L’importanza del "Non Identificato"

UFO E IFO, SISTEMI CLASSIFICATORI, ANALISI DEI CASI:
RITORNIAMO ALLA CONCRETEZZA

DI PAOLO TOSELLI

 


 

In anni in cui pare regnare, per lo meno sul fronte mediatico, la cultura delle "verità rivelate" propagandata da personaggi da palcoscenico assurti a detentori dell’"altra conoscenza" (quella vera che il potere costituito ci ha sempre volutamente celato), era giocoforza che anche nel nostro campo d’azione, quello dei fenomeni UFO, si affermasse un atteggiamento di accettazione incondizionata a questi rivelatori dell’ultima ora.

E’ pertanto accaduto che per molti il problema UFO si è tramutato non solo in legittimazione di una ipotetica presenza extraterrestre sulla Terra (scelta meno assurda di tante altre e comunque da rispettare), ma in certezza di una innegabile, perpetua e profonda interferenza aliena sul nostro passato, presente e futuro, con la complicità del potere costituito. Di fronte a questo "stato mentale" ogni critica, anche la più piccola, è vanificata così come risulta pressoché inutile qualsiasi dialogo o confronto che non corrisponda all’assioma di cui sopra.

In tale situazione ritengo non si possa più parlare di ufologia, ma bensì di alienologia o meglio ancora di alienofilia. L’UFO, in quanto tale (ovvero "non identificato") non esiste più. Tutto è anzi ben identificato: astronavi, luoghi di provenienza e basi sulla Terra, razze e intenti degli alieni. Non importa se le cosiddette "prove inconfutabili" sono oggettivamente semplici indizi o in alcuni casi truffe ben congegnate.

Ad alimentare questa saga hanno contribuito molte riviste commerciali, da qualche tempo diffuse anche in Italia, i cui toni sono divenuti sempre più anti-scientifici e di opposizione al sistema. Una situazione che recentemente, ad esempio, ha portato una delle figure storiche dell’ufologia statunitense, Richard Hall, benché da sempre convinto extraterrestrialista, a dimettersi dalla redazione di UFO Magazine che negli ultimi numeri aveva dato ampio spazio a quelle che lui stesso definisce "fantasticherie di frange pseudoscientifiche".

Sull’altro fronte si situano tutta una serie di personaggi che, forse più per partito preso che per convinzione, denigrano il problema UFO e, fra un sorriso e un ghigno sardonico, lo liquidano accomunando tutti gli avvistamenti ad effetti di allucinazioni, fantasie e pulsioni irrazionali.

Sembra quasi che chi assume simili atteggiamenti (dal super-credente al super-scettico) non voglia risolvere per davvero i problemi dell’ufologia. Le argomentazioni proposte sono spesso noiose ed evasive, soltanto un trucco per eliminare in partenza studi più approfonditi.

Questo avviene dopo che sono trascorsi oltre 50 anni di ufologia da cui avremmo dovuto trarre adeguati insegnamenti per procedere in un campo così delicato in cui molto invece continua ad essere improvvisazione e superficialità.

Molte volte mi sono ritrovato a dichiarare che col trascorrere degli anni e l’approfondimento di numerose tematiche collegate ai fenomeni UFO sono in me diminuite le certezze e aumentati i dubbi.

Forse, per non cadere nel tranello degli opposti estremismi, è necessario ritornare su alcune definizioni e concetti di base che proprio a seguito degli errori commessi nel passato dovrebbero essere ben chiari, ma che in realtà, valutando la situazione attuale, molti sembrano ignorare.


TRA UFO E IFO

Al di là di qualsiasi interpretazione soggettiva che ognuno di noi può dare ai fenomeni UFO, l’attenzione dovrebbe essere rifocalizzata sul concetto di non identificato contenuto nello stesso acronimo scelto sin dalla fine degli Anni 40 per definire l’oggetto del nostro studio. Naturalmente non tutto quello che la gente classifica come UFO è e resta "non identificato".

Ma a noi interessa raccogliere tutto quello che viene considerato UFO dal testimone, indipendentemente dal fatto che una successiva analisi da parte di un terzo (ma a volte addirittura dallo stesso testimone) affermi l’identificazione - possibile, probabile o certa - dell’evento che ha originato la segnalazione.

Il fatto è che, dal nostro punto di osservazione ex post (non c’eravamo, in quel luogo e in quel momento), quasi mai ci è possibile identificare con precisione e soprattutto con sicurezza il fenomeno causa dell’avvistamento. Possiamo giungerci spesso solo per approssimazione. Inoltre l’attributo "identificato" o "non identificato" non è un parametro invariabile del caso. E’ anzi più corretto utilizzare il concetto di "non identificato" piuttosto che "non identificabile", proprio perché si tratta di uno stato non definitivo e attribuibile da persone diverse - inquirenti, studiosi, ecc. - in modo differente. Lo stesso dicasi per i casi identificati (o meglio di probabile identificazione) che nel tempo e con analisi successive da parte di più studiosi possono venire identificati (con maggiore o minore probabilità) in modo diverso dal precedente oppure, con l’aggiunta di elementi nuovi, rientrare addirittura nei casi non identificati.

Comunque, non ci si deve vergognare se si riesce a identificare i casi, anzi. Risolvere l’enigma di un nuovo caso apparentemente inspiegato significa aver prodotto un risultato e aumentato le nostre conoscenze, non il contrario! Inoltre, l’identificazione non implica eliminazione, esclusione o cancellazione del caso.

A questo proposito si possono fare delle interessanti considerazioni osservando i risultati di un esperimento condotto nel 1993 in seno al CISU in cui fu chiesto a due differenti analisti di formulare le proprie proposte di identificazione sulla casistica italiana riferita ad un determinato periodo.

L’anno preso in esame fu il 1991. Ad ambedue gli analisti venne consegnato lo stesso materiale disponibile in archivio (inchieste, relazioni, ritagli di giornale, lettere dei testimoni, ecc.) su cui esprimere, separatamente, le proprie proposte di identificazione, ove fosse stato possibile.

Ebbene, tralasciando le tipologie di identificazione indicate come più o meno probabili, su un totale di 106 casi catalogati per quell’anno solo per il 70% i giudizi coincidevano del tutto o quasi, in altri casi differivano non di molto, in alcuni erano addirittura opposti (ad esempio, "possibile meteora" contro "possibile pallone sonda").

Per questi ultimi, in seguito ad un confronto tra i due analisti, si è poi giunti alla definizione di un giudizio mediato, che in alcuni casi era diverso da ambedue i precedenti espressi (ad esempio, tra "meteora" ed "elicottero", ci si è accordati per un "probabile aereo").

Ma ciò che dovrebbe ulteriormente far riflettere è che nel 30% dei casi non è stato possibile esprimere alcun giudizio per l’insufficienza dei dati disponibili.

Di fatto, questo è un problema che viene raramente menzionato quando si tratta di UFO a confronto con gli IFO, i casi identificati. Tra le due entità, mutevoli per definizione, è importante aver sempre in mente l’alta percentuale di casi presenti nei nostri archivi con dati/informazioni insufficienti per qualsiasi valutazione. L’insufficienza può essere accidentale e rimediabile (come in una fonte giornalistica che può essere completata da un’indagine diretta), oppure sostanziale e irrimediabile (come quando la breve durata dell’osservazione non consente al testimone di rilevare dati che sarebbero indispensabili per una valutazione). Di qui l’importanza dell’indagine sul campo.


GLI SCHEMI CLASSIFICATORI

Un problema ricorrente in ufologia è la qualità del materiale informativo costituente "i casi", ovvero i gruppi di documenti relativi ad una osservazione. Possiamo migliorare i risultati della ricerca ufologica attraverso l’aumento della quantità, ma soprattutto della qualità delle inchieste - e quindi dell’informazione disponibile - perché l’ufologia è prima di tutto uno studio di testimonianze, attraverso cui individuare le cause degli avvistamenti.

Quelli che ci interessano sono quindi i casi che hanno abbastanza contenuto informativo e che, con le precisazioni di cui sopra, vanno a ricadere in due grandi classi:

- quelli i cui dati sono coerenti con una specifica identificazione (es. aereo, pianeta, pallone, meteora, ecc.), vale a dire gli IFO;

- quelli i cui dati non sono coerenti con nessuna specifica identificazione, gli UFO in senso stretto.

Ma cosa significa dire che un certo oggetto X è non identificato?

Sulla definizione di UFO esiste un interessante articolo dello statunitense Michael Martin, pubblicato alcuni anni fa. [1] L’autore parte dal presupposto che un oggetto è identificato rispetto a un certo schema classificatorio.

Dire che X non può essere identificato in relazione a qualcosa significa che, alla luce delle informazioni disponibili alla persona in un dato momento, è impossibile ricondurre l’oggetto nei termini della classificazione adottata e risulta invece ragionevole affermare che l’oggetto è non identificato rispetto a quel determinato schema classificatorio. Avremo così, ad esempio, che due anni fa (alla luce delle informazioni allora disponibili) era irragionevole classificare quanto riferito da un testimone come un pallone sonda, ma secondo i dati attuali questa classificazione è accettabile.

Un dato caso è quindi non identificato in un dato momento se e solo se alla luce di tutte le informazioni disponibili non è ragionevole per chi lo analizza assumere che il caso può essere classificato secondo schemi noti.

Secondo questa definizione nulla è un UFO in senso assoluto; lo è solo in relazione ad un certo corpo di dati, a un gruppo di ricercatori e a uno schema classificatorio. Quello che può essere un UFO rispetto a tutte le informazioni disponibili in un dato momento, può essere un pallone sonda con riferimento ai dati disponibili in tempi diversi; quello che può essere un UFO rispetto a un determinato gruppo di inquirenti, uno schema classificatorio e un corpo di informazioni disponibili può non esserlo per un altro gruppo di inquirenti con a disposizione tecniche di analisi più sofisticate, ma che fanno riferimento comunque allo stesso corpo di dati e allo schema classificatorio.

Inoltre, quello che può essere un UFO rispetto a uno schema classificatorio può non esserlo per un differente schema a fronte dello stesso corpo di dati e gruppo di inquirenti.

Già nel lontano 1972, Hynek [2] aveva suggerito di utilizzare il "buon senso" come schema classificatorio significativo al quale i casi UFO dovevano sottostare per ogni tentativo di identificazione. Tuttavia, Martin critica la proposta in quanto ciò che viene considerato buon senso è soggetto a mutamento nel tempo a si esprime invece a favore di schemi classificatori più raffinati, ovvero scientifici.

Hynek [3] aveva precisato inoltre che lo schema classificatorio significativo doveva essere in termini di oggetti, processi o eventi fisici noti, o processi e eventi psicologici noti. Ma questa proposta, sempre secondo Martin, sembra essere poco chiara e può creare qualche problema.

Ragionando per assurdo, Martin proponeva invece un originale schema classificatorio (che facesse riferimento a quanto avrebbero effettivamente in mente le persone quando parlano di UFO), basato sui seguenti quattro parametri: a) materiale del quale l’oggetto è composto; b) energia con cui l’oggetto si muove; c) origine dell’oggetto; d) scopo, se esiste, dell’oggetto.

Se un oggetto non riesce ad essere classificato nei termini delle suddette categorie è certamente un UFO.

Certo, lo studioso americano ha un poco esasperato il concetto di "non identificato".

Anche se forse Martin non ha del tutto torto, preferiamo quindi restare sui concetti proposti da Hynek che perlomeno hanno una applicazione più pratica.

Simili discorsi sono poco appetitosi per coloro che cercano la soluzione a tutto e subito. Eppure solo in questi termini si può parlare di vera "Ufologia", il resto è altro.


IL RUOLO DELL’UFOLOGO

I fenomeni UFO rappresentano, oltre ogni ragionevole dubbio, un problema reale e una sfida che dura da oltre 50 anni. Per ricordarci di quali sono i reali compiti che spettano all’ufologo di oggi è estremamente significativo quanto recentemente scritto dal sociologo francese Pierre Lagrange sul settimanale Liberation. [4]

"Non dobbiamo permettere - scrive Lagrange - che gli UFO diventino un soggetto disprezzabile, ramazzato sotto un tappeto qualsiasi dalla cultura scientifica o requisito da esperti ansiosi di riscrivere la storia degli ultimi cinquant’anni alla luce di qualche bieco complotto".

"Quando si parla di ufologi, di persone che si occupano di UFO, si pensa a dei fanatici o dei folli. E’ curioso che quando invece si parla di scienza, tutte le volte si insiste su qualche scienziato che ha rivoluzionato la propria disciplina, e mai delle migliaia di scienziati che non hanno rivoluzionato nulla. Al contrario, quando si parla di parascienze, ci si focalizza sugli amanti della cospirazione alla X-Files invece di cercare nel mucchio le menti rigorose. Eppure ce ne sono, e c’è da restare ammirati quando si conosce il lavoro svolto da questi appassionati. Non sono così naïf, ingenui e strambi come si crede. Esercitano il loro ruolo interpellando gli scienziati su problemi in cui questi ultimi non si imbattono a causa delle condizioni particolari che presiedono la produzione dei fatti scientifici (avete già incontrato un evento scientifico fuori da un laboratorio?)".

"Gli ufologi - conclude Lagrange - si devono situare tra un pubblico "avido di meraviglioso" che vede UFO in continuazione e degli scienziati razionali, i cui laboratori non sono adeguati a questo genere di oggetti. E’ tempo di fare posto a questa nuova categoria di esperti, a questa nuova categoria di fatti definiti secondo altri criteri di quelli standard da laboratorio".


NOTE BIBLIOGRAFICHE

[1] Michael Martin, "Defining UFO", Zetetic Scholar, n. 9, 1982, pp. 84-89

[2] J. Allen Hynek, The UFO Experience, Henry Regnery Co., Chicago, 1972, p. 10

[3] J. Allen Hynek, idem, pp. 3-4

[4] Pierre Lagrange, "Ovni soit qui mal y pense", Liberation, 21 luglio 1999.

 


[© 1999 CISU - Tratto da UFO - Rivista di informazione ufologica a cura del Centro Italiano Studi Ufologici n. 22, dicembre 1999]

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