ALIA 07
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ALIA 2007
Farà male solo per un momento, ma
farà male da impazzire
di Davide Mana
… e quattro.
Il volume che stringete fra le mani è una testimonianza
della
fede che tutti i partecipanti hanno riversato in questo progetto.
Gli scrittori hanno scritto, gli editori hanno editato, i curatori
hanno curato, i traduttori tradotto, i correttori di bozze han corrette
le bozze, gli illustratori, illustrato.
Per il quarto anno consecutivo.
Non male, per un progetto che era stato dichiarato morto alla sua prima
uscita(1).
Alia non vuole morire.
«Muori tu e muoiono le tue idee», dice un
personaggio in
una delle storie di questo volume, e la negazione di questo semplice
costrutto totalitario è il tema centrale – uno dei
temi
– non solo di quello specifico racconto, ma di tutti i
racconti
di questo tomo.
Le idee sopravvivono.
Le idee sono importanti, vale la pena di morire per loro, vale la pena
di rischiare, di sacrificarsi.
Tutti noi viviamo in un castello fatto di idee.
La fantascienza e il fantastico – contrariamente ai necrologi
pubblicati da più parti – stanno bene e vi
salutano tutti,
e si affermano ancora una volta come la principale, l'unica forma
narrativa che esplori le idee fondanti dell'universo –
materiale
e ideale – in cui viviamo tutti.
Le chiavi del castello, e l'unica mappa per esplorarlo.
Ma veniamo alle storie.
Quest'anno, continuando nella carrellata semicronologica sul fantastico
anglofono cominciata con i racconti vittoriani ed edwardiani del primo
volume, arriviamo, finalmente, al presente.
Le opere che troverete nelle pagine successive – tutte finora
inedite nel nostro paese e tradotte qui per la prima volta –
sono
state scritte negli ultimi cinque anni (con una sola eccezione
notevole), da autori ancora in piena attività, ciascuno con
non
meno di una mezza dozzina di premi ad alto profilo all'attivo(2),
molti certificati best-seller in patria e alcuni anche in Italia,
gentiluomini (e una signora!) di una cortesia e una
disponibilità squisite, che hanno reso disponibile la
propria
opera per amore del genere, del progetto, e dei lettori.
Incontriamoli…
Canadese, giovane, esperto di questioni legali per la Electronic
Frontier Foundation, attivista politico, Cory Doctorow (nato nel 1971)
ha all'attivo una lunga carrellata di racconti e altrettanti premi
(Campbell, Locus, Sunburst, Nebula), e ha contribuito a svecchiare il
mercato dalla SF dimostrando, tra l'altro, che la distribuzione
gratuita (con licenza Creative Commons) delle proprie opere in formato
elettronico aumenta esponenzialmente le vendite delle medesime in
formato tradizionale. In questo volume ci delizia con il piccolo,
geniale Raccoglione
(Craphound), una insolita, divertita, suburbana cronaca dell'incontro
fra cultura umana e cultura aliena. Le nostre ossessioni ci
definiscono, ci dice Doctorow, e ci accomunano attraverso gli anni
luce.
Astronavi e tecnologie restano in secondo piano, mentre il palcoscenico
viene impegnato da una strana coppia di nemici-amici, e dal passato
della nostra cultura.
Il passato è vivo e reale, e le idee, le esperienze, i
sogni,
sono oggetti che possono essere tramandati, scambiati, compresi, anche
quando biologie e psicologie divergono.
Più traumatico, più sinistramente noir è
invece l'incontro con l'alieno e l'alienazione del protagonista del
gelido Affogare nella
sabbia
(Drowning in Sand), dell'americano Dennis Detwiller (misteriosa la data
di nascita, ma da avvistamenti sul campo il nostro non può
essere più che trentenne).
Artista grafico, narratore e pluripremiato creatore di giochi analogici
ed elettronici, animale urbano e dalle abitudini notturne per sua
stessa ammissione, Detwiller attinge al ricco patrimonio della cultura
della cospirazione per tracciare la parabola di una mente sopraffina,
sopraffatta e soggiogata da un mistero che sfida non solo
l'intelligenza umana, ma la realtà come noi la conosciamo. Affogare nella sabbia
rappresenta la più ovvia virata della nostra antologia verso
l'horror: un horror adulto, solido, senza effettacci e senza
sbrindellamenti inutili. A differenza degli alieni di Doctorow, gli
alieni di Detwiller, che mai compaiono sulla scena ma la dominano quasi
subliminalmente, sembrano attenderci là fuori con intenti
meno
che benevoli, e vagamente lovecraftiani.
Il confronto con misteriosi artefatti alieni al fine di divinare che
cosa ci aspetti esattamente là fuori è anche il
tema
attorno al quale ruota il racconto Pesci
polmonati
(Lungfish) di David Brin (1950), autore famosissimo anche in Italia,
esponente di quella fantascienza tecnologica e ottimista che vede nella
conoscenza uno strumento per risolvere problemi, non una generica
minaccia alla nostra anima. Eppure di anima ci tocca parlare,
perché le intelligenze artificiali che popolano il racconto
di
Brin non mancano di una dimensione morale, di un'anima, vorremmo dire.
Dopo i successi delle due serie dell'Uplift, dopo il colossale Terra!
(il cui elenco di previsioni azzeccate continua ad allungarsi) e una
decina di altri romanzi, più recentemente Brin,
già
consulente della NASA, ha sviluppato una importante attività
come divulgatore e polemista, con un forte interesse per gli sviluppi
futuri della società umana.
I suoi diversi interessi convergono in questa sua opera, istruttiva
senza essere didattica: Pesci
polmonati
è un racconto ambizioso, ricco di spunti (e di riferimenti
alla
fantascienza classica), capace di ricapitolare in poche pagine la
storia di un'intera galassia e tuttavia regalandoci tre personaggi
difficilmente dimenticabili.
Ma forse i veri alieni saremo noi.
E Charles Stross (1969), rappresentante di lusso della frangia
più tecnologica e d'avanguardia
(«postcyberpunk») di
quella fantascienza scozzese che ci ha già dato autori come
Ian
Banks e Ken Macleod, ci piomba, con Aragoste
(Lobsters) al centro di una società accelerata e
polverizzata,
dove l'intelligenza artificiale è meno umanamente benevola
di
quella descritta da Brin e nella quale l'esplorazione dello spazio
è affidata ai crostacei. Il racconto, originariamente
pubblicato
su «Asimov's», costituisce anche il primo capitolo
del
pluripremiato romanzo Accelerando – distribuito gratuitamente
dall'autore attraverso una licenza Creative Commons.
Capace di mantenere l'azione in movimento attraverso un linguaggio
stenografico e ultratecnico che è la dannazione dei
traduttori,
Charlie Stross, autore brillante con all'attivo una manciata di premi,
Hugo incluso, è un serio scrittore dalla tagliente ironia:
rara
miscela in questi tempi oscuri.
Al di là della satira feroce, la società
agalmica,
real-time e open di Stross è di fatto una realtà
già mentre scriviamo(3), e alcune
delle idee
usate da Stross in sottofondo potrebbero chiarirci alcuni risvolti
della politica economica corrente: se il linguaggio può a
tratti
intimidire e disorientare, non è così che ci
sentiamo
quando per errore la nostra TV si sintonizza su un canale nel quale si
parli di realtà, e non di reality?
Restando nel campo delle tecnologie (realistiche) di punta, torniamo in
America con Walter Jon Williams (1953), altro premiatissimo autore
(detiene il titolo di più alto numero di nominations a Hugo
e
Nebula in assoluto) ben noto al pubblico italiano fin dai tempi del
classico Hardwired.
Dopo l'esordio cyberpunk, Williams si è dimostrato autore
capace
di spaziare fra i sottogeneri, andando dalla space-opera al fantasy
urbano, e con Il mondo
di papà
(Daddy's World, vincitore del Premio Nebula nel 2000) ci prospetta una
cupa favola che esplora – neanche a farlo apposta –
un tema
già presente in Charles Stross: quello dei diritti delle
intelligenze uploadate (caricate, cioè, su un computer, come
software). Cinico, tagliente, spolverato di un umorismo crudele (la gag
di Cicerone è assolutamente impagabile), il racconto di
Williams
è un efficace monito contro la paura incombente,
l'iperprotettività di certi genitori confusi, il
paternalismo
istituzionalizzato e tutti i piccoli Hitler della nostra
realtà,
virtuale o meno.
Perché un piccolo tiranno totalitario può
annidarsi anche
molto lontano dal computer, come ci dimostra la canadese di origine
giamaicana Nalo Hopkinson (1960), con Il trucco della bottiglia di
vetro
(The Glass Bottle Trick), altra favola, questa volta più
vicina
ai modi tradizionali, rilettura in chiave caraibica e sottilmente
simbolica di un classico della narrativa infantile.
Una irruzione di fantastico puro nella quotidianità di
personaggi molto «normali», e un piacevole
intermezzo con ghost
story dopo una prima lunga carrellata di fantascienza
nella nostra antologia.
Già vincitrice del John W. Campbell Award come migliore
autrice
esordiente (e successivamente di un premio Dick, un Locus, un Hugo e un
James Tiptree Award), la Hopkinson ha all'attivo tre romanzi (due dei
quali tradotti in italiano) e alcune antologie di storie, e rimane una
delle voci più fresche e originali nel panorama del
fantastico
contemporaneo.
E se la storia della Hopkinson è, anche, la storia di un
tradimento, lo stesso possiamo dire del racconto del texano Chris
Roberson, Mani rosse,
mani nere
(Red Hands, Black Hands), col quale l'autore ci porta nei territori a
lui familiari della storia alternativa, in un universo già
noto
ai lettori di «Robot», rivista che per prima ha
pubblicato
Roberson in Italia: la Cina imperiale è l'unica potenza
mondiale, e colonizza i pianeti del sistema solare, mostrando una
sdegnosa indifferenza per i singoli.
Altro trentenne d'assalto, Chris Roberson ha iniziato a pubblicare col
nuovo millennio, ha fondato il collettivo Clockwork Storybook ed
è presidente e proprietario della Monkeybrains Press, una
piccola casa editrice di alta qualità. Con tre romanzi
all'attivo, una antologia annuale e una lista di lavori in uscita
impressionante, pare sorprendente che Roberson riesca ancora a
mantenere standard qualitativi tanto alti, aggiudicandosi anche il
premio Sideways per la storia alternativa.
Red Hands
dipinge con
poche pennellate un mondo diverso, barocco e complesso come le migliori
creazioni di Jack Vance, e sviluppa una storia tragica attorno a una
semplice domanda: può una rivoluzione romantica abbattere un
impero decadente? E con quali mezzi?
E che cosa anima, in fondo, i fondatori dei grandi imperi?
Michael Moorcock (classe 1939) rispose a questa domanda per la prima
volta nei primi anni Sessanta, con Il
più grande conquistatore
(The Greater Conqueror), novella che si pone quasi all'origine del
ciclo del Campione Eterno, e che l'autore inglese ha donato ad Alia e
al pubblico italiano.
Siamo nel territorio della Sword & Sorcery più
classica, ma
le ingenuità del genere, e l'allora giovane età
dell'autore, non riescono a nascondere temi più profondi e
inquietanti al nucleo della storia.
Autore troppo famoso per poterne incapsulare la carriera in poche
righe, Moorcock è forse l'uomo che, nel dopoguerra, ha fatto
di
più per abbattere le barriere fra i generi e dare
dignità
artistica alla narrativa fantastica. Senza mai dimenticarne le radici
avventurose. Il racconto presentato in questa sede, e come tutti gli
altri un inedito assoluto, si colloca all'interno della grande saga del
Campione Eterno, conferendo attraverso l'ambientazione storica una
dimensione nuova e inaspettata.
Ecco.
Otto storie, da otto autori diversissimi per età, origine,
temperamento, stile e allineamento politico.
Alcune selezionate dall'editor in base ai gusti principali, altre
donate spontaneamente dagli autori interpellati.
Un paio, scelte «di ripiego» quando la storia che
l'autore
o l'editor aveva in mente si è dimostrata impraticabile,
inottenibile, già opzionata.
Eppure in ognuna troverete una intelligenza aliena, una riflessione sul
futuro che ci attende, una chiave per interpretare il presente, e una
pressante domanda sulla libertà personale.
Ci piacerebbe attribuirci il merito di una così elevata
omogeneità tematica, ma non possiamo: è il
fantastico
contemporaneo che, come ha sempre fatto, marca da vicino le grandi
questioni del nostro tempo.
Ma il discorso non sarebbe completo senza una rapida introduzione agli
«altri» artisti di questo volume: gli illustratori.
Dalmazio Frau, personaggio rinascimentale e fiammeggiante,
illustratore, pittore, polemista, filosofo combattente, è un
artista la cui opera difficilmente si può circoscrivere o
etichettare. Da tempo associato all'opera di Michael Moorcock, Frau ha
catturato in una sola tavola tutta la potenza e tutto il dinamismo del
racconto dell'autore inglese, riuscendo al contempo a compiere un
omaggio ai cliché del genere: l'eroe nerboruto, la strega
sensuale…
Chiara Negrini è una giovane artista, web designer e
illustratrice associata al circolo di Dalmazio Frau e dotata di una
potente voce personale. La sua tavola per il racconto di Walter Jon
Williams riesce in pochi tratti a cogliere i due aspetti del racconto:
da una parte l'infanzia tradita del protagonista, e dall'altra l'orrore
sottile del connubio uomo-macchina.
L'altrettanto giovane Alessandro «MoMa KoN»
Bioletti ha
affrontato con coraggio la storia di Cory Doctorow, proponendone
più che una illustrazione, una rilettura. Il suo piccolo
cowboy
alieno pieno di meraviglia davanti alla marea di kitsch prodotto
dall'umanità, riprende e riecheggia la poesia insita nella
storia dello scrittore canadese.
Questo è il meglio del panorama italiano, e ha messo la
propria arte al servizio delle nostre storie.
Con loro, l'incommensurabile Terada Katsuya, che ha dipinto la
copertina dei tre tomi riuscendo a unire il tono colto e il cuore pop
delle nostre storie.
E questo è quanto: otto storie, tre disegni, una copertina.
Ora avete la mappa.
Potete cominciare la vostra esplorazione.
Ci auguriamo che non abbiate perduto lo spirito della scoperta.
Qualora ciò fosse accaduto, qui lo ritroverete.
Ve lo garantiamo.
Farà male solo per un momento…
(1) Ci informano che simili piccole rivalse nei
confronti
di critici e recensori son poco signorili, e scarsamente caritatevoli.
Ma volete mettere la soddisfazione? E poi, perché continuare
a
tollerare ogni scimpanzé cui capiti di trovarsi seduto a una
macchina per scrivere, solo perché abbiamo un antenato in
comune?
(2) Anche sciorinare lunghe liste di premi è poco elegante,
ci dicono.
(3) Che cosa hanno ricavato i partecipanti al progetto Alia, se non
karma positivo? Certo non danaro. Ma il karma non va mai fuori corso, e
non soffre l'inflazione. E la libertà di non vendersi
è
impagabile.
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