.....1979 alcuni di noi cominciarono a chiedersi se fosse possibile per un gruppo di lavoratori "fare teatro" tranquillamente ed impunemente ad un livello di professionalità sufficientemente alto. La risposta, già implicita nella domanda, fu sì a patto che non si cadesse nella scelta di costituire una filodrammatica, e che non si scegliesse di fare teatro solo per occupare il tempo.

La strada da percorrere era quella di appropriarsi di tutti gli strumenti tecnici e culturali che consentono di fare teatro. Inoltre, la messa in scena di un testo teatrale doveva essere solo l'atto finale di una serie di riflessioni storiche e culturali legate all'opera da rappresentare.

Questo per fare in modo che ogni appartenente al gruppo, assieme all'acquisizione della tecnica teatrale, avesse modo di crescere culturalmente.

Venne deciso che tutti i testi da rappresentare dovevano avere valenze e significati attuali, racchiudendo in sè gli stimoli per una riflessione su temi vicini al Gruppo.

Logica e naturale fu, quindi, la ricerca di collaborazione con veri professionisti del Teatro e della Cultura. Di qui la collaborazione con il regista Flavio Ambrosini, con l'attore Eugenio Allegri, con Piero Ferrero, direttore del Centro Studi del Teatro Stabile di Torino, e con Roberto Alonge, docente di Storia del Teatro della Università di Torino. A questi vanno poi aggiunti diversi altri professionisti che nel corso di questi anni hanno collaborato con il Teatro Studio.

Il primo spettacolo fu "L'Opera da Tre Soldi" di Brecht, per la regia di Flavio Ambrosini.

Un testo difficile e notissimo, ma proprio per questo adatto ad un serio inizio della nostra attività teatrale. Lo spettacolo fu messo in scena prima presso il Circolo Eridano, in riva al Po, in seguito lo spettacolo fu ripreso al Teatro Gobetti di Torino.

Da questo primo impegnativo incontro col teatro si passò, nel 1982, all'allestimento, sempre sotto la guida di Flavio Ambrosini, del "Marat-Sade" di Peter Weiss. Un testo che, attraverso il ricordo storico della Rivoluzione Francese, stimolava il dibattito ed il confronto su temi politici e ideologici quanto mai attuali non solo in quegli anni.

Lo spettacolo venne rappresentato al Teatro Gobetti e resta una tappa fondamentale nella storia del Teatro Studio.

Sempre sull'onda della riflessione sul tema della Rivoluzione, ma con l'occhio puntato sul problema della nascente borghesia, la scelta del successivo spettacolo cadde sulle "Nozze di Figaro" di Beaumarchais, con la regia di Flavio Ambrosini divenuto ormai punto di riferimento insostituibile per il Gruppo.

Con le "Nozze di Figaro" il Gruppo mise alla prova le proprie capacità più decisamente recitative e di interpretazione.

Dopo questo spettacolo nel gruppo si fece strada l'esigenza di produrre in proprio un testo, così, dopo aver scartato l'idea di scrivere direttamente a più mani un lavoro da rappresentare, la scelta cadde sulla trasposizione teatrale di un romanzo.

Nasce così "La Chiave a Stella" tratta dall'opera omonima di Primo Levi.

Una riflessione sui temi del lavoro contemporaneo e sulla disumanizzazione dell'individuo che al lavoro si trova legato. Una lettura del romanzo di Levi fatta da Ambrosini e dal Gruppo di grande efficacia visiva, rappresentata in uno spazio non teatrale, densa di momenti che facevano riferimento alle più diverse tecniche comunicative e alle più svariate forme di spettacolo: dall'intervista al racconto, dall'avanspettacolo al cinema.

Lo spettacolo successivo fu "La Cimice" di Majakoskij per la regia di Andrea Dosio. Un ritorno alla riflessione sulla rivoluzione, su una a noi ancor più vicina, quella russa. Un'analisi della funzione del teatro rivoluzionario, del ruolo dell'intellettuale e, non ultima, una lettura della Rivoluzione di Ottobre alla luce del rinnovamento che stava investendo in quel momento la società sovietica.

Poi, nel 1989, la ripresa del "Marat-Sade" sempre con Flavio Ambrosini, rappresentato all'interno dell'ex Ospedale Psichiatrico di Grugliasco.

Una lettura diversa da quella dell'82 per una ripresa che, mettendo in scena il testo di Weiss nella sua collocazione ideale, denunciava la sofferenza della prigionia e si inseriva con decisione nel dibattito sulla legge 180 e su tutti i problemi che gli ex degenti degli O.P. devono affrontare.

Questo spettacolo ha coinvolto, forse più di ogni altro, personalmente a livello emotivo ogni appartenente al Gruppo.

Nel 1991 il Teatro Studio è stato chiamato a collaborare alla messa in scena de "Gli Ultimi Giorni dell'Umanità" di Karl Kraus con la regia di Luca Ronconi per il Teatro Stabile di Torino. Una partecipazione di grande prestigio che ha avuto per noi un pò il significato di un riconoscimento dato dal mondo teatrale ufficiale al Gruppo per il suo lavoro che dura ormai da più di un decennio.
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In quello stesso anno il Teatro Studio organizza un Convegno a livello nazionale avente per tema il Teatro Amatoriale in Italia, il cui titolo era " Teatro degli amatori " .

1992: "La conquista di Abya Yala" di e con la regia di Eugenio Allegri. Ispirato alle vicende della scoperta dell'America, ha impegnato il Teatro Studio in un approfondito lavoro di indagine e di documentazione ed in una rinnovata linea di ricerca che ha percorso il dramma storico e l'allegoria comica, gli intrecci da Commedia dell'arte ed i forti accenti del teatro epico, finendo poi per incrociare le "stazioni" e i "misteri" medievali.

Lontani dallo spirito delle "celebrazioni", i trenta attori del gruppo ed i tanti collaboratori hanno condotto sulla scena una sorta di dibattito teatrale vivace e divertente, ma nel contempo con la dolorosa consapevolezza di essere, come tutti noi, gli eredi di quei lontani avvenimenti che hanno cambiato il mondo e che ancora lo condizionano.

Lo spettacolo è andato in scena alle Serre di Grugliasco nel vecchio e glorioso teatro di posa cinematografico della Fert, dal 12 al 25 ottobre del 1992. E' stato poi rappresentato nel 1993 a Monticello Conte Otto (Vicenza), a Borgaro Torinese, ad Asti e a Pesaro.

Il 1994 ha visto l'inizio della collaborazione con Antonia Spaliviero e Gabriele Vacis del Teatro Settimo. Da un lavoro di preparazione sul tema del razzismo e dell'intolleranza è nato "Io volevo essere sempre il comandante". Sulla scena una classe, o forse un gruppo di amici, che si muove tra l'oggi e la storia passata, quella "grande" e quella di ognuno di noi. E' il 1937, l'anno che precede le leggi razziali in Italia, raccontato nel diario di un bambino di sette anni. Ne emerge uno spaccato di ambienti e linguaggi, che si direbbero dimenticati, ma che sono la radice del nostro presente. Le parole del duce, gli studi sul razzismo di Julius Evola, le meditazioni sull'antisemitismo di Albert Cohen, fanno da corollario ad una semplice riflessione in forma teatrale su come si muovono gli uomini e su come scaturiscono azioni e idee nel corso del tempo. "Io volevo essere sempre il comandante" è la prima fase di un processo di riflessione che il Teatro Studio ha intrapreso da qualche mese sui temi dell'intolleranza e del razzismo, che saranno oggetto del prossimo spettacolo. Questo primo risultato è in grado, comunque, di dimostrare come il teatro continui ad essere un'eccezionale strumento per esprimere la vita.

Lo spettacolo è stato rappresentato in anteprima a Napoli il 4 novembre 1994 in occasione della rassegna teatrale organizzata dal Cral Sip. Lo spettacolo è poi andato in scena a Settimo Torinese, a Mestre, a Verona, a Milano, a Roma e a Torino.

Attualmente il gruppo sta lavorando allo spettacolo " Che razza di gente siamo " lo spettacolo andrà in scena al Teatro Garybaldi di Settimo Torinese dal 04 dicembre 1996 al 08 dicembre 1996.