Estetica del Brutto

Nelle opere di finzione (artistica, letteraria, cinematografica) il brutto non ha nessun elemento intrinseco che lo plachi: quando è descritto dall’artista negli aspetti più perversi e grotteschi spesso la bruttezza fisica è accompagnata dalla malvagità spirituale. Si pensi al Tersite di Omero, o al Riccardo III di Shakespeare, o alle streghe di Goya. Sembra che questi autori operino una semplificazione del dato reale, nell’isolare gli elementi (sia fisici, sia morali) prettamente negativi e nel farli concordare fra di loro. Altre volte la mostruosità fisica accompagnata da una degenerazione morale, si risolve invece in un’elevazione spirituale: è il caso del "Gobbo di Nôtre Dame" di Victor Hugo.

Difficilmente nel mondo naturale vediamo creature che ci fanno inorridire per la loro mostruosità. Per fortuna nella realtà il brutto è mescolato ad altre qualità che lo mitigano e lo addolciscono: una certa gentilezza dei movimenti, una piacevole intonazione della voce, un’indole pronta allo scherzo. In natura il mostruoso non esiste: "L’arte taglia fuori dal contenuto del bello tutto quanto appartiene solo all’esistenza casuale; mette in risalto i tratti significativi di un fenomeno e ne elide quelli trascurabili. Lo stesso deve fare con il brutto. Ne deve evidenziare le caratteristiche e le forme che lo fanno brutto, ma deve scacciare tutto ciò che si insinua solo per caso nell’esistenza del brutto e ne mina o travia la natura" (Karl Rosenkranz: "Estetica del Brutto"). Nell’arte dunque il brutto viene idealizzato e diventa Brutto assoluto (come la bellezza è sempre una Bellezza idealizzata), nella vita invece il Brutto è mescolato al caso.

Per quanto una teoria del brutto possa essere intellettualmente stimolante, la cultura occidentale forse si è lasciata fuorviare da una certa frivolezza, e sembra aver dedicato un’attenzione maggiore alla bellezza secondo i canoni classici. Si discosta da questa visione dominante per molti secoli l’"Estetica del Brutto" di Karl Rosenkranz, che insegnò ad Halle nella cattedra che fu di Hegel. Tuttavia il suo trattato non è assolutamente adeguato ai nostri tempi: si tratta della concezione del Brutto come negazione della perfezione cui l’Idea tende. Anche il tipo di esposizione risulta inadeguata al lettore moderno: molto spesso la forma è involuta ("filosofichese") e le ripetizioni dei concetti abbondano. Nonostante queste difficoltà di lettura Rosenkrantz, fornisce degli spunti interessanti, come ad esempio la teorizzazione dei diversi tipi di brutto: assenza di forma definita, scorrettezza, sfiguramento o deformazione. Tassonomie forse arbitrarie con un eccesso di schematizzazione, euristicamente non significative.

Perché allora può essere ancora attuale leggere Rosenkantz? Dopo gli esperimenti più arditi di ogni tipo di Avanguardia, l’uomo moderno è stato privato della propria autonomia di giudizio estetico. Quante volte alle mostre d’Arte Contemporanea abbiamo sentito ripetere: "Questo lo so fare anch’io?" Oppure quante volte abbiamo visto un certo pubblico forse poco aggiornato cadere in deliquio di fronte all’opera di un pittore iper-neo-post-qualcosa: "Bellissimo", mormorano guardandosi attorno. Non hanno il coraggio di dire che non capiscono: hanno paura di sentirsi inferiori, temono di sentirsi ribattere : "Come! non capisci la grandezza del genio?"

L’Arte Contemporanea può far paura a causa del suo linguaggio innovativo, perché la nostra epoca non osa formulare sicure, salde, ferme valutazioni di merito (ne è prova il gran numero di persone che si fermano all’arte degli Impressionisti).

E questa paura di formulare giudizi non riguarda soltanto il campo artistico, ma investe anche la sfera della realtà. E questa volta è un Brutto assoluto, in quanto volontario: che dire dei corpi completamente tatuati, del piercing ai capezzoli o in altre parte intime, o anche soltanto delle zeppe alte quaranta centimetri sotto le suole delle scarpe? Tutto questo non rende più brutta e meno aggraziata la persona e il suo aspetto esteriore?

I veri mostri non sono i nani, i freaks, gli storpi. Come si è visto, la bruttezza in natura è sempre mitigata da altre caratteristiche positive. Forse le nuove creature spaventose sono coloro che seguono le esagerazioni dell’ultima moda che fa "tendenza". Sono personaggi reali, ma potrebbero benissimo essere i protagonisti di un’opera di Bosch (ad esempio: nella tavola del "Cristo Portacroce" fra le ghigne che circondano Cristo si vede un uomo con un doppio "piercing" al mento).

Wolfgang Cecchin

Opere citate:

Karl Rosencrantz: "Estetica del brutto" a cura di Omar Calabrese; Edizioni Olivares, Milano, 1994.

Hieronimus Bosh: "Cristo portacroce", Gand, Musée des Beaux-Arts.

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