di Edoardo Russo
A rigore, dopo il "cambio della guardia" nella direzione di UFO Forum, dovrei trovarmi qui a commentare e riepilogare i cinque anni di conduzione da parte di Giuseppe Verdi, mettendo magari l’accento sul carattere innovativo e costruttivo dell’iniziativa, nonché dello stile impressogli dal suo direttore.
Invece, visto che di tutto ciò ho appena scritto, proprio in questa stessa rubrica sullo scorso numero ("Quale ruolo per UFO Forum?"), credo che la mia e vostra attenzione vada puntata piuttosto su quelle che lo stesso Verdi ha avanzato come motivazioni di contorno per rendersi meno doloroso il distacco da questa che finora era stata sostanzialmente una sua creatura.
Nel suo editoriale di commiato, Giuseppe fa infatti qualche affermazione forte e pone qualche dubbio esistenziale, su cui vorrei spendere qualche parola.
La prima affermazione l’ho sentita fare in passato anche da alcuni altri amici (penso ad esempio a Marco Bottaini), che si sono poi conseguentemente distaccati dall'ufologia attiva: "credo che le modalità di manifestazione dei cosiddetti fenomeni UFO siano tali da consentirci di considerare gli stessi di natura pressoché esclusivamente mitologica e, quindi, di competenza delle scienze sociali".
Con questo, Verdi ci dice che in fondo è arrivato a darsi una sua risposta alla sostanza dell’enigma ufologico. E’ un suo diritto, beninteso, e credo che tutti noi, fin dal primo momento che abbiamo cominciato ad interessarci di UFO, abbiamo sempre avuto una propria ipotesi del cuore (pet hypothesis), che si tratti dell’idea di velivoli extraterrestri, di fenomeni paranormali, o di qualunque altra gradazione intermedia fra l’alieno e il nulla. Personalmente, non mi sento di condividerla, pur essendo (e non da oggi) una delle persone che più di tutti in Italia ha contribuito alla diffusione di tematiche socio-psicologiche. Allo stato dei fatti - non mi stancherò di ripeterlo - i dati disponibili non ci consentono di considerare dimostrata nessuna delle varie ipotesi interpretative circa la natura del fenomeno. Vale per l’ETH (che pure è tornata ad essere un articolo di fede indiscutibile per troppi ufologi ed ufofili), vale pure per il riduzionismo sociopsicologico. Il che non toglie che vi siano indubbiamente componenti psicologiche, sociologiche e (perché no) mitologiche: ma come possiamo essere sicuri che non si tratti di sovrastrutture sedimentatesi col tempo sopra un fenomeno originale e del tutto diverso? Il mito Ufo è ormai indubitabilmente esistente, presente e condizionante (a livello non solo di pubblico e di studiosi, ma anche degli stessi testimoni); ma non riesco a farmi persuadere che il fenomeno sottostante sia in realtà inesistente. Per cui credo che si debba andare avanti a scavare…
Verdi si pone poi il problema di quello che chiama "il presunto e fantomatico residuo UFO presente nella casistica internazionale", ma lo esorcizza sostenendo che "non possiamo pretendere di basare la supposta importanza dei fenomeni UFO su uno zoccolo duro di eventi dei quali, in realtà, non conosciamo nulla se non l’apparente (e forse solo temporanea) inspiegabilità".
Questa sua seconda affermazione mi trova ancor più dissenziente. Intanto perché il "residuo UFO" c’è, non è presunto né fantomatico, nel senso che ci sono casi che nessuno di noi (pur razionalisti e scettici) riesce a ricondurre a spiegazioni convenzionali. Ma soprattutto perché è vero proprio il contrario di quello che Giuseppe afferma, in almeno due sensi: in primo luogo, perché – paradossalmente – potremmo argomentare la (tutt’altro che supposta) importanza e rilevanza dei fenomeni UFO anche se non vi fosse neppure un solo caso inspiegabile, ma ci fossero solo e tutti IFO. In secondo luogo, l’importanza del fenomeno può (deve?) benissimo fondarsi anche solo e proprio sul fatto che invece ci sia un residuo inspiegato: anche qui potrei lungamente disquisire sulla rilevanza epistemologica che il residuo inspiegato ha sempre avuto nella storia delle scienze per evidenziare i limiti di ogni modello teorico e porre le basi per il suo superamento con un modello nuovo, successivo e più ampio.
Verdi tenta poi di sminuire l’importanza di questo residuo per il fatto che non ne conosciamo nulla se non l’inspiegabilità: ma è ovvio e giusto che sia così! Sennò che cavolo di residuo sconosciuto sarebbe? Quanto poi alla parentetica annotazione circa la sua ("forse") solo temporanea inspiegabilità, ebbene, questo dovrebbe essere un auspicio, mica un timore: se il nostro scopo è quello di far progredire la conoscenza, speriamo proprio (direi di più: operiamo nel senso) che quello che oggi è inspiegato ("inspiegabile" non mi piace) diventi spiegabile domani. Oppure, sotto sotto, Giuseppe non si è mai liberato del sostrato mitico fondante caratteristico dell’appassionato-Ufo standard, circa l’intrinseca natura trascendente dell’UFO? Questo sì che rivestirebbe connotati per così dire mitopoietici…
Da tali premesse, Verdi sviluppa una serie di considerazioni circa il fatto che, qualunque aspetto della fenomenologia ufologica si consideri (Hessdalen, velivoli segreti, cover-up, abduction), esso rientrerebbe già di diritto in qualche scienza esistente (geologia, aeronautica, politica, psicologia) e quindi, in buona sostanza (anche se in forma di domanda retorica), "il mondo può andare avanti anche senza il CISU e gli ufologi in generale".
A questo proposito, mi trovo a riaffermare invece il nostro (piccolo) orgoglio di ufologi: se fosse vero che tutti i singoli aspetti della nostra tematica sono già adeguatamente trattati da altri ambiti del sapere umano, non staremmo neanche qui a parlare di UFO. Anzi, di UFO non si parlerebbe proprio da nessuna parte. Proprio il fatto che se ne parli (vorrei dire: che se ne vedano. Non dimentichiamoci mai dei testimoni, per favore!) e che se ne continui a parlare, mi pare una prima indicazione che forse un argomento esiste, con una propria definizione. Ma la vera raison d’etre dell’ufologia sta nel fatto che ci dovrà pur essere qualcuno che si preoccupi di metter mano al groviglio di componenti (fisiche, psicologiche, aeronautiche, sociologiche, politiche e quant’altro) che ormai si fondono e confondono quasi inestricabilmente in quello che chiamiamo problema UFO. Noi almeno ci proviamo, mentre è lo stesso Verdi ad ammettere che non lo fanno neppure coloro che – secondo lui – sarebbero oggettivamente deputati a farlo. Come minimo, per ora, stiamo quindi svolgendo una sorta di funzione di supplenza. Insomma, è chiaro che il mondo potrebbe benissimo fare a meno degli ufologi (di certi ufologi, poi, non solo si potrebbe fare a meno, ma si starebbe proprio meglio senza!), ma tutto sommato penso che sarebbe una perdita netta di conoscenza.
Se poi vogliamo limitarci al CISU, beh!, qui il mio piccolo orgoglio si sente ancora più solleticato, ma mi sforzerò di limitarmi alla considerazione che, se non esistesse il CISU, l’ufologia italiana si sarebbe ormai da qualche anno ridotta agli interessi commerciali di qualche ex-ufologo ed ex-contattista, o alle credenze nelle più inverosimili panzane di provenienza oltratlantica, con un tocco di new age per ingentilirle (e basta metter piede in un’edicola per rendersene conto).
Non mi pare poi affatto che "oggi ridimensioniamo il nostro ruolo, affermando che non abbiamo pretese che la nostra materia assurga al rango di disciplina scientifica, e ci limitiamo a sostenere che il nostro ruolo consiste nel promuovere la ricerca sul fenomeno UFO". Questo concetto è infatti presente, a chiare lettere, nel nostro statuto fin dalla costituzione del CISU, quindici anni fa, e c’è entrato dopo una lunga riflessione e discussione maturata negli anni precedenti, circa il concetto di ricerca, il ruolo che potevano svolgervi dei dilettanti e quello che invece poteva avere un’associazione. La ricerca la può fare chiunque abbia i dati e gli strumenti concettuali (senza stare ad aspettare la "comunità accademica"!), mentre l’associazione deve occuparsi delle infrastrutture di attività e risorse (raccolta dati, archivi, coordinamento, circolazione di informazioni), in questo contribuendo a "promuovere" la ricerca, senza false presunzioni di "farne" essa stessa.
Quanto all’altra domanda di Giuseppe ("Ma allora cosa siamo, un movimento di opinione?"), essa figurava già come titolo di un celebre articolo ufologo-logico di Peter Kor. E se è indubbiamente vero che, per la grande maggioranza dei casi, gli ufologi hanno da sempre concepito la loro attività come una sorta di missione evangelizzatrice del pubblico, posso però affermare con coscienza che – sulla base delle esperienze passate e delle riflessioni maturate – il CISU ha sempre rifiutato questo tipo di accezione dell’ufologia e della stessa divulgazione (che – si è sempre detto – ha senso solo se mirata). No, non siamo, non vogliamo essere e non ci sentiamo affatto un movimento di opinione.
Circa poi l’ultima domanda ("non facciamo altro che soddisfare pulsioni meramente personali?"), essa riguarda invece il non meno controverso tema delle motivazioni personali, che sospingono ciascuno di noi a continuare ad occuparsi dell’argomento. La risposta non può che essere individuale, ma quel che vorrei dire è: certo, ognuno di noi continua per soddisfare una propria pulsione, che per qualcuno può essere curiosità intellettuale, per qualcun altro ambizione, ecc. Ma questo non deve importare, se lo stimolo viene a essere canalizzato in una direzione comune, che va verso quel progresso di conoscenza sull’argomento che è il nostro scopo ultimo. E non si tratta affatto di "mascherarle di volta in volta da ricerca scientifica o da attività di corretta informazione". Non ghettizziamo l’ufologia! Tutto il settore del volontariato funziona in questo modo, proprio perché alle spalle non ha il tipo di motivazioni economico-gerarchiche che caratterizzerebbero invece un rapporto di lavoro. Vorrei dire di più: questa è la nostra forza, partire dagli entusiasmi e dalle motivazioni individuali per riuscire (fondendoli in un concerto di sforzi) a produrre un incremento (anche piccolo) di conoscenza in un settore "di frontiera", là dove altri non si spingono.
Per tutto ciò, pur avendomi fatto fermare più di un momento a fare alcune riflessioni che ho poi ritenuto di condividere con tutti voi, le affermazioni e le domande esistenziali poste da Giuseppe Verdi nel suo editoriale di addio mi hanno in realtà rinforzato nella convinzione che ci siano ottime ragioni per esistere e per continuare a lavorare come ufologi, e come ufologi di un certo tipo.
E confido che, al di là del momento di relativo sconforto e smarrimento personale da lui evidenziato, anche Giuseppe – riflettendoci sopra – converrà su questa conclusione e, prima o dopo, torni a rimboccarsi le maniche insieme a noi, perché il lavoro è tanto e le risorse umane troppo poche e preziose.
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