplice contesto tecnologico. In sala verde alle ore 18. Alan Friedmann: "E' importante prendere in considerazione il problema. I media hanno ora il controllo della società e le nuove tecnologie quindi stanno per cambiare le nostre vite. Bisognerà ripensare le antiche gerarchie del linguaggio, e di conseguenza la politica andrà riscritta. La lottizzazione politica sarà irrilevante, ci saranno solo le scelte dello spettatore". Più moderato l'intervento di Angelo Guglielmi "Sono d'accordo sui contenuti, ma nel libro c'è un'aria troppo cupa, manifesta un eccesso di allarme. Preferisco essere partecipe, divertito, attento... Credo che ci sarà una moltiplicazione dell'offerta. E questa, per esempio, al cinema non ha fatto male. Anche quella è stata una rivolta alla globalizzazione".

QUADERNI PER ISRAELE. La rivista Nuova Storia Contemporanea esce con i Quaderni dedicando il primo numero al mezzo secolo di Israele. In una serie di studi di diversi autori, con la cura di Sergio Minerbi, si offre un contributo di riflessione aggiornata e scientificamente significativa, che mette in evidenza gli aspetti e le problematiche di uno degli avvenimenti storici rilevanti dopo la seconda guerra mondiale. (sala gialla, ore 18.30)

Torino, 24 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 67


Poesia è impegno

"Al mattino bevete un po' di sangue arabo, quanto serve per decaffeinare il vostro razzismo". E' un passo de Il pianeta delle scimmie, una poesia dell'antologia Stelle velate. Poesie 1966-95 di Tahar Ben Jelloun pubblicato per i tipi dell'Einaudi. Giuseppe Cederna ne ha letto qualche stralcio nel corso dell'incontro Le occasioni della poesia civile (sala gialla, ore 14) al quale sono intervenuti, con l'autore, anche Alfonso Berardinelli, Ermanno Krumm ed Egi Volterrani. Sono "esperienze di nomadismo ed umiliazione", ha detto Cederna, quelle che lo scrittore marocchino descrive nelle sue composizioni. "Poesie di sarcasmo, rivendicazione, sofferenza, ma anche di gioia", ha aggiunto Berardinelli che racconta di essere entrato nel libro con una facilità insospettabile: "Ben Jelloun non ha una sola voce. La sua è una voce che ne contiene molte altre. La ragione per cui scrive non è affermare, ma sprofondare se stesso dentro altri esseri, dentro altre storie, dentro altre voci; raramente come poeta dice io, preferisce far parlare le cose, dare voce a ciò che non ha voce". "L'uomo che del deserto conosce il segreto non può invecchiare" questa volta a leggere è Berardinelli e continua "gli occhi sono buchi dove si annidano le mosche, la bocca è uno squarcio, la pelle non si ricorda di nulla". E' il poema della distruzione, scritto durante la Guerra del Golfo. "Non tutti hanno il diritto di scrivere poesia civile, solo chi ne ha assoluto bisogno: scrive poesia civile chi si trova in uno stato di necessità e questa poesia civile è scritta con naturalezza, senza un impegno supplementare". E' Krumm a completare il quadro dicendo che è "poesia in viaggio" nel bacino del Meditarraneo, che Ben Jelloun non lascia mai. E la parola ne esce "scorticata" , la lingua è mobile e procede per ripetizioni, giustapposizioni, forme cicliche, accumulazioni di elementi. "Questa forma ridondante e piena è come un antidoto contro l'orrore. Jelloun non prende, infatti, la via del silenzio, non fa una poesia che si addensa nel vuoto. Qui l'orrore non raffredda ma rilancia il ricordo…le immagini sono di fuoco, un balzo del cuore". Ricomincia Cederna con Il discorso del cammello e lascia la parola a Volterrani, che è il traduttore di Ben Jelloun e spiega i suoi modi di "traduzione non interpretativa", il suo tentativo di conservare gli equivoci e "riprodurre le sconnessioni che si ricompongono solo nella stesura finale" di alcune poesie. "Jelloun è il portavoce del suo popolo, voce di una società muta, e questo fa sì che provi un certo rimorso, quello che prova chi non è mai certo di esprimere ciò che dovrebbe scrivere" (Berardinelli). "Non dirò noi, perché dovrei vomitare, non ho più corpo, non ho più stomaco, sono un sacco..." scrive Ben Jelloun chiedendosi "chi parla dal fondo di questa fossa?".

Impegno è poesia

L'impegno, "tema", ha detto Paolo Flores d'Arcais "straordinariamente vasto e fuori moda che sembra esser venuto a noia ai mass-media" è stato al centro anche dell'incontro organizzato da Micromega sui rapporti tra Letteratura e impegno civile (Sala blu ore 18,30). A discuterne c'erano Dario Fo, Carlo Lucarelli, Erri De Luca e Rosetta Loy. Dopo una breve parentesi "frivola" e polemica di Flores d'Arcais sui premi letterari e sulle loro "cosiddette votazioni", quasi voti di scambio, ai relatori è stato chiesto un commento a proposito dei modi in cui la realtà supera la fantasia, la peggiore fantasia. "Viviamo da più di un quarto di secolo in una situazione politica in cui capiamo tutti le cose che sono successe; ci sono scrittori che le hanno raccontate, magari calcando i toni o in modo satirico, e , al momento delle indagini, si è constatato che la realtà andava ben oltre la fantasia". Che tipo di impegno, dunque, è possibile e pensabile in questo scenario? A rispondere è Fo: "Rappresentare l'altra chiave della verità attraverso satire o tragedie o con qualsiasi mezzo è un dovere civile. Cosa vuol dire essere uno scrittore civile? Prendersi per intero le responsabilità di ciò che vai dicendo" e, nel farlo, "accorgersi che il pubblico è quasi sempre disinformato, o peggio male informato". E Fo racconta del suo spettacolo Marino libero, Marino innocente, della disinformazione del pubblico e dice perentorio: "Senza informazione non esiste la possibilità di realizzare qualcosa di utile e che abbia un peso". E ancora: "Intuire, prevedere, avvertire su cosa sta accadendo" questo è il compito, questa è la sfida dello scrittore civile". Già Shakespeare, in Misura per Misura, racconta il Nobel, aveva colto in pieno la denuncia contro il re, e si era ritirato dalle scene, invitato a farlo "dal potere", in modo più o meno convincente. "Quando un autore azzecca la chiave di denuncia, soprattutto se lo fa con un'immagine divertente ed accattivante, il potere perde la testa". Fo si dice soddisfatto ed orgoglioso dei "45 processi subiti", "il premio più alto che mi abbia dato il potere". Per Lucarelli, scrittore di gialli di cui uscirà un racconto con risvolti politici sul prossimo numero di Micromega "il nocciolo della questione è quello di non essere preso sul serio" in quanto appartenente alla categoria "letteratura d'evasione". Ma, ha ricordato Lucarelli, non è un caso che "tra il 1937 e il 1939 il Ministero della Cultura Popolare fascista abbia via via censurato il giallo", ora impedendo che vi fossero descritti colpevoli italiani ora vietando il genere tout court. "Si era capito che analizzare la metà oscura delle cose, metterle insieme e rappresentarle significava denunciarle". Lucarelli ha poi raccontato di aver seguito nel '92 la vicenda della Uno Bianca, in veste di giornalista e, sulla scia della vicenda di aver scritto un giallo decidendo poi per un finale assurdamente paradossale: "conclusi mettendo un poliziotto a capo della banda. Ne hanno arrestati 4. Segno che a pensar male ci si azzecca sempre". Erri De Luca si è presentato come "un passante" e ha ripercorso le tappe della sua vita: Lotta Continua, poi per 18 anni operaio, ed ora autista di convogli diretti in Bosnia. "Cosa c'entrano queste cose con la scrittura? Nulla. Ma il civis mi ha insegnato il sentimento della condivisione degli accidenti che capitano al prossimo, che non è l'infinitamente lontano, ma è il superlativo della parola vicino". Il primato va alla vita, non alla scrittura (e il riferimento è al titolo dell'incontro). Poi ha reso un tributo a Fo perché "sporca il piedistallo su cui è stato messo e ci ficca dentro tutti gli accidenti del mondo ed offre questa voce che gli è stata regalata alle cause, le più perse possibili". Rosetta Loy ha dissentito dall'affermazione di De Luca circa il primato dell'impegno sulla scrittura: "lo scrittore è la sua scrittura", ha affermato ed ancora "la parola impegno mi ha sempre spaventata in rapporto al mio lavoro, ma ci sono stata tirata dentro, e non ho più potuto far finta" che certe cose non accadessero o non fossero accadute. Ha poi ricordato il motto m'importa, un tempo enfatizzato in maniera sbagliata poi precipitato nel dimenticatoio. "Se io voglio continuare a scrivere non posso prescindere da quello che so e sono diventata nel mio percorso personale, e riflettere me stessa nella mia scrittura è ciò che mi piace del mio lavoro". Ha quindi concluso "Non mi sento di dire cosa sia l'impegno in senso concreto, ma ho capito che è l'aderenza al proprio divenire, al proprio essere più profondo".

Torino, 24 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 68


Leggi! (imperativo presente)

Forse non li leggono ma certo amano sentirne parlare: circa 700 persone si sono riversate in sala Blu per vedere come Enzo Biagi, Paolo Mieli, Mario Abis, Giuseppe Culicchia, Massimo Gramellini rispondono alla domanda Perché i giovani non leggono i giornali? lanciata da La Stampa (ore 16). Paolo Passarini, regista del convegno, ha passato la palla, con sagace equilibrio, alternando le generazioni, le età, le esperienze. E al discorso appassionato di un'autorità come Biagi che ha messo al centro della discussione il problema fondamentale della stampa che non assolve "la sua funzione critica" sugli avvenimenti, l'unica forse che per prima dovrebbe assolvere ha fatto eco il giovane Culicchia che ha evocato "Aprile" di Nanni Moretti e le scene in cui archivia nelle cartelline i casi inventati, le invettive inutili, gli articoli volgari... "La terza pagina scomparve col caso di Alfredino, ricordate" ha detto Culicchia "Servivano sei pagine per approfondire lo stesso soggetto e poi si è andati avanti così." E Culicchia racconta anche il caso di "Le Monde" che cambiò orario di uscita (dalla mattina al pomeriggio) al tempo dei mondiali americani, e non è più tornato alla tradizionale uscita mattutina. Poi ha continuato Culicchia "gli strateghi dei giornali per lottare contro le informazioni asciutte e agili di televideo, 24 ore su 24, e la velocità di Internet che sull'home page ti dà già la notizia che cerchi, sprecano 6 pagine di politica interna per sviscerare ogni punto di vista, senza approfondimento, con amenità sui menù a casa Letta e le abilità culinarie di D'Alema." E ancora, con la lingua sempre più tagliente, l'autor giovane ha domandato alla platea perché si spreca tempo e carta a rendere conto di opinioni sulla Bicamerale di nani e ballerini (e se l'è presa con la solita Parietti). "La realtà è più veloce delle rotative." Rimedi? Massimo Gramellini (caso umano del pomeriggio: costretto sulla sedia della sala blu, in piena partita del Toro a un passo dalla serie A) risolve "I giovani non leggono i giornali perché non li scrivono. Ho Quasi 40 anni e sono ancora del gruppo dei giovani giornalisti... E gli altri?I giornali sono il prodotto di giornalisti di 40/50 anni che scrivono i giornali per loro e per i loro amici: tutto quello che li interessa (lotta per il potere e ambizione) ha spazio sulle pagine. Il resto (quello che interesserebbe ai giovani tra i 20 e i 40) è out." E poi c'è il discorso sempre valido della grafomania narcisistica "No, ti prego taglia la foto, non togliermi quelle tre righe" recita Gramellini, e continua "Ma a che serve? Ma chi la legge tutta quella roba? Se frana in Campania, non servono 6 pagine, ne basta una. Se muore Frank Sinatra non servono 10 articoli, ne basta uno. Se Casini esprime i suoi tormenti esistenziali, non serve un articolo basta una riga!". E cede la parola al maestro del "giornalismo conflittuale" scimmiottato oggi solo nei titoli dai degeneri eredi, Paolo Mieli che ricorda i due momenti della crisi della stampa: pretelevisiva (e parla di video in generale), con la guerra senza quartiere "persa in partenza, come se ci fosse uno scontro tra spettatori di teatro e di cinema; e postelevisiva, verso la ricerca di reciproche utilità. Di certo, ha sottolineato Mieli "nonostante io sia quasi completamente d'accordo con Gramellini, sono un convinto avversatore del linguaggio giovanilistico per catturare i giovani." Basterebbe non scrivere i giornali per sé: far capire sul serio che si pensa a chi legge mentre si scrive". E poi, ha chiuso Mieli. i giornalisti sono troppo coccolati: che tornino in trincea a misurarsi con la fatica del reale: "mancano di generosità, si sente, e questo allontana il pubblico."

Torino, 24 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 69


MUSICA AL SALONE: "COMBINAZIONI" EDITORIALI

Live Baker. Una serata dedicata al grande Chet ha visto la partecipazione di Marco Di Gennaro (pianoforte), Pietro Ciancaglini (contrabbasso), Paolo Mappa (batteria), Pietro Tonolo (sax tenore), Fabrizio Bosso (tromba). Fernanda Pivano e Franco Fayenz hanno introdotto il concerto: il fascino del jazz come sound, ma soprattutto come memoria di un periodo storico. E lo squillo di un metallo che suona come un tessuto. (Auditorium ore 21)

Un libro di musica (su pentagramma). Le edizioni Lycos pubblicano i manoscritti depositati presso la Biblioteca del Conservatorio di Torino: Ghedini, Sinigaglia, Perracchio vengono alla luce in un'edizione critica curatissima per la stampa e per il supporto musicologico, frutto di un' équipe formata dai maggiori specialisti in questo campo. (pad. 1 C 02)

Un libro per la musica (parole per i suoni). CCCP e CSI Opera Omnia: da Giunti (pad. 2 stand G 50 - H 47) troverete Il libretto rozzo dei CCCP e CSI (tutti i testi e scritti inediti). La promessa è di fornire "un racconto, una confessione, una sistemazione, nei giorni in cui i CSI escono finalmente dal guscio del piccolo culto e si affacciano alle classifiche". Le componenti? "fantasie socialiste e perizie psichiatriche nazionalpopolari, Punk Islam e Sufi, geografia di Gobi, Finistere e via Emilia".

Libri sulla musica. Da Castelvecchi (pad. 2 stand H 11) provengono tre novità sul mondo musicale contemporaneo, analisi di storie, di stili, di personaggi e di realtà sociali. Techno-Trance è una sintesi di dieci anni di techno, ad opera di studiosi d'ambito musicolinguistico e musicologico (con il coordinamento di Gianfranco Salvatore). Andrea Prevignano spiega nel suo volume Noise, servendosi dei personaggi del mondo musicale, i significati e i metodi del suono al massimo livello di distorsione e primitività, "l'essenza stessa della musica popolare nell'era dell'elettricità". Una storia del Punk a Bologna è contenuta in Ordigni: ritratto di un periodo e di un modo di far musica che, dalla fine degli anni '70, rivela ancor oggi significati.

Libri a forma di musica (a 45 giri). La nostalgica forma del vinile, con tanto di lato A e lato B, diventa un contenitore d'autori noti e meno noti. 7 singoli propongono pagine di Poe, Kafka, Wilde, Michele Ferrato e Mario Pescitelli (da Digamma, pad. 3 stand J 35).

Musica in libreria (musica da comprare). Annunciata da un Totem (espositore e Cd player con demo), una serie di "Cd con libro" dedicata a musica "naturale" (voci, flauti, strumenti e sonorità di diverse provenienze culturali) è nata da Red edizioni per essere diffusa esclusivamente in libreria. Per star meglio, leggendo e ascoltando. (pad. 2 stand H 91).

Torino, 24 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 70


Ridi che la vita è bella

Festa grande questa sera a casa Einaudi, mentre Roberto Benigni vince il Gran Premio della Giuria a Cannes con La vita è bella il cui testo scritto a quattro mani da Benigni con Vincenzo Cerami è stato pubblicato un paio di mesi fa dalla casa editrice torinese, in sala blu (ore 21), quattro moschettieri dell'umorismo e della satira, come Antonio Albanese, Michele Serra, Enzo Santin, Giampiero Solari tenevano in pugno l'attenzione di almeno 700 persone (molte sono rimaste fuori per motivi di sicurezza) presentando il libro Giù al Nord: la raccolta di nuovi monologhi di Albanese, scritti con Serra e Santin, per il suo nuovo spettacolo (in tournée fino a pochi giorni fa) di cui Solari è il regista. È quasi uno show personale di Albanese, per la verità, a cui gli schivi colleghi lasciano campo libero: una rocambolesca e travolgente esibizione riassuntiva dello pseudo-racconto che si dispiega nel libro, in cui tutti e quattro hanno messo lo zampino trasformando il volumetto in una bomba di acrobazie linguistiche innestate su luoghi comuni e ossessioni ferocemente messe a nudo. Un condominio di personaggi paradossali ma drammaticamente veri. Così si parte con Alex Drastico (e già al solo nome il pubblico ride) che è arrivato giù al nord "per aprire una palestra dove si sviluppano quelle due parti che in nessuna altra palestra si sviluppano... la testa e il necessaire." I tre figli: "Dopo il primogenito Alcatraz, nascono Thomas, Nicolas e Giuseppes. Il primo si droga, il secondo spaccia, il terzo è nella squadra narcotici ogni tanto arresta i fratelli e sta facendo carriera." Originario della Sicilia ma nato e vissuto a Lecco, Albanese pesca dalla sua condizione ibrida quanto di più esilarante questa offre, senza troppi additivi. Le battute tratte dal libro si inseguono rincorse da scrosci d'applausi che non ce la fanno a star dietro all'istrione... E quando Albanese ha già sviscerato il pezzo sull'uomo che per lavoro fa figure di fumo, su quello che fa l'analista di gestione integrata senza sapere che mestiere fa, sul professore che fa da trent'anni le stesse domande surreali a studenti che non rispondono, ma che promuove perché non ha voglia di tornare dalle vacanze dopo che il ricorso del rompiballe è arrivato fino al T.A.R., qualcuno della casa editrice chiede a Serra di intervenire, di dire qualcosa (dura lex sed lex), un reticente Serra chiosa: "Non dovresti tanto preoccuparti di far parlare me, ma, come editore, dovresti bloccare Antonio che sta leggendo tutto il libro, manca solo "Einaudi Tascabili. Stile Libero" e non ci sarà più bisogno di comprarlo."

Torino, 24 maggio 1998



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