UN PASSO INDIETRO


Una ragione di orgoglio

di Edoardo Russo


Il mio intervento odierno sarà tutto dedicato a commentare la "provocazione" di James Oberg, che già vent'anni fa proclamava "Il fallimento dell'ufologia come scienza".

Premetto che Oberg mi è sempre stato simpatico, fin da quando nel 1975 scriveva sulle riviste di Ray Palmer con il ruolo dello "scettico" (2). Non ho invece apprezzato il suo finire (insieme a Robert Sheaffer) in braccio all'arci-nemico degli UFO, l'antipaticissimo Philip Klass, costituendo il nucleo ufologico del CSICOP, perché mi aspettavo che ne sarebbe seguita una radicalizzazione del suo scetticismo, come poi è stato. D'altra parte, anche questa è stata un'utile lezione per noi osservatori dalle estreme propaggini dell'Impero Americano: quegli ufologi che all'inizio degli anni '80 stavano virando verso un forte scetticismo li abbiamo trattenuti per la giacchetta in mezzo a noi, non li abbiamo lasciati radicalizzare ed ancora oggi il CICAP (ovvero la filiale nostrana del CSICOP) non è riuscito a mettere in piedi una sezione ufologica decente per carenza di materia prima.

Ritengo però che il suo celebre articolo (da noi riproposto a quasi vent'anni dalla sua prima pubblicazione) fosse volutamente esagerato, in quanto rivolto idealmente ai lettori del New Scientist, ovvero all'ambiente scientifico, con il palese intento di suscitarne il plauso e l'applauso.

Già altri studiosi hanno all'epoca contestato il merito e la forma del testo di Oberg (ne riportiamo alcuni su questo stesso numero), per cui mi limiterò a delle considerazioni personali, col senno di poi di questo 1999.

Il vero problema è infatti che le argomentazioni di Oberg avevano un senso nei confronti dell'ufologia, soprattutto dell'ufologia americana, di fine anni '70. Ma ne hanno ancora oggi? E nei confronti di quale ufologia?

E' un punto importante, perché proprio negli anni '80 una parte dell'ufologia ha fatto un passo di lato ed ha contestato le stesse fondamenta dei 30 anni precedenti, proponendo basi filosofiche e metodologiche nuove ed affatto diverse da quelle che avevano mosso i padri: è quella corrente che potremmo chiamare ufologia moderna, nella quale ci riconosciamo ed operiamo. Non possiamo certo aspettarci che Oberg potesse prevederlo, vent'anni fa, ma dobbiamo tenerne conto quando ci proponiamo di verificarne la validità oggi. D'altra parte, esiste anche un'altra ufologia che, soprattutto negli ultimi dieci anni, è invece tornata decisamente al passato: ad essa - che potremmo chiamare ufologia post-moderna - tuttora (e ancor più che allora) si possono invece applicare non poche delle osservazioni critiche dell'autore.

Nel prosieguo, mi limiterò quindi a considerare se le critiche di Oberg si possano ancora applicare all'ufologia moderna come sopra definita.

UN RESIDUO TRASCURABILE, O NO?

La prima contestazione che Oberg muoveva all'ufologia è quella del "sofisma del residuo": il fatto (ammesso dallo stesso Oberg) che vi sia un residuo di casi UFO non spiegati non basterebbe a dimostrare che esistano "veri UFO", ovvero "un qualche stimolo straordinario". Dal mio punto di vista, tale obiezione è del tutto superata, soprattutto in quanto si basava in realtà su un "non detto": si diceva "qualche stimolo straordinario" e si pensava - nella stragrande maggioranza dei casi - a "velivoli extraterrestri". Allora sì che Oberg poteva giustamente criticare la pretesa di basare un'affermazione positiva (gli alieni sono tra noi) sulla constatazione di un negativo (non riusciamo a spiegare tutti gli avvistamenti). Ma una volta che l'ufologia ha rinunciato ad essere la propaganda dei visitatori alieni per limitarsi ad essere lo studio degli avvistamenti, qualunque ne sia la causa, l'obiezione risulta superata. L'ufologo moderno non pretende che ci siano casi inspiegabili (e implicitamente origini esotiche) e quindi non deve dimostrare nulla, ma si limita a: 1) analizzare tutti gli avvistamenti; 2) spiegarne più che può con cause convenzionali; 3) constatare che rimane un residuo inspiegato; 4) concentrarsi su quel residuo per cercare di comprenderlo meglio (e in ultima analisi di ridurlo ulteriormente).

Oberg (ed altri prima e dopo di lui) hanno sì sostenuto che tale residuo è quantitativamente irrilevante (nei margini di errore accettabili per lo "strumento-testimone") e pertanto trascurabile e non significativo. La vera differenza tra gli ufologi e i negatori (scusate, ma mi rifiuto di chiamarli "scettici") è proprio qui: per noi quel residuo è "piccolo ma non trascurabile, anzi significativo". Dato che vi sono casi con alto indice di stranezza ed alto indice di probabilità (per usare la terminologia introdotta da Hynek), non ci accontentiamo di liquidare il problema affermando: "ne abbiamo spiegati 90 (o 95, o 99) su 100, se avessimo abbastanza dati li spiegheremmo tutti e 100". Né mi soddisfano le considerazioni sull'indistinguibilità tra IFO e UFO, sulla casualità e fortunosità di certe identificazioni.

Senza andare a scomodare Galileo, Bruno, Pasteur o Darwin (o Newton, Einstein e chi più ne ha più ne metta), ci basta la constatazione che tutte le rivoluzioni scientifiche sono partite dall'esistenza di un (piccolo) residuo di dati che non quadravano col paradigma dominante, e che sono poi invece entrati a far parte della teoria scientifica che l'ha rimpiazzato. Gli attuali UFO sono probabilmente un coacervo di più fenomeni o cause, che man mano si chiariranno: alcuni sicuramente banali (col senno di poi), altri meno. Forse non ne deriverà alcuna rivoluzione scientifica, forse invece sì, forse ancora (più semplicemente) rientreranno un bel giorno in un ambito di scienza normale senza aver concorso a formarla (come fu per i meteoriti): comunque sia il ruolo che ci siamo scelti è proprio quello di essere qui a raccoglierli, a presidiarli e a tenere accesa una piccola candela che li illumina.

RETORICA E REVISIONISMO

Una seconda contestazione di Oberg all'ufologia stava nella sua natura fondamentalmente retorica: la ricerca di una rispettabilità attraverso la persuasione del pubblico, piuttosto che attraverso la documentazione degli scienziati, anche a costo di perpetuare (consapevolmente o meno) menzogne, falsi, bugie, ecc.

Qui, oggi, Oberg sfonderebbe una porta aperta: è pacifico (almeno presso gli ufologi intesi come sopra) che non ci è concesso ribaltare l'onere della prova, ma vorrei dire che non ci interessa proprio dimostrare alcunché. Siamo anzi d'accordo che "affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie", così come sul principio di economia dei postulati (rasoio di Occam), sulla necessità che un'ipotesi - per essere scientifica - sia predittiva e falsificabile.

Il passo di lato cui facevo riferimento prima è consistito proprio nel non volersi più porre come propositori di una specifica teoria (segnatamente di quella extraterrestre, ma il discorso vale per qualsiasi altra), bensì come studiosi di un fenomeno, che lo si intenda come UFO in senso lato (e dunque ci si occupi del come e del perché migliaia di italiani tutti insieme una bella sera si mettano a tempestare di telefonate giornali, aeroporti e forze dell'ordine perché in cielo splendono due pianeti come Venere e Giove), o invece come UFO in senso stretto (e ci si concentri allora solo su quel residuo).

Mi sembra poi che, dalla seconda metà degli anni '70, l'ufologia moderna abbia fatto proprio l'auspicio di Oberg che fosse necessario un lavoro di "pulizia" interna, provvedendo a una dolorosa e lacerante auto-eliminazione di vecchi miti e luoghi comuni, reinchiestando e "demolendo" casi classici, riconsiderando ipotesi e ricerche del passato, mettendo dei paletti per tener fuori certi personaggi e "studiosi", adottando apertamente un metodo e un atteggiamento scientifico: in una parola, c'è stato un vero e proprio terremoto che potremmo chiamare revisionismo ufologico.

SOLO UN MOVIMENTO?

Messa la questione in questi termini, ha ancora senso la conclusione di Oberg secondo cui l'ufologia non solo non è una scienza (neppure nascitura) ma - oltre ad essere stata controproducente - è in sostanza solo un "movimento di protesta" contro la crescente "esotericità" della scienza?

La risposta cambia a seconda - appunto - di cosa si intenda per ufologia: è un sicuro "no", se intendiamo quella che ho più sopra chiamato ufologia moderna; un probabile sì, se consideriamo invece il lettore medio di pubblicazioni ufologiche.

Qui il problema si fa quantitativo: gli studiosi che costituiscono l'ufologia moderna si contano sulle dita di poche mani, in ogni nazione dell'Occidente, e sono poche centinaia in tutto il mondo; gli appassionati (e i sedicenti studiosi) che ancora oggi fanno degli UFO una bandiera per le proprie convinzioni (soprattutto in tema di visitatori alieni e di congiure governative) sono migliaia in ogni paese e milioni in tutto il mondo.

Di fronte a tale constatazione, non ha dunque sostanzialmente ragione Oberg, se non altro perché la sua tesi risulta dimostrata al 99%?

Vale qui lo stesso argomento che ho più sopra sostenuto in tema di residuo inspiegato per gli avvistamenti: l'esiguità numerica non implica la trascurabilità (e tantomeno il torto, giacché in tema di scienze il consenso popolare conta poco). Cosa importa oggi quanti fossero nel '600 gli astronomi e quanti gli astrologi? A distanza di qualche decennio da oggi, conterà forse di più il fatto che in tema di UFO vi siano stati migliaia (o milioni) di illusi, di credenti e di profittatori, o non invece 100 studiosi degni di questo nome?

Sono troppo ottimista? E' ben per questo che seguito ad appassionarmi a questo argomento da oltre 25 anni, e che conservo l'entusiasmo e l'impegno anche se sono pienamente e dichiaratamente consapevole che, di 100 UFO che fanno titolo sui giornali, solo uno o due non saranno facilmente spiegabili.

La stessa amara e sarcastica chiusura di Oberg, che paragona l'entusiasmo degli ufologi al "trionfo della speranza sull'esperienza" del divorziato che pure si risposa, lungi dal demoralizzarmi, mi fa invece pensare che proprio dall'ottimismo della speranza (contrapposto al pessimismo dell'esperienza) ha sempre tratto (e sempre trarrà) nutrimento il progresso, in tutti i campi.

Nel nostro piccolo, siamo qui a dimostrarlo. E lungi dall'essere un motivo di vergogna, mi sembra che il nostro attivo interesse ufologico possa essere una legittima ragione di orgoglio.


Note

(1) Oltre beninteso a pubblicare - sia pure a mia insaputa - il mio intervento su Internet in cui stroncavo Richard Boylan e le sue panzane sui teologi vaticani impegnati a complottar di UFO.

(2) Fu lui, tecnico alla NASA, a demistificare una volta per tutte i cosiddetti "avvistamenti degli astronauti", che solo in Italia, oggi, sono tornati in auge, presso quello che Sebastiano Fusco ha efficacemente definito "il circo Barnum dell'ufologia".



[© 1999 CISU - tratto da UFO Forum n. 12, marzo 1999]


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