PENSIERI SCOLPITI DI WOLFGANG CECCHIN

 

Disegnare nello spazio

Intervista a Riccardo Cordero

-Quanto hanno influito nella sua formazione l’insegnamento di Franco Garelli e di Sandro Cherchi all’Accademia?

"Il mio lavoro è stato fortemente segnato, specialmente nella fase iniziale, da tutti e due, per un verso o per l’altro: le mie prime sculture erano forse legate ad uno schema cherchiano, con questo disfacimento espressionista della figura. E’ subito dopo il dualismo fra lui e Garelli, che aveva invece un taglio legato più ad un certo internazionalismo americano. Così mi sono mosso fra i due fronti, ora cercando una mia autonomia, ora mescolando le due esperienze".

-Forse l’influenza di Cherchi si sente ancora negli anni ‘80.

"In quel periodo c’è stato un recupero. Dagli anni ‘65-’66 infatti c’era stato un momento di distacco. Credo che sia un problema comune a tutti i giovani, di forzare la propria autonomia espressiva: in quegli anni ho incominciato ad utilizzare delle lamine di materia plastica, dei materiali differenti, assemblandoli insieme. Poi sono passato ad un fenomeno più strutturale, più vicino a certi inglesi, a certe vicinanze che conservo ancora ora: Anthony Caro ad esempio, i minimalisti inglesi che continuano ad interessarmi anche come tipo di discorso. Fino agli anni ‘80. In quel periodo ho dovuto fare una scelta: andare a confluire in quella che era la tendenza dell’arte povera o concettuale, oppure tentare un recupero di tutto un certo tipo di discorso, che non significava fare della reazione, ma voleva dire invece recuperare una radice forte con il territorio. E lì ho incominciato a guardare forse più lontano di Cherchi, guardando a certe opere di Bistolfi, certe cose un po’ primo ‘900. Logicamente il discorso Cherchi rientrava, perché rientrava nel modo di toccare le figure, cioè questo indefinire certe parti".

-Come è nata e come si è evoluta quest’ultima fase in cui cerchio e linea si intersecano.

"Dall’esigenza di fare una scultura che abbia la sua collocazione in uno spazio, predefinito, o se non altro ben definito da un punto di vista di scelta. Nella mia scultura è prevalente l’idea di spazio - non come spazio che ha una funzione passiva, ma come elemento che entra a far parte della scultura. Si tratta di lavorare attraverso queste strane calligrafie, queste strane specie di segni che poi restano gelati nell’aria per catturare lo spazio, inserirlo all’interno e renderlo dialettico con tutte le altre parti della forma".

-A proposito del cerchio interrotto, della linea spezzata: nel caso di Pomodoro l’esigenza di spezzare la sfera nasce in opposizione alla scultura di Brancusi, troppo perfetta e unitaria per la nostra epoca. Si può dire che nel suo caso il cerchio interrotto nasca da un’esigenza analoga?

"No, sostanzialmente sono due cose differenti per la loro collocazione nel discorso plastico: per Pomodoro il concetto è comunque quello di una scultura avvolta dallo spazio, che è poi il concetto di Brancusi. Nel mio caso il concetto è diverso, cioè io tento di lavorare attraverso un disegnare nello spazio: l’idea non è quella di far avvolgere la scultura, ma è quella di utilizzare lo spazio dentro la scultura.

Il rompere questi ritmi, lo spaccare queste forme evidentemente dà delle suggestioni. Cioè se io rompo un cerchio, visivamente chi guarda sarà portato comunque a ricomporlo. E’ un fenomeno indotto: se io spacco un angolo da qualche parte, visivamente chi guarda lo conclude. Questa serie di rimandi crea la tensione della scultura stessa: cioè questa continuità interrotta che viene spaccata crea un senso di disagio in chi guarda e quindi lo porta poi ad osservarla da un altro lato, e poi a girarle attorno e magari (se le dimensioni sono tali da consentirlo) passarvi attraverso".

-La scultura ha un rapporto privilegiato con la materia. Come mai lei ha scelto proprio il bronzo e il ferro come elemento finale delle sue sculture?

"Ho scelto bronzo e ferro, intanto perché sono materiali che mi consentono tecnicamente di arrivare a queste soluzioni: se uno utilizza il marmo o la pietra ha un processo plastico che è quello dello scolpire. Io non mi ritengo un scultore e nonostante tutto penso di fare un’operazione che è più di assemblaggio, di montaggio, di intervento progettuale nello spazio, non certo scolpire nel senso di togliere dalla materia. Quindi ho scelto questi materiali perché sono più duttili a quanto io voglio raccontare. Mi interessa più assemblare che scolpire, in questo mi sento più vicino a Garelli, ma anche a Cherchi, perché in effetti lui non fa della scultura, checché lui ne dica: lui fa del modellato, che è un altra cosa. E per fortuna è così, perché altrimenti le sue sculture non avrebbero quella freschezza espressiva che hanno, perché il riprodurle in pietra le renderebbe assolutamente prive di qualsiasi vibrazione".

-Questo lavorare su delle variazioni e delle modulazioni dello spazio: è una visione molto architettonica della scultura.

"A me piace molto quest’idea di avvicinarsi all’architettura e alla musica: la musica è un fenomeno astratto, completamente, mai nessuno si è chiesto se quel brano assomiglia ad un tramonto, o ad un contadino con la pecora al pascolo: è un raccogliere sensazioni. Direi che possiamo utilizzare la stessa visione nella scultura e giocare con questa linea che si interrompe: possono essere dei toni che si alzano o si abbassano, si allungano, delle modulazioni, delle variazioni musicali che però diventano segni".

 

Cenni Biografici

Riccardo Cordero è nato ad Alba nel 1942, vive ed opera a Torino. Si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Torino, dove attualmente è titolare della cattedra di Scultura. Nel 1978 è stato invitato alla XLVIII Biennale di Venezia, con una personale. Nel 1987 è stato selezionato fra i finalisti alla Westminster City Competition a Londra. Dal 1993 ha realizzato molte opere monumentali in luoghi pubblici tra cui la nuova sede dell’INPS a Collegno, alla Lookout Sculpture Fondation in Pennsylvania (USA) e nei parchi Cenisia e Pellerina a Torino. Recentemente è stata collocata nel giardino della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino una sua opera intitolata "Disarticolare il cerchio", acquistata dalla Fondazione De Fornaris.

Sue opere saranno esposte prossimamente nella Rocca di Arona, allo Studio Toch di Guillame (Edimburgo) e al Palazzo dei Congressi di Alba.

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