PER IMPARARE PIU' DI UNA LINGUA

di Maddalena VALENTE

La Lingua dei Segni, modalità comunicativa che passa attraverso il canale visivo-mimico-gestuale (a differenza delle lingue vocali che vengono trasmesse e recepite mediante il canale uditivo-verbale-fonatorio), è la lingua che gran parte delle persone sorde utilizza per comunicare. Le lingue dei segni hanno una lunga storia, come tutte le altre lingue, ma il loro riconoscimento è abbastanza recente: infatti, solo negli anni '60, in America, un linguista - William Stokoe - ha cominciato a studiare questa forma di comunicazione particolare e ha scoperto che essa possiede regole morfo-sintattiche sue proprie, una sua storia, un suo lessico ed è una lingua a tutti gli effetti.

La lingua dei segni non è, quindi, né un semplice gesticolare legato alla lingua vocale usata nel Paese di appartenenza di una data comunità di sordi, né un sottocodice di una lingua vocale. Questa scoperta e i suoi successivi sviluppi hanno portato, nei Paesi che hanno accolto questa modalità come specifica delle persone sorde - in America e ancor di più nei Paesi scandinavi - ad una serie di proposte educative e comunicative in genere, che hanno permesso l'evoluzione e l'integrazione di soggetti normalmente dotati, a cui è deficitario solo il canale uditivo.

Si è compreso che la piena integrazione sociale delle persone sorde è possibile a patto che, dopo la fase dell' esperienza protetta (quale può essere quella scolastica e familiare), nel momento in cui esse si trovino a dover gestire da sole tutto quanto è indispensabile ad una vita indipendente ed attiva, si realizzino condizioni adeguate. Alcuni Paesi europei ed extraeuropei da tempo risolvono il problema di "barriera comunicativa" istituendo Corsi di Formazione rivolti ad operatori di vari servizi per l'apprendimento della lingua dei segni, cosicché le persone sorde possono accedere alle informazioni di competenza dei vari Enti senza troppe difficoltà e senza il rischio di incomprensioni ed equivoci.

Molti, ne sono sicura, penseranno "ma perché insegnare una lingua utilizzata da pochi e non far imparare ai sordi la lingua italiana che la maggioranza conosce?". Non sarebbe più semplice e proficuo? Per quanto riguarda l' aspetto molto superficiale della questione la risposta logica è sicuramente " Diamo la parola ai sordi e non pensiamoci più. Sono loro che devono imparare l'italiano, non siamo certo noi che dobbiamo imparare qualcosa da loro". Questo tipo di scelta vede il sordo come mancante, bisognoso di persone pazienti che si prendano cura di lui, in una parola il sordo è innanzitutto un malato, un handicappato in rapporto al modello sano che vuole che la persona senta i suoni e soprattutto che parli (risultato evidente della buona riuscita medica e riabilitativa).

L' altra risposta prevede, invece, una riflessione più profonda che parte dalla domanda: "E' giusto livellare tutta la popolazione ad un unico modello o si rispettano le diversità individuali?". E la riflessione ci conduce a vedere l'altro (in questo caso la persona sorda) nella sua complessa diversità da noi, e non a farci influenzare da quello che vorremmo che lui fosse, che lui dicesse. A questo punto, se veramente abbiamo davanti a noi una persona e non una nostra immagine mentale, potremo scoprire che ha una sua storia, una sua cultura, una sua lingua e che INSIEME e ALLA PARI possiamo imparare uno dall'altro. E perché no? Anche la Lingua dei Segni, lingua di una Comunità diversa da quella degli udenti, una minoranza etnico-linguistica non per questo inferiore o da relegare in un ghetto. Si parla tanto di integrazione di tutti i diversi, ma a cosa si riduce questo bel proposito se per "integrare" distruggiamo le particolarità e le potenzialità, sicuramente "diverse", di queste persone? Per integrazione io intendo un atto non unilaterale, al contrario, un atto che preveda il rispetto di quanto porta con sè una persona diversa da me. Anch' io posso imparare tanto se mi non mi metto nella posizione, comoda e superiore, di individuo che ha raggiunto la perfezione (non si sa bene come!) e quindi impermeabile a qualsiasi nuova esperienza e conoscenza.

Maddalena Valente

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