In diretta dal Salone

SABATO 23 MAGGIO 1998

COMUNICATO STAMPA N.41


PRESENZE IN CIFRE DI VENERDI' 22 MAGGIO 1998

36.000 le presenze registrate nel secondo giorno d'apertura del Decimo Salone del Libro al Lingotto di Torino. Sono compresi in questa cifra 4.300 operatori professionali.
Lo scorso anno erano state raggiunte, nel secondo giorno d'apertura, 34.500 presenze, di cui 4.266 operatori professionali.

Il totale alla chiusura del secondo giorno di Salone ammonta quindi a 60.000 presenze, compresi 8.200 operatori professionali.
Lo scorso anno si erano totalizzate 57.500 presenze (8.307 operatori professionali).

Il secondo giorno di apertura del Salone lo Spazio Under 16 ha raggiunto le 4.500 presenze e sono stati consegnati 3.000 Passaporti del Lettore.

Torino, 23 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 42


PRESENZE REGISTRATE NEI PRIMI DUE GIORNI D'APERTURA
DELL'UNDICESIMO SALONE DEL LIBRO DI TORINO


Presenze totali '98
Presenze totali '97
Operatori professionali '98
Operatori professionali '97
Giovedì 21
24.000
23.000
3.900
4.041
Venerdì 22
36.000
34.500
4.300
4.266
TOTALI
60.000
57.500
8.200
8.307


Torino, 23 Maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 43


Eurobattibecchi


Un bel test quello per il libro di Franco Reviglio Come siamo entrati in Europa (e perché potremmo uscirne (Utet) presentato stamattina (sala gialla, ore 11) : lo scontro con Dario Fo in Auditorium faceva osservare la sala con la domanda in testa "quanto interessa l'Europa alla gente ?". Parecchio, si direbbe. Sala piena. Autorevoli relatori tutti presenti (a parte Gianni Vattimo trattenuto suo malgrado in Brasile da cause di forza maggiore, ma, pare dispiaciutissimo). Inizia Domenico Siniscalco, docente di Economia Politica a Torino, riepilogando le puntate precedenti: l'entrata in Europa dell'Italia è fondamentale, ma come ci siamo entrati ? Malissimo. "Dopo l'euroentusiasmo alla leggera di Andreotti e Carli del '91 con la firma del trattato di Maastricht" dice Siniscalco "nei primi mesi del '92, sembravamo uno che cade dal 10° piano e si guarda alla finestra del 5° dicendo che in fondo non sta poi così male. Stavamo solo per spiaccicarci. Il '92, con Reviglio ministro del Bilancio del Governo Amato, cominciarono i primi tentativi per salvarsi dall'impatto. Ma perché siamo entrati male ? Perché in Italia sembra impossibile riformare il modello sociale (dalle voci di spesa dalla sanità agli impiegati pubblici inutili): è nel nostro DNA. Ora, con la moneta unica, la trasformazione del Welfare sotto la pressione fiscale non viaggia più da Bruxelles a Roma, ma arriva dal basso, dal mercato, dai lavoratori, dai sindacati. Perciò se fino al '92 abbiamo votato una classe politica che sapeva spendere (Ancreotti & Co.), dal '92 chi sapeva tagliare (Ciampi/Amato), da ora in poi dobbiamo farci rappresentare da chi sa riformare." "Il punto è proprio che la moneta unica era la prima mossa da fare affinché si trascinasse dietro la politica" dice il sottosegretario agli Affari Esteri Piero Fassino "La moneta è il solo segno che dà la sveglia ad un passo in vanti : se Kohl vuole unificare le due Germanie, parte con la moneta unica, se Bossi vuole creare una repubblica, si divide dalla lira e inventa una sua moneta. Non sono d'accordo con chi dice che siamo entrati in Europa male : guardate ai 4 parametri su 5 ottemperati, alla nostra produttività in confronto con il resto d'Europa, ai risparmi privati in banca. Quando Ciampi lottò per la lira a 990 sul marco dissero che avevamo svenduto l'Italia. Poi i mercati hanno confermato quel punto d'accordo. La solidità economica del nostro Paese di oggi non è solo frutto di congiunture. Certo i punti deboli ci sono" continua Fassino "Pubblica Amministrazione inefficiente e costosa : i fax non si leggono, i detenuti si dileguano..." Il deputato forzista Giulio Tremonti si agita sulla sedia e Fassino continua "C'è poco da fare : se un ministro di qualsiasi partito non è messo in condizioni di sapere non può agire". Poi Fassino continua sul regionalismo e sulla necessità che il piano di decentramento sia pensato e articolato "sennò si finisce con lo sprecare lo stesso tempo burocratico anche nella comunicazione tra Regione e territorio". Giulio Tremonti, con un piglio quantomai agguerrito, esordisce "Non voglio fare il provocatore, valutate le mie parole come opinioni. Chiedo l'immunità degli ospiti. Pasolini nell'articolo sulle lucciole (Il vuoto di potere) anticipò negli anni 70 che era finito il vecchio sistema basato su due polarità : fantasmi in doppiopetto si aggiravano per il Palazzo. Il giorno dopo sul Corsera Andreotti replicò che non era un fantasma ma un politico che governava e avrebbe continuato a farlo. Fu così. Il disastro della P. A. è una responsabilità politica di maggioranza e minoranza di allora e della loro compromissione. E, secondo me, gli emendamenti presentati dal PDS alla Bicamerale, si possono leggere come un'ammissione di consociativismo. Iniziò un processo di espansione incontrollata di legislazione parallela alla crescita del debito pubblico : hai un problema ? Faccio una legge che te lo risolve. Ancora oggi" continua Tremonti "l'orror vacui fa 120 metri di leggi a settimana. Ora però, la cambiale mefistofelica dei fantasmi di Pasolini scade, e si impone il cambiamento, l'inversione. Siamo già su quella strada e la marcia fino ad ora è il frutto del continuum del lavoro di tutti i governi e di molte finanziarie... "Ora è Fassino ad agitarsi sulla sedia. Ma Tremonti continua "Contano anche i fattori esterni. Nell'economia globale noi risentiamo anche dei favori e degli sfavori delle tendenze mondiali. La visione globale che tanto si richiede non può plaudire a fattori domestici. E poi molte delle promesse annunciate dal programma dell'Ulivo non sono state onorate : per esempio la garanzia sulla giustizia che prevedeva di far uscire di casa i cittadini liberamente : forse Gelli e Cuntrera ?" "Forse anche Previti" mormora Fassino "Nel programma si parlava di meno leggi fatte meglio" continua Tremonti a testa bassa "Tasse razionali. Non sarà mica l'Irap ? Questo governo non può saper fronteggiare il disastro della Pubblica Amministrazione. C'è bisogno di cambiamenti radicali. E dopo la Bicamerale (come anche prima) sono scettico su questo governo. Un potere costituito non può essere anche un potere costituente. Tante intenzioni sul federalismo ma poi il testo della Bicamerale era pieno di competenze statali (tipo i metri di misura perché sennò Bossi al Nord introduce la pertica). Ora il testo è stato cambiato ma sono cambiate anche le teste ?" Fassino replica registrando "la differenza di stile. Io non credo che ci sia una elezione in qualche paese nei dintorni di Torino. Non capisco perché Tremonti debba parlare di colpe storiche dell'opposizione, compromessi disastrosi, meriti dell'opposizione attuale." "Il mio stile lo scelgo da me" dice Tremonti "sarà la ybris del potere che ti fa credere di poter decidere come devono esprimersi gli altri." "Dico solo" continua Fassino "che depurato il tuo discorso sarebbe anche in parte condivisibile. Però ti ricordo che le riforme le fa chi ci crede. Noi evidentemente ci abbiamo creduto. Certo quando cambi le cose hai sempre un problema di consenso. Ma oltre a criticare le scelte fatte si dovrebbe registare il fatto che almeno abbiamo scelto." "Ma le scelte di oggi sono anche figlie del lavoro degli altri." La Finanziaria del '94 ? "Il disegno di legge di Dini del '94, e non ho paura a ripeterlo" dice Tremonti "l'ho già detto in TV - sede istituzionale - era demenziale e ho ragione di credere che era inserito in una logica strumentale pronta al ribaltone. Del resto la figura dell'uomo in questione non può che confermare questa idea. Forse eravamo inesperti. Ma quando il 70% di tutti quelli che non sono Ulivo (che è minoranza, bisogna dirlo) andrà non ci sarà più trippa per gatti..."

Torino, 23 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 44


UNA LAUREA REALE, PER VIA VIRTUALE


Dal 7 gennaio è on line Italica, un Campus virtuale per la diffusione del sapere italiano nel mondo. L'immagine è accattivante la struttura è articolatissima, si ha l'impressione concreta di uno strumento qualificato ed aggiornato. La RAI come servizio pubblico, spiega Roberto Morino direttore di RAI International, ha tra i propri fini la diffusione della lingua e della cultura italiana. Il Campus virtuale Italica è come un grande centravanti, che porta con sé il meglio dell'Italia, cioè la cultura. Interviene Renzo Arbore, direttore artistico di RAI International. I Media non hanno ancora messo l'accento sulla nuova immagine dell'Italia che si ha all'estero. Fino a qualche tempo fa gli italiani erano collegati a buoni ristoranti con le tovaglie a quadretti. Oggi le cose sono cambiate: gli italiani all'estero sono persone che fanno il proprio lavoro come gli altri e meglio degli altri. C'è poi tutto un mondo di cultura italiana portato in giro dal cinema, dalla musica colta, dallo sport. L'unico problema è ancora la lingua. Gli spettatori di RAI International chiedono di parlare un Italiano basic dal punto di vista del vocabolario, e lento dal punto di vista della pronuncia. E pensando alla divulgazione, anche gli intellettuali dovrebbero fare attenzione a queste esigenze.
La promozione culturale all'estero è stata finora sottovalutata, aggiunge Armando Sanguini, forse anche per un senso di inferiorità nei confronti dello scenario internazionale. C'è oggi una domanda crescente di cultura italiana. Si è tracciata una strategia di cui Italica fa parte. L'aspetto più originale, completa Marco Soldati, è il collegamento con il mondo universitario. Italica è un contenitore articolato che contiene una Facoltà virtuale. Ci sono i corsi, c'è la biblioteca, ci sono tutti gli strumenti che si dovrebbero trovare in un'Università. Si sta cercando la strada per dare ai corsi on line un riconoscimento in forma di Certificato o di Diploma in Lingua e Cultura italiana. E in particolare, attraverso il consorzio di trenta Università che si è costituito, si vuole dare attraverso Italica la possibilità di conseguire titoli spendibili nel proprio Paese d'origine o che aprano la strada a corsi di studi avanzati in Italia.
(Dallo Spazio giallo, ore 14)

Torino, 23 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 45


DIETRO OGNI GRANDE UOMO…


Standing ovation per l'ingresso di Dario Fo e Franca Rame. Ringraziamenti simpatici, una folla elettrizzata di giovani in Auditorium, e la gradevolezza non si fa attendere. L'occasione di quest'incontro è la presentazione di uno speciale di 2 ore circa prodotto da RAI SAT, rappresentata in questa sede dal direttore Carlo Sartori. L'intervento di Fo sembra prendere le mosse di una vera e propria prolusione: ovviamente, una prolusione "come la sa fare lui". E allora si parla di Scuola: "E' difficile insegnare a leggere - dice - soprattutto non esiste nella Scuola il concetto che la Letteratura vuole la lettura, e la lettura vuole la rappresentazione. La Letteratura a Scuola dovrebbe essere la scienza del leggere e di esprimere i suoni. Nient'altro." Sarà possibile far qualcosa ? "I primi ignoranti nella lettura sono i professori". E qui scatta l'applauso liberatorio della platea.
Il filmato (ne viene proiettato un estratto di venti minuti) si intitola Conversazione con Dario Fo da Ulisse al terzo millennio. E' un'intervista, un colloquio tra Fo e Giorgio Albertazzi (atteso in sala). Fo parla della propria infanzia, del mare che vide (e udì) per la prima volta a Cesenatico (le riprese sono state effettuate lì), e si fa presto a collegare l'astuzia di Ulisse e la prigionia di Filottete al ritratto di uomini e partiti politici degli ultimi vent'anni. Si passa a Francesco d'Assisi: "Anche se sono leggermente ateo, mi attrae: ha capito che il minimo contiene il massimo. Ed è così, abbiamo piaceri infiniti su cui camminiamo con i piedi sporchi". Un rivoluzionario ? "Credo che la storia di Francesco sia stata mistificata". E chi era Chiara per lui ? "Francesco era un fratello maggiore. Non poteva esserci nessun pensiero che andasse oltre…". Le donne nella giovinezza di Fo: "A tutte mancava l'ironia e l'intelligenza", qualità che subito riconosce abbondanti in sua moglie Franca Rame.
Domande dal pubblico. Spunta il solito "Paolini dei preservativi". Fo sta al gioco e ci ricama un po' su: "Un preservativo per la vita ? Chissà perché l'ho subito collegato al Papa…". Uno studente non riesce a formulare in modo chiaro la propria domanda "Sono emozionato", dice. "Perché? - interviene la Rame - Siamo i tuoi nonni !". E si continua su questo tono. Cosa conta di più nella vita ? Rame: "Una moglie che faccia tutto". Fo:"La coerenza e la costanza, che determinano la dignità". Rame: "E' un santo… basta, basta per oggi…". E' vero che dietro a un grande uomo c'è sempre una grande donna ? Rame: Dopo il premio Nobel vedo Dario come un monumento… Ma, come sapete, ogni monumento ha il suo piedistallo. Sono anni che sto così". E si piega in un profondo "inchino".

Torino, 23 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 46


L'Europa ha una biblioteca


L'Europa non è soltanto un continente in cui verrà introdotta una moneta che si chiama Euro. Esiste un'associazione, la Biblioteca Europea, nata nel gennaio scorso per contribuire alla valorizzazione del patrimonio letterario, attraverso traduzioni che ne permettano una maggior circolazione, e allo sviluppo dei rapporti culturali tra i paesi dell'Europa. "Occorre conoscersi per trovare le basi comuni di un'identità culturale e spirituale. Ma cosa bisogna fare?" questa la domanda che Boris Bianchieri, ambasciatore e scrittore, già segretario generale della Farnesina e Presidente dell'associazione, ha posto al convegno Identità europea: tradizioni e traduzione (sala verde, ore 11), curato dalla stessa Biblioteca Europea in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e del Ministero dei Beni Culturali. Tra gli intervenuti chiamati a rispondere c'erano, autori, editori, traduttori, tra i quali il poeta Giuseppe Conte, la poetessa rumena Denisa Comanescu, la redattrice del "Times Litterary Supplement" Holly Eley, lo scrittore e critico letterario Anders Enmark e lo scrittore e saggista Alain Jouffroy. Di un duplice processo di mondializzazione e tribalizzazione ha parlato Conte: "Gli scrittori non si sono occupati sinora di tracciare e definire una possibile identità comune dell'Europa. L'unico intervento recente che mi abbia colpito è dovuto a Riccardo Muti: è la musica ad aver fatto nei secoli l'unità Europea (…) per la sua assoluta immaterialità ed extraterritorialità. Per godere di Beethoven non occorre a priori conoscere né il tedesco né la storia dell'Austria asburgica". "L'Europa dovrebbe recuperare dalla sua memoria storica e filosofica, artistica e letteraria, la sua tradizione peculiare e la sua identità forte, propulsiva, attiva, che si manifesta nel rispetto delle singole entità, delle singole patrie, grandi o piccole che siano. L'Europa dei banchieri può e deve trovare sinergie con l'Europa degli artisti e dei filosofi".
E' stata poi la volta della Comanescu che ha affrontato i problemi della diffusione della letteratura rumena e della ricezione della letteratura europea in Romania, per lasciare la parola al provocatorio intervento a Jouffroy il quale ha lanciato una proposta: "inventare un potente contrappeso ai poteri economici e politici europei di Bruxelles e di Strasburgo designando la città di Granada come capitale simbolica di un'Europa concretamente universale. E' infatti a Granada che la coesistenza di tre culture, l'araba, l'ebrea e la cristiana, ha operato la prima universalizzazione del sapere antico e del sapere moderno, la prima forma di pensiero critico". Jouffroy ha concluso affermando che: "una prima iniziativa editoriale dovrebbe essere avviata il più rapidamente possibile sul modello di quanto è stato già realizzato in America latina (…). L'idea è semplice: far pubblicare ogni settimana, come supplemento letterario di un grande quotidiano di ogni paese dell'America .latina delle novelle, delle raccolte di poesie e anche dei brevi romanzi appartenenti alla cultura classica e moderna ispanica nel giornali di lingua spagnola. La stessa cosa sta avvenendo sui quotidiani di lingua araba". Un affresco dell'idea che la Svezia ha dell'Europa è stato quindi tracciato da Andres Enmark, subito seguito dalle osservazioni della Eley, di concretezza e pragmaticità tutta anglosassone, sulla scarsa "spendibilità" e "forza politica" della contemporanea letteratura italiana in Inghilterra e sulla necessità di una maggiore collaborazione con il mondo editoriale.
A conclusione di un dibattito ricco di spunti e suggerimenti sullo scambio editoriale tra Italia e Paesi Europei, Bianchieri ha chiuso confortato dall'idea, emersa nell'incontro, che "nessuno pensa ad un'entità europea monolitica, carolingia, ma tutti auspicano un'Europa diversificata che faccia sopravvivere e rafforzi, anzi, le culture e la conoscenza e circolazione di queste ultime."

Torino, 23 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 47


Druidothriller


"Di loro si sa soltanto che sono esistite e che rappresentavano l'aspetto sacro della femminilità, perché i poeti non ce ne hanno mai parlato. Chi erano le druide, queste misteriose signore cancellate quasi rimosse dalla storia che pure appartenevano ad uno dei più potenti ordini sacerdotali mai esistiti in Europa?". Se lo è chiesto Mario Baudino scrittore e giornalista, durante la presentazione del suo libro Il sorriso della Druida (sp. autori A, ore 12) edito da Sperling & Kupfer. Baudino in compagnia di Marco Zatterin ha fornito un affresco tutto sommato dissacrante del mondo celtico in cui "si andava in battaglia nudi per dimostrare il proprio valore e ci si impomatava i capelli di biacca per apparire più terribili (da qui il nome Gàlati e Galli)". Popolazione fortemente devota al sogno e completamente priva di buon senso, i Celti amavano il vino, la poesia e la guerra, ha raccontato Baudino, e dietro al timore che il cielo cadesse loro sulla testa celavano una dimensione esistenziale sostanzialmente tragica. Potentissima eredità celtica è il Graal che "non è il calice di Indiana Jones; i primi commentatori dei testi arturiani parlano ad esempio di una scodella larga e profonda in cui venivano messi molti cibi e da cui tutti pescavano per mangiare. In questo scodellone ci poteva stare anche una testa tagliata", segnale per una futura vendetta. "In alcuni casi" ha aggiunto Baudino "il Graal è diventato il calderone dell'abbondanza che rigenera il cibo ed ha una sola controindicazione: non riproduce il cibo per i codardi". Baudino ha presentato il suo nuovo libro come un "tributo d'amore ad un passato celtico che va preso sul serio", ma che non va necessariamente trattato in forma saggistica; quasi una sfida, dunque, la scelta del genere thriller mitologico.

Russe e gialle

Da giallo a giallo, ma al femminile, registriamo la presenza di Natasha Stefanenko testimonial della campagna promozionale dell'ultimo libro della giallista russa Alexandra Marinina Il padrone della città al Workshop di Piemme (caffè editoriale ore 12). Si è calata nei panni di Anstasia Kamenskaya, polizia investigativa di Mosca, e si presenta nel caldo torrido del padiglione 5 vestita come Nikita, con colbacco e guanti di pelle. La Marinina è una firma da best seller in Russia, una specie di mito. E i librai sono accorsi a vedere il video con Natasha intervistata sulla giallista in vari momenti di Scatafascio la trasmissione di Paolo Rossi, in cui fa la sua parte di diavoletto-presentatrice. Con dieci fotografi addosso e una montagna di lana, dopo poco comincia un minispogliarello. Angelo Pezzana, della libreria Luxemburg che la presenta, domanda agli editori "Cosa fa?". "No si toglie solo il cappotto, come è scritto in scaletta." Rispondono. Natasha gioca con il cappotto ma è vestitissima. I fotografi si placano e Pezzana rilancia "Adesso che lo spettacolo è finito la scaletta prevede la penetrazione del libro." E dall'hard si passa al noir.

Torino, 23 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 48


Fa un bell'effetto l'Auditorium pieno di gente che aspetta il Sudamerica "le più belle intelligenze del continente desaparecido, della lotta per il decoro dell'umanità" dice Gianni Minà coordinatore del convegno FILO VERDE La cultura sudamericana tra spiritualismo e sincretismo religioso, tra letteratura e telenovela (ore 15). "La letteratura dell'America latina non è solo il ritratto delle nostre società" dice Paco Ignacio Taibo II, messicano 40 libri pubblicati in 21 Paesi "ma anche lo specchio delle passioni di tutti, secondo un vecchio ma sempre valido messaggio della sinistra: ognuno di noi è anche voi. Con questa idea scrivo per ricostruire lo spazio dell'utopia." Parla italiano Daniel Chavarria, che vive a Cuba e ha alle sue spalle una vita spericolata "Fino a 18 anni sono stato un fervente cattolico, poi sono diventato marxista e leninista, con il gruppo guerrigliero uruguayano. Ho scritto un libro, L'occhio di Cibele che è uno studio sulla spiritualità della Grecia arcaica ma nel suo risvolto popolare. I miei personaggi sono prostitute e schiavi. Mi sento perciò a casa in un convegno in cui si parla di sincretismo e letteratura popolare." Poi parla la "figura profetica degli indios, testimone di una civiltà millenaria che non si è fatta schiacciare e ha percorso una strada di impegno sociale e politico che dal Guatemala l'ha portata fino al Nobel" (Minà). Rigoberta Menchù, piccola e solare, inizia a parlare dopo un lunghissimo applauso commosso: "È triste per me non parlare italiano, ma almeno parlo spagnolo… Non sono una scrittrice. Non sono andata a scuola, ma ho vissuto avvenimenti enormi. I miei due libri sono una lunga intervista (Mi chiamo Rigoberta Menchù) il primo è una sorta di memoria collettiva il secondo" Rigoberta, i maya e il mondo (Giunti), scritto in collaborazione con Dante Liano e Gianni Minà è il racconto di tutti quegli anni che vanno dalla fuga in Messico per sfuggire alla morte, passano attraverso l'esilio, le battaglie politiche e arrivano al Nobel della pace nel '92. "Ho scritto questi due libri" continua Rigoberta "soprattutto per avviare la cultura indigena dall'oralità alla scrittura. Solo così potremo farci conoscere: abbiamo idee da proporre. I figli di culture millenarie devono far conoscere la loro conoscenza." Paloma Amado è venuta a portare l'abbraccio del padre, Jorge, patriarca della letteratura brasiliana. Accanto a lei un altro uomo di Bahia, Frei Betto, esponente massimo della teologia della liberazione, con un'esperienza decennale di lavoro nelle favelas accanto ai bambini della strada, che ha appena pubblicato Uomo fra gli uomini (Sperling & Kupfer) la storia dell'uomo Gesù. "La scrittura che ha origine in un contesto di conflitti e dolori non può essere disimpegnata. Bisogna lavorare per la difesa dei più deboli" dice Frei Betto "per noi la globalizzazione è il neocolonialismo." Miguel Barnet, il raffinato scrittore cubano autore di Biografia di uno schiavo (la storia di schiavitù raccontata da un uomo di 104 anni), e ambasciatore cubano all'Unesco, ha detto di sentirsi "imbarazzato e orgoglioso di essere uno scrittore: credo che lo scrittore debba lavorare al progetto di un mondo migliore. E se sono convinto di questo lo devo al mio Paese, Cuba, che ha dato un senso alla mia vita e mi ha fatto intendere il senso della vita." Tutte insieme, queste figure del continente sudamericano sembrano proprio rappresentare il sincretismo nel senso più alto e pieno del termine "Siamo un tavolo sincretico" dice Frei Betto "tutti progressisti e tutti cristiani, Paloma e Barnet aggiungono l'elemento della santeria brasiliana, Rigoberta la tradizione india, io ho nel sangue un po' di Spagna e un po' di cultura araba. Ma ci sono due parole che mi infastidiscono. Una è setta, come vengono chiamate ad esempio le chiese della Pentecoste: non si può chiamare setta un gruppo di persone che si definisce una chiesa. L'altra parola è proprio sincretismo: presuppone il pregiudizio che ci sia una religione pura. Ma anche il cristianesimo è una mescolanza di tradizioni varie. In Brasile nelle chiese di base diciamo che per capire Dio bisogna fare la triangolazione tra la Bibbia il contesto della gente e le azioni. Il prodotto di questa triangolazione è anche il simbolismo, fondamentale per noi e che non ha nulla di negativo perché unisce al contrario del diabolico che disaggrega". Frei Betto ha poi continuato evocando la post-modernità "l'era dell'antropocentrismo religioso (come Adamo di Michelangelo nella cappella Sistina, anello di congiunzione tra Dio e la terra). Bisogna lottare per l'uomo a partire dall'uomo. 2 miliardi di persone sono al di sotto della povertà. I 25 trilioni di dollari del prodotto interno loro di questa terra è distribuito in un modo assurdo: 18 trilioni appartengono a 10 Paesi, i restanti 7 ai restanti 230 Paesi." E le nuove tecnologie non fanno altro che sottolineare l'altro grave elemento di decadenza della società: "non c'è più verità nei rapporti" continua Frei Betto "ci sono più amici via internet tra Italia e Giappone, che tra vicini di casa. Perché con quest'ultimo il rapporto è molto più difficile: bisogna mettersi in gioco. Dobbiamo recuperare l'affettività, verso gli altri e verso Dio. Dio è il nostro amante come ci insegnano gli indigeni". Rigoberta ne sa qualcosa e dice di essere completamente d'accordo con il suo confessore, sacerdote e mentore "Ritornare ad un equilibrio tra la missione dell'individuo per l'individuo e quella dell'individuo per la collettività", dice Rigoberta. Poi denuncia il paternalismo e il razzismo che hanno relegato in un angolo la cultura e la scienza maya. Avrebbero molto da insegnarci. Soprattutto che il futuro dei nipoti è la speranza del passato ma anche che il passato dei nonni è una speranza per il futuro. Solo con la memoria si conquista la verità e si arriva alla riconciliazione. "Nonostante massacri e disprezzo, la nostra cultura incompresa, grazie alla pazienza insita nella nostra fede è capace di comprendere l'umanità" dice Rigoberta, parlando a braccio, con passione "Dobbiamo cominciare ad essere ascoltati. I nostri anziani sanno capire il pericolo molto prima che si manifesti. Siamo educati a riflettere. E abbiamo un'enorme pazienza. Siamo stati decimati e quindi siamo più sensibili al dolore. Come ha detto monsignor Girardi nell'ultimo discorso i massacri di donne e bambini (con sassi, bastoni e ogni genere di strumento di violenza) hanno degli autori. Se non si ascoltano le vittime non c'è riconciliazione. Poi bisogna fare giustizia. La nostra fede è tutto questo. Non vi aspettate da me che vi racconti i nostri riti o come preghiamo sulle montagne. Se volete conoscere la nostra spiritualità vi posso solo raccontare di famiglie decimate di padre, figli, nonni che sono pronte a ricominciare da capo. Lotto perché l'energia degli esseri umani funzioni così: trasmettere la convivenza."

Torino, 23 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 49


SI LEGGE MA NON SI COMPRA


All'insegna del contraddittorio l'incontro Lettori & letture: l'Istat ne traccia il profilo (sala verde ore 14.30), organizzato dall'Istat che ha appena sfornato tutti i numeri dell'Italia che legge. Loredana Lipperini, giornalista, è contro la demonizzazione del non-lettore. "Non è un bestione" dice la Lipperini alludendo alla pubblicità della recente Festa del Libro "Il 27% degli italiani dichiara di non leggere perché non ha tempo: portiamo allora i libri negli ospedali, nelle banche, negli uffici dove si fanno le file. Oppure spediamo un libro AI neogenitori come si fa con i pannolini e gli omogeneizzati." Gian Arturo Ferrari, che dirige la divisione libri della Mondadori non sente ragioni e definisce "una bella prova di inciviltà" il fatto che oltre la metà degli italiani non legge neppure un libro in un anno e inorridisce di fronte al fatto che solo il 41 % dei lettori ha comprato l'ultimo libro che ha letto. Saverio Gazzelloni dell'Istat ha posto l'accento sul fatto che il libro è anche un bene ralazionale, un oggetto simbolico di scambio. Per Ferrari, però, "il prestito tra amici è una pratica primitiva". Se è vero, come affermano i dati dell'Istat che il numero dei lettori è in crescita costante, secondo Giovanni Peresson, consulente editoriale "è inquietante la distanza tra Nord e Sud, dove legge rispettivamente il 51% e il 34% della popolazione.
Lo scenario consente di prospettare forme differenziate di promozione e diverse politiche di prezzo? Chiedersi come il libro deve raggiungere il lettore equivale, per il sociologo Alberto Abbruzzese a "domandarsi come la strada debba raggiungere il cittadino". I canali di trasmissione della cultura sono diversi e non passano necessariamente attraverso i libri di cui si dichiara la crisi "almeno dagli anni '20".

Torino, 23 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 50


Seguendo la Sindone


Nell'arabeggiante e scenografico (obbiettivamente intrigante) spazio della Regione Piemonte, tra le molte attrattive soprattutto multimediali, c'è anche lo spazio de La Bussola, la cooperativa che gestisce il sito sull'Ostensione della Sindone (www.sindone.torino.chiesacattolica.it), con percorsi scientifici, artistico-iconografici, biblici, informazioni sull'incendio, e uno spazio per le prenotazioni. La stessa cooperativa gestisce anche al Salone la distribuzione della guida del Touring Club Italiano La Sindone. I percorsi del sacro a Torino e in Piemonte, volume promosso dal Comitato per l'Ostensione della Sindone 1998. L'ideazione dell'iniziativa e il coordinamento scientifico sono stati realizzati dall'Associazione Torino Città Capitale Europea. Nel volume oltre alle carte e alle piante con i percorsi in giro per chiese torinesi e piemontesi, c'è un intervento di monsignor Ghiberti, interventi scientifici e artistici, una descrizione degli itinerari e delle varie tappe con approfondimenti storico-artistici e religiosi.

Osteggiando la Sindone

Proprio davanti ai volumi del Touring e al computer con cui accedere al sito delle prenotazioni per l'Ostensione, oggi pomeriggio si sono incatenati alcuni squatters protestando per il divieto da parte del questore di Torino alla manifestazione che volevano organizzare oggi al Balôn. Accerchiati da una decina di poliziotti i ragazzi si sono poi allontanati, dopo aver srotolato un lenzuolo con la scritta Sindonbusters. Il messaggio che si ritrova anche nei volantini che hanno distribuito è "Cosa c'è sotto il lenzuolo?" Se non li fanno manifestare al Balôn, minacciano di farlo dappertutto. Al Salone l'hanno fatto.

Torino, 23 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 51


EDITORIA TECNOLOGICA. TECNOLOGIA EDITORIALE


Ammessa una volta per tutte la crisi del mercato librario quali possibiità attuali o futuribili offre la tecnologia nella filiera editoriale? L'attenzione va posta sui supporti tecnologici o piuttosto sui contenuti? Ne hanno discusso in Fra reale e virtuale: l'editoria nel nuovo sistema tecnologico (sp. Mullimedia, ore 14) Albino Bertoletti della Giunti Multimedia, Guido Boriani di Rescogitans del Saggiatore, Mario Guaraldi editore, Riccardo Ridi bibliotecario e Matteo Tartufoli architetto, coordinati da Paola Dubini. "Oltre 50 mila titoli annui" è stato detto "si riversano in un imbuto distributivo di ormai poche centinaia di librerie sempre più edicolizzate dagli invii d'ufficio dei grandi editori", la cui strategia sarebbe quella di "occupare con i propri titoli i pochi metri lineari di banco disponibili, scacciando dal nido quelli della concorrenza". La vita media di un libro si riduce a poco più di un mese, con una forsennata rotazione e continui flussi di rese da destinare al macero; scompaiono i cataloghi e i piccoli editori sono espulsi dal mercato. In questo scenario "emigrare su internet" può essere un mezzo per difendere il libro di cultura, per finalizzare la produzione al proprio fabbisogno, producendo "quanto serve quando serve", (Dubini) oltreché una scorciatoia per "avvicinare editore e cliente" ricreando magari l' antica figura dell'editore-tipografo o del libraio-tipografo (Guaraldi). Ipotesi rivoluzionarie sono state formulate, nel corso della tavola rotonda, circa le conseguenze che l'editoria on line avrebbe tanto sul circuito della distribuzione ("che in quanto mediatore verrebbe scavalcata, entrando in crisi e sarebbe costretta a reinventarsi" ha detto Guaraldi) quanto sul sistema bibiotecario. Di un progetto di biblioteca interamente digitale nella piccola chiesa barocca di Santa Teresa a Milano ha parlato Tartufoli, che ne è il progettista, e che si pone, ormai da tre anni, il problema di allestire uno spazio architettonico "per una tecnologia che tra pochi anni potrebbe essere completamente superata. Ma se il futuro dell'editoria, come sembra, è ormai indissolubilmente legato alla rete, e se ciò comporterà un complessivo ripensamento di ruoli e "vecchi mestieri", più volte è stato sottolineato il fatto che "occorre rassegnarsi alla necessità di una fluidità sempre maggiore, tanto per i contenuti quanto per i supporti tecnologici".

Torino 23 maggio 1998


COMUNICATO SAMPA N. 52


SUI LEPIDOTTERI E D ALTRI ANIMALI


Un famoso zoologo, Edward Wilson, ha detto che: "Se un giorno scomparissero gli insetti, il nostro pianeta precipiterebbe nel caos". Non altrimenti accadrebbe se fosse l'homo sapiens a scomparire: la terra si limiterebbe, in questo caso, a ritornare com'era prima che la sua specie comparisse. "Per questo è importante studiare attentamente la metamorfosi dei lepidotteri" ha esordito Enrico Stella (Sala gialla, ore 18) nel corso della presentazione del suo ultimo libro Caro Papilio. Le mie farfalle e altre storie edito da La Stampa nella collana "Argomenti di scienza". Dopo i commenti di Giusto Benedetti, Piero Bianucci e Giorgio Celli, Stella ha proiettato ed illustrato una serie di diapositive, fatte da lui stesso, che documentavano i vari stadi, anche cromatici, della muta del bruco macaone, fino alla sua trasformazione in crisalide (seguendo via via il processo di formazione della "cinturina di seta con la quale il bruco si assicura alla pianta cui è agganciato"). Mentre Celli parlava della paura degli animali da parte dell'uomo, soffermandosi in particolare sul timore ancestrale nei confronti degli insetti, veri e propri "inviati del demonio", tanto che Satana è detto "Il Signore delle Mosche", di mosche, appunto, di topi e di uomini parlavano anche François Jacob, Alberto Conte, Luigi De Carli, Aldo Fasolo e Fiorella Nuzzo (sp. Autori A, ore 18) presentando il volume Il topo, la mosca e l'uomo pubblicato dalla Bollati Boringhieri. Questo studio di Jacob, premio Nobel per la medicina con alle spalle ottant'anni di ricerca nel campo della genetica, ha permesso di formulare un modello universale dello sviluppo embrionale: il topo, la mosca e l'uomo sono composti esattamente con gli stessi ingredienti (stessi atomi, molecole, geni) e la diversità delle forme e delle specie è dovuta unicamente ai piccoli cambiamenti nel sistema che regola l'espressione di questi geni. Pensa Jacob che il mondo sia "un gigantesco meccano in cui sempre gli stessi pezzi sono montati e rimontati da quel geniale bricoleur che è la natura". Oltre al valore letterario dell'opera tale per cui tutti gli intervenuti hanno insistito su Jacob come scienziato e scrittore, affrontare il tema della genetica ha poi inevitabilmente aperto a problemi di grande attualità come la clonazione (nei confronti della quale Jacob si è dimostrato scettico, qualora riguardi l'uomo) e i brevetti degli organismi transgenici.

Torino, 23 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 53


Nel 1997 la Sergio Bonelli Editore pubblica due nuove testate: il mensile Magico Vento, di cui è sceneggiatore ed ideatore Gianfranco Manfredi, e il bimestrale Napoleone, in cui testi e disegni sono opera di Carlo Ambrosini, entrambi presenti all'incontro Nuovi fumetti per nuovi lettori (sala gialla, ore 21). Protagonista della prima serie è un bianco tempestoso ed ombroso (il cui vero nome è Ned Ellis), ex-soldato passato con i Sioux che, perduta la memoria a causa di una scheggia di metallo conficcata nel cranio, intuisce il futuro attraverso drammatiche visioni profetiche. Parlando del suo lavoro Manfredi ha insistito soprattutto sull'importanza delle storie e sull'emotività dalle quali esse devono scaturire e che, al tempo stesso, devono essere in grado di suscitare. "Il mercato giovanile ha un profondo senso di appartenenza e un forte legame emotivo nei confronti del personaggio e tutto ciò va quantomeno rispettato, senza contare che sarebbe un mestiere infernale disegnare mese dopo mese una nuova storia senza riuscire a divertirsi nel crearla". Napoleone è invece il personaggio creato da Ambrosini: nato in Italia e cresciuto in Africa, gestisce a Ginevra un piccolo albergo; suo tratto caratteristico è la capacità di stabilire un colloquio con delle strane creature nate dalla sua mente e abitanti un paesaggio onirico e surreale - la ninfa Lucrezia, l'omino con la faccia di pesce Scintillone e il maggiordomo Caliendo - immagini che sono in realtà "materiali psichici", come li definisce lo stesso Ambrosini, "sogni carichati di una spinta simbolica da cui Napoleone trae spunto per decifrare la realtà, alla ricerca di un'angolazione particolare".

Torino, 23 maggio 1998


COMUNICATO STAMPA N. 54


Silvia


"In una recente intervista Andreotti ha ammesso di non sapere che Silvia Baraldini non ha mai commessi atti di sangue, pur essendo andato ben due volte da Bush a perorare la causa" dice Riccardo Bocca autore di La condanna presentato dalla Feltrinelli (spazio autori C ore 19.30). L'ultimo governo ha mandato una commissione i cui membri mancavano di competenze specifiche rispetto al sistema giudiziario americano e forse non avevano neanche una precisa conoscenza degli atti del processo. "L'informazione è approssimativa e appiattita. C'è ignoranza sui fatti" dice Bocca, e continua "Bisogna cercare di non irritare politicamente gli USA. Non bisogna farne una battaglia politica, ma deve essere una difesa del singolo, della vicenda personale di Silvia." Dacia Maraini, presente all'incontro, ha raccontato di aver scritto con Antonio Tabucchi un articolo per la divulgazione dei fatti e della storia del processo Baraldini "Non si capisce come mai tutti coloro che hanno commesso reati analoghi a Silvia" dice la Maraini "siano stati poi reintegrati nella società" e digeriti come fenomeni. La vicenda di Silvia Baraldini è diventato un oggetto di contrattazione tra Stati, si è andati oltre i fatti : "non è più una persona ma quasi un'astrazione e per la giustizia americana un simbolo. Si è perso il ricordo del contesto storico degli avvenimenti e dei reati che le sono imputati." Continua la Maraini denunciando le condizioni della detenzione : "in un Paese come gli Stati Uniti non è accettabile che ci sia un carcere come Lexington in cui mirano solo ad azzerare la personalità." Ha cercato di incontrarla, ma ci sono stati dei problemi. E Lucio Manisco, spiega che per un presunto atto di insubordinazione è di nuovo in cella d'isolamento per 6 mesi. Luigi Tribaudino, in rappresentanza del comitato torinese per la liberazione di Silvia, ha messo l'accento sulla contrapposizione tra la sottomissione e l'ambiguità d'azione dei vari governi che si sono succeduti nei loro rapporti con gli USA e la lucidità e l'integrità morale della Baraldini. Gianni Troiani, del comitato romano, ha ricordato l'intervista di qualche giorno fa di Silvia al Corsera in occasione della visita di Prodi negli Stati Uniti in cui chiedeva di mettere al centro dei rapporti USA-Italia la sua vicenda. E al giornalista che le ha chiesto se odia il Paese che le ha rovinato la vita ha risposto che questi anni di detenzione in realtà l'hanno arricchita e le hanno dato l'opportunità di fare cose che non avrebbe mai fatto. "Il fatto che Silvia sia un simbolo" dice Troiani "ha consentito a noi di portare avanti la sua battaglia e a lei di resistere, perché un simbolo ha delle responsabilità nei confronti di tutti coloro che sono nelle sue condizioni". Tutte le motivazioni per cui gli americani tengono ancora in carcere la Baraldini, ricorda Troiani, non sono pertinenti, dalla presunta pericolosità, al mancato pentimento fino al giudizio sull'inadeguatezza del sistema giudiziario italiano. Dopo l'approvazione alla Camera durante il governo Dini dell'impegno dell'Italia a richiedere l'intervento di Strasburgo sono passati 4 anni. Ora i comitati andranno a Strasburgo non per contrastare l'azione del governo Prodi, ma per sostenerlo. Per liberare Silvia. Silvia che Lella Costa ricollega ad un archetipo della forza femminile : "mi è sempre ronzata nella testa l'idea che la vicenda di Silvia l'avessi già sentita : ora ho capito chi mi ricorda. È Antigone che viene uccisa non perché ha commesso un delitto, ma perché rivendica un diritto andando contro il potere e il potere si spaventa. Facendone una questione di principio. Un atto dimostrativo."

Torino, 23 maggio 1998



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