La distrofia miotonica di Steinert

Cos'è la distrofia miotonica di Steinert?

E' una malattia multisistemica che colpisce la muscolatura scheletrica e diversi altri apparati, come gli occhi (cataratta), il cuore (difetti di conduzione, aritmie, cardiomiopatia), le gonadi (atrofia e sterilità), il sistema endocrino (disturbi alla tiroide ecc.), la muscolatura liscia (difficoltà di deglutizione, stitichezza) e il sistema nervoso centrale (problemi intellettivi).

Tutti questi aspetti non sono però necessariamente presenti nello stesso paziente simultaneamente e con la stessa gravità.

Della muscolatura è interessata soprattutto quella distale (avambraccio, mano, gamba e piede) e quella mimica del volto (riduzione della motilità facciale e ptosi palpebrale). E' comunque coinvolta tutta la muscolatura scheletrica, ciò che determina scoliosi e difficoltà nei movimenti.

Caratteristico è il fenomeno miotonico: i muscoli, oltre ad essere più deboli, si rilasciano con difficoltà dopo la contrazione e il paziente fatica a lasciare la presa dopo avere stretto in mano un oggetto. Tale difficoltà è più evidente "a freddo" e si riduce col ripetersi delle contrazioni.

E' una malattia ereditaria?

Sì, e con meccanismo autosomico dominante: vengono cioè colpiti indistintamente maschi e femmine e un genitore affetto ha un rischio di trasmettere la malattia del 50% ad ogni gravidanza.

A che età si manifesta?

Variabili sono l'età d'esordio e le manifestazioni cliniche, le quali possono risultare diverse anche nei vari membri di una stessa famiglia.

Esistono forme congenite gravissime, forme infantili gravi e forme dell'adolescenza e dell'adulto, che sono le più comuni. In un nucleo familiare possono anche esistere forme senza sintomi evidenti (subcliniche).

La distrofia miotonica presenta poi anche il fenomeno dell'anticipazione: generalmente, cioè, i figli di soggetti affetti manifestano la malattia più precocemente e in forma più grave rispetto ai genitori.

Qual è il decorso?

La forma congenita è la più severa. Il neonato - spesso prematuro - è gravemente ipotonico, con importanti difficoltà di suzione e deglutizione, problemi respiratori e talora anche deformità scheletriche (ad esempio piede equino e varo). La grave compromissione delle condizioni generali è spesso fatale, in particolare per le complicanze respiratorie. Se si supera questa fase, generalmente l'ipotonia muscolare diminuisce nel tempo e i bambini acquisiscono (seppure in ritardo) le tappe motorie, mentre grave rimane il deficit intellettivo. Quasi sempre la forma congenita è trasmessa dalla madre.

Nella forma infantile i sintomi sono evidenti appunto dall'infanzia, anche se spesso, cercando attentamente, segni di malattia possono trovarsi già in età evolutiva, come ad esempio una lieve debolezza della muscolatura mimica facciale e scariche "miotoniche" all'elettromiografia. Anche qui è frequente un severo deficit cognitivo, mentre il decorso clinico è quello delle forme adolescenziali e adulte.

In queste ultime gli aspetti salienti sono il coinvolgimento multisistemico, il lento progredire del coinvolgimento muscolare scheletrico e soprattutto il progressivo deterioramento delle capacità cognitive.

Quale ne è la causa?

Nella regione del gene responsabile della malattia, sul cromosoma 19, è stata individuata una tripletta (CTG), cioè un insieme di tre basi (i "mattoni" che costituiscono il DNA), che nei soggetti normali si ripete fino a circa 38 volte.

Nelle persone affette, invece, questa sequenza di basi può ripetersi da 50 fino a migliaia di volte. Quanto più la sequenza si ripete, tanto più gravi sono le manifestazioni cliniche della malattia.

L'espansione della tripletta generalmente aumenta da una generazione alla successiva, causando il già citato fenomeno dell'anticipazione. Essa poi varia nei diversi tessuti di uno stesso individuo, ciò che motiva i diversi aspetti della patologia.

Le parti di DNA che vengono ad essere disturbate dall'espansione sono il gene che codifica per una proteina detta miotonina (è una protein-kinasi) ed il gene DMHAP, il cui ruolo nella patologia non è ancora chiaro.

Quali esami sono utili per la diagnosi?

Sono importanti un'accurata valutazione clinica neurologica e la raccolta dei dati della storia familiare, oltre all'esame elettromiografico e all'indagine genetica.

La biopsia muscolare può essere fatta a completamento delle indagini, ma non è di per sé decisiva per la diagnosi, poiché non esistono alterazioni istopatologiche esclusive della distrofia miotonica.

E' possibile la diagnosi prenatale?

Sì. E' effettuabile, qualora uno dei genitori sia affetto, sui villi coriali (frammenti di tessuto destinato a diventare placenta) alla decima settimana di gravidanza. Tale indagine evidenzia la presenza dell'anomala espansione della tripletta nel feto, con risultati affidabili che permettono di dire se il bimbo sarà affetto o no.

Valutando poi l'entità dell'espansione, si possono avere anche indicazioni sulla gravità clinica. Tuttavia, poiché l'espansione è diversa nei vari tessuti, si tratta di un dato che non permette previsioni certe in questo senso.

Esiste una terapia?

Non esiste una terapia risolutiva. Si può però operare in vario modo - con terapie cardiologiche, endocrinologiche, respiratorie, ortopediche ecc. - per migliorarne i singoli problemi.

Il fenomeno miotonico invece può migliorare utilizzando farmaci come il chinino, la difenilidantoina, oppure antiaritmici come la procalnamide e la mexiletina. Tuttavia, poiché questi farmaci hanno effetti collaterali, l'opportunità di impiegarli va valutata caso per caso in relazione all'effettiva gravità del fenomeno miotonico.

Come vanno seguiti i pazienti nel tempo?

Devono sottoporsi a controlli almeno annuali sia sul piano clinico generale che cardiologico (con visita specialistica ed elettrocardiogramma).

Da suggerire anche periodiche visite oculistiche ed endocrinologiche, oltre a controlli della funzionalità respiratoria in veglia (spirometria) e durante il sonno (saturimetria notturna, poligrafia). Dormendo, infatti, possono verificarsi apnee tali da richiedere l'impiego di ventilazione meccanica notturna.

A cura di Angela Berardinelli
Fondazione Istituto Neurologico "Casimiro Mondino" dell'Università di Pavia.

Con la supervisione di Corrado Angelini
Dipartimento di Scienze Neurologiche dell'Università di Padova.
Presidente della Commissione Medico-Scientifica Nazionale UILDM.