James G. Ballard
Super-Cannes
Feltrinelli 2000, ed. orig. 2000

trad. Monica Pareschi

Che non ci troviamo nel migliore dei mondi possibili diviene evidente anche con la lettura di Super-Cannes di James Ballard, Feltrinelli editore.
Ballard ha sempre dimostrato una passione (fortunatamente) insana per le enclave, gli ambienti chiusi e selezionati, le isole di benessere dei nuovi ricchi e dell'alta borghesia produttiva. Basti pensare a libri come Un gioco da bambini (cfr. LN 23 vecchia serie) o Cocaine nights (cfr. LN 3) per constatare che questa degli universi separati è una costante – quasi una fissazione – nell'opera più recente dell'autore inglese.
In Super-Cannes il protagonista, convalescente da un incidente di volo, segue la moglie pediatra a Eden-Olympia, villaggio residenziale e parco tecnologico di ricerca di diverse multinazionali europee. Jane, moglie del pilota infortunato, è stata chiamata in tutta fretta a prendere il posto, nell'avanzatissimo centro medico di Eden-Olympia, del precedente professionista, suicidatosi dopo aver compiuto una strage.
La sequenza degli eventi è stata assolutamente lineare: un bel giorno David Greenwood, stimato pediatria nonché benefattore e filantropo, ha preso un fucile di grosso calibro e ha cominciato a girare per gli uffici di Eden-Olympia accoppando senza seguire alcun criterio apparente quanti gli capitavano a tiro. Inseguito dalla sicurezza si è infine recluso in un garage con alcuni ostaggi che ha ucciso prima di suicidarsi. Una bruttissima storia che rischia di ledere gravemente allo sviluppo di Eden-Olympia e che ha quindi avuto un risalto limitato nelle pagine dei quotidiani, mentre l'inchiesta è stata frettolosamente terminata dopo indagini sommarie.
Paul, il pilota, si trova in una strana situazione. Convalescente e privo di un'attività precisa finisce quasi fatalmente per appassionarsi alla strana fine di David Greenwood e inizia a compiere qualche indagine personale che lo porterà ben presto a una serie di scoperte che proiettano il romanzo molto oltre la dimensione del semplice giallo d'autore.
Dal momento che Super-Cannes ha una sua rigorosa struttura narrativa, penso sia bene rispettarla e quindi mi asterrò dal continuare il racconto.
Voglio comunque sottolineare alcuni aspetti dell'ispirazione ballardiana che, in questo romanzo, emergono con ancora maggiore chiarezza.
Eden-Olympia è un luogo nel quale l'attività lavorativa è condotta oltre ogni limite ragionevole. Il management come il funzionariato della comunità hanno abolito ogni distinzione tra tempo libero e attività produttiva. Sospinti dall'ambizione, assorbiti dalla proprie ricerche, dirigenti, professionisti e ricercatori non abbandonano mai Eden-Olympia, non hanno in pratica alcun contatto con il mondo che li circonda e non frequentano le cittadine della zona, alle prese con i consueti problemi nati dall'immigrazione, dal sovraffollamento, dalla piccola criminalità.
L'élite di Eden-Olympia sembra accontentarsi, per rilassarsi, di pratiche sessuali poco convenzionali, comunque rigorosamente limitate al week-end. L'aggressività latente nella comunità, tuttavia, non sembra placata da un ricorso al sesso come narcotico o dall'uso costante di euforizzanti. Ha bisogno di giochi più eccitanti, di ulteriori stimoli.
Le prostitute di origine slava o africana o i gruppi di immigrati sono eccellenti bersagli per sfogare qualche eccesso di stress, per rasserenare animi tesi fino allo spasimo. La legge che governa il resto del mondo non si applica a Eden-Olympia e ai suoi abitanti. Le loro attività sono troppo preziose, il profitto che sono in grado di produrre costituisce un efficace salvacondotto, una franchigia definitiva che li pone al di sopra del resto della società.
Accompagnando le ricerche di Paul siamo testimoni dell'affermazione di un nuovo feudalesimo segreto, assistiamo alla nascita di una società futura basata su un darwinismo sociale che non necessita nemmeno più di un'ideologia liberista costruita ad hoc. Le leggi del profitto sono le uniche a determinare l'esistenza di vittime e carnefici e il libro oltrepassa di gran lunga la misura abituale della metafora per rappresentare in termini schematici e rigorosi il puro reale.
Naturalmente, e Ballard ce ne dà un eccellente esempio, bisogna sapere da che parte guardare e, una volta visto, sforzarsi di non chiudere gli occhi.
D'altro canto Ballard rispetta rigorosamente il patto con il lettore di genere, grazie a un ritmo attentamente calibrato e a uno stile sobrio senza essere sciatto. Un libro che merita leggere per sapere come stanno le cose e che, suppongo, non lascerà dietro di sé anime pacificate e sonni beati.
(M.G. da LN - LibriNuovi 17 - 2001)

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JAMES BALLARD
CONDOMINIUM
1994, Anabasi (f.c.)

Un capolavoro tradotto per la prima volta da Urania, nei primi anni Settanta, e rimasto fervidamente nel ricordo di coloro che lo lessero all'epoca. La storia è basata su una situazione limite, com'è tipico di molti romanzi di Ballard, e sull'unicità di luogo: in questo caso un titanico condominio di cinquanta piani, assolutamente indipendente dal resto della città e parte di un complesso di edifici progettati dall'architetto Royal.
Nella costruzione risiedono all'incirca duemila essere umani, con a disposizione un asilo, una banca interna,. due piscine, un centro commerciale, due ristoranti, aria condizionata e numerosi altri confort. Gli appartamenti costano uno sproposito e gli abitanti del condominio sono professionisti affermati, dirigenti d'azienda, gente dello spettacolo e della TV, artisti: insomma la crema del ceto medio produttivo e il fiore fiore del rampantismo (allora ancora pre-tatcheriano). Tutto normale, quindi? No, proprio no. Molti hanno esperienza delle minuscole, meschine eppure rabbiose, isteriche liti di condomino. Provate a elevarle a potenza dieci, venti, cento, e avrete un'idea ancora abbastanza pallida di quello che accade nel libro di Ballard. Si comincia con i litigi e le penose ripicche per bambini e cani che sporcano e si giunge ben presto all'inferno, dapprima alla guerra per bande, poi ad un'anarchia da incubo, fino a quando la situazione si stabilizza con un numero di abitanti ridotto all'incirca ad un decimo del numero originale, quasi in una puntuale realizzazione delle osservazioni di Konrad Lorenz sull'aggressività negli spazi chiusi e limitati.
Ma il libro di Ballard non si lascia certo leggere con una chiave così povera: lo scivolamento dalla citivtà al comportamento "tribale" non ha nulla di naturale, gli uomini e le donne del palazzo, trasformati da qualche secolo di civiltà, sono assolutamente incapaci anche di una collaborazione da ominidi e da canidi. In realtà sembrano cadere in una condizione pseudo-infantile, giocano alla guerra ed allo stupro con la serietà a volte lugubre di bambini abbandonati, resa oscena dai tic e dall'habitus mentale di adulti sciocchi e senza principi. Come negli altri libri della serie catastrofica di Ballard (Vento dal nulla; la foresta di cristallo; Deserto d'acqua; Mondo sommerso) a suo tempo pubblicati da Urania, ciò che viene investigato con attenzione minuziosa è il mutare, in una situazione estrema, dei riferimenti etici che guidano il comportamento dfel cosiddetto uomo civile occidentale, soluzione narrativa che permette all'autore di sceneggiare la solitudine, lo stupore, il vuoto, di investigare, cioè, lo spazio interno (l'Inner Space della New Wave nella FS anni '70) per scoprirlo desolatamente vuoto o aberrante.
Ciò che trovo particolarmente affascinante di questo e degli altri romanzi di Ballard è l'irriducibilità del comportamento dei personaggi ai sistemi di interpretazione più canonici (psicoanalisi, marxismo, antropologia culturale, sociobiologia), senza confinarlo alla pura e semplice irrazionalità: solo l'illustrazione piana e spietata di comportamenti possibili.
Molto in questo libro ricorda Il Signore delle mosche di William Golding: il desolato disincanto, l'atteggiamento freddo e sereno dell'autore, il filo sottilissimo di humour nero e di gelida intelligenza che vivifica il libro.
Ritengo Ballard uno dei più stimolanti autori di questo secolo, uno di quelli che un immaginario "uomo del 2000" si troverà probabilmente a leggere in un'antologia elettronica.

(M.G. da LN 30 prima serie / settembre 1994)

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JAMES BALLARD
L'ISOLA DI CEMENTO
Anabasi pp. 198 L. 20.000 [fuori catalogo] / Baldini & Castoldi L. 12.000

Scaraventato da un incidente giù da un viadotto, Robert Maitland - architetto trentacinquenne rampante che intrattiene scettici rapporti con moglie, amante, figlio, amici - si ritrova confinato in una piccola isola delimitata dall'incrocio di più autostrade, sulle quali il traffico scorre intenso ad ogni ora del giorno e della notte. È uno spazio sconosciuto, nascosto tra i piloni di cemento; l'erba ricopre auto arrugginite, i resti di un cinema e un vecchio cimitero. Ferito, ignorato dagli automobilisti, Maitland esplora come un naufrago il suo nuovo ambiente che è elusivo, ingannevole, solitario come un'isola in pieno oceano, costretto per sopravvivere ad accettare una logica differente e ad intraprendere un viaggio interiore.
Ballard dimostra un vero geniaccio nel delineare paesaggi urbani esasperati e indifferenti, un'umanità alienata, un po' repellente, un po' vittima di meccanismi che non sa più controllare. Meno cerebrale di Crash (che a me è piaciuto moltissimo), L'isola di cemento ne condivide l'atmosfera e il progressivo allontanarsi del protagonista dalla realtà per immergersi, pacificato, senza più punti di riferimento, in un mondo alieno che è il nostro mondo quotidiano.
(gielle da LN 25/26 prima serie - settembre 1993)

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J.G. BALLARD
UN GIOCO DA BAMBINI
Bompiani - ed. orig. 1988

Già edito in Italia nel 1992 e poi nel 1995.
Il titolo originale è Running wild, quello italiano, non inadeguato, è forse troppo rivelatore.
La vicenda si svolge in un villaggio residenziale esclusivo alla periferia di Londra, dove uno psicologo della polizia cerca di risolvere un caso d'omicidio plurimo particolarmente cruento: una trentina di persone - tutti gli adulti che vivevano nel Pangbourne village - sono stati uccisi in maniera particolarmente efferata. I loro figli, ragazzi dagli otto ai diciassette anni, sono tutti scomparsi, forse rapiti dagli assassini.
"Il Pangbourne village si distingue dagli altri anche per la sua aria asettica, come se i consiglieri d'amministrazione, i finanziaeri e i magnati della TV che vi abitavano fossero riusciti a bandire dal loro Parnaso privato persino il concetto di sporcizia e di disordine. Qui si ha l'impressione che persino le foglie che cadono dagli alberi si stiano prendendo troppe libertà. In queste dimore lussuose vivevano tredici ragazzini ma è difficile immaginareseli mentre giocano sui prati".
In questa fortezza modernissima, difesa da impianti elettronici sofisticati e da guardiani, gli assassini si sono mossi con rapidità e competenza, come se conoscessero benissimo il luogo, e senza lasciare tracce. Lo psicologo vaga fra le case, diverse nell'arredamento eppure tutte uguali, si sofferma nelle camere dei ragazzi, testimoni mute di hobby "intelligenti" e di sport elitari. I ragazzi, tutti bravi a scuola, erano molto uniti fra loro e sempre più indifferenti alla vita esterna, i genitori dedicavano ai figli momenti scrupolosamente prefissati del loro tempo prezioso, organizzavano per loro incontri e feste, partecipavano con loro a gare di bridge. Le ore che insieme trascorrevano con i figli offrivano agli adulti le uniche occasioni per uscire dalle loro lussuose abitazioni e incontrarsi con i vicini.
Il romanzo di Ballard non è un thriller, quindi non ho scrupoli a dirvi che, come il lettore sospetta fin dalle prime pagine, sono i ragazzi gli autori della strage. Strage che, nella loro mente e nel loro mondo sempre più isolato alla realtà, ha assunto i connotati di un omicidio rituale, di un atto di iniziazione che li unisce separandoli per sempre dalla quotidianità, di un rifiuto catartico della sollecitudine soffocante e obbligata dei genitori, sempre pronti a capire e mai a farsi coinvolgere, sempre disponibili a perdonare e mai a dimostrare con la rabbia, l'indignazione il rifiuto momentaneo, che ai figli ci tenevano davvero e che non giocavano con loro l'ennesimo gioco di bravura di una vita produttiva e piena di successi.
Ballard ha qui mescolato con abilità alcuni dei suoi temi tipici: la vita alienata in un universo isolato e apparentemente perfetto (cfr Condominium e Cocaine nights), l'interesse per la figura ambigua e socialmente rappresentativa del killer (cfr. molti racconti e romanzi che affrontano il tema dell'omicidio di personaggi famosi), il tema della violenza di bambini e adolescenti, creando un meccanismo narrativo efficacissimo, che intrappola il lettore sin dalle prime righe., costringendolo a proseguire la lettura nonostante la sottile sgradevolezza, e ad interrogarsi sul difficile equilibrio tra adulti e adolescenti,. distorto da una società che li seduce senza sforzanrsi di comprenderli e che proprio nel riconoscerli soggetti privilegiati li tradisce.
(gielle - LN 23 prima serie, rivista nel 1999)

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SPECIALE J.G. BALLARD
RE-SEARCH, numero monografico
ShaKe Edizioni Underground - L. 20.000

James Ballard, nato nel 1930, è tuttora tra i pochi che abbiano saputo rendere con la necessaria intensità il passaggio dal sogno all'incubo, dal pollo su ogni tavola ai pomodori mutanti. A lui dedica un numero monografico la versione italiana della rivista Re-Search.
Comincerò col dire che se non siete almeno in parte insani, bacati e perversi fareste bene a stare alla larga da tutto ciò che riguarda Ballard. E sì che non sembra. Il signor Ballard - noto finora grazie al romanzo L'Impero del Sole dal quale Spielberg ha tratto un film di successo - è infatti un tranquillo vedovo che è riuscito nella ragguardevole impresa di scrivere gran parte dei suoi romanzi mentre tirava su tre figli da solo, e non ha affatto l'apparenza dello scrittore maledetto. Un'aria paciosa, una moderata pinguedine, una "home sweet home" di campagna con giardino e un maelstrom di idee estreme, radicali e affascinanti.
Il numero monografico della rivista comprende pochissimi brani di fiction e molti brevi saggi (recensioni di libri e film, interviste, interventi, prefazioni, fotografie) che rendono piuttosto bene l'universo mentale di uno degli scrittori più interessanti e innovativi di questa seconda metà del secolo.

"... I racconti a sfondo sociale raggiungono sempre meno lettori, per la lampante ragione che le relazioni sociali non sono poi così importanti come i rapporti dell'individuo con il panorama tecnologico del tardo millennio."

Il nodo della narrativa Ballardiana (dai primi "catastrofici" - Vento dal nulla / Terra Bruciata / Deserto d'acqua / Foresta di Cristallo fino ai tecno-sociali: Crash / Condominio (cfr. LN 30) / L'isola di Cemento [ cfr. LN 25] / Un gioco da Bambini [cfr. LN 34]) sta probabilmente in gran parte qui, ovvero nella scelta di porre in primo piano il rapporto tra umano e tecnologico.
E in quanto a pareri in merito alla narrativa Ballard si rivela - nelle interviste, come negli articoli - un tipo decisamente radicale:

"...in particolare la Fs è molto probabilmente la sola letteratura che coprirà il divario tra l'agonizzante fiction narrativa di oggi e la fiction dei videotape del prossimo futuro... Anche la peggiore FS è meglio della miglior narrativa convenzionale ("Books & Bookmen, 1971) "

La tentazione di essere d'accordo con lui - soprattutto se capita di leggere alcuni autori italiani - è molto forte, ma ad un esame più attento le affermazioni di JGB si rivelano meno gratuite e forzate di quanto appaia. Al di là di una formazione decisamente peculiare (il campo di concentramento giapponese vissuto nell'infanzia e nell'adolescenza, gli studi di medicina, lo choc del contatto con la società britannica del dopoguerra, formale e insulsa) Ballard è fondamentalmente uno scrittore apolide, affascinato da temi estremi, "contaminato" da ossessioni relative all'integrità del corpo e dell'ambiente. Se qualcuno ricorda la presentazione del cyberpunk fatta in LN 34 ricorderà anche come il tema della contaminazione del corpo occupi un ruolo centrale nella narrativa CP degli anni '80-'90

"... il cosiddetto cyberpunk è un segnale importante che la SF sta tornando alla realtà. Incoraggiante [pag. 193]"

e da solo l'elemento della contaminazione, del rapporto corpo-macchina è sufficiente a identificare Ballard come uno dei padri della letteratura cyber degli anni '80/'90.
I temi essenziali della narrativa ballardiana ritornano ossessivamente nelle interviste e nelle riflessioni: il futuro terminato, il rapporto solipsista/maniacale con la tecnologia, le geometrie frattali di una percezione impersonale, la qualità nuova della solitudine contemporanea.
Se non conoscete Ballard i testi di questa monografia vi risulteranno probabilmente oscuri, unilaterali, eccessivamente cerebrali ed è probabilmente questo il limite di pubblicazioni di questo genere: rivolgersi a un pubblico già avvertito fornendo un paratesto a romanzi che si presumono già letti.
Se, viceversa, conoscete già l'autore in questo Re-Search potrete ritrovare suggestioni e temi che Ballard ha trattato in maniera personalissima e unica, oltre a una (preziosa) bibliografia completa delle opere fiction e non-fiction edite in inglese e in italiano.
Ultima nota: se siete almeno un po' curiosi in proposito vorrei provare a suggerirvi un percorso essenziale di lettura.
I segreti di Vermilion Sands (ed. Fanucci) - > Foresta di Cristallo ( in Mondadori Oscar) -> Condominio (edito da Anabasi) - > Un gioco da Bambini (Baldini & Castoldi) - > Crash! (Bompiani - Tascabili Squali) - > ???
Non credo sia più viceversa disponibile lo splendido racconto "La rete di Sabbia" pubblicato solo in un Urania del lontano 1965. Se qualcuno fosse davvero molto interessato potrei passargli le fotocopie. Potete scrivere a cs@arpnet.it o in Cs indirizzando a LN - Nostra Signora degli Alieni.
Una delle affermazioni più interessanti e radicali di Ballard riportate in Re-Search è:

"La Fs ha valore in quanto fenomeno collettivo, letteratura anonima. La critica ufficiale generalmente cerca di salvare taluni autori a scapito di altri, ma la Fs, e non solo qualche autore, è la letteratura di questo secolo."

Pur essendo d'accordo con i dovutissimi distinguo, debbo ammettere che ben pochi fenomeni letterari recenti hanno avuto una caratterizzazione altrettanto netta e una così evidente portata collettiva, che va molto al di là del semplice fenomeno di consumo. E che la Fs sia viva e vitalissima lo si può facilmente intuire dal numero di scrittori mainstream che fanno ricorso a idee, riflessioni e intuizioni tipiche del genere.

(M.G. - LN - LibriNuovi n°0, inverno 1996)

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CRASH: Ballard e Cronenberg

Si parla molto di Crash, ultimo film di Cronenberg, tratto dal libro del 1975 di James Ballard. Nemmeno noi potevamo mancare di parlarne, almeno per tre ragioni: perché ci occupiamo di libri di cinema; perché, proprio sullo scorso numero di LN, abbiamo recensito un libro sul regista: "La bellezza interiore: il cinema di D.Cronenberg"; infine perché il libro di Ballard ci ha davvero intrigato.
Infatti, dopo una notevole fatica ad ingranare, il lettore termina il libro proprio per vedere come va a finire: l'autore britannico riesce veramente a suscitare il disgusto per tutto ciò che è industriale, prodotto dalle tecnologie e quindi non più umano. Mi sono divertito ad annotare i termini utilizzati da Ballard (dal suo traduttore...): sostantivi come autostrade, piloni, piazzole, parcheggi, aeroporti, superstrade, rampe d'accesso, parapetti in cemento, piste, tangenziali, svincoli stradali, cavalcavia, gallerie, il Museo Imperiale della Guerra, strade di servizio, vicoli ciechi, depositi e sfasciacarrozze; aggettivi come anodizzato, artificiale, elettrica, sinistrate; si rinvengono residui organici di sperma, vomito, sangue, muco e urina su cruscotti, sedili, cloche, volanti, castelletti....
Non si tratta di pornografia bensì di alienazione: Ballard - che nel '65 scrisse "The burning world" (Terra bruciata) e prima ancora "Drowned world" (Deserto d'acqua) e "The cristal world" (Foresta di cristallo) - ora ci ammonisce dicendoci che la catastrofe è qui, nella civiltà industriale, nel sesso privo di sentimento e senza freno. E soprattutto che la catastrofe è GIA' OGGI, QUI. Non c'è più anima nelle cose....
Se il romanzo suscita in noi una repulsione interessata, il film non ci riesce; in questo senso è almeno parzialmente fallito. Cronenberg non ha abbastanza coraggio, non osa, forse a ragione, girare scene hard (sarebbe un suicidio economico, probabilmente) e si accontenta di "vivacchiare" all'ombra del romanzo azzeccando un solo personaggio, Vaughan, unico ad essere molto ben definito e coerente al libro.
In definitiva, leggete CRASH ma evitate, se potete, il film.
(G.B. da LN - LibriNuovi n° 0 / inverno 1996)

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J.G. BALLARDc
IL MONDO SOMMERSO
Baldini & Castoldi

L'editore Baldini & Castoldi ha avuto la splendida idea di ristampare uno dei capolavori di James Ballard, ovvero Il mondo sommerso, edizione originale 1962, già stampato negli Urania Mondadori in tempi immemorabili. Il Mondo sommerso (The Drowned World) fa parte della tetralogia catastrofica di Ballard, formata da (cito i titoli italiani): Vento dal nulla, La foresta di cristallo e La Terra bruciata. Esiste una tradizione catastrofica nella FS britannica, una ricca galleria di autori e di romanzi degli anni '60 e '70, nei quali la terra in generale e l'umanità in particolare fanno una brutta fine (Christopher Priest, John Wyndham, John Christopher, John Brunner), ma nessuno ha mai uguagliato l'allucinante raffinatezza di James Ballard, che non si è limitato a descrivere gli effetti geografici, sociali e politici dei suoi cataclismi, ma ne ha fatto l'occasione per speculare sulle modificazioni psicologiche profonde indotte dalla fine della civiltà. Il risultato sono altrettanti Robinson Crusoe rovesciati, ovvero individui sconfitti e imbarbariti che non sono in grado e neppure desiderano ricostruire il nostro bel mondo civile.
The Drowned World (il titolo di Urania - Deserto d'acqua - era sì arbitrario ma più suggestivo) è un'opera esemplare, da questo punto di vista. Robert Kerans, il protagonista, fa parte di una missione scientifica inviata da ciò che resta del mondo civilizzato, assediato nelle terre polari, nel tratto di mare una volta noto come Londra.

"Alle prime luci del giorno una strana, mesta, bellezza era come sospesa sopra la laguna; le fronde verde cupo delle gimnosperme, residui del passato triassico, e i bianchi edifici semisommersi del ventesimo secolo si riflettevano insieme nello specchio nero dell'acqua della laguna".

Siamo a pagina 10 e già sono annunciati gran parte delle suggestioni e dei temi del romanzo. Kerans, ospite dei piani superiori - gli unici tuttora emersi - del Grand Hotel Ritz di Londra, vivrà fino in fondo la propria regressione, imposta da una vegetazione e da una fauna ritornate protoumane, si spoglierà gradatamente delle proprie abitudini civili per percorrere in solitudine il viaggio alla ricerca della propria identità definitiva, prima ancora biologica che culturale, viaggio necessariamente destinato al fallimento.
Ossessivo e profondamente inquietante, The Drowned World a distanza di diversi anni, non ha perso nulla della sua enorme suggestione e della sua tangibile attualità. Anzi, le reazioni estreme, l'ansia distruttiva e autodistruttiva dei suoi personaggi assumono contorni anche più nitidi e intensi in tempi di pulizia etnica e di degrado delle metropoli.

(M.G. da LN - LibriNuovi n° 6 / estate 1998)

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J.G.BALLARD
COCAINE NIGHTS
ed. orig. 1996 - Baldini & Castoldi pp. 317 L. 32.000

"... Stiamo entrando nell'era delle griglie di sicurezza e degli spazi difendibili. E sono le telecamere di sorveglianza a organizzare le nostre vite. La gente chiude le porte e spegne il proprio sistema nervoso".

Questa in breve la filosofia di Bobby Crawford, psicopatico come santo, ex-campione di tennis e animatore di un tipo davvero particolare di comunità turistiche.
Non deve sembrare strano l'inserimento di James Ballard - autore storico della FS e romanziere poco convenzionale (cfr Crash!) - nello spazio dedicato al giallo: questo Cocaine Nights ha infatti, rigorosamente, la struttura tipica del genere: un delitto grottesco e feroce, un reo confesso, suo fratello che indaga certo della sua innocenza, numerosi possibili sospetti e l'ambigua dottoressa, Paula, che seduce l'investigatore dilettante. Canonica l'ambientazione: un villaggio turistico della Costa Mediterranea spagnola dove inglesi benestanti di mezza età trascinano la seconda metà della vita in una paralisi intellettuale che definiscono meritato riposo.
E la struttura del giallo prevale, fino a un certo punto, caricandosi di tensione e di interrogativi senza risposta, fino quando i numerosi indizi non cominciano a comporre un quadro che muta completamente il senso del testo. Ballard, osservatore sornione dell'onnipresente ceto medio-alto e dei suoi sogni in vendita, nonché raffinato sociologo d'istinto, affida a Bobby Crawford l'invenzione delle Organizzazioni della Colpa, ovvero un modo innovativo ed estremo per rendere più eccitante la vita balneare. Ma attenzione, non si tratta dei consueti eccessi che potete trovare in qualsiasi rotocalco illustrato, ciò che l'ex -campione ditennis elabora (senza alcuna preparazione accademica, sia chiaro) è un modello di palingenesi culturale, un esperimento di etologia applicata condotto sulla specie umana di fine millennio.
Sempre più simile a Swift nel costruire situazioni cariche di crudeltà beffarda, Ballard non si allontana da temi a lui cari, da alcune visioni fisse familiari ai suoi lettori abituali. La vita di Costa del Sol, scandita dal suono del lanciapalle meccanico installato nei campi da tennis, le feste ai bordi delle piscine, il sesso, lo sport e le droghe come annoiati espedienti per dimenticare il tempo, costituiscono altrettanti elementi obbligati della sua estetica, fatta di simboli svuotati e degradati della ricchezza. Ballard racconta con la stessa desolata puntualità di club nautici deserti come di isole di cemento e di foreste di cristallo, con una capacità davvero unica di rappresentare un mondo degli oggetti (luoghi, case, abitudini) che ha soppiantato completamente qualsiasi interazione tra gli individui. E Bobby Crawford si rivela qui la logica continuazione del Vaughan di Crash!, altrettanto risoluto - e in definitiva sconfitto - a cercare un impossibile percorso tra oggetti e relazioni umane.
Temo di aver reso tutto troppo intellettuale e non vorrei, con questo, aver fatto un cattivo servizio al libro. Cocaine Nights non è affatto un romanzo carico di buone intenzioni, né l'ennesimo grido di dolore per la reificazione dei rapporti umani. Ballard è soprattutto un romanziere (uno dei più significativi di questa seconda metà del secolo, comunque) e tutto ciò che esprime passa necessariamente attraverso una meditata seduzione estetica. (Che poi sarebbe come dire che non si rischia certo la noia, a leggerlo.) Un romanzo quieto, apparentemente poco aggressivo, freddo come una roccia lunare.

(M.G. - da LN - LibriNuovi n° 3 - autunno 1997)

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J.G. BALLARD
FORESTA DI CRISTALLO
Baldini & Castoldi

Foresta di cristallo di James G. Ballard (ed. orig. 1966) fa parte della tetralogia catastrofica di Ballard, alla quale ho già accennato in altre occasioni. Dei quattro romanzi è questo forse il più inafferrabile e tormentato, ma anche il più suggestivo.
Il protagonista, il dottor Sanders, medico di un lebbrosario in Camerun, vuole impiegare i pochi giorni di riposo che si è concesso per ritrovare Suzanne, la donna che ha amato e che ora, sposata a un altro medico, conduce un altro lebbrosario in una zona remota e poco abitata.
Ma il suo viaggio lo condurrà sul luogo di una metamorfosi definitiva, dove si sviluppa una malattia del tempo che cristallizza ogni oggetto e creatura, interrompendo indefinitamente l'entropia negativa dell'universo.
La mutazione elimina, nella piccola enclave, qualunque tipo di convenzione sociale o di tabù e, come negli altri romanzi della tetralogia (e a maggior ragione come in Condominium) i personaggi, spossessati delle consuete regole di convivenza, saranno costretti a cercare in se stessi le ragioni della propria residua umanità. Nella foresta ingioiellata che vive la sua meravigliosa metamorfosi, i personaggi si muovono come fantasmi senza pace, qualcuno abbagliato dalla speranza di un'eterna vita minerale, altri aggrappati alle ragioni di un odio, di un'amore, di una vendetta, come se un'ossessione fosse di per sè il viatico per la sopravvivenza.
Non vi sono eroi né criminali nella Foresta di cristallo: solo pochi uomini e donne affascinati e inorriditi dalla metamorfosi, che mettono in gioco quel poco di umanità che posseggono di fronte a un cataclisma incomprensibile.
Non è difficile inserire J.G. Ballard, che molti conoscono grazie a Crash, nella tradizione tipicamente britannica di narratori come Joseph Conrad e William Golding (Il Signore delle Mosche), questo al di là dei temi e delle vicende ferocemente ossessive con le quali si presenta.
Una buona lettura, ammesso di riuscire a terminarla.
Già, perché il libro è edito da Baldini & Castoldi, l'editore (mai termine è stato tanto usurpato) di Susanna Tamaro. Foresta di cristallo, infatti, è stato stampato in corpo 7 o al massimo 8, con un'interlinea fittissima, e ci vogliono lettori con occhi d'aquila per leggerlo fino alla fine senza dolori di testa. Come se non bastasse le lettere che i personaggi si scambiano hanno un corpo anche più piccolo, con esiti per la lettura che non è difficile immaginare. Infine la traduzione è quella (sciagurata) della prima edizione italiana (1974), con i personaggi che si parlano dandosi del voi... esattamente come in un giallo degli anni '30.
Il tutto costa L. 15.000, che tenendo conto del costo zero per la traduzione e la poca carta impiegata è un prezzo da strozzini.
L'unica soluzione seria, a meno di voler leggere il romanzo direttamente in inglese (cosa fattibile, l'inglese di G.J. Ballard è avvicinabile), è fotocopiare il libro ingrandito e regalarlo agli amici.
Si tratta di apologia di reato? Lo so, ma mi sembra un delitto anche peggiore spendere dei soldi per un "editore" che dimostra tanto disprezzo per lettori e scrittore.

(M.G. da LN - LibriNuovi n° 12 / inverno 1999)

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Ballard, Burroughs, Campbell, Conway, Webb, Moore e altri.
SAGGEZZA STELLARE
Einaudi Tascabili Stile Libero - pp. 188 L.13.000

In prima di copertina c'è scritto "racconti soprannaturali per il nuovo millennio". Curioso, il termine soprannaturale riferito alla letteratura è tipicamente di inizio secolo, bizzarro anacronismo. Il sottotitolo dell'edizione originale è: a tribute to H.P.Lovecraft. Un piccolissimo arbitrio che dovrebbe mettere sull'avviso il lettore.
L'antologia presenta (in alto, prima riga della copertina) Ballard, Burroughs, Campbell e altri. Vado a leggere: il racconto di Ballard (7 pagine) intitolato Prigioniero dell'abisso di Corallo è stato scritto nel 1967 (!). Pur suggestivo, non è di quelli che lo hanno reso famoso e, a parte l'ambientazione marina, non ha apparenti legami con H.P.Lovecraft. Passo a Burroughs, vale a dire il mito di Ballard. Il suo racconto: Muore il vento, muori tu, moriamo tutti è un eccellente esempio di metaletteratura del tipo confusione-tra-realtà-e-fantasia, carico di ironia /simpatia nei confronti della cultura americana di massa. Nel racconto c'è un mostro (che ricorda più la Blondie di Hairspray che un invasore alieno) e un finale con una battuta in corsivo, come nel racconto Aria Fredda, di HPL.Ramsey Campbell: un racconto mediamente satanico, povero di tensione. Parentele con HPL: una setta di scombinati satanisti che possono (volendolo intensamente) ricordare gli adoratori degli Dei ciechi e idioti di HPL.
Gli altri della copertina sono autori poco noti al pubblico italiano (ma lodevolmente una scheda a pagina XIX ce ne ragguaglia) e nella maggior parte dei casi avrebbero anche potuto rimanere poco noti. Citerò solo le punte, in positivo e in negativo.
Sorprendentemente divertente il racconto di Alan Moore, una rivisitazione dei miti di Chtulhu condotta attraverso il traffico di droga. Inconsueto anche se non sublime il racconto di Michael Gira (anche se so già che a PW non è per niente piaciuto), discreto ma deludente nel finale il racconto di R.M.Price, canonico il racconto di Don Webb. Degli altri (i peggio) segnalo Sognatori nelle tenebre di Peter Smith, un racconto davvero innominabile per lo stile soffocante e la pochezza della storia, Ipotetica Materfamilias di Adele Olivia Gladwell, dove l'autrice (da sola o in collaborazione con il traduttore) riesce a scrivere "... la cappa pesante dell'aria sospesa in modo meschino e patetico" "Il tramonto disperato" "Il pendolo di un folle innalzato sulla scena" e qui mi fermo per non ricopiare tutto il racconto. Davvero un esempio di orrore indicibile. Ambiziosissimo infine Lovecraft in cielo di Grant Morrison, un racconto che mi ha istantaneamente ricordato (e non è un bel ricordo) quei fumettoni d'avanguardia FS - me n'è venuto in mente uno che si chiamava il Robota Nervoso, Dio, CHE BRUTTO! - la cui caratteristica principale era di essere non solo incomprensibili ma anche sgraziati, pomposi e culturalmente ricattatorî. Davvero non male, un ottimo esempio di orrore cosmi(comi)co.
Vale la pena di spendere lire 13.000 per entrare in possesso di questa antologia? Direi di no. I racconti belli non sono abbastanza belli da riscattare l'orripilante atrocità dei più brutti. Nel suo insieme l'antologia è storta, deforme e insensata, vanamente ambiziosa e del tutto inutile. Forse l'unico modo serio per celebrare Lovecraft non è quello di pubblicare antologie, ma rileggersi in pace ciò che ha scritto. É questo che vi suggerisco di fare.
(N.d.r.: tutte le parole in grassetto sono state tratte da testi di HPL. Mi è parsa una vendetta minima nei confronti dei suoi malaccorti fan).

(M.G., da LN - LibriNuovi nuova serie, n° 2 / estate 1997)

bibliografia





JAMES G. BALLARD
IL PARADISO DEL DIAVOLO
Baldini & Castoldi - pp. 291 L.30.000

Una piccola osservazione preliminare.
Non cercate nel risvolto di copertina la data di pubblicazione originale del libro, non la troverete. Come non troverete il titolo originale. Semplicemente l'editore si è dimenticato di scriverli. In compenso c'è l'indirizzo elettronico (di lui, dell'editore), ma potete risparmiarvi la fatica di scrivere per chiedere informazioni in proposito, come io, da vera sprovveduta, ho fatto: nessuno vi risponderà.
Così mi sono arrangiata e posso dirvi, ma piano, in un orecchio in modo che nessuno senta, che il titolo originale del romanzo è Rushing to paradise (Affrettando il paradiso) e che l'edizione originale è del 1996.
Questo mi ha comunque permesso di stabilire che il titolo affibbiato al libro dalla Baldini & Castoldi oltre che brutto (come è brutta la copertina) è anche arbitrario.
Sono giunta al termine della prima lettura convinta che Ballard questa volta abbia decisamente esagerato. La sensazione si è leggermente attenuata in seguito, ma mi sono rimaste alcune perplessità, delle quali vi parlerò tra poco. Protagonista del romanzo è una dottoressa inglese a suo tempo radiata dall'ordine perché "abbreviava le sofferenze" di anziani inguaribili e ora appassionata ecologista che si batte contro il governo francese che vorrebbe fare di un'isola del Pacifico, luogo di nidificazione degli albatros, un sito per esperimenti nucleari.
Al grido di "Salviamo gli albatros!" la dottoressa Barbara Rafferty mette insieme un'assortita truppa di volontari che comprende un nativo polinesiano, qualche veterano di battaglie ambientaliste, un paio di scienziati giapponesi e Neil, un adolescente il cui profondo desiderio è in realtà di assistere a un'esplosione nucleare.
É Neil la voce narrante del romanzo, un Jim Hawkins in piena pubertà, singolarmente turbato dalla personalità e dalla convinzione della dottoressa Barbara. Senonché i progetti della convinta ecologista sono sì radicali e sicuramente riguardano il futuro della specie umana, ma assomigliano maggiormente ad alcuni deliri di inizio secolo su razza e genere che alle posizioni di Greenpeace.
E dove sta allora l'esagerazione?
Non è facile a dirsi. Credo che si potrebbe sintetizzare nella sensazione che Ballard abbia voluto correre, stavolta, un rischio eccessivo. Esiste un diffuso sentimento progressista che ritiene sia giusto praticare l'eutanasia ai malati incurabili e difendere le specie animali in pericolo, che si batte contro gli esperimenti nucleari e crede nella pari dignità dei sessi. Se pure Ballard crede in questi principi (che spesso, almeno per alcuni, sono assimilabili a precetti) tuttavia si adopera, in questo romanzo, a distruggerli coscienziosamente, lasciando il lettore di buone intenzioni in preda alla sorpresa e all'astio.
La maggiore debolezza del romanzo, tuttavia, non sta tanto nella sua scorrettezza politica, ma nel personaggio della dottoressa Barbara, che sembra consistere unicamente dei suoi deliri gelidi e dei suoi lucidi progetti. Basta pensare alla elaborata e imprevedibile follia del Vaughn di Crash per rendersi conto che, questa volta, Ballard ha, seppur di poco, sbagliato la misura.
Tuttavia debbo ammettere di essermi divertita. Ogni convinzione, anche la più avanzata e progressista, ha un proprio lato puritano e intollerante ed è l'espressione compiuta di una classe sociale (in questo caso la classe media intellettuale europea) e di un'epoca. Diverse volte mi è capitato di chiedermi quanto vi fosse di sincero, di realmente sofferto in certe idee tanto diffuse tra i "benpensanti di sinistra". Qualche volta, addirittura, di pensare che si trattasse di conformismo mascherato da progressismo, come in certi ulivismi di questi anni. Così la mia anima dispettosa e anarchica si è parecchio divertita a vedere la dottoressa Barbara che cercava di "affrettare il paradiso" eliminando senza pietà chiunque la intralciasse.
Sono d'accordo, non è una lettura da boy-scout, ma non è affatto escluso che ciò di cui abbiamo maggiormente bisogno, di questi tempi, sia una robusta dose di cattiveria.

(M.G. - da LN - LibriNuovi n° 8 / inverno 1998)

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J.G. BALLARD
FINE MILLENNIO: istruzioni per l'uso
Baldini & Castoldi - ed. orig. 1996 - pp. 423 L. 32.000 - Trad. Antonio Caronia

Una delle funzioni degli scrittori, o perlomeno dei migliori tra loro, è quella di provare a dipanare il filo intricato degli eventi, di cronaca, culturali, storici, politici, leggendoli mediante la loro personale sensibilità, guardandoli da un punto di vista strettamente personale, ricercandovi e mettendo in evidenza quanto di imprevisto, inconsueto e segreto vi si nasconde. Questa è (o dovrebbe essere) la funzione dell'artista, ben separata da quella del commentatore politico o da quella del sociologo: indicare il particolare del quadro, rendere esplicito ciò che è nascosto. Lo scrittore che invece di fare uso della propria sensibilità e fantasia si improvvisa politico o si cala nei panni dell'opinionista rende un pessimo servizio al lettore.
Insomma, mentre una delle funzioni dello scrittore è quella di operare sintesi fulminee o mettere in luce il senso generale di un evento attraverso un particolare, una sua perversione è la trasformazione in tuttologo, lo specialista in nessuna materia che esprime il suo punto di vista con la nettezza di un parrucchiere o di un tassista, non a caso categorie alle quali si affida per brevi momenti il proprio benessere.
Di questa seconda categoria credo abbiamo tutti in mente ottimi esempi, mentre la prima è un po' meno frequentata, anche perché se scrivere è un'attività, pensare è un lavoro e riflettere una fatica.
Questo libro raccoglie interventi e riflessioni dell'autore de L'Impero del Sole e di Crash, scritti tra gli anni '70 e gli anni '90; in essi si avverte costantemente il punto di vista dell'osservatore, lo scatto di fantasia personale dello scrittore, in grado di affrontare anche i temi più ovvi e logori (la conquista dello spazio, la diffusione delle automobili, Mein Kampf di Adolf Hitler, il successo della Coca Cola) con un approccio inconsueto e stimolante, che mette in luce elementi imprevisti o nascosti nel quadro degli eventi. Per il lettore si tratta di una festa dell'intelligenza, un'educata lezione di anticonformismo e originalità, oltreché, in qualche caso, di understatement venato di humour paradossale.
I temi preferiti dal Ballard autore - il rapporto con l'Estremo Oriente, la fascinazione per l'orrido tecnologico, le alterazioni della percezione indotte dai media, il rapporto tra il corpo reale e la sua rappresentazione - vi compaiono nella forma di materiali di lavoro, di osservazioni preliminari al lavoro di scrittore.
Un libro che consiglio volentieri, uno spazio liberato ricco di suggestioni e dell'irresistibile ironia discreta dell'intelligenza.

(M.C. - da LN - LibriNuovi n° 13 / primavera 2000)

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