"La fisica è la Chiesa cattolica della scienza e, in quanto tale, sarà l'ultima ad accogliere le donne in seno alla propria ortodossia". Crotone, Magna Grecia, tramonto del VI secolo a.C.: sotto la guida di Pitagora, mistico matematico e sapiente dai gusti esotici, si forma una setta di intellettuali dediti all'ascesi filosofica. Loro aspirazione, immedesimarsi nell'armonia suprema del cosmo celata dietro il simbolismo magico dei numeri.
Ellis, Texas, alba del terzo millennio: su iniziativa dei massimi fisici teorici contemporanei si progetta l'esperimento più ambizioso e costoso dell'umanità, una galleria atomica ovale lunga ottantacinque chilometri dal nome fantascientifico di "Supercollisore superconduttivo". Scopo dell'impresa, quello di ricreare la sintesi di spazio tempo e materia che sta all'origine del tutto.
Dall'antichità classica all'iperattualità statunitense, dalla combinazione presocratica degli elementi alla fissione postmoderna delle particelle subatomiche: singolare convergenza di un'avventura conoscitiva che dura ormai da 2500 anni e che nell'ansia teologica di soggiogare il mistero dell'universo rivela una stessa matrice (l'impostazione tecnocratico-matematica), un unico obiettivo (la riduzione dei fenomeni naturali a un pugno di formule) e un solo genere di attori: i maschi.
A quest'elementare - ma tutt'altro che innocente - scoperta è pervenuta una giovane studiosa australiana ripercorrendo le tappe salienti del pensiero occidentale in un libro provocatoriamente intitolato I pantaloni di Pitagora che, uscito negli Stati Uniti appena qualche mese fa, ha già suscitato ampio dibattito presso le maggiori università americane. Quella che doveva essere una breve e "neutrale" storia della fisica si è così trasformata in un'accesa requisitoria contro la sacralità della ricerca scientifica (tuttora responsabile, a suo avviso, di un'ingiustificata discriminazione dei sessi), e una commossa rievocazione delle rare comparse femminili - dalla martire alessandrina Ipazia alla perseguitata ebrea Lise Meitner, dall'illuminista bolognese Laura Bassi alla santa laica Marie Curie - che con la loro intelligenza e sensibilità hanno aggraziato il duro progresso della tecnica, lasciando al tempo stesso intravedere quali innegabili vantaggi potrebbero venire alla ricerca il giorno in cui anche nei laboratori si raggiungesse una più equa rappresentanza dei sessi.
Coordina Livia Azzariti, giornalista e conduttrice
televisiva.
Intervengono: Giovanna Camerino, una delle
maggiori genetiste europee, responsabile dell'indagine verso
il cromosoma X umano presso il laboratorio di Strasburgo;
Sylvie Coyaud, editorialista de
"L'Unità" e intellettuale dai molteplici
interessi; Margaret Wertheim, autrice del saggio.
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