MATRIMONIO TRA MITO E TRADIZIONE.

di Paola Perotti



Osservando un dipinto di un artista mongolo mi è nato il desiderio di sapere qualche cosa di più sul loro rito nuziale. Curiosità stimolata anche da quanto rappresentato nel quadro: una frotta di cavalieri al galoppo e, fra essi, uno che portava in sella una donna coperta da un velo rosso. In questo scenario, il titolo del quadro "L'USANZA DI PRENDERE LA SPOSA" assume il suo più pieno significato, rimandando la memoria ad una remota ed affascinante usanza simile ad un RATTO.

Risulta difficile trovare delle similitudini tra il rito del matrimonio cristiano e la cerimonia che riassume l'antico rito nuziale mongolo. Questa unione ha ben poco di romantico visto che la famiglia dello sposo ACQUISTA per il proprio figlio una moglie, la quale deve possedere sia le doti della bellezza, sia soprattutto quelle dell'intelligenza e delle capacità di amministrare la nuova famiglia, suoceri compresi, e di svolgere i numerosi compiti femminili.

Il rito del matrimonio è comunque riconosciuto come un fatto culturale. Una tradizione che si perde nella notte dei tempi e le cui radici sembrano risalire ad una antica epopea mitologica. I primi riti sono riscontrabili in un poeme centrasiatico, in cui un mitico eroe, Gesar, è dichiarato addirittura "ISTITUTORE DEL BIANCO MATRIMONIO FRA LE GENTI".

Esistono diverse versioni di questo poema, tra cui una buriata ed una mongola. Quest'ultima presenta dei caratteri che coincidono spesso con i dettami di una istituzione medievale, secondo cui il pagamento per l'acquisto della sposa, fatto spesso in capi di bestiame, poteva anche essere sostituito dalle prestazioni lavorative del genero presso la famiglia della donna. Da qui nasceva l'usanza, per la giovane coppia, di soggiornare a lungo sul territorio della famiglia della fidanzata.

La variante buriata del poema sembra identificarsi meglio con gli elementi del rituale popolare: forse è più opportuno fare riferimento a questa versione per vedere prima quali sono gli aspetti mitologici del rito nuziale e successivamente come essi vengono intesi nella tradizione.

Il matrimonio nella mitologia è permeato da un processo di trasformazione che si basa sul passaggio dalla vita alla morte e viceversa. L'eroe, il fidanzato, deve passare attraverso due fasi caratteristiche del fenomeno, sicuramente simolico quanto straordinario, della vita-morte-resurrezione.

La prima volta è quando lascia il territorio paterno per raggiungere la sposa e ricevere in dono un cavallo magico, forse alato. La seconda quando ha inizio la vera e propria fase matrimoniale. La prima "prova" ricorda un rito di iniziazione ed è quella d'obbligo per conseguire il diritto di chiedere la donna in sposa. L'uomo deve salire sulla sommità di un monte mitico, che nell'immaginazione popolare si chiama Tebke, collocato idealmente al confine tra il territorio sella propria famiglia, quello della famiglia della donna e con il cielo. Un elemento quest'ultimo di notevole importanza nella cultura mongola. Durante la sua ascesa alla vetta, il giovane deve mutare le sue sembianze umane in quelle di diversi aniali. Una condizione necessaria, nel mito, per potere superare le difficoltà dell'ascesa.

Arrivato sulla vetta, l'eroe cade in una condizioe simile alla morte, una perdita di coscienza che dura tre giorni, alla fine dei quali il giovane "resuscita", grazie anche all'uso di un'acqua miracolosa. Si tratta sicuramente di una metafora usata per indicare un cambiamento necessario alla condizione di ragazzo, che sta per intraprendere una nuova vita, nel pieno della sua giovinezza, forza e vitalità, che lo porterà ad una nuova fase caratterizzata da maggiori responsabilità. Al suo risveglio, racconta il poema, l'eroe possiede inoltre la prodigiosa capacità di ringiovanire e rianimare le persone che incontra sul suo tragitto, quasi a rappresentare come l'amore possa influenzare anche le persone vicine. Anche la giovane fidanzata, nel momento in cui sta per intraprendere la sua nuova vita matrimoniale, acquista delle nuove e strabilianti capacità.

Recita il poema: "DOVE LEI PASSA NASCONO FRUTTI SUGLI ALBERI E SULLA TERRA ARIDA SCORRE L'ACQUA".

Inoltre, grazie ad un magico fazzoletto rosso regalatole da un famigliare, acquista il dono di rianimare pure lei le persone che incontra. Così, come per incanto, compare la primavera nel luogo dove vive la ragazza e dove avrà luogo il matrimonio, mentre fuori regna l'autunno.

E' a questo punto che ha inizio la seconda "prova" per l'eroe che, come nella prima, deve nuovamente scalare la vetta di un monte, perdere la coscienza per tre giorni e rinascere miracolosamente (...grazie anche alla famosa acqua...) in una condizione nuova che gli assegna il diritto di portare via la propria sposa. Potremmo dire che nella mitologia ha inizio qui la cerimonia nuziale. la sposa attende infatti segregata dentro una gher, senza contatti con l'esterno, fino al momento di lasciare la casa paterna con lo sposo. In segno di appartenenza alla nuova famiglia, la donna donerà allo sposo la tibia di un animale, che è simbolo di appartenenza alla famiglia paterna fin dalla nascita. La giovane moglie rsterà immobile, senza reagire, anche quando salirà sul cavallo dell'eroe, giunto con tutto il corteo nuziale. La mancanza di movimenti e reazioni volontarie è qui a simboleggiare la futura condizione di passività della donna all'interno della famiglia del marito, fino a quando, arrivata alla casa del consorte, sarà riconosciuta ed accettata dalla nuova famiglia. A questo punto la donna potrà "rinascere".

Nella mitologia, l'eroe, prima di potersi portare via la promessa sposa, deve affrontare ancora dei rivali con i quali si confronta in gare e competizioni. Le gare sono quelle in cui i mongoli sono campioni da sempre: il tiro con l'arco, la corsa ai cavalli, la lotta.

I concorrenti, rivali in amore, lo osteggiano in tutti i modi, anche mettendo in pericolo la sua vita e quella della sposa. Anche il suocero cerca in vari modi di fermare il ragazzo, con minacce alla sua vita, o obbligandolo a prove di diversa natura, a volte impossibili. Nel racconto epico, oltre all'ostilità dei rivali e del suocero, che sono la regola, l'eroe ha contro anche la stessa sposa, aiutata ed istigata dai suoi prodi.

A ratto avvenuto, la sposa e tutto il corteo nuziale verranno ancora inseguiti, nel viaggio verso la terra del marito, dai componenti il clan paterno. Nella mitologia, la sensazione di essere inseguita non abbandona la donna neanche quando giunge nella dimora del marito. Questa minaccia forse incomberà sulla donna ancora per molto, poichè vive su di un terrritorio straniero al quale si deve faticosamente adattare. Nella sua fantasia, ella è afferrata da mostri e da figure con i volti dei pretendenti rifiutati e le cose cose si appianeranno solo quando metterà al mondo il primo figlio.

Nella realtà le cose sono ben diverse dai racconti mitologici. Spesso il matrimonio era stabilito dalle famiglie fin dal momento della nascita dei figli, rendendo superfluo tutto il rituale della competizione tra il futuro sposo e i contendenti. Nelle celebrazioni del matrimonio tutti i giovani si cimentano però ancora, come parte integrante del rito nuziale, nelle tre gare: il tiro con l'arco, le corse di cavalli, la lotta. Sembra tra l'altro che, nei matrimoni combinati, l'eventuale rifiuto del fidanzato, in età adulta, fosse punito con la morte.

Il modello epico non si sofferma sui dettagli della cerimonia nuziale, che possono variare da clan a clan. Volendo si può vedere nell'opera mitologica di Gesar, l'eroe istitutore del matrimonio, un primo processo culturale di coesione fra i vari clan, timido tentativo di creare una nazione fra tanti e frammentati popoli della steppa. In un aspetto più generale dell'opera, si evidenzia come atttraverso la figura dell'eroe è possibile superare una situazione instabile e caotica, regolamentando una società che, fino ad alllora, era alquanto tumultuosa e malvagia.

Ritornando alla festa nuziale è significativo come lo studio dell'epica possa dare, ai ricercatori e agli etnografi, un grande contributo alla conoscenza degli usi e dei costumi dei popoli della steppa.

Ma, che cosa lega ancora il mito alla tradizione popolare ? Che cosa ne rimane ? Presso gli Oirat è ancora costume allestire una semi-yurta, incompleta, per gli sposi, a ricordare forse quella di Gesar al momento della sua nascita e del suo matrimonio. Vi sono inoltre altre importanti analogie, come quella di costruire la prima tenda nuziale sul territorio della sposa, oppure la sigillatura ideale della porta d'ingresso della yurta paterna dove si trova la futura sposa (come nel poema mitologico, al fidanzato viene impedita la vista della sposa).

Troviamo tre momenti nella celebrazione del matrimonio, rigurdanti principalmente la sposa, che sono riconducibili per simbolismo a possibili memorie mitologiche e leggendarie.

Ancora oggi una giovane promessa sposa passa la notte prima del matrimonio chiusa nella yurta che i suoi parenti le costruiscono apppositamente per tenerla lontana dai festeggiamenti. Questa condizione di isolamento ricorda la fase mitologica della morte simbolica. La seconda fase, cosiddetta della rinascita, si presenta quando il corteo nuziale si avvicina alla yurta della promessa sposa e alcuni componenti del corteo portano la sposa ricalcitrante fuori dalla tenda a forza, come per una rinascita. In seguito, la sposa sempre ribellandosi, con il viso coperto da un velo rosso, è messa in groppa al cavallo del futuro marito.

Il rapimento della sposa nella tradizione mitologica è rappresentato dal fatto che l'uomo va "in armi" incontro alla sposa, per evitare pericoli, e la deve portare via sul cavallo il più velocemente possibile. Anche il fatto che il padre della sposa sia ostile e avvverso al genero è ormai solo un gesto simbolico. La competizione e le gare,infine, rstano in uso nelle cerimonie nuziali presso gli Oirat, mentre sono andate scomparendo presso i Kalka.

Anche la scelta di unire fin dalla nascita i due sposi conserva un retaggio epico. Secondo la tradizione, la loro predestinazione è scritta e conservata in un luogo segreto ed è scoperta tramite pratiche astrologiche. Tutti questi parallelismi tra matrimonio epico e matrimonio popolare dimostrerebbero che, nonostante questa indagine vada sicuramente approfondita, il matrimonio epico va a colmare in alcuni casi le mancanze rituali del matrimonio popolare riempiendolo di significati che sono necessari a fornirgli un aspetto di validità contrattuale.


L'autrice: PAOLA PEROTTI è nata, vive, lavora e studia a Torino. E' appassionata viaggiatrice d'Oriente, in modo particolare del Centro Asia. Cura le relazioni pubbliche della sede piemontese dell'Associazione.


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