di Serge Latouche
Tutti conoscono il sub-comandante Marcos. E non è un caso. La risonanza mondiale della
sua lotta è dovuta tanto al suo carisma e ai suoi reali successi militari sul campo,
quanto alla vera e propria guerriglia informatica che ha condotto su internet. Con una
tecnologia a basso costo, senza mezzi finanziari, ha raggiunto gli angoli più isolati del
pianeta. Ci troviamo forse di fronte a un capovolgimento dei rapporti di forza tra la
società civile mondiale e gli Stati, le multinazionali, i "nuovi padroni del
mondo"?
È il momento di interrogarsi sul ruolo che le nuove tecnologie possono avere nelle lotte
sociali.
Esiste una "utopia internet", così come fin dall'origine della modernità è
esistita una utopia tecnologica. Ogni nuova tecnologia è portatrice di sogni e di
fantasmi. Le tecniche mediatiche più di ogni altra.
Prima di Internet già la radio e la televisione sono stati oggetto di speranze e di
esperimenti sociali interessanti. "I media a buon mercato e popolari - scriveva Yonne
Mignot Lefebvre - sono un veicolo per i movimenti contestatari". La grande novità è
l'abbassamento dei costi. La comunicazione planetaria istantanea esiste da più di un
secolo, ma oggi è accessibile anche alle associazioni contadine dell'Amazzonia. La
planetarizzazione dell'informazione, che ha avuto un ruolo non trascurabile negli
avvenimenti che hanno portato alla caduta del muro di Berlino, fa sognare una democrazia
senza frontiere. Sarà internet a permettere di battere il monopolio mediatico del Nord e
delle multinazionali prevalentemente nordamericane?
Diamo un'occhiata ad alcuni dati.
Flussi culturali a senso unico partono dagli Stati Uniti e, in misura minore, dagli
altri paesi industrializzati: immagini, parole, valori morali, norme giuridiche, codici
politici si riversano dalle unità creatrici verso il resto del mondo attraverso i media
(giornali, radio, televisioni, film, libri, dischi, e adesso le reti informatiche). La
maggior parte della produzione mondiale di cultura si concentra al Nord (così come il 70%
della produzione di giornali e il 73% dei libri).
Esistono più di 100 agenzie d'informazione in tutto il mondo; tuttavia, sono cinque
quelle che, da sole, controllano il 96% dei flussi d'informazione mondiali.
Tutte le radio, le reti televisive, i giornali del mondo, sono abbonati a queste agenzie.
Il 65% delle informazioni partono dagli Stati Uniti. Dal 30 al 70% dei programmi
televisivi sono importati dal Nord. Rispetto ai paesi ricchi, il terzo mondo consuma 5
volte meno di cinema, 8 volte meno di radio, 15 volte meno di televisione e 16 volte meno
di carta stampata. Per ora anche la cybercultura è totalmente anglosassone, in
particolare nordamericana.
"Non è sufficiente passare dai media di massa ai media alternativi per cambiare i
rapporti di potere oppressi/oppressori - sostiene la sociologa Josiane Jouët. I nuovi
sistemi di comunicazione, sistemi a piccola scala o microsistemi, sono integrati quanto i
mass media nella rete di dominio economico e sociale del neo-colonialismo".
Internet si inserisce malgrado tutto nel progetto di global information infrastructure
voluto dagli Stati Uniti, che consiste nello sviluppare delle "autostrade
dell'informazione", una rete di reti. Questo progetto mira esplicitamente alla
creazione di un mercato mondiale più generalizzato. "È nostro dovere - afferma il
vicepresidente americano Al Gore - costruire una comunità mondiale nella quale saremo
tutti membri di una grande famiglia umana uniti tra loro da una catena dagli anelli sempre
più numerosi. Essa renderà possibile la creazione di un mercato mondiale
dell'informazione, dove i consumatori potranno comprare e vendere. Se imbocchiamo questa
via, il sistema economico mondiale può arricchirsi di diverse centinaia di miliardi di
dollari. Per la nazione, i benefìci potenziali del progetto sono immensi. Le imprese
americane potranno vincere la sfida dell'economia mondiale: questo comporterà la
creazione di impieghi interessanti per i nostri concittadini, genererà la crescita
dell'insieme della nazione e permetterà di mantenere il vantaggio tecnologico degli Stati
Uniti."
Facilitare gli scambi elettronici d'informazione per sviluppare la mondializzazione del
commercio e degli affari. L'obiettivo americano si risolve così: "più mercati per i
nostri prodottile più prodotti per il mercato". Si tratta quindi di creare un
supermercato virtuale, o cibermercato, realizzando l'ideale del Mercato ultraliberale:
istantaneità, trasparenza, universalità.
I paesi che entreranno per primi nell'era dell'informazione saranno in grado di dettare
agli altri il seguito degli avvenimenti.
Vi sono anche altri punti che, a mio avviso, potrebbero limitare la portata di
internet.
Il primo è il costo. Seppur modesto, non è trascurabile. Soprattutto esso comporta una
serie di costi indiretti sempre più alti per restare al passo. Computers, modem,
manutenzione, eccetera. Il terzo mondo, che negli anni '60 fu uno straordinario cimitero
di trattori, non rischia forse di diventare, nel XXI secolo, un cimitero di computers?
Il secondo è la perdita di tempo e di energia. Paradossalmente, l'investimento in tempo e
in energia che le associazioni devono impiegare quando cominciano ad attrezzarsi in
materiali informatici e vogliono navigare nel ciberspazio si rivela molto più
considerevole dei vantaggi ottenuti grazie alla indiscutibile potenza degli apparecchi.
C'è poi la cosiddetta "trappola della protesi". Come ogni tecnologia, l'accesso
al Web è irreversibile: una volta presa l'abitudine di lavorarci e di servirsene, diventa
praticamente impossibile farne a meno, così che si diventa schiavi del proprio schiavo
elettronico.
Infine il mito della risonanza mondiale. L'accesso alla comunicazione planetaria può non
essere una necessità per un gruppo locale. Il messaggio infilato in una bottiglia e
gettato in mare, sarà davvero ricevuto e compreso da una "comunità virtuale"?
Potrà cambiare il corso degli avvenimenti?
Non possiamo negare la straordinaria potenza dello strumento tecnologico.
Internet permette ai ricercatori del mondo intero di funzionare come una sola comunità
per costituire un'intelligenza collettiva condividendo delle conoscenze e scambiandosele
in tempo reale Ma come nota con una battuta lo scrittore Jean Loup Anthony: "E
davvero utile che i ricercatori si mettano tutti insieme per distruggere più rapidamente
il pianeta? Già Einstein si poneva questa questione alla fine della sua vita!".
Si potrebbe concludere abbastanza lucidamente che, per quel che riguarda la lotta contro
la megamacchina del capitalismo mondiale, internet non fornisce altro che la possibilità
di condividere a livello planetario la constatazione della nostra impotenza.
Intervento non rivisto dall'autore
Volontari per lo sviluppo -
Febbraio 1998
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