"Verso la fine del Settecento avvenne un mutamento
il quale, se io dovessi riscrivere la storia mi sembrerebbe
più importante delle crociate e della guerra delle sue
rose (...). La donna di classe media cominciò a
scrivere". Così scriveva nel 1928 Virginia Woolf,
che fa risalire al secolo XVIII uno dei mutamenti più
ricchi di conseguenze della storia moderna. Da allora le
condizioni delle donne "colte" si sono trasformate,
mutati i loro rapporti con le istituzioni, diverse le
immagini che la società si è fatta di loro. Ma
se troviamo donne impegnate nella ricerca sperimentale,
storica, letteraria, nelle arti e nell'economia, e se esse
non sono più segnalate come "isteriche" per
aver trasgredito le funzioni ritenute muliebri per eccellenza
- la maternità, ma anche l'obbedienza,
l'umiltà, la sottomissione -, si può davvero
dire che a livelli anche alti di responsabilità e
impegno istituzionale l'emarginazione femminile non esista
più, che la parità sia riconosciuta non solo a
parole, ma nei fatti?
Dalle femmes savantes alle
scienziate, dalle dottoresse preziose alle docenti
universitarie è veramente cambiato qualcosa? Le
conquiste femminili sono davvero un fatto acquisito? O
ciò che viene dato alle donne con una mano viene loro
tolto con l'altra?
Coordina l'incontro: Luisa Ricaldone, docente di Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea presso la Facoltà di Lettere dell'Università di Torino.
Intervengono: Amalia Bosia, docente di Chimica e Propedeutica Biochimica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Torino; Paola Di Cori, docente di Metodologia della Ricerca Storica presso la Facoltà di Magistero dell'Università di Torino; Graziella Fornengo, docente di Economia Politica presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Torino; Anna Maria Verna, docente di Storia del Pensiero Politico Contemporaneo presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Torino.
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