"L’ho dipinto con...", kermesse di pittura a Torino

 

Dal 28 novembre al 4 dicembre 1997 si svolgerà, nella storica dimora "Palazzo Barolo" di via delle Orfane angolo via Garibaldi, la sesta kermesse di pittura a carattere internazionale denominata : "L’HO DIPINTO CON".

Organizzata da : Progetto Teatro e Altro, coordinata dal dottor Giovanni Callegari, dalla Provincia e dalla Città di Torino.

Hanno collaborato alla manifestazione l’Unitrè e Palazzo Barolo.

Sessantanove coppie di artisti internazionali espongono il frutto della loro ricerca personale.

L’inaugurazione avrà luogo Venerdì 28 novembre alle ore 11.30.

In chiusura della mostra sarà bandita un’asta benefica nella serata del 4 dicembre alle ore 21.

Introduzione critica di Giovanni Cordero

"Fammi vedere cosa sai fare e come ti organizzi il lavoro. Dimmi quali sono i colori che preferisci e come li stendi. Dimostrami come dipingi..."

E’ testimoniato che l’approccio tra artista professionista e l’artista disabile avvenga in questo modo semplice, ma diretto in un clima di calda simpatia e collaborazione fattiva e fin dall’inizio in modo molto operativo. Il primo, affiancandosi all’altro con grande rispetto, instaura un dialogo fra pari dove viene sancito un patto di massimo interesse per ogni forma espressiva altrui, senza prevaricazione, imposizione di magisteri e supponenza creativa unilaterale.

Immediatamente si stabilisce fra i due un rapporto democratico di disponibilità al confronto fra le tematiche preferite, sui materiali utilizzati, sui temi privilegiati da eseguire insieme. Mi risulta che questo sia uno dei pochi esempi dove si assiste ad una vera e propria inversione di ruoli nel mondo dell’handicap. Molte volte il disabile viene inteso come un individuo subalterno, impacciato, infantile, con un abbozzo aurorale di personalità, meno che mai operativo o tantomeno creativo. In questo ambito, invece, viene rispettato come persona: un adulto con delle esperienze già maturate nel tempo, con alcune abilità già riconosciute dalla comunità dei pari. L’esperienza con gli artisti ha dunque permesso di capovolgere quell’approccio comunicativo e razionale usuale e scontato che per lo più è ancora basato sulla diffidenza o sulla pigrizia intellettuale.

Grazie alla mediazione del disegno e della pitttura, gli artisti disabili sono diventati se non protagonisti principali, almeno attori paritari dell’interazione artistica.

Un plauso va agli artisti professionisti riconosciuti come tali, vui per preparazione accademica, per curriculum espositivo, per segnalazione critica. Essi si sono confrontati con altri uguali ma meno fortunati, perché portatori di handicap fisici e psichici. Con l’intelligenza del cuore e della mente hanno trovato il modo di operare insieme su un piano di eguaglianza. Qui’ sta la grande novità, che reputo di una modernità assoluta: il contesto sociale su cui si pone oggi il problema dell’eguaglianza è costituito da quel tipo di società aperta che Karl R.Popper designa non tanto come un tipo di stato o forma di governo che si basa su un sistema di valori fortemente gerarchizzati ed assolutizzati, ma piuttosto su un modo di convivenza umana in cui la libertà degli individui, la non violenza, la protezione delle minoranze, la difesa dei deboli, il rispetto del disabile sono valori importanti e fondati del nuovo modello di società. La sua peculiarità è di essere aperta alle riforme e all’autocritica ed è quindi migliorabile sempre. I suoi valori sono dunque: la liberà, l’aiuto reciproco, la ricerca della verità, la responsabilità intellettuale, la tolleranza, ....e via enumerando. Questi valori permettono che venga ribadito chiaro e forte il concetto fondamentale di "pari dignità fra gli uomini"; non più cancellabili dalle differenze di: sesso, razza, cultura, fede religiosa, di condizioni sociali, di handicap psicofisico. In questi anni sta diventando possibile rimuovere gli ostacoli e le barriere che si interpongono fra gli uomini ed impediscono di estrinsecare l’uguaglianza dei diritti e l’uguaglianza di opportunità affinchè tutti perseguano l’uguaglianza dei risultati, ciascuno secondo le proprie possibilità e il proprio uso e bisogno. Ciò deve avvenire in modo da uniformare le condizioni di vita degli individui indipendentemente dalle disuguaglianze naturali e sociali, e anche dall’entità e dalla qualità delle prestazioni. Questa è la grande innovazione umanistica di questo secolo: la speranza di una migliore qualità della vita che non è più alimentata dalla crescente uniformità delle condizioni di vita uguale per tutti, ma dalla diversificazione e dall’ampliamento qualitativo delle chances di vita non solo vegetativa, ma anche intellettiva.

E’ nostra opinione che l’incremento della comunicazione tra gli uomini è l’agente più potente di cambiamento culturale nella società. Gli esperti della comunicazione hanno osservato e interpretato i mutamenti che si manifestano nella società come il risultato fondamentale di un lungo processo educativo. Questa idea quasi assiomatica può essere riformulata anche in senso contrario evidenziando come i mutamenti culturali della società influenzano direttamente i cambiamenti educativi, e, in alcuni casi, li provochino intenzionalmente. Un esempio paradigmatico è da ricercarsi nella maniera con la quale la nuova cultura dell’handicap ha costretto gli amministratori piemontesi a rivedere i contenuti organizzativi ed educativi dei suoi centri sociali ponendosi all’avanguardia nell’ambito della rielaborazione teorica e pratica dei contenuti suddetti e per questo già oggetto di studi da parte di realtà analoghe operanti in contesti territoriali differenti ed allargati anche all’Europa.

Dunque, in ultima analisi, dovendo sintetizzare, tre sono gli argomenti forti emersi da questa esperienza. Il primo riguarda l’affermarsi in una società postmoderna della cultura del portatore di handicap come specifico movimento sociale e la sua importanza per le influenze sui presupposti sociali, pedagogici e culturale del sistema educativo. Il secondo riguarda l’esperienza specifica dei mutamenti educativi, condotti con artisti che hanno identificato nel disabile una forte risorsa creativa, e sono riusciti a trasformare i centri sociali in veri e propri centri culturali. Il terzo elemento riguarda l’analisi delle modalità con le quali i centri educatuivi hanno contribuito ad una maggiore consapevolezza verso un’internazionalizzazione dei problemi dell’handicap e ad avere allargato l’invito alla partecipazione della kermesse ad artisti di ambiti regionali e nazionali differenti. Quel che riguarda lo specifico dei lavori presentati, dall’analisi critica sono emersi tre tipologie di elaborati. Essi rivelano il differete modo di operare a quattro mani del binomio artista-professionista/artista-disabile. Nel primo caso l’artista professionista ha rispettato il più possibile il dettato poetico del compagno affiancandosi discretamente senza interferire con il suo modo espressivo, cercando per lo più di mettere a disposizione la sua lunga e consolidata esperienza pere potenziare l’originalità della cifra dell’artista disabile. Ne è derivato un contrappunto armonico e la percezione finale dell’opera possiede alcuni elementi innovativi e propositivi con un "valore aggiunto" maggiore rispetto alle singole esperienze autonome. L’opposto si è invece notato quando l’artista professionista ha preferito adottare una metodologia che privilegiava il momento didattico. Proponendosi come esempio o guida o consigliere personale ha offerto al disabile la possibilità di avvicinarsi alla sua ricerca personale e di mutuarla. L’elaborato finale risente un po’ troppo della personalità del docente e viene un po’ mortificato l’apporto creativo del compagno.

Una situazione intermedia si è riscontrata laddove si è evidenziata una sorta di mediazione. L’apporto dei due artisti è stato paritario. Le poetiche appaiate o giustapposte vivono entrambe autonomamente. Anche se non vi è stato un tentativo di fusione o di annichilimento reciproco, né di prevaricazione, o sovrapposizione, i discorsi presenti nelle opere sono chiari e distinti, non omologabili né riconducibili l’uno all’altro. Negli elaborati è evidente l’affiancamento di due personalità differenti.