Umanità nella tragedia. I Vigili del Fuoco nella seconda guerra mondiale

LE INCURSIONI SULLE NOSTRE CITTÀ

Dal 19 novembre 1942 alla fine dell'estate del 1943, si abbatterono su Torino, le più gravi e terrificanti incursioni che la città abbia subito in tutta la guerra, segno evidente dell'inasprimento del conflitto che entrava nella fase più acuta, ma soprattutto per il perfezionamento della tecnica e dell'apparato bellico alleato.
Le bombe da 2.000 libbre (circa 1000 chilogrammi) avevano un potenziale devastante per un'area di 6.184 metri quadrati; quelle da 4.000 libbre (circa 2000 chilogrammi) 20.607 metri quadrati, e quelle da 8.000 libbre (circa 4000 chilogrammi) 39.730 metri quadrati pari ad un'area racchiusa in un circolo di 226 metri. Già il 28 novembre 1942, Torino per prima saggiò il potenziale distruttivo delle bombe da 8.000 libbre denominate in gergo militare block-buster (spiana-isolati).
Ne caddero due, una sulla FIAT, l'altra su alcuni edifici di Porta Palazzo. Durante i mesi di novembre/dicembre 1942 Torino, denominata Char nel codice dell'aviazione britannica, fu attaccata per ben sette notti. Da questa data ebbe inizio quella tornata di incursioni, conclusasi solamente il 5 aprile 1945, che per la città rappresentò il periodo più spaventosamente duro, sia in termini di vite umane perse, che di patrimonio artistico, edilizio ed industriale distrutto o danneggiato. E proprio in via Duchessa Jolanda i vigili del fuoco, dopo ore di duro lavoro, riuscirono a salvare alcune persone sepolte dalle macerie dei rifugi crollati.
L'episodio suscitò vivo clamore tra la gente, al punto che meritò la copertina dell'Illustrazione del Popolo del 13 dicembre, che raffigura un vigile mentre sorregge, come una "cariatide umana", una trave "sovraccarica di rottami, la cui caduta avrebbe certamente seppelliti gli infortunati".
I vigili autori del salvataggio furono Bindocci 2° Freido e Camilla Emilio. Questa la relazione: "Il sottoscritto, giunto sul luogo del sinistro, ricevuto gli ordini direttamente dal Sig. Comand.te, già presente sul posto, ha proceduto ininterrottamente per oltre 5 ore consecutive ad un estenuante lavoro: 1° puntellamento del rifugio per salvare da un ulteriore crollo di materiale pericolante, che minacciava di seppellire completamente una delle diverse vittime (certa Sig.na Marchisio) (si tratta della persona a cui si riferisce l'articolo del giornale, n.d.a.) la quale emergeva solo col capo sanguinante, invocando strazianti lamenti di soccorso.
2° Sgombro di materiali crollati sopra al corpo della vittima, esponendosi personalmente alla minaccia di ulteriori crolli ad essere investito dai materiali sovrastanti. Benché esausto e colpito da sintomi di svenimento, non desisteva dall'opera di soccorso, incitato dai miei Ufficiali: Geom. Cocilovo e Geom. Pintaldi che ne dirigevano l'opera. Solo verso l'alba è stato possibile estrarre viva la sopraccitata, e consegnarla ai militi della C.R.I.
All'opera di soccorso, sono stato coadiuvato, e si sono distinti: il v. Brusasco II e il v.v. Gally Alb. Nel medesimo luogo giacevano sepolti completamente senza segno di vita, un uomo e una donna".
Il compito delle squadre di soccorso era immane a causa dell'inadeguatezza sia di personale, sia di mezzi e attrezzature da incendio. I cambi agli uomini esausti giungevano dopo moltissime ore di duro lavoro. Le condizioni in cui essi operavano erano veramente drammatiche sotto tutti i punti di vista. Il generoso comportamento degli uomini non sempre poteva sopperire alle carenze.
Non di rado si operava con le mani nude per la rimozione delle salme sovente irriconoscibili, o si assisteva sgomenti ed impotenti dinanzi all'opera distruttiva del fuoco.
Lo sgomento si ampliava davanti all'impossibilità di dare aiuto a chi era rimasto prigioniero dei rifugi crollati, o dopo essere andati anche a piedi sul luogo del sinistro per carenza di mezzi di soccorso.
Tutto questo e ben altro traspare dalla lettura dei verbali di guerra, dove i capi squadra non mancavano di evidenziare le gravissime carenze.
La situazione in città diveniva sempre più insostenibile non solo per i bombardamenti che quasi si susseguivano a ritmo giornaliero.
La popolazione abbandonata a se stessa assisteva alla vergognosa fuga dei responsabili di quanto stava accadendo. La popolazione torinese non più sicura nei rifugi, dovette purtroppo prendere la via dell'abbandono della città per cercare rifugio nei comuni vicini. Iniziò così il triste fenomeno dello sfollamento che portò circa la metà dei 697.671 torinesi verso mete considerate più sicure. Le dure condizioni del vivere quotidiano in cui si dibatteva la popolazione, generate dalla presenza di elementi non più circoscritti ad un ambito personale, ma inseriti nel contesto della collettività, come la fame, il freddo, la paura, il terrore delle bombe, i bisogni minimi ignorati, non annullarono però del tutto il senso di solidarietà nella gente. Anzi questo era più che mai vivo, proprio in risposta a quella collettivizzazione dei pericoli e degli stenti quotidiani. Accomunata dallo stesso pericolo la gente continuava a sostenersi.
E sosteneva anche i vigili del fuoco condividendone i pericoli, le ansie e le emozioni nel portare il soccorso alle vittime degli eventi bellici.
In tempi difficili e precari come quelli, dove la vita umana sovente era appesa ad un esile filo, la figura del vigile del fuoco rappresentava un sicuro punto di riferimento, non solo nei momenti tragici del soccorso, ma anche per tanti altri servizi che non poche volte esulavano dai compiti prettamente di istituto. Il riconoscimento che la popolazione tributò loro, maturò nei mesi di guerra, durante i quali fu costante la loro rassicurante presenza e l'infaticabile generosità con cui si davano al prossimo.
Ma soprattutto erano tra la gente nei momenti di maggior dolore e di sconforto collettivo, a condividere rischi e pericoli. Quanti ebrei o perseguitati politici sono stati nascosti o portati in salvo dai vigili del fuoco; quanti danari od oggetti, ricchi o poveri, strappati dal crollo delle case sono stati restituiti all'affetto della gente, quante le persone salvate, con gravissimi rischi degli operatori, dopo aver scavato per giorni e giorni con le mani nude. Il 24 ottobre sempre del '42, toccò a Milano, denominata Gudgeon (Ghiozzo) dagli inglesi. L'attacco si svolse per la prima volta in pieno giorno. Gli aerei giunsero sulla città tra lo stupore e l'incredulità generale, cogliendo di sorpresa anche la contraerea, che cominciò disordinatamente a sparare quando gli aerei erano ormai sull'abitato milanese. L'allarme fu dato addirittura quando le bombe avevano già cominciato ad esplodere tra le case. 171 civili perdettero la vita. Anche qui i pochi vigili del fuoco rimasti - molti uomini e mezzi erano stati inviati a Genova - faticarono non poco per domare i 30 vastissimi incendi e i circa 700 di dimensioni medio-basse.
Genova fu colpita ancora diverse volte: il 6, il 7, il 13 e il 15 novembre, l'incursione più pesante. Si conclusero così le operazioni della RAF sul capoluogo ligure. Lo spazio aereo italiano era ormai saldamente nelle mani dell'aviazione alleata. Cominciò così anche per il sud dell'Italia il triste calvario di distruzione e morte. Qui le ragioni della logica dei bombardamenti della RAF britannica e della USAAF americana, erano ben diverse da quelle applicate per il nord industrializzato dove si voleva mettere in ginocchio la capacità produttiva italiana, sia bellica che civile.
Nel nostro meridione, se si escludono gli obiettivi militari strategici come Napoli, Taranto, Brindisi, Palermo, Cagliari per i loro porti e Foggia per gli aeroporti, non esistevano grosse industrie, pertanto gli attacchi aerei erano perlopiù perseguiti per fiaccare e demoralizzare la pubblica opinione verso il regime fascista che da lì a pochi mesi avrebbe capitolato in questa porzione d'Italia.
Il cielo di Torino, puntualmente alle ore 20,50 dell'8 dicembre 1942, fu solcato nuovamente dai micidiali Lancaster - 118 per la cronaca - che sganciarono 128 bombe dirompenti tra cui quattro block buster da 8000 libbre e 46 da 4000, più alcune decine di migliaia di immancabili spezzoni incendiari. Il punto di mira questa volta fu Piazza Statuto. Tutta la zona circostante fu letteralmente sconvolta. Ancora una volta Via Garibaldi, Corso Bolzano, via Cernaia, via Arsenale, via Barbaroux, via Po, Piazza Castello, corso Regina Margherita e tante altre vie limitrofe vissero l'incubo delle bombe. Non di meno altre sporadiche bombe fecero strage di persone stipate nei rifugi o nelle chiese, come ad invocare una protezione divina negata altrove. Purtroppo proprio sulla Chiesa della Madonna di Campagna, in Via Cardinal Massaia, nella tarda serata cadde una grossa bomba dirompente - probabilmente una da 8000 libbre - facendo ripiegare su se stesso il sacro edificio al cui interno vi erano stipate decine di donne, di anziani e bambini in cerca di rifugio. Vi fu invece un'ecatombe poiché tra le sue sminuzzate macerie trovarono una terribile morte ben 64 persone.
Della chiesa originaria rimane oggi, superstite di quella tristissima vicenda, il solo campanile come se volesse ricordare a tutti noi e per sempre, la tragedia che si è consumata in quel luogo, che evoca ancora a distanza di tanti anni per molta gente, tanti atroci ricordi. Queste le angoscianti impressioni di un frate superstite senza nome: "La scena, ai primi che accorsero, apparve subito nella sua estrema gravità. Dove prima era vita rigogliosa di opere, ora aleggiava la morte. La chiesa era completamente rasa al suolo e il Convento sembrava uno scheletro con le occhiaie.
Alcuni grossi frammenti di pietra furono rinvenuti sul corso Grosseto, il che testimonia la violenza del bombardamento. P. Lorenzo e p. Filippo, scampati alla morte, usciti dal loro rifugio (una stanza nello scantinato del Convento) non erano in grado di individuare l'ubicazione della Chiesa.
Quantunque perdurasse il pericolo, in breve le adiacenze rigurgitarono di persone, e subito iniziarono i soccorsi ai poveretti sepolti sotto le macerie. La buona volontà di ognuno causò qualche intoppo e fu giocoforza allontanare tutti, affinché l'opera soccorritrice si compisse dagli addetti autorizzati. Era difficile scoprire l'ingresso del rifugio, essendo otturato dalle macerie. Si sentivano gemiti, il che fomentava che fossero ancora tutti in vita.
Purtroppo soltanto due persone furono tratte in salvo: p. Teodoreto da Torino e un certo Ferrero. Gli altri furono dissepolti qualche giorno dopo; alcuni resti non furono identificati. Dalle macerie, miracolosamente intatta, emerse la sola statua della Madonna del Borgo!".

Il racconto scritto di un vigile del fuoco che partecipò al soccorso: "Sig. Comandante Da stamattina alle ore 9 sono giunti i rinforzi agli ordini del Maresciallo Pattono, ora si lavora di intesa gli uni con gli altri e credo mio dovere fare una relazione sommaria dei giorni scorsi: Verso le 22 del giorno 8 corrente mese, avuto sentore che la chiesa era crollata seppellendo numerose persone, visto che comunicare colla caserma era cosa impossibile, senza esitare mi portai sul luogo del sinistro coi dieci uomini a mia disposizione armati dei picconi e dei badili che avevamo qui per i lavori del nuovo settore; in breve siamo riusciti a togliere un frate ed un borghese che benché seppelliti non avevano ferite gravi, poi si è proseguito senza tregua alla ricerca delle vittime fino alle ore 19,30 del giorno 9 ora in cui quattro vigili del Distaccamento di Grugliasco vennero a darci il cambio, (cambio chiamato più volte con insistenza da parte mia perché oramai nessuno di noi era in grado di proseguire). Prima conclusione: dalle ore 22,30 circa del giorno 8 alle ore 19,30 del giorno 9 siamo riusciti ad estrarre due uomini feriti, 18 salme di donne, 17 di uomini, un bambino, 1 dal sesso da noi non riconoscibile. Totale estratti numero 39. Fin qui il dire che i vigili hanno fatto il loro dovere è dire troppo poco, (li ho messi alla frusta) io, ho seccato i signori ufficiali per ottenere mezzi ed il cambio quando oramai non si stava più in piedi, e, credo d'aver avuto comprensione se non troppe buone parole dello stato in cui mi trovavo. Nella notte dal 9 al 10 durante la mia assenza sono stati estratti i cadaveri di due uomini e di una donna. La mattina del 10 portatomi per tempo sul luogo e visto che i quattro vigili di Grugliasco erano ancora gli stessi, li spedii al loro distaccamento e ripresi i lavori coi miei divisi in tre squadre(lavori che proseguono tuttora). Seconda conclusione: nella notte del 10 si sono estratte le salme di due uomini e di due donne. Stamattina verso le ore tre abbiamo ricuperato la salma di un altro uomo. Conclusione ultima: a tuttora estratte numero 45 salme e due feriti. La calligrafia è sempre stata la cosa migliore di me, ora poi dovete scusarmi; ai Vostri ordini obbligatissimo subordinato Brigadiere Bertinetti".

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