RICCARDO PIACENTINI

TORNANO I MUSICI DI TORINO

da "Musica e scuola", anno XII, n°16, 15 settembre 1998

 

"Il maestro Franco Mariatti e i Musici di Torino dopo dieci anni tornano a suonare insieme": così recitava uno dei titoli del programma di sala del concerto tenutosi al Conservatorio di Torino la sera del 3 giugno. Occasione particolarmente propizia, tanto più se si considera da un lato lo scopo benefico dell'iniziativa (promossa dall'Associazione per la prevenzione e la cura dei tumori in Piemonte e con il patrocinio della Città di Torino e della Provincia) e dall'altro la presenza di due solisti di indubbio valore, come l'oboista Bruno De Rosa e il cornista Ettore Bongiovanni [...]

Il primo impatto della serata, offerto dall'esecuzione dello spumeggiante Concerto in La maggiore per archi e cembalo di Antonio Vivaldi, è stato quello dei tempi staccati con giovanile baldanza, e, inoltre, con una chiara distinzione dei piani dinamici. [...]

La serata proseguiva con il Divertimento in re maggiore K 136 di Wolgang Amadeus Mozart, lavoro apollineo eppure straordinariamente inebriante, incantevole soprattutto per il movimento centrale, e, a conclusione della prima parte, con un balzo a ritroso al primo Settecento, il celebre Concerto in do minore per oboe e archi che oggi ascriviamo ad Alessandro Marcello e non più ad un persino più celebre Anonimo Veneziano. La perla è qui stata l'oboe solista Bruno De Rosa, il cui fraseggio curato e non lezioso, volto a una cantabilità espansa, naturale, immergeva impercettibilmente il respiro in una fluida e articolata continuità del suono. Non poteva dunque mancare, su insistita richiesta, un bis per cui è stato scelto un altro celebre assolo, questa volta dalla colonna sonora del film "Mission" firmata da Ennio Morricone. Nuovo suono, nuovo pensiero, a testimonianza dell'intelligenza musicale di De Rosa.

La seconda parte del concerto ha visto invece impegnato, a fianco dei Musici, il cornista Ettore Bongiovanni. [...] Bongiovanni ha esibito senza fallire le sue peraltro note qualità di virtuoso e interprete. Ciò che in lui ci piace è la pastosità del suono, qui più che mai dialettico rispetto agli archi, unita all'impeccabile perizia tecnica e fatto non secondario, a una presenza sulla scena di notevole eleganza e disinvoltura.

Il pezzo più importante della serata era comunque quello conclusivo, la Sinfonia n° 29 in la maggiore K 201 di Mozart. Vaporoso il primo movimento dall'incipit amabile e fortunato, mentre il secondo potrebbe essere assunto come esempio settecentesco di buona creanza musicale, quasi un minuetto in due, con in più una chiusa inattesa e singolarmente sbrigativa e poi ancora il breve minuetto e, da ultimo, il brioso finale, non a caso ripetuto come bis.

La prova dell'orchestra, dopo la lunga stasi, è stata senz'altro positiva [...] Gli aspetti secondo noi più rilevanti sono sintetizzati in una efficace "verve" esecutiva e in una buona affidabilità generale, che il complesso, oltre o senza i patemi filologici, ha trasmesso con il plauso unanime di un pubblico numeroso e attento.

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