CHAOS

I desideri della <<società liberata>>


Terri Mannarini


La società liberata
Il concetto di società liberata si riferisce a quelle società che hanno oggettivamente
superato lo stadio della soddisfazione dei bisogni di sopravvivenza, disponendo di
una quantità di risorse e beni materiali sufficienti a coprire le necessità primarie
della totalità dei suoi membri, a prescindere o meno da un'equa o meno
distribuzione e allocazione di tali risorse. Il know-how scientifico-tecnologico, che
ne costituisce la risorsa principale, ha in sostanza aperto, per la prima volta nella
storia, una dimensione dell'esistenza non più limitata alla pura sussistenza della vita
biologica -dimensione che invece contraddistingue ancora tanta parte del mondo
attanagliata dalla fame, dalle epidemie ecc.- ma protesa all'acquisizione di beni
intangibili quali la qualità della vita e il benessere globale (e non solo economico).
Naturalmente, mentre è possibile individuare oggettivamente quelle società la cui
produzione e la cui disponibilità di risorse è molto elevata, più difficile è misurare il
cambiamento dei modelli di pensiero e di comportamento che consentono di
giustificare l'aggettivo <<liberate>>, cioè il passaggio da una cultura esistenziale del
bisogno ad una cultura esistenziale della possibilità e del desiderio1: una cultura
pronta a liberare le potenzialità delle soggettività e dei microsistemi sociali
attraverso un processo di attivazione delle risorse dei singoli e delle reti sociali che
li sostengono.
Questa prospettiva dell'evoluzione sociale, piuttosto ottimistica e tecnofila, manca
di analizzare i modi specifici del costituirsi delle soggettività maschili e femminili e
del loro desiderio, che passano, entrambi, attraverso le radici corporee e attraverso
la differenza e la costruzione del genere; il corpo, in quanto campo di iscrizione di
codici socio-culturali, da sempre si definisce in rapporto con la tecnologia,
costruendo e mettendo in pratica sistemi di riconoscimento, di conoscenza e di
controllo sul corpo. Il processo di denaturalizzazione del corpo, che la psicoanalisi
per prima ha operato mostrando l'eccentricità e la dislocazione del soggetto
incarnato, ha rovesciato l'egemonia del paradigma essenzialistico, liberando identità
multiple, stratificate, sessuate di un sesso a volte biologico a volte angelico.
Ribaltamento grazie al quale il modello biologico, garante, sino a non più di mezzo
secolo fa, del limite della conoscenza e della pratica scientifica, è diventato, insieme
al modello cibernetico, il paradigma dominante: venuto meno il nocciolo
essenzialistico, l'unità si è disintegrata, l'oggetto ha smesso di essere uno, si è
scomposto nelle sue componenti e nei suoi processi.
Non più il corpo vivente ma, come scrive Braidotti, <<organi senza corpo>>2. Questa
o quella parte, questa o quella funzione, questa o quella protesi; l'una al posto
dell'altra e tutte facenti parte di un sistema, nozione che ha sostituito quella di
organismo.

Il vivente a pezzi
Se la biologia non è tutto, si può farne di tutto. La circolazione di materia vivente è
transnazionale e pare non abbia sesso né colore: i tre cuori di Benetton sono identici
anche se vengono da un corpo sessuato e, a giudicare dai flussi di organi nel
mondo, da pelli non bianche. Questo sminuzzamento del corpo, che tanto ancora
ricorda la pratica dell'anatomia classica, è effetto di una pulsione al vedere;
l'antichissima metafora dell'occhio -lo sguardo penetrante del conoscere- si è
concretizzata al punto da generare la tendenza ad attribuire lo status di realtà solo a
ciò che può essere registrato e visualizzato strumentalmente.
B. Duden ha descritto il fenomeno che rende pubblico il corpo della donna gravida
e lo espone al desiderio di vederne l'interno, ne fa una vetrina, lo scuoia della pelle,
squarcia il confine tra il dentro e il fuori; paradossalmente il potere ottico della
tecnologia produce un duplice effetto: da un lato lo smembramento del corpo in una
serie indifferenziata di organi equivalenti, dall'altro l'attribuzione di 'corpo' a puri
concetti: <<"Ecco come è fatto il blastocito" dice il fotografo e il lettore gli crede,
anche se fin dalle elementari ha imparato che non è possibile vedere alcunché al di
fuori dello spettro solare (...). Mi sembra assurdo attribuire a un collage fabbricato
con dati di misurazione una realtà fisica>>3.
La rappresentazione prende il sopravvento sul rappresentato, gli dà vita e valore ma
ne congela la dimensione temporale. L'unità del vivente si offusca sullo sfondo
dell'eternità, a soddisfazione di quell'altro, enorme desiderio di immortalità che
cova nelle società invecchiate e a tasso di crescita zero.

I desideri non finiscono mai
Dalla psicoanalisi abbiamo appreso che il desiderio è senza oggetto, è desiderio del
desiderio, destinato a perdere continuamente la presa. Nello scenario
ipertecnologico, dove si gioca la promessa dell'appagamento del desiderio più
folle, che ne è del desiderio del corpo dell'altro e della maternità? Segnali di allarme
vengono da donne psicanaliste: le tecniche di riproduzione artificiale, entrate
nell'immaginario individuale senza passare per l'elaborazione di un'etica condivisa,
restano affidate e gestite da quello che Silvia Vegetti Finzi ha chiamato il <<demone
del desiderio individuale>>4; la possibilità di sganciare la procreazione della
sessualità e di costruirla in percorsi di laboratorio, la circolazione, lo scambio e la
sostituzione del materiale generativo in anonimato, fanno leva su un'inconscia
fantasia di onnipotenza che è, di fatto, una manipolazione del desiderio procreativo.
Di fatto, già a partire dalla diffusione dei metodi contraccettivi, è avvenuto il
passaggio dal figlio come conseguenza del desiderio sessuale dell'uomo per una
donna al figlio come oggetto della volontà cosciente di una donna. I figli si
fabbricano a colpi di volontà, di decisione e, talvolta, di forzature, sicché il
desiderio, colpito nella sua stessa logica, si stravolge. Nulla accade più per caso,
neanche che il desiderio muoia; la crescita zero delle popolazioni ricche e
postindustriali va ben oltre le scelte di procreazione responsabile; l'impatto della
tecnica sui soggetti è tale che si è verificato, negli ultimi vent'anni, un aumento
significativo dei casi di infecondità (dei quali 3/4 costituiti da cosiddette <<sterilità
enigmatiche>>, cioè prive di una causa organica accertabile)5 e una conseguente
richiesta di cura.
La pratica medica, sempre più legata alla soluzione tecnologica, è carica di effetti
iatrogeni: promuove malessere rafforzando una società morbosa e consumatrice di
medicina curativa e preventiva; produce menomazioni della salute; distrugge la
capacità potenziale dell'individuo di fare fronte e reagire alla propria debolezza e
vulnerabilità.
La società liberata vive la complessità: in senso generale possiede strumenti
eccezionali -in primo luogo strumenti tecnologici- per mettere in pratica strategie di
empowerment individuali e collettive; in un altro senso i processi di
differenziazione e moltiplicazione in atto al suo interno -etnici, culturali, sessuali,
sociali- pongono più violentemente che mai la domanda sul <<chi>>.

I corpi in rete: desiderio di alterità
L'ambiente telematico fa ben più che veicolare identità: le crea, crea relazioni sociali
assolutamente nuove; permette a tutti i frammenti di società di dirsi, di riconoscersi,
di vedersi non su base territoriale, ma su base virtuale. Ci sono fattori di
identificazione che in rete si annullano: scompare l'intera connotazione del
corporeo, il suo sesso, la sua valenza estetica, la sua età anagrafica, la sua
appartenenza etnica; la scrittura on line lascia ampi margini al gioco
dell'autorappresentazione e alle fantasie individuali su se stessi e sull'altro. Crea
rapporti casuali: gente che per appartenenza sociale e modelli di comportamento non
avrebbe e non cercherebbe nessuna occasione di frequentarsi, pur abitando magari
a due isolati di distanza, si ritrova a condividere lo spazio di una chat line.
Le comunità virtuali nascono nell'affabulazione della scrittura: persone scritte si
rivelano spesso altre dalle persone in carne ed ossa, come testimoniano le
esperienze di conoscenza diretta tra soggetti che hanno comunicato a lungo via
modem.
<<E' ricorrente che si senta dire: "Ho conosciuto Tizio. E' molto meglio che al
computer". Il linker ha la straordinaria occasione di sperimentare quanto sia forte la
proiezione nei rapporti umani. Ci si rende conto allora, e solo allora, che la parola
scritta ti porta dovunque, molto oltre i limiti del corpo, e in contatto con chiunque,
ma fornisce in cambio un "contenitore" della relazione tra persone che fa acqua da
tutte le parti>>6.
E' ancora il fattore tempo ad essere manipolato, il tempo richiesto dall'elaborazione
e dal processo di costruzione dell'io e della relazione; chi se ne va non viene
ricordato perché non ne resta alcuna traccia. Se è vero che la sottrazione del corpo è
una totale estensione, di quale corpo e di quale soggettività parliamo?
I corpi di questo fine secolo sembrano sospesi nel vuoto: puri, eterei, non segnati
da un sesso, da una nascita, da una cicatrice. Liberi di rappresentarsi secondo una
fantasia piuttosto radicata nell'immaginario culturale della nuova era che celebra il
trionfo del corpo androgino, asessuato, angelico, dopo aver gridato al rifiuto della
sessualità genitale maledetta dall'Aids. E' certo inquietante che l'offuscamento
dell'asimmetria sessuale avvenga in un momento storico in cui il pensiero
femminile invoca la sessuazione delle pratiche sociali, politiche e culturali.
<<Viviamo ormai all'incrocio tra il corporeo e il tecnologico ed è quindi importante
ripensare il nostro vissuto in questo senso: il corpo è infatti una superficie di
incrocio di molteplici e mutevoli codici d'informazione, a partire dal codice genetico
fino a quelli dell'informatica. Le forme contemporanee del bio-potere hanno
oltrepassato le aspettative di Foucault.
Il mondo cyber in cui viviamo ha dissolto l'organico in una serie di flussi elettronici
che controllano la nostra esistenza: dalle transazioni bancarie, alle bio-tecnologie
mediche, fino alle più svariate forme di comunicazione spersonalizzata. Il "corpo"
non c'è più, restano momenti di vissuto bio-tecnologico, cioè il fattore temporale
come traccia del'esperienza. Non ci resta che la memoria.>>7

Note:

1. M. Bruscaglioni, La società liberata, Angeli, 1994
2. R. Braidotti, Organi senza corpo, in Soggetto nomade, Donzelli, 1994
3. B. Duden, Il corpo della donna come luogo pubblico, Boringhieri, 1994, pg.28
4. S. Vegetti Finzi, Oscurità dell'origine e bioetica della verità, in S. Rodotà (a cura
di), Questioni di bioetica, Laterza, 1993
5. M. M. Chatel, Il disagio della procreazione, Il Saggiatore, 1995
6. Berretti-Zambardino, Internet, avviso ai naviganti, Donzelli, 1995, pg. 47
7. R. Braidotti, L'era del bio-potere, in Braidotti-Rodotà-Nespor-Maffettone,
Questioni di vita e di morte, Donzelli, 1995, pg. 62


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