EDITORIALE DI GIOVANNI CORDERO

Venezia e la sua Biennale

A Venezia abbiamo visto una Biennale delle occasioni mancate. Più ripiegata a celebrare il recente passato che a testimoniare l’attualità storica del presente e a ipotizzare un futuro che non sia soltanto fosco ed incerto, ma anche foriero di nuove speranze. Ci aspettavamo che i curatori (visto e considerato il grande dispiegamento di forze economiche a disposizione) avessero avuto più coraggio. Avrebbero dovuto affrontare il senso della mutazione antropologica connessa all’alienante processo di trasformazione del mondo prodotto dalla scienza e dalla tecnica e alla progressiva smaterializzazione dell’universo comunicativo relazionale, mediato dal video terminale. In questo fine secolo l’artificiale è un tema narrativo ricorrente che sembra riproporre una doppia prospettiva: da una parte la possibilità che l’atrofia dell’esperienza sensibile e la mancanza di un mondo reale divengano impercettibili, occultati nella contemplazione di miraggi iperreali, virtuali nel consumo di sole immagini da cyber spazio. Dall’altra invece la possibilità che il sentimento della mancanza del rapporto umano produca una nuova sensibilità critica e una nuova comprensione delle prospettive presenti nel mutato rapporto fra il soggetto e il mondo.

I nostri collaboratori Stradella e Salani parlano diffusamente di questa Biennale nei loro redazionali. Nella pagina di Iride Wolfgang Cecchin ci riferisce il pensiero di Jean Baudrillard, uno dei più illustri sociologi francese, sul ruolo che l’assenza del destino svolge nella nostra epoca. La rubrica Pensieri Scolpiti, che si ripropone di accogliere le diverse voci e tendenze della scultura contemporanea, è dedicata questa volta a Riccardo Cordero, che utilizza la scultura come mezzo per modulare lo spazio. E ancora: Ugo Nespolo, artista multanime di richiamo internazionale, pronto alle contaminazioni più diverse, intervistato da Antonio Miredi in Finesecolo Nuovomillenio, ci invita sull’impossibilità di distinguere cultura alta e cultura bassa, e sul bisogno dell’arte di occupare ogni spazio della vita.

Ora lasciatemi tracciare alcune considerazioni finali: si conclude la seconda tappa del nostro viaggio negli universi della cultura artistica contemporanea. Viaggio inteso non solo come metodologia, ma anche come epistemologia, dove l’esperienza del viaggiatore si fa conoscenza e la conoscenza si narrazione. In questa ultima linea editoriale ciascuna rubrica ha cercato di tracciare dei percorsi e delineare alcuni orientamenti anche se provvisori circa il sapere estetico contemporaneo in una ricerca di una nuova identità umana che è pure una nuova antropologia della civiltà. Abbiamo privilegiato uno stile di scrittura lontano dagli stereotipi del critichese, ma che fosse coinvolgente e accessibile: pensiamo di utilizzare uno stile che vuole mettere in gioco la soggettività di chi scrive e l’emozione di chi legge, permettendogli di cogliere e confrontare i modelli del proprio pensiero e di scoprire autonomamente le matrici di fondo che guidano l’attuale rielaborazione teorica nell’ambito dell’arte.

Nel salutare i nostri amici che si accingono a godersi le meritate vacanze ricordo a tutti che saremo di nuovo in edicola il secondo sabato del mese di settembre per riprendere con nuova lena il filo del discorso. Per la prossima edizione stiamo preparando grosse novità. A presto, arrivederci.

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