[...]
Nel tempo previsto, circa tre quarti d'ora, 720 apparecchi realizzarono
un bombardamento eccezionalmente concentrato in una zona estremamente
circoscritta, flagellandola con 1129 tonnellate di bombe esplosive e 1265
tonnellate di ordigni incendiari.
[...] Amburgo conosceva il primo Fuersturm artificiale della storia dell'umanità.
La tempesta di fuoco. Un Moloch infernale fatto di pura fiamma, alimentato
da un forte vento della violenza di un uragano ciclonico, proiettato nel
vivo della fornace alla velocità fantastica di duecentocinquanta chilometri
orari.
[...] La concentrazione degli incendi, per disgrazia, fu così inaudita
da attirare dall'esterno, fin dalla campagna, a una velocità sempre crescente,
una immane massa d'aria fredda, che si precipitò a colmare i vuoti lasciati
dall'aria surriscaldata che saliva al cielo [...] e così via per non meno
di tre ore. [...] a una quota di oltre 5000 metri, i vortici d'aria che
salivano dalla città avevano trasformato i bombardieri in fuscelli svolazzanti
e quasi incontrollabili. [...]
Chi tentava di avventurarsi per le strade era ghermito dai gorghi impazziti
del tifone e scagliato in un mare ringhiante di fiamme.
Chi, inorridito, non osava avventurarsi all'aperto, era avvelenato nei
rifugi e nelle cantine dai gas mefitici del monossido di carbonio (responsabile,
nel 70 per cento dei casi, dei decessi di quella notte di tregenda).
Nell'epicentro della tempesta di fuoco la temperatura sfiorò i mille gradi
centigradi. Un calore che volatilizzò ogni essere vivente. Dove il soffio
rovente fu di 300-400 gradi vennero ritrovati poi dei cadaveri carbonizzati,
ridotti alla lunghezza di meno di un metro.
Ma più sfortunati furono coloro, a migliaia, che si trovarono ai margini
della tempesta, dove il vento infuocato non irrompeva a duecentocinquanta
chilometri orari, ma solo cento-centoventi, e dove la temperatura era
di 80-100 gradi.
Questi, fuggendo atterriti dai rifugi dove si moriva per le esalazioni
di monossido di carbonio, affrontarono un habitat che non uccideva in
un attimo, ma che tuttavia non consentiva la sopravvivenza a esseri umani.
[...]
Morirono atrocemente, spellati, disidratati, coperti di oscene escrescenze.
Uomini, donne, vecchi, bambini.
Amburgo 1943: la Gomorra del ventesimo secolo. [...] Per centinaia di
amburghesi non vi fu, per ore interminabili, che una tragica, allucinante
alternativa: o morire affogati nell'Alster e nei canali, o morire bruciati
vivi.
Le loro inaudite sofferenze cessarono all'alba, quando squadre di soldati
e di poliziotti li freddarono a colpi di arma da fuoco.
Per quanto raccapricciante, fu l'unica soluzione possibile. [...] i morti
di Amburgo furono circa quarantamila. Il ricupero dei cadaveri richiese
in seguito il lavoro, spesso nauseabondo, di molti mesi. [...]
Nella giornata del 28 luglio, sotto una cupa cappa di fumo che riverberava
il rosso sanguigno del mostruoso incendio, novecentomila amburghesi in
preda all'angoscia, e in certi casi alla follia, lasciarono con ogni mezzo
la città ferita a morte. Le città italiane pur avendo subito numerosi
violenti bombardamenti lungo l'arco della guerra, non conobbero simili
trattamenti, perché considerate dagli alleati obiettivi secondari rispetto
alla Germania. La definizione degli inglesi rendeva bene la considerazione
che essi avevano dell'Italia, definita "il ventre molle dell'Europa".
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