Gli Studi artistici a Lettere

Intervista al professor Giovanni Romano, ordinario di Storia dell’Arte Moderna presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Torino

 

-Dal punto di vista dello studente interessato a materie artistiche, quale è la specificità del Corso di laurea in Lettere ad indirizzo storico-artistico rispetto ad altri iter formativi, quali possono essere il D.A.M.A.S., o l’Accademia di Belle Arti?

"L’Accademia, per come è adesso, forma degli artisti tecnicamente e operativamente. Il Dipartimento di Discipline Artistiche Musicali e dello Spettacolo ha una sua storia: nasce da un D.A.M.S. bolognese fortemente orientato sul contemporaneo, con tentativi di avere anche laboratori e attività pratiche. Quest’aspetto si sente meno forse qui a Torino, ma sono ancora all’inizio per cui non si può ancora dire granché. Comunque il progetto D.A.M.S. ha in sé una possibile integrazione delle attività pratiche di varie discipline: arte musica, spettacolo. Il corso di laurea in Lettere è un corso che difende una sua tradizione di competenze storico-filologiche e umanistiche, ed è chiaramente un ponte verso il passato. Non ha questo privilegio sul contemporaneo, ma ovviamente ha in sé anche il contemporaneo, come uno degli aspetti di questo rapporto con il passato, e con il presente - per evidenti motivi: visto che gli studenti sono di oggi".

-Fra i corsi di Lettere si sente molto la mancanza di un insegnamento di Storia dell’Arte Contemporanea, che invece è presente a Scienze delle Comunicazioni. A che cosa è dovuta questa assenza?

"Storia dell’Arte Contemporanea non è mai stata insegnata a Lettere. Ci sono stati dei seminari: io stesso ho fatto venire degli insegnanti. Tuttavia questo corso verrà attivato con il prossimo consiglio di laurea. Infatti abbiamo una situazione che ci permette un posto libero e lo riserviamo - anche per una scelta del preside che io condivido - a Contemporanea. Si tratterà proprio di un insegnamento ufficiale con un docente stabile".

-Una proposta di legge che il Parlamento sta esaminando prevede che le Accademie di Belle Arti siano equiparate all’Università. Qual è il suo parere in merito?

"Il problema sarà il tipo di accesso che si dà dal liceo artistico all’Accademia "universitaria". Che tipo di concorsi faranno gli insegnati dell’Accademia per arrivare alla loro cattedra? Se il confronto con l’Università dovrà essere paritario, dovrà essere paritario l’accesso. Sarà veramente un problema il modo in cui ci potranno essere travasi tra Accademia universitarizzata e l’Università de-accademizzata".

-Non si rischia di avere una duplicazione degli insegnamenti, generando forse una certa qual confusione negli studenti che devono scegliere una Facoltà, o un Istituto di Studi Superiori?

"Penso di sì. Confesso onestamente che, data l’esperienza bolognese del D.A.M.S., vederne ripetere a distanza di venti anni le proposte anche in quello che io considero gli aspetti non positivi induce in confusione. E anche questa polemica con l’Accademia indica ancora di più i rischi della confusione, perché in effetti c’è qualcosa nel D.A.M.S. che scivola verso quelli che sono gli insegnamenti dell’Accademia. Ci sono d’altro canto nell’Accademia delle ambizioni che puntano a coprire delle aree del D.A.M.S.".

-Sono previsti dei progetti interdisciplinari in cui collaborino gli studenti di Lettere, del D.A.M.S. e dell’Accademia?

"La collaborazione fra D.A.M.S. e Accademia per quel che riguarda il teatro mi sembra una delle poche strade possibili, infatti al D.A.M.S. l’insegnamento di teatro riguarda soprattutto la regia teatrale, mentre all’Accademia c’è un insegnamento tecnico di scenografia. Certo se già ora cominciano a litigare, non praticheranno molto. Quindi il confronto fra queste due istituzioni si può anche pensare. Con Lettere invece, almeno per ora, non lo vedo. Può darsi che quando ci sarà l’insegnamento di Arte Contemporanea sia in qualche modo più sensato, utile e ragionevole un apertura ai laboratori. Non vedo perché no: questo poi toccherà al docente deciderlo".

-Quali sono le opportunità lavorative di uno studente che abbia conseguito la laurea in Lettere - Discipline artistiche?

"Dipende un po’ dagli esami che ha inserito nel piano di studi, perché in base agli esami c’è la possibilità o meno di insegnare nella scuola, che per tanti anni è stata porto franco dei nostri studenti. Adesso la scuola non assorbe quasi più nessuno e quindi gli studenti trovano altre soluzioni che non sono quelle tradizionali. Se ci si deciderà a sviluppare l’aspetto della tutela e della musealizzazione i posti di lavoro saranno quelli  dei musei, degli uffici tecnici nei grandi comuni, delle sovrintendenze. Questo è nella sostanza il doppio profilo di Lettere: l’insegnamento da una parte, la tutela dei beni artistici dall’altra. Ovviamente poi nella realtà ci sono molti laureati in Storia dell’Arte che fanno altre cose: che puntano verso il design, o verso la moda. Cioè portano le loro competenze in campi che non sono esattamente il loro sbocco naturale, ma nei quali risulta che le loro conoscenze sono utili".

-Quali sono i problemi organizzativi e didattici che il Dipartimento si trova ad affrontare in quest’anno accademico?

"Gli spazi sono quelli che sono: il palazzo è stato costruito per - credo - 6.000 persone e adesso siamo quasi 12.000. Mi sembra che sia comprensibile che gli spazi non ci siano. D’altro canto anche i docenti in qualche misura sono pochi. Certo ci sono degli squilibri, quindi gli studenti vedono poco il docente. Il problema tuttavia non è solo di studenti, o di docenti, ma anche di servizi offerti: se avessimo più spazio avremmo una fototeca più grande, non strangolata come adesso, avremmo un gabinetto fotografico più efficiente. L’altro guaio reale è che non ci sono sufficienti borse di studio. Quindi il numero di studenti che non frequenta l’università -se non per gli esami, perché lavora, o fa altro- è troppo elevato. E spesso questi studenti non sanno neanche che cosa sia l’Università al di là degli esami. Non è questa un modo fruttuoso di frequentare l’Università".

Wolfgang Cecchin

Torna ad articoli precedenti