P. K. Dick
Mutazioni
Feltrinelli

Mutazioni di P.K.Dick, editore Feltrinelli, è una raccolta di scritti inediti autobiografici, letterari o di tema mistico/filosofico. Consta di ben 397 pagine per 50.000 Lire, un prezzo non esagerato ma sicuramente impegnativo. Veniamo ora alla domanda, che poi sarebbero due.
Il lettore appassionato di Dick farebbe bene ad acquistarlo?
Il lettore che poco o per nulla conosce Dick farebbe bene eccetera?
La risposta, temo, è no ad entrambe le domande. Una volta detto e ribadito che Feltrinelli ha fatto assai bene a pubblicare qualcosa di Dick (sia pure in colpevole ritardo rispetto ad altri editori di cultura, tipo Sellerio) debbo constatare che:
La raccolta è singolarmente povera di apparato critico. C'è una presentazione non esaltante, brevi appunti di presentazione alle sei sottosezioni (scritti autobiografici, scritti sulla FS, scritti riguardanti The Man in the High Castle, trame e proposte di sceneggiature, saggi e discorsi e brani dall'Esegesi) dopodichè il lettore viene buttato ignaro e incredulo nel calderone delirante del pensiero di P.K.Dick, con esiti che non oso immaginare.
"Ma deve essere un lettore avvertito, per spendere 50 carte per 'sto malloppo" Dice una vocina. Bene, allora, se la vocina ha ragione la domanda due cessa di esistere.
Continuo, tenendo ben presente che, a questo punto, i lettori possibili sono solo del primo tipo.
Diversi brani che appaiono non sono inediti in Italia. Nella sezione Saggi e Discorsi i due saggi brevi: "Se questo mondo vi sembra brutto..." e "Come costruire un universo che non cada a pezzi..." sono già stati pubblicati rispettivamente da E/O a lire 8.000 e (credo) dalla NORD. Oltre a questo i due capitoli inediti della progettata continuazione de La Svastica sul Sole sono stati pubblicati in questi mesi nell’edizione economica del romanzo appena ristampata da Fanucci. Se si tiene conto che queste tre cose sono probabilmente le meglio articolate e le più interessanti della raccolta ...
Sono troppi i brani di scarso valore saggistico ed estetico. I brani di tema cosmogonico e cosmologico e (a maggior ragione) quelli tratti dall'Esegesi (ovvero un diario personale) sono praticamente illeggibili. Dick li ha scritti senza porsi il problema di un'eventuale pubblicazione. Chiunque abbia letto qualcosa della sua biografia e dei suoi romanzi sa quanto egli fosse dominato da alcune caratteristiche fissazioni (che non a caso formano il nocciolo della sua ispirazione) e come intorno ad esse organizzasse le nozioni che la sua curiosità onnivora scovava. P.K.Dick ha scritto numerosi romanzi basati sul tema dell'ambiguità / irrealtà / inafferrabilità dell'universo ovvero sull'esistenza di universi ulteriori, sottesi a quello - apparente- nel quale viviamo. Sono convinta che il tema narrativo che gli era caro sia alla base del suo interesse per la dottrina gnostica e per le filosofie medievali, nonchè per la fisica quantistica, la cibernetica ecc. Ovvero che il tema narrativo sia venuto prima della sua organizzazione in pensiero (più o meno) coerente. A volerlo presentare come un filosofo - sia pure dilettante - si rischia, sic et simpliciter, il ridicolo.
P.K.D. è un grande scrittore (me lo ripeto, perchè leggendo questo Mutazioni mi sono venuti talvolta deprimenti dubbi), probabilmente uno dei pochissimi grandi scrittori giunti alla fama in questo ultimo ventennio. In più è anche morto e quindi assente, come dice Paolo Conte. Che si cavalchi il suo successo postumo non è sorprendente, bisognerebbe essere candidi fino alla stupidità per scandalizzarsene, ma anche l'amore - sia pur sviscerato - per un autore non dovrebbe funzionare da paraocchi. E il fatto è che Mutazioni aggiunge pochissimo al bagaglio di conoscenze su Dick e non aggiunge proprio nulla in termini di riflessione storico-letteraria sulla sua opera. Si avvicina forse più al libro di culto, ovvero alla reliquia ed è quindi adatto ai collezionisti di reliquie. Questo ne spiega anche, in ultima analisi, il prezzo.

Bibliografia




P. K. Dick
CACCIATORI DI ANDROIDI
Nord narrativa 1995 - ediz. orig. (fuori catalogo)
Fanucci 1997 – L.12.000

La Nord, che a suo tempo ha varato una collana con qualche pretesa: Narrativa Nord, qui ripubblica, proveniente dalla Oro, l'arcinoto Cacciatore di Androidi, di P.K.Dick, dal quale è stato tratto l'altrettanto arcinoto Blade Runner di Ridley Scott.
Possibile che non l'abbiate ancora letto? NON si tratta dell'adattamento di una sceneggiatura (e il protagonista non ha molto a che vedere con l'ottimo Harrison Ford del film). Se in Blade Runner il filo conduttore è la coscienza malinconica e distaccata del dolore del mondo (Weltschmerz, come dice Gibal, una parola tedesca che senz'altro sarebbe piaciuta a Dick), nel libro predominante è un'amarezza rassegnata, a tratti venata di un sorprendente humour nero.
Lungi da me l'intenzione di affermare che Ridley Scott abbia tradito il testo, semplicemente ha utilizzato le coordinate fornite da Dick per esplorare un'altra dimensione possibile del suo universo.
Do androids dream of electric sheeps? (Gli androidi sognano pecore elettriche?), titolo originale inutilizzabile per una traduzione italiana, rende meglio dell'insulso Cacciatore di androidi il senso del racconto: la desolata rassegnazione ma anche lo humour paradossale di fronte a un mondo nel quale persino possedere un animale vivo e non una copia artificiale è diventato rarissimo.
Insomma non state là con le mani in mano: compratelo e leggetene tutti. (MG) ...

... Sempre a proposito di P.K.Dick sono usciti in rapida successione, l'uno da Fanucci e l'altro da Sonzogno e tutti e due a firma K.W. Jeter "Blade Runner, la notte dei replicanti" e "Blade Runner 2". Singolare: il B.R. edito da Fanucci è il terzo volume della saga dei Replicanti ma è uscito in Italia un mese prima del B.R. edito da Sonzogno. Io, da brava bimba, ho cominciato a leggere B.R. 3 senza sapere che fosse il 3, sono arrivata a pagina 104 (imbarbandomi non poco) per poi scoprire che esisteva un B.R. 2, del quale Fanucci fa menzione in terza di controcopertina nella biografia di Jeter parlando dei due volumi sequel di Blade Runner e senza dire da nessuna parte che il suo non era il volume secondo . A quel punto ho avuto il desiderio assai poco cristiano di prendere le 310 pagine + 322 dei due sequel e buttarle dal balcone (abito al nono piano).
Tutta l'operazione B.R. assomiglia a una grossa speculazione, temo, (oltre che a un megaminestrone riscaldato) e penso siano in molti a riuscire a sentire i lamenti provenienti dalla bara del povero P.K.Dick senza nemmeno aprire la finestra.
Sembra un'idea discutibile fare il seguito di un film in forma di libro - non c'è bisogno di essere Ghezzi per stabilire che le caratteristiche dei due media sono piuttosto diverse - ma se a questo si aggiunge la necessità di plagiare non solo lo stile ma anche l'ispirazione di Dick (o forse quella di Ridley Scott, mah?) il sospetto di trovarsi di fronte a un grosso, lussureggiante, fastoso Bidone, varato tanto per tirar su un po' di soldini a spese di lettori e cinefili si fa certezza.
In quanto a K.W.Jeter, autore in genere almeno rispettabile, debbo riconoscere che nelle 104 pagine di B.R. 3 ce l'ha messa tutta per tenere in piedi una vicenda sgangherata e risibile, ma che il suo titanico sforzo, basato su inopinati ritorni di morti ammazzati, provoca sbadigli a ripetizione e ricorda il film B.R. (e il romanzo "Gli andoidi sognano Pecore Elettriche?") solo perchè i personaggi hanno gli stessi nomi.
Comunque prometto che tenterò di leggere - o almeno di leggiucchiare - i due seguiti nel caso vi si nascondesse il famoso diamante nel letame. C'è da dire che, essendomi già letta in B.R. 3 il riassunto del 2 (camuffato da raccordo) non è che ne abbia proprio una gran voglia...

Bibliografia




P. K. Dick
I NOSTRI AMICI DA FROLIX 8
Fanucci 1995 - ediz. orig. 1970 -

Si tratta di un testo del 1970, già uscito in Italia con la leggendaria Galassia di Gianni Montanari - editore La Tribuna di Piacenza (do you remember?) - da tempo introvabile e oggetto di culto per un'intera generazione di fans.
Pressochè mitica la frase (p. 56) "Dio è morto. Hanno trovato la sua carcassa nel 2019. Galleggiava nello spazio vicino ad Alpha... " come mitico è l'impianto lucidamente paranoide del romanzo.
La vicenda: su una terra dominata da due specie di mutanti umani: gli Uomini Nuovi, superintelligenti, e gli Insoliti, dotati di capacità ESP, gli esseri umani normali (la stragrande maggioranza della popolazione) vivono una condizione insieme infantile e frustrante. I loro figli (ed anche il figlio del protagonista) devono affrontare un esame attitudinale che determinerà una volta per sempre l'appartenenza ad uno dei tre gruppi umani.
Il bambino non supera l'esame e Nick Appleton, che scopre di aver vissuto fino a quel momento nella speranza di un riscatto affidato alla fortuna del figlio, si accosta ad una associazione clandestina di normali che attende il ritorno di Provoni, fuggito nello spazio alla ricerca di civiltà extraumane e che ha promesso la salvezza e la liberazione per i normali.
Nel rapido precipitare della situazione, vista insieme con gli occhi del protagonista e con quelli di Gram, l'Insolito, telepate e presidente degli USA, Dick descrive una società umana distorta, ancora nominalmente democratica (si può scegliere se eleggere presidente un Insolito o un Uomo Nuovo) ma legata alla rappresentazione (tele)visiva degli eventi, impotente, confusa, velleitaria e dominata da una piccola elite inamovibile, un'oligarchia a metà tra la cricca nazista e il basso impero romano.
Ai Normali non rimane che sperare in un secondo Avvento - Dick è autore dalle profonde risonanze mistiche - che può però rivelarsi ambiguo o fatale, come ambigui sono gli alieni incontrati da Provoni.
La parola profetico è spesso usata a sproposito parlando di FS, ma in questo caso forse si può rischiare. Leggendo le pagine dedicate alla discussione sulla possibile ripresa in diretta TV dell'esecuzione del capo dei rivoltosi un lungo brivido mi ha attraversato la schiena. L'approccio di Dick al mezzo televisivo è prodigiosamente attuale, incisivo e inquietante. Dick coglie pienamente il senso politico dell'uso del mezzo, il suo essere falsa verità, strumento di manipolazione raffinato e insieme elementare. Gli oligarchi di Dick concepiscono i media in modo spregiudicato e pragmatico - veri Goebbels del 2000 - e non a caso l'ultima parte del romanzo è narrata in forma di evento televisivo, elemento che conferisce ulteriore ambiguità al romanzo.
Un'ultima riflessione sulla scrittura - nell'onesta e attenta traduzione di Montanari (ancora lui!!!) - cristallina, rapida, quasi inavvertibile nella sua quotidianità, falsamente tranquillizzante come può essere una cronaca attenta dell'impossibile.

Bibliografia




P. K. Dick
UBIK
Fanucci £12.000

Sarà bene chiarire una cosa: Ubik non è un libro che si possa liquidare con una recensione, dal momento che probabilmente è uno dei pochi testi scritti nella seconda metà del '900 sul quale tra un secolo si scriveranno tesi di laurea e si terranno convegni, si organizzeranno concorsi a cattedre e si faranno edizioni commemorative.
Per stendere una recensione che sia vagamente all'altezza del testo bisognerebbe scrivere per duecento pagine ed essere contemporaneamente Tzevetan Todorov, Marshall Mc Luhan e Teillard de Chardin.
Ubik è un'affascinante dimostrazione dell'insufficienza del pensiero lineare, costruttivo, cripto-positivista, meccanicista che ha dominato gli ultimo centocinquant'anni: è il sintomo di una crepa, una malattia nascosta.
Dick costruisce il testo a ritroso, procedendo per straniazioni successive, per apparenti nuove acquisizioni che si rivelano ben presto altrettanti sottouniversi non-gerarchici. Giunge a insidiare la base del pensiero razionale - il rapporto causa/effetto - sostituito da una pluralità di interazioni, eventi, percezioni che non conducono ad un'unica soluzione necessaria ma a numerose soluzioni possibili, anch'esse non organizzate probabilisticamente.
Bello zuppone eh?
Il concetto fonamentale è che nel libro di Dick non accade mai ciò che ci si aspetta, e questo perchè nell'universo A l'evento A' non ha spiegazione all'interno del sistema di riferimento A ma può essere compreso solo all'interno dell'Universo B, nel quale avverrà un altro evento B' che sarà comprensibile ... ecc. ecc.
Spero che così la faccenda sia un filino più chiara. Risultato estetico: il lettore arranca ed è completamente alla mercè dello scrittore (ed è ben contento di esserlo, n.d.r.), non solo, ha la costante sensazione che il proprio consueto sistema di riferimento cognitivo faccia cilecca alla grande, lasciandolo in balia di un libro basato su leggi "altre" rispetto a quelle che rendono la vita quotidiana un insieme percepito come coerente.
In altri tempi si sarebbe detto che Ubik è un viaggio, e preferisco ignorare l'esito di una lettura sotto l'effetto di una canna o due. Ma attenti, Ubik è un gran brutto viaggio, uno sguardo che si sovrappone a quello del lettore mutandone profondamente la percezione del mondo.
In Ubik c'è una delle più potenti metafore del legame umano-oggetto, della reificazione umana, per dirlo con tutti i crismi e controcrismi; a Joe Chip accade di veder regredire gli oggetti che lo circondano: la sua cucina a gas diventa una cucina a carbone, la sua TV una radio di modello antiquato e via dicendo. Il suo universo percettivo - l'universo percettivo comune - è incapace di liberarsi dalla presenza degli oggetti, non solo: essi devono accompagnarlo come estensioni necessarie del sè, come unico sistema di riferimento possibile.
Ma cos'è Ubik?
Tra i critici c'è chi lo identifica con Dio, essendo l'unico elemento invariabile della/e realtà del romanzo, ma a pensarci bene in ogni narrazione esiste un altro dato invariabile: l'autore. Credo che Dick abbia cercato, in modo avvertito o meno, di evocare nel testo - ogni libro si annuncia come un universo autosufficiente - l'arbitrio supremo dell'autore, ma cercando di porlo in rapporto al personaggio, giocando allo strano inaspettato gioco di divenire lui stesso un personaggio.
Un esercizio simile aveva compiuto con "Il Signore della Svastica", vincolando la narrazione agli esagrammi dell'oracolo I-Ching.
Ubik/Dick è una presenza costante: una pubblicità sciocca, un oracolo inquietante, una divinità oscura. Incarna il grado zero della percezione, un Dio dell'immondizia e dell'assurdo.
Noticina cattiva: ho visto con piacere che la traduzione di questa edizione è a cura di Gianni Montanari, ossia la traduzione originale della prima edizione italiana, quella di Galassia del '60. Si è fortunatamente persa per strada e viceversa, la generosa traduzione di Domenico Cammarota, tanto infelicemente barocca quanto inefficace.
Mi hanno fatto notare che nella recensione non ho mai detto che Ubik mi piace.
Beh, ammesso che a qualcuno interessi: "Ubik mi piace allo spasimo, alla follia. E' uno dei tre o quattro libri che hanno formato la mia visione del mondo e che mi accompagneranno per tutta la vita".
Ma non penso possa fare lo stesso effetto a tutti quelli che lo leggeranno: con certi libri capita di incontrarsi al momento giusto, tutto lì.

Bibliografia




P. K. Dick
CONFESSIONI DI UN ARTISTA DI MERDA
Fanucci 1997 - ediz. orig. 1975 - pp. 248 L.18.000

Confessioni è un testo scritto nel 1959 ma pubblicato solo nel 1975, quando Dick era divenuto abbastanza noto e stimato da poter essere preso in considerazione come autore di narrativa e non solo come scrittore di genere.
Protagonista della vicenda è Jack Isidore, un individuo immaturo, velleitario e frustrato, trasparente alter ego dell'autore, ma il romanzo è basato sul personaggio di Fay, sorella di Jack, moglie di Charles e amante di Nathan.
Fay, casalinga di provincia con qualche confusa pretesa culturale, vive aggrappata alla sua falsa coscienza piccolo-borghese, che la obbliga a dipendere per intero - sessualmente ed economicamente - dagli uomini. La necessità di trovare una via d'uscita dalle situazioni intricate che i suoi impulsi e le sue velleità determinano, le impongono una condotta scaltra e infantile, tipicamente "femminile". Fay è il tipo di donna che nessuno, uomo o donna, vorrebbe davvero conoscere, eppure ha fascino, seduce, svuota e condiziona la vita altrui senza mai provare, come è tipico delle vittime designate, l'ombra di un rimorso.
A tutti è capitato di conoscere una Fay: è l'amica stronza che vi soffia l'uomo, la tipa che tiene insieme quattro storie ma non si concede davvero a nessuno, l'amante perpetua, la moglie immatura e infantile, la madre apprensiva, lagnosa e menefreghista.
Il personaggio di Fay risale agli anni '50 e incarna bene il modello femminile di quegli anni: la mogliettina tutta casa e famiglia che aspetta il marito e che, prima di metterlo a nanna, gli sfila il portafoglio. Vengono in mente le donnine delle barzellette: quelle della pelliccia e del vestito nuovo o che non sanno guidare l'automobile. Ma Dick - ben lontano dal raccontare una barzelletta - ha disegnato un personaggio fortemente drammatico, cercando di decifrare un peculiare ruolo femminile che proprio per la sua quotidiniatà scontata, quasi oscura, diviene inafferrabile.
Confessioni di un artista di merda è un romanzo asciutto, lucido, sarcastico, una storia quotidiana, spiacevole come sempre accade quando è impossibile comprendere da che parte sta la ragione. La costruzione stilistica apparentemente bizzarra (ogni capitolo con un io narrante diverso) si rivela estremamente efficace per rendere insieme il pensiero assurdo ma coerente di Fay e il modo distorto e cieco che hanno gli uomini di percepirla. Un romanzo prezioso, da leggere e rileggere. (MG)

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P. K. Dick
RADIO LIBERA ALBEMUTH
Fanucci

Le circostanze della genesi di questo libro sono piuttosto oscure. Mi spiego: tra radio Libera Albemuth e Valis, il romanzo a tema mistico - parte della trilogia che comprende Valis, Divina Invasione e La trasmigrazione di Timothy Archer - scritto da Dick negli ultimi anni di vita, esistono legami profondi. Dovrei dire essenzialmente alcuni temi comuni (la visione panteista della divinità, gli immancabili universi alternativi, l'identificazione tra l'Alieno e il trascendente) e persino un personaggio con lo stesso nome, Nicholas Brady, in entrambi i romanzi colui che vive l'esperienza del contatto profondo con l'Entità VALIS (acronimo di Vaste Active Living Intelligence System). E in entrambi c'è il personaggio P.K.Dick nei propri panni di scrittore: nell'uno in veste di combattente contro la tirannia di Ferris Fremont, nell'altro sub specie di colui che è l'unico, scrivendo la storia di Brady, a "... possedere sia la chiave sia la serratura".
Nella prefazione Dick spiega che ha scritto Radio Libera Albemuth in dodici giorni, dopo un lavoro preparatorio durato anni. E infatti il romanzo è talvolta confuso, in qualche occasione prolisso, altrove troppo affrettato. Dick è stato nell'ultima parte della sua vita un erudito mistico e confuso, un impossibile gnostico californiano, un inventore o rielaboratore di dottrine religiose pressochè inesauribile. E il suo romanzo risente dell'influenza del Dick profeta. Certamente tra FS e Mistica (crisitana e non) c'è un fortissimo legame e ciò rende tanto affascinanti opere come Ubik o come Episodio Temporale (al quale Radio Libera Albemuth deve la figura del Nixon dittatore) è proprio il loro essere complesse metafore (non allegorie, lo stesso Dick ne era ben conscio) di temi e riflessioni trascendenti: la Creazione, la Dannazione, il Tempo Celeste, la Gnosi, la Grazia.
R.L.A. dà l'idea di un bell'oggetto rimasto troppo a lungo vicino ad una fonte di calore. Ci sono alcune pagine di una bellezza tanto intensa da essere terribile e altre nelle quali si cerca affannosamente la fine del capoverso per avere una scusa per interrompere la lettura. Diciamo, comunque che se R.L.A. può essere sconsigliabile a chi non conosca la miglior perfromance di Dick, può essere letto con sufficiente profitto da un dickiano navigato.

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P. K. Dick
SE QUESTO MONDO VI SEMBRA SPIETATO DOVRESTE VEDER COSA SONO GLI ALTRI...
E/O - piccola biblioteca morale – (fuori catalogo)
Feltrinelli 1998

Il testo, che raccoglie il testo di una conferenza del 1977, conferma l'autore come il mistico più delirante apparso in questo secolo. In essa Dick illustra riccamente i suoi temi prediletti in fatto di letteratura (i mondi sostituiti, la perdita della memoria e la memoria indotta da entità esterne o aliene, gli universi alternativi) e svolge alcune affascinanti e folli argomentazioni di ordine cosmogonico. Buona parte delle sue riflessioni rientrerebbero perfettamente nel quadro clinico di una Sindrome schizofrenica di varietà paranoide con elementi maniaco-depressivi. Il che è probabilmente (anche) la pura verità.

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P. K. Dick
SCORRETE LACRIME, DISSE IL POLIZIOTTO
Mondadori - pp. 259 - L. 22.000

Jason Taverner, un anchorman di enorme successo, si trova sbalzato, senza una ragione apparente, in un altro universo nel quale non è mai nato e dove la sua fama non esiste. Gli USA dove deve tentare di sopravvivere sono governati da un regime poliziesco, nel quale dossier informatizzati definiscono l'identità reale di un individuo. Ma uno degli aspetti più grottescamente persuasivi della vicenda è che negli USA paralleli dove Taverner è stato sbalzato esiste il medesimo tipo di programmi televisivi che lo hanno reso famoso e amato.
Taverner è quindi obbligato a ridefinire la propria identità praticamente da zero ed il suo percorso iniziatico permette al lettore di afferrare i confini dell'antimondo nel quale egli si muove, un antimondo ricco di affinità con il nostro.
Parrebbe una procedura comune per un romanzo distopico, se non fosse per alcune peculiarità tipicamente dickiane (lo slittamento di percezione dovuto all'uso di droga, una socialità improntata alla più cupa paranoia) e per l'abilità dell'autore nel tratteggiare un universo inquietante e carico di sottili riferimenti anche nei più minuti particolari.
Scritto durante il periodo del Watergate, "Flow my tears, the policeman said" esprime le ansie di Dick per il deteriorarsi della situazione politica e i timori di una reazione autoritaria al processo di impeachment allora solo agli inizi.
L'aspetto davvero curioso del romanzo è la sua sinistra attualità negli anni che chiudono il millennio. Lo strapotere della polizia e di tutti gli organi di controllo, elemento centrale di una forma di governo basata sulla segregazione degli elementi socialmente pericolosi, accoppiato alla diffusione capillare di psicotropi più o meno legali, a una corruzione imperante ed ad un uso seduttivo dei media, richiamano immediatamente alla mente la situazione attuale degli U.S.A., dove le spese per il personale di polizia e gli stabilimenti di pena sorpassano di gran lunga quelle per gli asili nido e dove leggi sempre più mirate alla repressione del crimine (e alla soppressione fisica del criminale) stanno trasformando l'ex-patria della libertà in un inedito regime autoritario di stampo oligarchico.
Parafrasando il modo di procedere di Dick, potremmo supporre di trovarci all'interno di un universo frutto degli incubi di uno dei protagonisti del romanzo, quindi non nella realtà con la R maiuscola, ma attenzione, normalmente per l'autore californiano non vi è modo di evitare la contaminazione tra universi nè di ritrovare la propria casella di partenza... (M.G.)

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