La Basilica di Superga

Cenni storici del più grande monumento Juvarriano

tratti dal volume a cura di:

Pagina WEB redatta da Pier Vincenzo Salviato

Padre Benedetto Marengo
Rettore della Basilica

 

     
Quando Gian-Giacomo Rousseau venne per la prima volta a Superga guardando il panorama sottostante esclamò pieno di entusiasmo: «Io ho dinnanzi il più bello spettacolo che possa colpire l'occhio umano». Già il De Amicis scriveva: «Il panorama del colle di Superga è più grande e più bello della sua fama». Il visitatore che sale al colle non prova solo la gioia di visitare una delle più belle località che circondano Torino, ma può avere la soddisfazione di ammirare: «Il più bel panorama d'Europa», secondo l'espressione tipica di Papa Pio XI. (....)

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Gli avvenimenti deI 1706

Nella primavera dell’anno 1706 Luigi XIV con un forte esercito occupa Nizza e le terre della Savoia con la ferma intenzione di scendere in Piemonte. Nel frattempo i piemontesi si preparano allo scontro: la storia dice che furono accumulate in città milioni di fascine, una grande quantità di tronchi d’albero, per formare barricate. Furono tagliati i boschi intorno a Torino per impedire che si formassero dei rifugi al nemico. Per evitare il pericolo delle schegge provocate dalle cannonate, il selciato delle strade della città fu divelto. Fu ammassata una grande quantità di viveri sufficiente ai soldati e alla popolazione per almeno quattro mesi.
Il 12 maggio dello stesso anno l’esercito francese, forte di 78 battaglioni e di 8 squadroni complessivamente composto di 60.000 soldati, pose l’assedio alla città di Torino, accampandosi nel triangolo formato da Venaria, Lucento e Regio Parco. L’esercito piemontese contava, sino a quel momento, 6.600 unità più 5.000 uomini appartenenti alla milizia urbana. Il divario era enorme, la differenza di potenziale umano e di mezzi bellici era tale da rendere la situazione dei piemontesi disperata. Eppure bisognava resistere; era in palio la sopravvivenza di Torino e l’autonomia del Piemonte. Tutto dipendeva dalla capacità di tenuta dei piemontesi, dall’eroismo dei soldati, dal coraggio della popolazione e dall’aiuto promesso dall’Austria con l’invio di un esercito forte di 28.000 soldati sotto il comando del Principe Eugenio di Carignano.
Per quattro mesi Torino fu bombardata, piombavano sulla città oltre 8.000 cannonate al giorno. Fu durante questi quattro mesi di assedio che si verificarono fatti di grande eroismo da parte della popolazione e dei soldati.
(.....) lI 28 agosto avveniva l’incontro del Principe Eugenio con Vittorio Amedeo Il. I due condottieri salirono sul colle di Superga per esaminare meglio, da quell’altura, il campo di battaglia. Constatarono che lo schieramento nemico presentava punti deboli nella zona tra la Dora e la Stura. Giunsero alla conclusione che convogliando gli attacchi in quella zona poteva esserci una possibilità di successo.
Alcuni storici asseriscono che Vittorio Amedeo Il e il Principe Eugenio si recarono una seconda volta sul colle di Superga, il 2 settembre dello stesso anno, fu in quella occasione che entrarono insieme nella chiesetta sita sul colle, che fungeva allora da parrocchia per i pochi fedeli della collina. Lo storico Felice Pastore (4), afferma che fu in quella circostanza, celebrata una Santa Messa, i due Principi si accostarono ai sacramenti; poi venne cantata solennemente l’Ave Marìs Stella. Giunti al versetto «monstra Te esse Matrem» (dimostraci che sei madre) Vittorio Amedeo Il si prostrò ai piedi della statua (quella venerata tutt’oggi nella cappella detta del voto) fece voto che se la Madonna gli avesse fatto ottenere la vittoria avrebbe costruito sul colle di Superga un magnifico Tempio a lei dedicato.
La tradizione sull’esistenza del voto, è un elemento costante e ha il suo supporto in notevoli testimonianze, Il Carbonieri (5) asserisce: «che la notizia del voto fu già raccolta dai viaggiatori che visitarono Superga durante i lavori: Breva, Selhouette, Kejssler. D’altronde che di voto si trattasse è opinione di scrittori settecenteschi, come il Craveri (1753) al voto fanno riferimento il discorso funebre per Vittorio Amedeo Il del Vescovo di Alessandria, Gattinara, l’11 dicembre 1732 e l'epigrafe sopra la porta principale dalla parte dell’interno».

Virgini Genitrici
Victorius Amedeus, Sardiniae Rex
Bello Gallico, vovit
Et pulsis bostibu s fecit, dedicavitque,

(Alla Vergine Madre di Dio
Vittorio Amedeo, Re di Sardegna
nella guerra contro i francesi, fece voto
e cacciati i nemici costrui e dedicò questo tempio).

I due principi scesi dal colle misero in esecuzione il loro piano di battaglia. La sera del 6 settembre l’esercito piemontese era tutto schierato alle spalle dì quello nemico fra la Dora e la Stura.
La mattina del 7 settembre alle ore 10 iniziò il conflitto.
Lo scontro fu tremendo con perdite ingenti da ambo le parti, però l’esercito piemontese ebbe la meglio; quello francese fu definitivamente sconfitto. La vittoria liberava Torino e la popolazione da tutte le sofferenze, Il Piemonte aveva acquistato in un giorno la sua autonomia. La popolazione venuta a sapere del voto del Duca attribuì la vittoria all’intercessione della Madonna. Una vittoria inaspettata suscitò in tutti una gioia e un’entusiasmo incontenibile. Le sofferenze subite erano state troppe, ora finalmente la liberazione. L’incubo della paura e della morte era scomparso provocando nell’animo di tutti un sollievo indicibile.
Si iniziarono i festeggiamenti che furono solenni. Torino appariva trasformata, bandiere e drappi sventolavano da ogni parte. Sulla cittadella, segnata dai bombardamenti, sventolava una grande bandiera con al centro lo stemma di Vittorio Amedeo Il. Torino non si limitò ai festeggiamenti di stato e di folklore, iniziò anche preghiere di ringraziamento in tutte le chiese specialmente alla Consolata. (........) Ma come spesso succede, passati i giorni di euforia e ognuno ritornato alle proprie faccende con il pericolo ormai scampato, si dimenticano anche le promesse fatte. Per questo, alcuni storici, accusano Vittorio Amedeo Il di essersi dimenticato del voto fatto. A ricordarglielo fu il Beato Sebastiano Valfrè, il quale, quattro mesi dopo la liberazione, in data 13 febbraio 1707, scriveva a Vittorio Amedeo: «... ad honor della Vergine potrebbe V.A.R. dedicare la chiesa che farà nella cittadella, o a Soperga, o in un altro luogo» (7). Questo scritto indica il desiderio del Valfrè di erigere a titolo di ringraziamento una chiesa; se non era possibile a Superga andava bene anche in un altro luogo, purché si facesse.
lo penso, senza voler contraddire nessuno, che il lungo periodo che trascorse dalla liberazione (1706 al 1716) alla realizzazione del voto, sia dovuto non alla dimenticanza del Duca, ma alle condizioni disastrose in cui si trovava Torino. Non dimentichiamo che la città e il Piemonte uscivano da una lunga guerra, da tante scorribande e rapine. L’erario statale e la cassa ducale erano completamente vuote. La riserva monetaria non esisteva più, tutto era andato a sostenere le spese della guerra. Inoltre bisognava fare prima e cose più essenziali, ricostruire la città danneggiata dai bombardamenti, rifare le strade, le case, le chiese danneggiate o lesionate, portare via le macerie, disfare i cunicoli sotterranei, togliere le barricate; un lavoro certamente lungo e costoso per quel tempo.
Ricostruita Torino, il Duca pensò poi, come vedremo, a mantenere il voto fatto.

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Filippo Juvarra

L’Abate Juvarra nacque a Messina nel 1676, al fonte battesimale suoi genitori gli imposero il nome di Filippo. Da giovane si dedicò agli studi ecclesiastici; entrò nella Congregazione dei Filippini, divenne sacerdote, ma preferì seguire l’inclinazione artistica anziché la vita del prete. Come artista, il Juvarra, esordi nella bottega di oro e argento del padre in qualità di cesellatore, imponendosi all’attenzione critica dei maestri del tempo. Nel 1703, con l’intenzione di perfezionare gli studi, venne a Roma, fu allievo dell’Architetto Carlo Fontana collaboratore del Bernini. A Roma fece parte dell’Accademia di 5. Lucia, la quale in quel tempo raggruppava i migliori artisti. Come saggio per la sua iscrizione presentò un progetto di chiesa con due campanili (preludio di quello che farà poi a Superga). Arricchitosi di idee nuove e di esperienza ritornò in Sicilia. La fama di Architetto la ottenne con la venuta del Duca Vittorio Amedeo Il in Sicilia, divenne Architetto della Real Casa. Quando Amedeo Il, dopo aver assunto il titolo di Re, lasciò definitivamente l’isola (1714), portò con sé a Torino anche l’Abate Juvarra.
A Torino l’attività del Juvarra assume un ritmo frenetico e travolgente e si manifesta nelle linee architettoniche di molti edifici cittadini e dei dintorni. Non si limitò a lavorare solo per i Savoia, ma lasciò l’impronta del suo estro e della sua abilità in tutta l’italia e anche all’estero. Mentre edificava la Basilica di Superga, costruiva contemporaneamente la Cattedrale e il Castello reale di Lisbona, infatti, lo troviamo a sovraintendere nel 1720 a quei lavori.
Era Architetto dei Savoia e anche Architetto della Fabbrica di S. Pietro a Roma. Le sue opere sono inconfondibili, stilisticamente continue, non denotano nessun divario di età, sono tutte solenni con sovrabbondanza di spazi che si traducono in agio e respiro, rappresentano validamente il tardo barocco con tendenze al neoclassicismo. (......)

 

Lo Scavo del Colle

Juvarra aveva elaborato un gradioso progetto di costruzione, ma il colle di Superga come era geograficamente costituito non dava la possibilità di realizzarlo. Bisogna quindi, scavare il colle, abbassandone la cima. Nel maggio del 1716 iniziarono i lavori di demolizione della vecchia chiesa e il conseguente abbassamento (20). Si trova conferma della data dei lavori dalla firma del contratto e dalla prima rata di lire 50 mila, pagate il 7 maggio 1716 dalla tesoreria di stato (21). Non sono riuscito a trovare nei documenti il giorno e i! mese in cui Vittorio Amedeo diede ufficialmente l’incarico al Juvarra di effettuare i lavori, certamente nei primi mesi dell’anno 1716, poiché troviamo in quel medesimo anno che era già stato pagato il falegname Carlo Maria Ugliengo (22), per avere effettuato i! modello della Basilica e del fabbricato annesso (bozzetto in legno che si conserva ancor oggi a Superga). Questo pagamento spiega con evidenza che in quel periodo il Juvarra aveva già portato a termine il suo disegno.
L’abbassamento del colle fu compiuto con molta celerità. Con i mezzi a disposizione (picconi, pale, cariole) è sorprendente constatare che nell’arco dì un anno si sia riusciti ad abbassare il monte di 40 metri. Nello scavo intervenne anche Juvarra con una sua descrizione dettagliata nella quale spiega come deve essere effettuato il lavoro di scavo e si raccomanda di conservare il materiale scavato che potesse eventualmente essere utile alla costruzione.
Nel corso dei lavori risultò che l'area occupata dall'antica chiesa e i terreni ceduti dal comune, non erano sufficienti a formare un piazzale con le dimensioni richieste dal Juvarra. Il Re fu costretto a comperare altri appezzamenti di terreni da alcuni privati, tra i quali uno di proprietà della Compagnia del SS. Rosario, firmarono il contratto di vendita i signori Rocco Nicola e Bertoglio Giovanni, priori in quell’anno (23).
Mentre le squadre degli operai lavoravano allo scavo, la grande quantità di materiale utile alla fabbrica (pietre, mattoni, marmi, legnami ecc.) che proveniva da luoghi diversi veniva depositata ai piedi della salita che porta al colle, per cui la località venne chiamata «Sassi» nome con cui ancor oggi è conosciuta dai torinesi. (.....)

 

Posa della prima pietra

Terminato lo scavo del colle venne deposta la prima pietra, era il 20 luglio 1717, essa venne collocata sotto il grande pilastro che divide la sacrestia dalla cappella dedicata alla Beata Margherita di Savoia, con una iscrizione in latino incisa su di una lastra di marmo bianco e coperta con un’altra dello stesso marmo. L’iscrizione dice (30):

Alla Madre del Salvatore
Alla Salvatrice di Torino
Vittorio Amedeo, Re di Sicilia, di Gerusalemme e di Cipro
posava la prima pietra il giorno 20 luglio 1717.

Alla cerimonia era presente il Marchese Garaglio, governatore di Torino, in rappresentanza del Re. La cerimonia si svolse con una Messa celebrata dal vicario generale de! Capitolo, il canonico Domenico Tanfo. Al termine della Messa vennero lette le preghiere rituali della benedizione.
In quella occasione, I Re con «regio biglietto», ordinò di elargire al Juvarra una gratìfica di lire mille, lavori della costruzione iniziarono subito dopo la posa della prima pietra.
Il materiale usato era quasi tutto di provenienza locale, perciò era difficile, in quell’epoca, acquistare e trasportare materiale edile dalle altre regioni d’italia o da altri stati. Le cave di marmo maggiormente sfruttate crano quello di Frabosa, Cassino, Rrossasco, Foreste, invece l’onice veniva tolto dalla cava di Busca­Dronero. Dalla cava di Frabosa, essendo la più lontana da Torino, I trasporto o «le condotte» si svolgevano in due tempi; prima fino a Chieri e poi da Chieri a Superga. I blocchi di marmo venivano generalmente abbozzati e talvolta lavorati sul posto, poi trasportati su carri a Superga. La sabbia veniva scavata e tolta presso la confluenza del Po con la Stura presso Lanzo. La calce e mattoni venivano preparati sul colle.
È opportuno far notare a questo riguardo la difficoltà di trasportare il materiale da Sassi a Superga, poiché la strada non era agevole come quella di oggi, essa faceva un diverso percorso, si dirigeva verso Tetti Bertoglio per poi arrampicarsi sul colle. Era, come si legge nelle cronache del tempo, una strada stretta, disagevole, alpestre, durante il periodo delle piogge, diventava impraticabile. Troviamo nei conti della tesoreria somme dì denaro più volte pagate per ripararla, eppure la maggior parte del materiale, persino l’acqua, è transitato su quella strada. Il Pastore dice, che i Reali, quando si recavano a Superga, non passavano mai da questa strada, bensì da Chìeri. Quella attuale fu fatta più tardi, al tempo di Carlo Emanuele III. Le cronache dicono che i lavori iniziarono verso la fine del 1755 e finirono solo nel 1760, perché ebbero un rallentamento a causa di un contenzìoso sorto tra il curato Carlo Rosso e i Reali per l’esproprio di una casa.
Non abbiamo, dagli archivi del tempo, una dettagliata descrizione progressiva dei lavori compiuti nella costruzione della Basilica, tuttavia si può ricostruire tutto l’andamento della fabbrica consultando i registri di pagamento della tesoreria, poiché i pagamenti venivano fatti a lavoro «compiuto e collaudato» o «a mira del travaglio che si andarà facendo». Questo lavoro di comparazione l’ha compiuto egregiamente Nino Carboneri nel suo colossale volume «La Real Chiesa di Superga di Filippo Juvarra». Stralcio da quest’opera la pagina 10, che riporta il lavoro progressivo della Basilica.

«I lavori preliminari intorno agli zoccoli e alle basi delle colonne si svolgono nel 1718; l’anno successivo i muri arrivano alla sommità del primo ordine; nel 1722 è raggiunta l’imposta delle volte, quindi vengono inalzati il tamburo (1722) e le due grandi calotte (1725). Di pari passo operano i piccapietre per le Otto colonne di marmo bìgìo dì Frabosa che compongono l’ordine inferiore dell’interno; per le colonne interne ed esterne del tamburo e del laternino di marmo di Cassino; per i capitelli corinzì e composti di marmo di Brossasco, per la scala del campanile verso mezzogiorno di pietra di sarizo.

La casa dei religiosi è ‘coperta’ nel 1724, ad eccezione del lato di levante, ultimato più tardi. Con il 1726 risultano finite le principali strutture della chiesa; — è l’anno segnato sull’anello di base del cupolino ~. Verrano poi la “stabilitura” della cupola e del convento, gli altari, la preparazione delle colonne di marmo di Cassino per il pronao e per i campanili, gli ornamenti di stucco ed i pochi affreschi. Ulteriori lavori, dal 1727 al 1730, riguardano il pronao e le pareti terminali e della cupola, la sistemazione di terrazza e scalinata in legno, di banchi, porte, cantorie e della balaustra intorno al tamburo» (31).

Un’altra conferma che la Basilica è stata finita nell’anno 1726 l’abbiamo da un documento rinvenuto durante gli ultimi restauri.

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La Chiesa

L’edificio costruito sul colle di Superga dal Juvarra è un vero capolavoro di architettura barocca del settecento. Per rendersi conto della sua bellezza và guardato prima dal basso, da Torino. Da quella posizione ci si accorge che sul verde della collina torinese si staglia prepotente nel cielo azzurro il candore della stupenda costruzione juvarriana.
Avvicinandosi al Tempio si vede che si erge maestosa ampia facciata sormontata da una cupola ardita e affiancata da due campanili gemelli. Raggiunto il piazzale l’effetto dell’imponenza del Santuario non diminuisce, si sale da tre gradinate sulla piattaforma balaustrata, da dove sorge edificio (32). ll pronao a otto colonne di marmo dì Gassino introduce nell’interno.
La Basilica è a pianta circolare con un prolungamento longitudinale verso il presbiterio, il pavimento di marmo colorato è a rosoni circolari. La chiesa misura 75 metri di altezza (dal pavimento alla croce del lanternino), 51 di lunghezza e 34 di larghezza.
Entrando in Basilica l’animo è invaso da una sensazione di religioso raccoglimento che alla vista della stupenda cupola si trasforma in ammirazione e stupore.
La cupola poggia su una maestosa struttura divisa in due ordini. Il primo ordine è costituito da otto colonne scanalate di marmo grigio di Frabosa. Nonostante le nove sezioni in cui sono divise, questo colonne non perdono la loro eleganza. La loro altezza, dal piedistallo di base ai capitelli corinzl, è di metri 20 e centimetri 30. lI secondo ordine è costituito dalla balaustra in legno scuro e dal tamburo.
Il tamburo è tramezzato da otto finestroni ritmati da otto colonne rudentate di marmo di Gassino o da altre otto di marmo di Brossasco, queste ultime sono tortigliate per un terzo del busto,
Le colonne danno alla cupola una vibrante eleganza e costituiscono, insieme alla decorazione della falda interna della cupola, una espressione architettonica stilisticamente perfetta dell’arte barocca.
L’intensità della luce che filtra dai finestroni e dalle lunette proietta nel Tempio una luminosità eccezionale. Percorrendo lo spazio sottostante alla cupola si arriva alla balaustra di marmo scuro di Frabosa, la si sorpassa per mezzo di un cancello in ferro battutto del Sachetti (1736) e si arriva al presbiterio. Alla destra visi trova la sacrestia ampia ed elevata a forma di cupola terminante in un lanternino elittico, la sacrestia è tutta rivestita da armadi in legno di noce disegnati dallo stesso architetto. Alla sinistra invece si trova una cappella modesta, con tre finestre rettangolari e una lunetta. Il Juvarra aveva fatto costruire questa cappella perché servisse ai convittori da coro invernale, non per accogliere la statua della Madonna del voto, che in un primo tempo aveva pensato di collocare sull’altare maggiore, cambiata poi idea, la statua fu messa nel coro invernale su di un altare in legno appositamente costruito.

Gli Altari

Il Juvarra era consapevole della necessità di allestire nell’interno della chiesa decorazioni e altari funzionali per il culto, ma che nello stesso tempo armonizzassero con le linee architettoniche e fossero dl complemento al Tempio: i criteri di architettura sacra, richiesti per ogni edificio di culto, il Juvarra li ha risolti egregiamente in questa Basilica. Sono d’accordo con il Carboneri che dice: «poche chiese infatti, come quella di Superga, presentano una serie di altari cosi accuratamente sottoposta a precisa regia)> (33).
Nel 1726 iniziarono i lavori del bassorilievo dell’altare della SS. Annunziata e quello della Natività di Maria. Il primo venne scolpito da Bernardino Cametti da Cattinara, il secondo iniziato da Francesco Moderati, non venne finito per la sopraggiunta morte dello scultore, fu terminato da Agostino Cornacchìni da Pistola, che lo modificò sino al punto da non lasciare nessuna traccia del primitivo lavoro, I marmi prelevati dalle cave di Carrara furono trasportati a Roma per la lavorazione, poi vennero trasportati, via mare, sino a Sanpierdarena —a spese e sotto la responsabilità dello scultore — da costì a Superga — a spese del committente.
Con l’istruzione del 16 novembre 1729, il Juvarra trasmetteva al Cametti da Gattinara l’ordine di elaboare il bassorilievo per l’altare maggiore.
L’istruzione è particolareggiata: il marmo deve essere di Carrara senza venature, la scultura deve rappresentare «in aria la gloriosa Vergine con il Bambin Gesù in braccio retta da grappoli di angeli, con il B. Amedeo di Savoia in attegiamento di preghiera; sotto in basso un gruppo di cavalli e di cavalieri in combattimento, in lontananza la veduta di Torino per ricordare gli avvenimenti del 7 settembre 1706)) (34).
Seguono le istruzioni per i quattro altari da collocarsi nelle quattro rispettive cappelle. Vengono commissionati a Sebastiano Ricci le tele che rappresentano S. Luigi, Re di Francia, che mostra la corona di spine in presenza di S. Remigio, Vescovo dì Reims, e il martirio di S. Maurizio e compagni. Le rimanenti sono commissionate al Beaumont e rappresentano l’una S. Carlo Borromeo che distribuisce l’Eucarestia agli appestati di Milano, l’altra la B. Margherita dì Savoia con accanto il Salvatore. Tutto il lavoro è seguito dal Juvarra con meticolosa attenzione.
Dall’archivio di stato troviamo molte «descrizioni» o «istruzioni» del Juvarra che si riferiscono alla lavorazione in marmo di Carrara di angeli e di putti da collocare nella chiesa; la lavorazione, dice il Juvarra, deve essere «affidata a celebre scultore», e precisa «o al Baratta o al Tantardini o altro celebre scultore approvato». Così pure fa seguire ai disegni dei gradini le istruzioni per la scelta del marmo, si raccomanda che il marmo verde di Susa sia del migliore, descrive pure la scelta del legno e la sua lavorazione per i banchi a lato del prestiterio, le cantorie e le tribune; queste verranno poi eseguite da Giovanni Luigi Rosso e da Giovanni Strada nel 1732.
Il Juvarra aveva progettato per la nuova Chiesa anche la costruzione di un organo da collocarsi ai lati del presbiterio, però non fu lui a costruirlo, bensi Stefano Andrea Fiorè, maestro di musica della Real Casa, con la sua istruzione del 21 maggio 1732, descrisse la composizione di detto organo, il quale doveva avere due tastiere dii 3 registri, fu poi l’organaro Giuseppe Calandra che mise in esecuzione nel 1735 l’istruzione del Fiorè; Carlo Maria Ugliengo costruì la cassa armonica. Nel 1789 Gioacchino Concone ricostrui dal vecchio organo uno nuovo, quello attuale. Tolse una tastiera e modificò in tutto i registri, anche la cassa armonica venne cambiata in quella attuale dallo stesso Concone.

L’inaugurazione della Basilica

Verso la fine dell’anno 1730 la chiesa era finita, mancavano solo alcune rifiniture molto marginali; anche il caseggiato, destinato ad accogliere i convittori era finito, arredato e reso abitabile, mancava da finire la residenza del Re (la parte rimasta incompiuta) a questa si sarebbe pensato in seguito, putroppo non se ne fece nulla ed è rimasta così come era allora. Lo stesso Vittorio Amedeo Il, che ner frattempo aveva abdicato il 13 settembre 1730, in favore del figlio Carlo Emanuele III, scriveva da Chambery al marchese d’Ormea (17 dicembre 1730) «... abbiamo tutta la soddisfazione d’intendere che nel prossimo aprile si consacri la chiesa e si apra il convitto di Soperga» (35). Però nacquero delle difficoltà che costrinsero a dilazionare l’inaugurazione. Non si conoscono con esattezza le cause, forse furono dovute alla nomina del preside e dei convittori, tuttavia il 23 ottobre 1731 Carlo Emanuele III poté nominare i dodici convittori e stabilire la data dell’inaugurazione. Da un documento attentibìle (36) si apprende che il giorno 30 ottobre 1731 tutti i convittori con il preside Cerretti erano radunati a Superga.
La sera deI 31 ottobre il grande elemosiniere del Re, il Rev. Don Francesco Arborio da Gattinara benediceva la chiesa alla presenza dell’architetto Juvarra, Il giorno seguente il 1 novembre 1731 la chiesa veniva aperta al pubblico con una solenne celebrazione. Alla cerimonia era presente il Re Carlo Emanuele III, il Juvarra, i convìttori, le autorità civili e numeroso pubblico; mancava solo Vittorio Amedeo lI, l’ispiratore e l’ideatore della Basilica, Il figlio non gli permise di essere presente all’inaugurazione del più bel monumento costruito a Torino, lo lasciò relegato nella residenza di Chambery.
La consacrazione della Basilica venne effettuata più tardi il giorno 12 ottobre 1749 dal Cardinale Delle Lanze (37).
Non siamo in grado di stabilire con esattezza la cifra che si spese per tutta la costruzione di Superga, perché nei registri di pagamento della tesoreria di stato alla voce «Soperga», furono aggiunte anche somme di denaro pagate per lavori eseguiti in altre località, per esempio, Rivoli, Venaria, ecc., tuttavia un calcolo approssimativo, farebbe pensare a circa due milioni di lire antiche del Piemonte.

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Le Tombe Reali

(......) Una descrizione dell’agosto 1728, in cu si parla «sullo scavo di terra nel choro e santuario per formarvi la cappella sotterranea» è una autentica testimonianza del proposito di costruirvi in quel luogo la cripta sepolcrale (48).
Si deve però arrivare sino aI 1774 per vedere realizzato il progetto «cripta» quando Vittorio Amedeo III incarica l’architetto Francesco Martinez, nipote del Juvarra, di sistemare i sotterranei trasformandoli in un mausoleo. Nel bilancio delle fortificazioni e fabbriche di Sua Maestà, leggiamo, che alla voce «Soperga» viene aggiunto un nuovo capitolo, quello dei <lavori nuovi­sotterranei della nuova chiesa». Da questo capitolo di contabilità vengono prese, nello stesso anno, 20 mila lire per pagare i lavori che si stanno effettuando nella cripta sotterranea per le tombe dei Savoia.
La cronaca ci dice che alla morte del Martinez, avvenuta nel 1777, i lavori erano quasi del tutto ultimati, Vittorio Amedeo III l’anno successivo poteva inaugurare la cripta e iniziare le tumulazioni delle salme, traslocandole dalle varie località in cui erano state tumulate,
La cripta è a forma di croce latina con ai lati del braccio trasversale due cappelle sottostanti, una il lato della sacrestia e l’altra il lato della cappella del voto. Alla cripta si accede percorrendo, prima, un maestoso scalone di marmo, poi un ampio corridoio. Il vano semicircolare al termine dello scalone è abbellito da una scultura di marmo di Carrara, che il Re Vittorio Emanuele Il fece ivi collocare nel 1878. La scultura, precedentemente esposta nella sala di ingresso dell’Armeria Reale di Torino alla quale era stata donata da Maria Teresa di Borbone, raffigura S. Michele Arcangelo che sconfigge il demonio. Autore dell’opera è un allievo del Canova, Carlo Finelli da Avenza di Carrara. (....)

 


(N.d.R.) Chi desidera documentarsi sulla Basilica di Superga per poter meglio apprezzare durante la visita tutti gli aspetti storici e artistici di questo capolavoro di Filippo Juvarra, può richiedere il volume " La Basilica di Superga - cenni storici del più grande monumento Juvarriano" di Padre Benedetto Marengo, pp. 80, tramite il Bookshop dei Servizi Museali della Basilica, al seguente indirizzo e-mail:  bookshop@basilicadisuperga.com

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