Vercelli riscopre Francesco Montagnini.

di Lucio Cabutti

 

Vercelli riscopre Francesco Montagnini, un artista "outsider" che ha operato dal 1957 nel cuore della città, dove è morto nel 1996 all’età di 68 anni. "Estremo e sidereo. Montagnini", la sua prima mostra antologica retrospettiva, riunisce 150 opere che esemplificano i diversi aspetti e periodi della sua creatività, affiancate da 50 oggetti, provenienti dalle collezioni personali del pittore, che risultano chiarificatori nei confronti dell’iconografia delle sue opere stesse, documentando analoghe scelte di gusto e di poetica: 200 voci di catalogo , in tutto, che costituiscono in effetti una "mostra di mostre" dedicate alle varie tecniche sperimentate da Montagnini come alle varie loro applicazioni nei termini di un "fluviale" repertorio sviluppato attraverso cicli ricorrenti di soggetti e di oggetti. Dipinti ad olio, disegni policromi, tecniche miste e sculture, ceramiche comprese, si avvicendano spaziando, insieme, dalle crocifissioni ai volti e alle figure, fino agli autoritratti; ma comprendono anche rari paesaggi e più diffuse frequentazioni storiche e museali dell’arte, con particolare riferimento alle avanguardie, al retaggio cubo-futurista , all’interazione fra astratto e concreto, e non meno intense ricerche e invenzioni sulla specificità anche autoreferenziale del fare artistico.

Opportunamente programmata e "fortemente voluta" dall’Assessorato alle politiche culturali e sportive del Comune di Vercelli, la mostra ripercorre l’itinerario operativo dell’artista con proposito istituzionale di valorizzarlo e farlo conoscere presso un pubblico più vasto e non solo vercellese. "Il rammarico", scrivono il Sindaco Gabriele Bagnasco e l’Assessore Gianni Mentigazzi nella prefazione del catalogo, "è che, come purtroppo spesso accade, l’importanza e il valore di un artista vengono pienamente riconosciuti solo post mortem". L’esposizione "intende perciò essere anche una sorta di atto di riparazione nei confronti di un uomo schivo e riservato che, a facili ed effimere forme di sterile presenzialismo, preferi’ sempre la penombra operosa di una ininterotta e sofferta ricerca espressiva condotta sempre sotto il segno del rigore e della coerenza".

Montagnini è anche il testimone e l’interprete primario di una situazione defilata che accomuna inoltre ulteriori artisti di diverse generazioni: quella di risiedere in un’area, a sua volta, non ravvicinata né organica nei confronti dei "massimi sistemi" della elaborazione creativa e della diffusione culturale; e di risentirne quindi, nel bene come nel male, i contraccolpi lesivi e le quotidiane conseguenze. Giustamente si discute del crepuscolo e della scomparsa del "centro" di una civiltà che tende ad una rifondazione planetaria attraverso le reti, avanguardismo telematico e Word Wide Web di Internet compresi; ma l’orizzonte esistenziale di Montagnini, insieme alle domande e alle risposte consonanti di un carattere riservato e tormentosamente schivo, ha vissuto realisticamente questi sensi di lontananza e di precarietà fino all’espressività estrema, anche se l’artista è stato proprio uno degli esponenti, indirettamente ma lucidamente e romanticamente anticipatori, della nuova coscienza informazionale emersa in questo scorcio di secondo millennio.

Anche poco prima di troncare la sua esperienza artistica ed umana il 24 febbraio 1996, Montagnini continuava a ricevere ironiche lettere anonime che miravano a distruggere la consapevolezza dell’impegno qualitativo, e che hanno probabilmente contribuito ad acuire le difficoltà sempre più insopportate degli ultimi giorni. Alle deformanti insinuazioni e ai fraintendimenti intenzionati si contrappongono adesso però giustamente il riconoscimento delle pubbliche istituzioni, l’intervento del cento culturale Studio Dieci che firma l’esposizione insieme all’Assessorato alle politiche culturali del Comune, il contributo informativo di giornali e televisioni, e anche la lettera firmata di un vercellese pubblicata su "La Stampa", che propone di rendere itinerante la rassegna stessa.

Ma perché tutto questo interesse per l’opera di Montagnini? Nato a Trino il 23 agosto 1957, l’artista ha iniziato la propria attività come ceramista a 29 anni, nel 1957; ma ha poi trasformato presto l’informalità policroma delle prime improvvisazioni in una visione drammaticamente espressionista, dove le immagini sacre e profane della famiglia, della crocifissione, dei ritratti e dei corpi si investivano di cosmiche tensioni esistenziali. I suoi più tipici personaggi hanno occhi sbarrati da dannati michelangioleschi inabissati però in atmosfere cariche di kafkiane attese novecentesche. Questa emergenza formale di persone e di cose dal caos di un giudizio universale inesplicabile trionfa infine in una poetica della virtualità classica ed elettronica, che spazia dalla memoria storica e museale dell’arte alla genesi dell’opera vissuta come campo di un ipertesto autoreferenziale ma anche, insieme, siderale e geometrico. Cosi’ Montagnini risulta a Vercelli un esponente emblematrico di quella creatività sommersa che costituisce un punto(o meglio una "rete") di riferimento emergente nella congiuntura artistica internazionale. La sua anticipatrice consonanza con la rivoluzione culturale catalizzata dall’informatica, d’altra parte, rappresenta una ulteriore credenziale per un più adeguato riconoscimento della sua simbolica individualità, riconfermata inoltre dalle traversie esistenziali e dallo spirito "ipertestualista" del linguaggio. Dove la pittura per vocazione, la grafica per ricerca e la vita per croce hanno saputo riflettere traumi dell’esistenza ed alte tensioni dell’anima in un universo esacerbato e astrale, estremo e insieme sidereo. E mentre la nostra antologica retrospettiva al Salone Dugentesco e allo Studio Dieci di Vercelli rimane aperta fino al 22 giugno, si è costituito con la famiglia dell’artista il Centro Studi Francesco Montagnini; con il proposito di istituire un continuo punto di riferimento per nuovi cataloghi, studi e riconoscimenti riguardanti Montagnini, ma anche la situazione vercellese e più in generale l’emersione della creatività sommersa consonante con Montagnini. Dove il primo riconoscimento istituzionale della città, questo significativo "outsider" dell’arte diventa quindi protagonista e simbolo di una ricognizione storica più vasta che riguarda ancora una volta, e senza ghettizzazioni generazionali (come era nel carattere di Francesco Montagnini), al futuro.

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