CONGRESSO EUROPEO "L'AUDIOLESO IN EUROPA"

Processi cognitivi e psicodinamici nell'audioleso interventi psicopedagogici a confronto 11-12-13 MAGGIO 1995

di Claudia Raffaghelli

Si è tenuto in questi giorni a Torino il convegno internazionale su "L'audioleso in Europa" organizzato dal convitto nazionale statale per sordi in Torino dove erano presenti relatori italiani e stranieri. Numerosi sono i commenti da fare su questa iniziativa.

IL LESSICO

Il sordo è stato chiamato in vari modi dagli operatori italiani, ecco alcune 'perle': audioleso, minorato sensoriale, disabile, non udente, handicappato sensoriale, sordo prelinguistico. Gli operatori stranieri hanno invece utilizzato una terminologia meno variegata ma la traduzione degli interpreti in lingua parlata è stata sempre, comunque, audioleso anche quando un sordo è riuscito ad intervenire e chiedere di smettere di usare termini quali audioleso, handicappato.

 

INTERPRETARIATO

Vi era un servizio interpretariato per gli udenti dalle lingue inglese, francese e spagnolo che difettava ogni tanto di competenza specifica ma sufficiente per comprendere gli interventi stranieri. Il servizio di interpretariato per i sordi si è dimostrato qualitativamente molto scarso. Sicuramente le persone impegnate non erano interpreti professionali in quanto un professionista nel campo non accetterebbe mai di lavorare una giornata intera senza avere pause e il cambio con altri operatori. E' sembrato chiaro che tali volonterosissime persone non avevano avuto l'opportunita' di leggere in anticipo il testo del discorso da tradurre, trovando quindi delle difficoltà insormontabili che hanno superato con una interpretazione parziale, poco aderente al testo parlato, con aggiunte e deduzioni personali e tagli involontari, semplificazioni. Alcuni sordi hanno preferito andarsene piuttosto che rimanere al convegno senza capire il vero significato di ciò che veniva detto. Non si può dare la colpa a questi volonterosi interpreti in quanto anche il più professionale e competente degli interpreti avrebbe difficoltà a dare un buon servizio se dovesse lavorare in queste condizioni. Comunque per l'ennesima volta sono stati i sordi a farne le spese, in quanto non hanno potuto vedere quello che si diceva ad un congresso in cui si parlava di loro.

 

CONTENUTI

I relatori italiani, per lo più politici, amministratori, responsabili di alto livello (non si è visto un insegnante, un educatore, un sordo, un logopedista) si sono presentatati quasi tutti con frasi del tipo: io sono il responsabile dell'handicap di....ma non ho competenze sui sordi, io sono il rappresentante di ......ma non ho mai incontrato un sordo in vita mia, io sono il massimo esperto su.... Tutti questi 'personaggi' hanno tediato la platea con discorsi superati, incomprensibili, banali dimostrando quanto sia penosa la situazione italiana per i sordi. Per lo più si sono dimostrati soddisfatti (soprattutto la prima giornata) della situazione attuale per quanto riguarda l'integrazione scolastica del bambino 'audioleso'.

Noi non riusciamo proprio a capire come possano essere soddisfatti della situazione disastrosa attuale della scolarizzazione del bambino sordo. Per chi non ne sia al corrente la situazione attuale è la seguente: il bambino sordo viene inserito in una classe di udenti, gli viene assegnato un insegnante di sostegno che sovente cambia ogni anno e che non sa comunicare con lui. Raramente l'insegnante è specializzato ed ancora più raramente conosce la lingua dei segni. Dopodichè il programma viene sistematicamente ridotto e così il bambino riesce a prendere il diploma di scuola media con le conoscenze scolastiche di un bambino di terza elementare (quando va bene), e così abbiamo un sordo ignorante in più. Ultimo appunto: in Svezia e in America o sordi si laureano senza programmi ridotti.

Ritorniamo al nostro convegno. Tutti questi personaggi importanti e soddisfatti hanno dimostrato di avere capito poco della situazione attuale perché se avessero avuto le idee un pò più chiare avrebbero almeno dichiarato che avrebbero fatto 'tutto il possibile per migliorare la situazione attuale'. Abbiamo sentito parlare di 'sindrome audiogena'. Non sapete cos'è? Era novità anche per noi. La 'sindrome audiogena' consiste in una sindrome che comprende: sordità, patologia comunicativa, patologia da solitudine, patologia da deprivazione affettiva, patologia da frustrazione, patologia di tipo culturale e da contatto. Sembra che questa patologia sia particolarmente frequente qui in Italia, in quanto non ci risulta che sia presente all'estero. Siamo convinti che se gli stessi bambini sordi a cui hanno diagnosticato la 'sindrome audiogena' avessero avuto la possibilità di comunicare in lingua dei segni sarebbero stati solo sordi.

Sicuramente più interessanti e validi sono stati gli interventi stranieri che hanno potuto mostrarci in modo chiaro quali sono le linee di indirizzo nei loro paesi. Interessantissimi gli interventi delle Dr.sse Eva Jonsson e Margareta Ahlstrom dell'Università di Stoccolma che con i loro video e le loro esaurienti spiegazioni hanno potuto farci vedere le loro scuole dove viene realizzato un autentico progetto bilingue. Abbiamo visto bambini sordi svedesi raccontarci come loro affrontano il lavoro scolastico di comprensione del testo scritto ed abbiamo visto le attività educative con i bambini in età prescolare. In Svezia tutti i bambini sordi vengono avviati al bilinguismo, i contenuti vengono trasmessi con la lingua dei segni che è la prima lingua del sordo (riconosciuta dallo stato) e poi attraverso la scrittura vengono avviati alla seconda lingua, lo svedese parlato. Naturalmente anche i sordi imparano l'inglese. Quando il bambino deve esprimersi viene accettata qualsiasi modalità, lingua dei segni o lingua orale. Quando durante il convegno una persona ha chiesto se gli stessi aiuti venivano offerti alle famiglie che facevano una scelta diversa da quella bilingue la risposta è stata significativa: anche i sordi medio gravi in cui non è necessario l'uso della lingua dei segni hanno chiesto di essere bilingui.

Anche l'inserimento lavorativo in Svezia rappresenta un modello da seguire. Già dall'ottavo anno di scolarizzazione il sordo viene indirizzato verso i suoi desideri e le sue possibilità in base alle sue competenze. Personale competente in materia analizza le risorse, le attitudini, le capacità e competenze dell' alunno sordo in modo da poter dargli una futura collocazione lavorativa che lo soddisfi. Quando poi cercherà lavoro si potrà rivolgere al consulente specializzato che lo aiuterà ad avere una collocazione adeguata alle sue reali capacità. In Svezia il sordo non è relegato solo a mansioni di livello inferiore e quindi può trovare una occupazione lavorativa adeguata alle sue capacità.

Per concludere diremo che non ci rimane che sperare che le relazioni svedesi abbiano aperto uno spiraglio di luce nella mente di alcuni 'personaggi' e che la situazione in Italia possa migliorare (anche perchè molto più in basso non possiamo cadere, siamo già al fondo!).

CLAUDIA RAFFAGHELLI

(articolo tratto dal Notiziario Documenta - Maggio 1995)

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