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Un'analisi dell'economista Serge Latouche, docente all'Università di Parigi

Internet: un ponte tra i due mondi?

Il sub-comandante Marcos è il primo esempio di guerrigliero "on line". Grazie alla telematica ha fatto conoscere la sua lotta fino negli angoli più remoti dei pianeta. È forse l'inizio della rivoluzione popolare dei media? Ecco le potenzialità e i rischi delle nuove tecnologie.

di Serge Latouche

Tutti conoscono il sub-comandante Marcos. E non è un caso. La risonanza mondiale della sua lotta è dovuta tanto al suo carisma e ai suoi reali successi militari sul campo, quanto alla vera e propria guerriglia informatica che ha condotto su internet. Con una tecnologia a basso costo, senza mezzi finanziari, ha raggiunto gli angoli più isolati del pianeta. Ci troviamo forse di fronte a un capovolgimento dei rapporti di forza tra la società civile mondiale e gli Stati, le multinazionali, i "nuovi padroni del mondo"?
È il momento di interrogarsi sul ruolo che le nuove tecnologie possono avere nelle lotte sociali.

Anche gli indios in rete

Esiste una "utopia internet", così come fin dall'origine della modernità è esistita una utopia tecnologica. Ogni nuova tecnologia è portatrice di sogni e di fantasmi. Le tecniche mediatiche più di ogni altra.
Prima di Internet già la radio e la televisione sono stati oggetto di speranze e di esperimenti sociali interessanti. "I media a buon mercato e popolari - scriveva Yonne Mignot Lefebvre - sono un veicolo per i movimenti contestatari". La grande novità è l'abbassamento dei costi. La comunicazione planetaria istantanea esiste da più di un secolo, ma oggi è accessibile anche alle associazioni contadine dell'Amazzonia. La planetarizzazione dell'informazione, che ha avuto un ruolo non trascurabile negli avvenimenti che hanno portato alla caduta del muro di Berlino, fa sognare una democrazia senza frontiere. Sarà internet a permettere di battere il monopolio mediatico del Nord e delle multinazionali prevalentemente nordamericane?
Diamo un'occhiata ad alcuni dati.

Il dominio sulla notizia

Flussi culturali a senso unico partono dagli Stati Uniti e, in misura minore, dagli altri paesi industrializzati: immagini, parole, valori morali, norme giuridiche, codici politici si riversano dalle unità creatrici verso il resto del mondo attraverso i media (giornali, radio, televisioni, film, libri, dischi, e adesso le reti informatiche). La maggior parte della produzione mondiale di cultura si concentra al Nord (così come il 70% della produzione di giornali e il 73% dei libri).
Esistono più di 100 agenzie d'informazione in tutto il mondo; tuttavia, sono cinque quelle che, da sole, controllano il 96% dei flussi d'informazione mondiali.
Tutte le radio, le reti televisive, i giornali del mondo, sono abbonati a queste agenzie. Il 65% delle informazioni partono dagli Stati Uniti. Dal 30 al 70% dei programmi televisivi sono importati dal Nord. Rispetto ai paesi ricchi, il terzo mondo consuma 5 volte meno di cinema, 8 volte meno di radio, 15 volte meno di televisione e 16 volte meno di carta stampata. Per ora anche la cybercultura è totalmente anglosassone, in particolare nordamericana.

Un "cybermercato" mondiale

"Non è sufficiente passare dai media di massa ai media alternativi per cambiare i rapporti di potere oppressi/oppressori - sostiene la sociologa Josiane Jouët. I nuovi sistemi di comunicazione, sistemi a piccola scala o microsistemi, sono integrati quanto i mass media nella rete di dominio economico e sociale del neo-colonialismo".
Internet si inserisce malgrado tutto nel progetto di global information infrastructure voluto dagli Stati Uniti, che consiste nello sviluppare delle "autostrade dell'informazione", una rete di reti. Questo progetto mira esplicitamente alla creazione di un mercato mondiale più generalizzato. "È nostro dovere - afferma il vicepresidente americano Al Gore - costruire una comunità mondiale nella quale saremo tutti membri di una grande famiglia umana uniti tra loro da una catena dagli anelli sempre più numerosi. Essa renderà possibile la creazione di un mercato mondiale dell'informazione, dove i consumatori potranno comprare e vendere. Se imbocchiamo questa via, il sistema economico mondiale può arricchirsi di diverse centinaia di miliardi di dollari. Per la nazione, i benefìci potenziali del progetto sono immensi. Le imprese americane potranno vincere la sfida dell'economia mondiale: questo comporterà la creazione di impieghi interessanti per i nostri concittadini, genererà la crescita dell'insieme della nazione e permetterà di mantenere il vantaggio tecnologico degli Stati Uniti."
Facilitare gli scambi elettronici d'informazione per sviluppare la mondializzazione del commercio e degli affari. L'obiettivo americano si risolve così: "più mercati per i nostri prodottile più prodotti per il mercato". Si tratta quindi di creare un supermercato virtuale, o cibermercato, realizzando l'ideale del Mercato ultraliberale: istantaneità, trasparenza, universalità.
I paesi che entreranno per primi nell'era dell'informazione saranno in grado di dettare agli altri il seguito degli avvenimenti.

Quattro limiti di internet

Vi sono anche altri punti che, a mio avviso, potrebbero limitare la portata di internet.
Il primo è il costo. Seppur modesto, non è trascurabile. Soprattutto esso comporta una serie di costi indiretti sempre più alti per restare al passo. Computers, modem, manutenzione, eccetera. Il terzo mondo, che negli anni '60 fu uno straordinario cimitero di trattori, non rischia forse di diventare, nel XXI secolo, un cimitero di computers?
Il secondo è la perdita di tempo e di energia. Paradossalmente, l'investimento in tempo e in energia che le associazioni devono impiegare quando cominciano ad attrezzarsi in materiali informatici e vogliono navigare nel ciberspazio si rivela molto più considerevole dei vantaggi ottenuti grazie alla indiscutibile potenza degli apparecchi.
C'è poi la cosiddetta "trappola della protesi". Come ogni tecnologia, l'accesso al Web è irreversibile: una volta presa l'abitudine di lavorarci e di servirsene, diventa praticamente impossibile farne a meno, così che si diventa schiavi del proprio schiavo elettronico.
Infine il mito della risonanza mondiale. L'accesso alla comunicazione planetaria può non essere una necessità per un gruppo locale. Il messaggio infilato in una bottiglia e gettato in mare, sarà davvero ricevuto e compreso da una "comunità virtuale"? Potrà cambiare il corso degli avvenimenti?
Non possiamo negare la straordinaria potenza dello strumento tecnologico.
Internet permette ai ricercatori del mondo intero di funzionare come una sola comunità per costituire un'intelligenza collettiva condividendo delle conoscenze e scambiandosele in tempo reale Ma come nota con una battuta lo scrittore Jean Loup Anthony: "E davvero utile che i ricercatori si mettano tutti insieme per distruggere più rapidamente il pianeta? Già Einstein si poneva questa questione alla fine della sua vita!".
Si potrebbe concludere abbastanza lucidamente che, per quel che riguarda la lotta contro la megamacchina del capitalismo mondiale, internet non fornisce altro che la possibilità di condividere a livello planetario la constatazione della nostra impotenza.

Intervento non rivisto dall'autore

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